La mutilazione di organi genitali femminili

Vediamo nei paragrafi seguenti in che termini si è optato di intervenire per fronteggiare un fenomeno che, per quanto pienamente legittimo in paesi diversi dal nostro quali quelli africani, in Italia risultano quanto mai vietate. Tra esse, in particolare, si rammenta la pratica dell’infibulazione.

Con l’introduzione dell’articolo 583-bis c.p. (mutilazione di organi genitali femminili) ad opera della legge 9 gennaio 2006 n. 7 il legislatore si è proposto di introdurre nell’ordinamento giuridico italiano una tutela penalistica, la cui finalità è quella di prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazioni genitali femminili, quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine.

Il fondamento giuridico sul quale si basa l’introduzione del delitto di “Pratiche di mutilazioni genitali femminili” deve essere individuato negli articoli 2 (che garantisce i diritti inviolabili della persona sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità), 3 (che fissa il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge) e 32 (che tutela il diritto alla salute) della Costituzione, oltre che sulla Dichiarazione e Programma di azione adottati a Pechino il 15 settembre 1995 nella quarta conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne.

La nuova fattispecie incriminatrice introdotta tenta, invero, di fornire una soluzione, almeno dal punto di vista legislativo, al problema sociale e giuridico costituito dalle mutilazioni genitali femminili, in sempre maggiore aumento a seguito dell’apertura delle frontiere e della sempre aumentata caratterizzazione multiculturale della società.

Vediamo nei paragrafi seguenti in che termini si è optato di intervenire per fronteggiare un fenomeno che, per quanto pienamente legittimo in paesi diversi dal nostro quali quelli africani, in Italia risultano quanto mai vietate. Tra esse, in particolare, si rammenta la pratica dell’infibulazione.

Quando si può fare denuncia per mutilazione di organi genitali femminili?

Prima di procedere nella disamina del dettato normativo dell’articolo 583-bis c.p. occorre evidenziare che sotto l’egida della previsione legislativa da ultimo rammentata sono state ricondotte, secondo l’opinione nettamente prevalente, due distinte previsioni legislative, poste a presidio dello stesso bene giuridico:

  • le mutilazioni genitali femminili (comma primo: “Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l´escissione e l´infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagiona effetti dello stesso tipo.”);
  • le lesioni apportate agli organi genitali femminili diverse dalle mutilazioni (comma secondo: “Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni”).

Come accennato, il bene giuridico tutelato dai primi due commi è il medesimo e viene identificato con l’integrità della persona della persona e, in particolare, la salute delle donne e delle ragazzine minori d’età. In entrambe le fattispecie, peraltro, il soggetto attivo del reato è individuato mediante l’utilizzo del termine “Chiunque”, così lasciandosi trapelare la circostanza che il fatto possa essere commesso da qualunque soggetto, a prescindere da qualità, qualifiche e posizioni eventualmente ricoperte o proprie. Si tratta, pertanto, di un reato comune.

Quanto al soggetto passivo del reato (ossia il soggetto sul quale si riversa la condotta dell’agente) deve essere necessariamente una persona umana di sesso femminile. Ciò in quanto oggetto materiale della condotta e della lesione sono esclusivamente e precipuamente gli organi genitali femminili. La disposizione normativa in esame si premura di precisare che le previsioni in essa contenute si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da un cittadino italiano o da un soggetto straniero che risieda in Italia. In tali casi il colpevole è punito a richiesta del Ministero della Giustizia.

Occorre ancora precisare che, a differenza di quanto accade per ulteriori e diverse fattispecie, per quanto riguarda il reato di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili non assume alcuna rilevanza scriminante il consenso dell’avente diritto eventualmente prestato.

Ciò sta a significare che, anche qualora la donna o la ragazza acconsenta alla pratica lesiva della sua integrità fisica, tale consenso è privo di effetti giuridici e, conseguentemente, il reato sussiste comunque. Per quanto specificamente attiene al caso di mutilazioni genitali femminili di cui al primo comma dell’articolo 583-bis c.p. si ritiene che la fattispecie sia punita a titolo di dolo generico, ritenendosi sufficienti ai fini della sua sussistenza la realizzazione di tutti gli elementi tipici del fatto con l’intenzione di porre in essere una violenta manomissione della persona della donna o della ragazza sulla quale la condotta si estrinseca. Il soggetto agente, infatti, deve avere l’intenzione di cagionare una mutilazione, non solo una lesione agli organi genitali femminili.

Deve, comunque, precisarsi che è espressamente previsto che il fatto concreto deve essere cagionato in assenza di esigenze terapeutiche, con la conseguenza che non può ritenersi sanzionabile il sanitario che realizzi la pratica per fini terapeutici, che siano, comunque, supportati da una letteratura scientifica. Sembra opportuno chiarire che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) suddivide le mutilazioni in diversi tipi:

  • mutilazioni classificate (escissione: asportazione del clitoride; clitoridectomia: rimozione del clitoride totale o parziale; infibulazione: asportazione del clitoride, delle piccole labbra e di parte delle grandi labbra, cui si fa seguire la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un piccolo foro per consentire la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale);
  • mutilazioni non classificate (tutte le pratiche diverse da quelle classificate, ma che abbiano effetti dello stesso tipo). Il secondo comma dell’articolo 583-bis c.p. sanziona penalmente, invece, tutte le lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle che sono previste e punite ai sensi del comma primo.

