Rapina: Significato, Pene e Differenze con Altri Reati

Scopri cos'è la rapina, quali sono le pene previste e come si distingue da furto e estorsione. Una guida semplice e completa.

Rapina: Definizione, Tipologie e Conseguenze Giuridiche

La rapina costituisce una delle fattispecie delittuose più gravi previste dall’ordinamento penale italiano, in quanto unisce alla sottrazione patrimoniale l’uso della violenza o della minaccia nei confronti della persona. Essa è disciplinata dall’art. 628 c.p., che ne descrive la struttura essenziale e prevede un trattamento sanzionatorio particolarmente severo, proporzionato all’offensività della condotta. L’elemento distintivo che la differenzia dal furto è rappresentato proprio dall’impiego della forza o della coartazione, strumenti che determinano un aggravamento della lesione sia sul piano patrimoniale sia su quello personale.

L’analisi della fattispecie di rapina non può prescindere da un esame delle sue principali tipologie, quali la rapina propria, la rapina impropria, nonché le ipotesi aggravate previste al secondo comma del medesimo articolo. Queste ultime assumono rilievo in presenza di specifici elementi, come l’uso di armi, la commissione del fatto da più persone riunite o in luoghi abitati.

Dal punto di vista processuale e sanzionatorio, la rapina rientra tra i delitti procedibili d’ufficio, con pene che possono arrivare fino a venti anni di reclusione nei casi più gravi. Il legislatore ha inteso così tutelare in modo incisivo non solo la proprietà privata, ma anche l’integrità fisica e la libertà individuale delle persone offese.

Vediamo più in dettaglio questa particolare figura giuridica.

Cos'è il Reato di Rapina

La rapina è disciplinata dall'art. 628 del codice penale e si configura come un reato plurioffensivo che lede sia il patrimonio che la libertà e l'integrità fisica e morale della persona. Si tratta di un reato complesso ai sensi dell'art. 84 c.p., in quanto comprende elementi che costituirebbero di per sé reati autonomi.

Il codice penale distingue due tipologie di rapina:

  1. Rapina propria (art. 628, comma 1): si verifica quando il soggetto, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene mediante violenza o minaccia. In questo caso, la violenza o minaccia precedono o sono contestuali alla sottrazione;
  2. Rapina impropria (art. 628, comma 2): si configura quando la violenza o la minaccia vengono esercitate immediatamente dopo la sottrazione, al fine di assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l'impunità.

Come chiarito dalla Cassazione penale con sentenza n. 27387/2023, l'elemento soggettivo del reato è caratterizzato da:

  • dolo generico: consistente nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui sottraendola al detentore
  • dolo specifico: rappresentato dalla coscienza e volontà di utilizzare violenza o minaccia al fine di trarre profitto ingiusto

La pena prevista per la rapina semplice è la reclusione da tre a dieci anni e la multa.

La Cassazione penale con sentenza n. 3431/2021 ha precisato che per integrare l'elemento della minaccia è sufficiente qualsiasi comportamento o atteggiamento verso il soggetto passivo idoneo ad incutere timore e suscitare preoccupazione di un danno ingiusto.

Come vedremo in seguito, sono previste particolari circostanze aggravanti specifiche che aumentano la pena per questo reato.

Differenza tra Rapina, Furto e Estorsione

Nel sistema penale italiano, rapina, furto ed estorsione rappresentano tre distinte fattispecie criminose previste nel Titolo XIII del Codice Penale, dedicate ai delitti contro il patrimonio. Pur presentando una matrice comune – la lesione dell’altrui diritto di proprietà o possesso – esse si distinguono per le modalità esecutive, gli elementi costitutivi e le implicazioni sanzionatorie.

Il furto, disciplinato dall’art. 624 c.p., consiste nella sottrazione della cosa mobile altrui, al fine di trarne profitto, senza il consenso del proprietario o del detentore. La condotta si caratterizza per l’assenza di violenza o minaccia alla persona. Il delitto si consuma con l’impossessamento del bene e presenta numerose ipotesi aggravate (art. 625 c.p.) in presenza di determinate circostanze, quali l’uso del mezzo fraudolento, il furto in abitazione o con destrezza.

