Cos'è lo stalking bancario?

Telefonate incessanti con numeri anonimi, avvisi di messa in mora affissi alla porta di casa, visite domiciliari assidue e minacce di azioni legali sproporzionate: quando il recupero crediti si tramuta in una vera e propria persecuzione del debitore, può configurarsi il reato di stalking bancario.

stalking bancario

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1. Quando il recupero crediti può essere considerato persecutorio nei confronti del debitore?

Molestare o minacciare continuamente una persona, tanto da causarle un costante stato di ansia o paura, come noto, costituisce reato. Più precisamente, il reato di atti persecutori (c.d. stalking) punito dall’articolo 612 bis cp con la reclusione fino a cinque anni.

Questo tipo di reato è spesso associato a relazioni di natura affettiva che degenerano in comportamenti molesti, come, ad esempio, il reiterato invio di sms, la divulgazione di filmati privati sui social network, gli appostamenti sotto casa, i pedinamenti, ecc.

Ma la perdurante crisi economica e l’impossibilità per tanti cittadini di adempiere al pagamento di quanto dovuto, ha portato ad un’intensificazione dell’attività di recupero del credito che, seppur legittima, spesso si tramuta in condotte aggressive nei confronti del cittadino/debitore.

Pertanto, il raggio d’azione delle condotte persecutorie si è esteso anche ad altri aspetti della vita quotidiana, tanto da spingere il Governo a proporre l’introduzione di una figura di illecito penale ad hoc: il reato di stalking bancario.

Intendiamoci subito: compiere attività di qualsiasi natura per il recupero del credito è lecito poiché rappresenta l’esercizio di un proprio diritto. Così, ad esempio, contattare via e-mail o telefono un debitore per chiedere la restituzione di un finanziamento oppure il pagamento di una fattura insoluta non costituisce alcun tipo di illecito. E, neppure, inoltrare solleciti di pagamento o prospettare azioni giudiziarie legittime.

Se, però, le condotte degli istituti di credito superano i limiti dell’esercizio del proprio diritto, divenendo vessatorie nei confronti del debitore, può configurarsi il reato di stalking.

Tra le condotte persecutorie rientrano, ad esempio, le incessanti telefonate a qualsiasi ora del giorno e della notte, anche con numeri non visibili; le visite domiciliari assidue a casa del debitore o sul suo posto di lavoro; le minacce di azioni legali sproporzionate per intimorire; ecc.

In tutti questi casi, insomma, un’attività legittima e giustificata dalla legge qual è il recupero del proprio credito rischia di tramutarsi in un fatto penalmente illecito.

2. Stalking bancario: cos’è e come difendersi?

Con tale termine si intendono tutte quelle condotte poste in essere dalle banche per il recupero del proprio credito che si concretizzano in una vera e propria persecuzione del debitore.

Allo stato, non c’è una norma nel nostro ordinamento che punisca espressamente il reato di stalking delle banche. Infatti, la proposta di legge per introdurre tale figura di illecito non è giunta ad approvazione.

Ciò però non vuol dire che il debitore, vittima di vessazioni da parte delle società di recupero del credito, non abbia alcun tipo di tutela. Infatti, qualsiasi condotta persecutoria, a prescindere dalle finalità per le quali viene concretamente posta in essere, può configurare astrattamente il reato comune di stalking, per la cui integrazione è richiesto il dolo generico.

3. Stalking bancario: quando può essere considerato reato?

In questo paragrafo si analizzano in maniera approfondita le distinzioni fra il reato comune di stalking e il reato in esame.

3.1 Reato di stalking (comune)

Preliminarmente, è opportuno rammentare che la legge punisce chiunque, con molestie o minacce ripetute nel tempo, leda la libertà psichica e morale della persona cui sono rivolte. In particolare, causando a quest’ultima:

  1. uno stato di ansia o di paura grave e permanente;
  2. un fondato timore per la propria incolumità o di un prossimo congiunto o di una persona a cui si è legati da rapporti affettivi (ad esempio: compagno/a, amico/a, ecc.);
  3. una modifica del proprio stile di vita e delle proprie abitudini (ad esempio: trasferimento in altra città o quartiere, cambiamento del posto di lavoro, ecc.).

La pena è della reclusione da sei mesi a cinque anni e, fatte salve le circostanze aggravanti specifiche, il reato è procedibile a querela della persona offesa entro sei mesi dalla conoscenza del fatto di reato.

Tracciate le caratteristiche generali del reato di atti persecutori, noto come stalking, resta da capire quando e se l’esercizio di un diritto, come il recupero del proprio credito, possa travalicare i limiti del lecito e tramutarsi in reato.

3.2 Stalking bancario

Orbene, il recupero crediti può diventare “stalking” in tutti quei casi in cui l’attività venga svolta con pratiche scorrette e reiterate, tali da risultare moleste o minacciose quali:

  • chiamate incessanti all’utenza del debitore e/o invio ripetuto di e-mail e fax per intimare il pagamento, minacciando azioni sproporzionate al solo fine di intimorirlo (ad esempio: vendita immediata all’asta della sua abitazione);
  • visite domiciliari assidue da parte dell’incaricato del recupero crediti che, allo scopo di esercitare pressione sul debitore, utilizzi informazioni ingannevoli anche per ottenere il consenso ad entrare in casa (ad esempio, presentandosi come un “pubblico ufficiale” o un “ufficiale giudiziario”);
  • affissione di avvisi di mora o solleciti di pagamento sulla porta di casa del debitore o all’ingresso del condominio con la dicitura esterna e visibile “recupero crediti”;
  • utilizzo di simboli grafici simili a quelli del Tribunale o dell’Agenzia delle Entrate per creare ansia e preoccupazione nel debitore, così come l’utilizzo di terminologie improprie (ad esempio: “lettera di decreto ingiuntivo”);
  • comunicare informazioni relative ai mancati pagamenti a soggetti diversi dal debitore, come colleghi, vicini di casa, familiari, ecc.

 Perché possa dirsi integrato il reato in parola, le condotte esemplificative di cui sopra devono causare nella vittima/debitore uno degli eventi indicati sub. 3.1 (stato di ansia o paura; timore per la propria o altrui incolumità; cambiamento delle proprie abitudini di vita).

Con riferimento all’evento più frequente rappresentato dallo stato di turbamento emotivo, secondo la Corte di Cassazione, “è sufficiente che gli atti abbiano avuto un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima”.

La tutela del diritto di credito, infatti, non può spingersi sino a ledere beni di fondamentale rilevanza, come la salute psico-fisica dei soggetti debitori né tantomeno tramutarsi in un’indebita compressione dei diritti altrui.

Fonti normative

Codice penale: articolo 612 bis

Cassazione penale, sentenza del 7 marzo 2011 n. 8832

Proposta di legge n. 4091 del 13 ottobre 2016

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