Per meglio comprendere il discrimine, mentre quelle di cui al primo comma sono quelle individuate a livello internazionale dalla World Health Organization e che interessano gli organi genitali femminili esterno, nell’ambito del secondo comma si suole ricondurre le lesioni diverse, arrecate agli organi genitali femminili interni. Tale condotta è punibile ove da essa derivi una malattia nel corpo o nella mente ed ove, ancora una volta, posta in essere in assenza di esigenze terapeutiche. In questo caso, il delitto è punibile a titolo di dolo specifico, essendo richiesto che l’agente persegua il fine d menomare le funzioni sessuali della persona sulla quale compie la condotta.

Il concetto è idoneo a ricomprendere l’intera sfera della sessualità facente capo alla donna. Ricorrendo tutti gli elementi sopra brevemente descritti la donna che abbia subito la condotta del soggetto agente può, quindi, procedere a proporre querela nei confronti di quest’ultimo. Il soggetto diverso che sia tenuto a rendere edotta dell’accaduto l’autorità giudiziaria può presentare denuncia.

Cosa rischia chi viene denunciato per mutilazione di organi genitali femminili?

Il soggetto agente che venga denunciato per mutilazione di organi genitali femminili va incontro all’applicazione di una sanzione nella misura prevista dalla norma. In particolare, per quanto concerne la condotta di cui al primo comma dell’articolo 583-bis c.p. potrà vedersi applicare la pena della reclusione da quattro a dodici anni.

La condotta di cui al secondo comma dell’articolo 583-bis c.p. potrà, invece, essere sanzionata con la reclusione da tre a sette anni, ma se la lesione cagionata è di lieve entità la sanzione può essere diminuita fino a due terzi (quindi, fino a un anno nel minimo edottale e a due anni e quattro mesi nel massimo). La pena può, invece, essere aumentata di un terzo nel caso in cui le condotte descritte siano commesse in danno di una ragazza minore d’età o per fini di lucro.

Ecco come fare una denuncia per mutilazione di organi genitali femminili

La donna che abbia subito il fatto di reato descritto come nei paragrafi precedenti o il soggetto che, specie per ragioni di esercizio della professione sanitaria, venga a conoscenza di un fatto di reato che corrisponda a quanto descritto nei paragrafi precedenti possono rispettivamente sempre proporre querela o depositare denuncia alla competente autorità giudiziaria, individuata per territorio presentandola per iscritto o denunciando il fatto ad un ufficiale di Polizia Giudiziaria che provvederà a redigere apposito verbale.

Occorre precisare che la querela e la denuncia non richiedono particolari requisiti di forma, essendo sufficiente che contenga alcuni elementi idonei a consentire all’autorità alla quale è indirizzata di valutare il fatto concreto e, ove ritenga che concretizzi una figura di reato, di procedere. In particolare, tali elementi, che si considerano necessari, sono:

  • Generalità del soggetto denunciante.
  • Luogo, data, ora (almeno approssimativa) della commissione del fatto di reato.
  • Descrizione il più dettagliata possibile dei fatti.
  • Identificazione, ove possibile, del soggetto agente.
  • Indicazione di eventuali altre persone presenti sul luogo, con l’indicazione delle generalità delle stesse, in quanto potrebbero essere chiamate a testimoniare nel procedimento penale instaurato nei confronti del soggetto imputato.
  • Luogo.
  • Data.
  • Sottoscrizione del denunciante.

E’, in proposito, appena il caso di evidenziare che più dettagliata è la descrizione dei fatti fornita dal soggetto che presenta la denuncia più l’autorità giudiziaria procedente sarà agevolata nell’individuazione e punizione del colpevole. Inoltre, vista e considerata la peculiarità del reato è utile allo scopo di provare il fatto munirsi di certificazione medica che attesti lo stato e il grado della mutilazione e/o della lesione.

Per quanto, d’altronde possa risultare effettivamente spiacevole non sarebbe superfluo fornire a supporto anche documentazione fotografica.

Altre conseguenze del reato di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili

Dalla condanna ovvero dall’applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 c.p.c. (c.d. patteggiamento), oltre all’applicazione della pena principale, anche ulteriori conseguenze giuridiche, consistenti, in specie, nelle seguenti:

  • decadenza dall’esercizio della potestà del genitore, allorché operata ad opera di quest’ultimo o, in caso di vittima minorenne, abbia fornito disposizioni affinché la condotta fosse attuata;
  • interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno.

Conclusione

In conclusione, stante la punibilità delle condotte di pratiche di mutilazione di organi genitali femminili ai sensi del codice penale, si può concludere che qualsiasi donna che abbia subito tali menomazioni può presentare querela al fine di chiedere che il colpevole venga punito. Ove, inoltre, ritenga di ottenere un parere sul caso concreto o necessiti di un aiuto nella redazione della querela può rivolgersi ad un avvocato che la assista nella vicenda.

Avvocato Chiara Biscella

Chiara Biscella

Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...