La rapina, ex art. 628 c.p., si configura quando alla sottrazione della cosa mobile altrui si accompagna violenza o minaccia alla persona, dirette a realizzare o mantenere l’impossessamento. Essa rappresenta un reato complesso, in cui la componente patrimoniale si intreccia con quella personale, integrando due distinte offese: al patrimonio e all’integrità fisica o morale della vittima. La presenza dell’elemento coercitivo distingue la rapina dal furto, segnandone una maggiore gravità e conducendo a pene significativamente più elevate.

L’estorsione, disciplinata dall’art. 629 c.p., si realizza quando taluno, mediante violenza o minaccia, costringe taluno a compiere o omettere un atto da cui deriva un danno patrimoniale per la vittima e un ingiusto profitto per il soggetto agente o per altri. A differenza della rapina, l’estorsione presuppone un comportamento reattivo della vittima, che agisce in stato di costrizione. Nella rapina, al contrario, l’impossessamento avviene direttamente per mano dell’agente, che sottrae il bene con violenza immediata.

La distinzione tra rapina ed estorsione è stata oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinale, specialmente nei casi di c.d. “estorsione impropria”, in cui l’agente si impossessa di un bene immediatamente dopo aver esercitato la minaccia, inducendo la vittima a consegnarlo. La differenza risiede nella volontarietà (seppur coartata) dell’azione della persona offesa nell’estorsione, assente invece nella rapina.

Sotto il profilo sanzionatorio, la rapina e l’estorsione prevedono pene più severe rispetto al furto, in ragione dell’offensività della condotta. Tutti e tre i reati, tuttavia, rivelano la centralità della tutela del patrimonio nell’impianto penalistico.

Tipologie di Rapina

Vediamo di seguito le varie forme in cui si può manifestare la condotta dell’agente nella realizzazione della fattispecie di reato.

1. RAPINA SEMPLICE (o PROPRIA)

È disciplinata dall'art. 628, comma 1, del codice penale e si configura quando il soggetto, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene mediante violenza o minaccia. In questo caso, come chiarito dalla Cassazione penale con sentenza n. 29851/2017, la violenza o minaccia sono precedenti o contestuali alla sottrazione e devono essere tali da vincere la resistenza della vittima, superando la normale relazione fisica tra il possessore e la cosa. Facciamo un esempio: Tizio minaccia con un coltello Caio, il cassiere di un supermercato, dicendo "dammi tutti i soldi o ti accoltello" e, grazie a questa minaccia, si fa consegnare il denaro presente in cassa. In questo caso la violenza/minaccia precede e serve per ottenere la sottrazione del bene

2. RAPINA IMPROPRIA

È prevista dall'art. 628, comma 2, c.p. e si caratterizza per una struttura bifasica, come evidenziato dalla Cassazione penale con sentenza n. 22464/2022:

  1. Prima fase: sottrazione indisturbata del bene;
  2. Seconda fase: violenza o minaccia esercitate immediatamente dopo la sottrazione, al fine di:
    • assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta;
    • procurare a sé o ad altri l'impunità.

Esempio: Sempronio, ruba delle merci da un negozio nascondendole sotto i vestiti e, una volta scoperto all'uscita dal personale di vigilanza, usa violenza spintonando la guardia per fuggire con la refurtiva. In questo caso prima c’è stata la sottrazione (furto) e solo dopo, per assicurarsi il possesso del bene o l'impunità, è stata usata violenza.

3. RAPINA AGGRAVATA

L'art. 628, comma 3, c.p. prevede diverse circostanze aggravanti specifiche che comportano un aumento della pena (vedi paragrafo successivo)

Come precisato dalla Cassazione penale con sentenza n. 2390/2021, la rapina è un reato plurioffensivo e di natura complessa, in quanto tutela sia il patrimonio che la libertà e l'integrità fisica della persona. Per la sua consumazione, è sufficiente che l'avente diritto abbia perduto il proprio controllo sulla cosa e non sia più in grado di recuperarla autonomamente.

In caso di concorso di più circostanze aggravanti, la Cassazione penale con sentenza n. 990/2022 ha stabilito che il giudice deve partire dalla pena aggravata del reato di rapina e motivare specificamente l'eventuale aumento facoltativo per la seconda aggravante.

Circostanze Aggravanti della Rapina

Nel delitto di rapina, previsto dall’art. 628 c.p., il legislatore ha previsto un sistema articolato di circostanze aggravanti che, in presenza di specifiche condizioni oggettive o soggettive, determinano un innalzamento della pena base. L’individuazione delle aggravanti risponde all’esigenza di graduare la risposta punitiva in ragione della maggiore pericolosità della condotta e dell’intensità dell’offesa recata ai beni giuridici tutelati.

L’art. 628, comma 3, c.p., elenca le principali ipotesi di rapina aggravata, ossia:

  • uso di armi;
  • persona travisata;
  • più persone riunite;
  • violenza che pone taluno in stato di incapacità di volere o di agire;
  • appartenenza dell'autore ad associazioni di tipo mafioso;
  • commissione in luoghi che ostacolano la pubblica o privata difesa;
  • commissione all'interno di mezzi pubblici;
  • vittima ultrasessantacinquenne;

In primo luogo, la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale, ovvero da persona palesemente armata. L’uso di un’arma (anche impropria) o il ricorso al travisamento, infatti, amplificano la capacità intimidatoria dell’agente e la difficoltà di reazione della vittima.

Altra aggravante rilevante è quella della commissione del reato da più persone riunite, circostanza che implica un potenziamento del potere coattivo del gruppo e una maggiore difficoltà nell’identificazione dei responsabili. Di rilievo è anche l’aggravante dell’ingresso in luoghi privati o destinati a pubblici servizi (come abitazioni, uffici pubblici, banche), che amplia l’offesa al senso di sicurezza collettiva.

Particolarmente gravosa è l’ipotesi in cui la rapina sia accompagnata da sevizie, atti di particolare crudeltà o da condizioni idonee a ostacolare la difesa della vittima, oppure se da essa derivi una lesione personale grave o gravissima, ovvero la morte. In tali casi, la pena può arrivare fino a trent’anni di reclusione, o all’ergastolo se la morte è conseguenza non voluta della rapina.

Ai fini della configurabilità delle aggravanti, è sufficiente che esse concorrano oggettivamente nella condotta del reo, anche se non costituivano l’obiettivo primario dell’azione. La giurisprudenza ha precisato che le aggravanti del terzo comma non possono ritenersi “elementi costitutivi” della fattispecie, ma incidono sulla misura della pena.

In conclusione, le aggravanti previste dall’art. 628 c.p. consentono una personalizzazione della sanzione, rendendo la disciplina della rapina sensibile alla concreta offensività del fatto e alle modalità esecutive. Ciò risponde a un’esigenza di equità sostanziale e di effettiva tutela dei beni protetti.

Le Pene Previste per il Reato di Rapina

L'art. 628 del codice penale prevede un articolato sistema sanzionatorio per il reato di rapina, che si differenzia in base alla gravità delle condotte e alla presenza di circostanze aggravanti.

Per la rapina semplice, la pena base prevista è la reclusione da 5 a 10 anni, accompagnata da una multa da €. 927 a 2.500.

Questa sanzione si applica sia alla rapina propria (quando la violenza o minaccia precedono o sono contestuali alla sottrazione) che alla rapina impropria (quando la violenza o minaccia seguono immediatamente la sottrazione).

In presenza di circostanze aggravanti specifiche, come chiarito dalla Cassazione penale con sentenza n. 8373/2023, la pena viene significativamente aumentata.

In particolare, ai sensi del comma 3 dell’art. 628 c.p.c, la reclusione sale da 6 a 20 anni e la multa da 2.000 a 4.000 euro quando il reato è commesso:

  • con armi
  • da persona travisata
  • da più persone riunite
  • con violenza che causa incapacità di volere o agire
  • da appartenenti ad associazioni mafiose
  • in luoghi che ostacolano la difesa
  • all'interno di mezzi pubblici
  • ai danni di ultrasessantacinquenni

Nel caso di rapina pluriaggravata, come stabilito dalla Cassazione penale con sentenza n. 46210/2023, quando concorrono due o più circostanze aggravanti, o quando una di queste concorre con altre aggravanti comuni, la pena della reclusione viene ulteriormente aumentata da 7 a 20 anni, con una multa da 2.500 a 4.000 euro.

Il sistema prevede inoltre specifiche regole per il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti. Come evidenziato dalla Cassazione penale con sentenza n. 5879/2024, in presenza di attenuanti come il danno patrimoniale di speciale tenuità, qualora queste siano ritenute prevalenti nel giudizio di bilanciamento, è possibile una riduzione della pena fino a un terzo, fermi restando i limiti edittali previsti per la rapina semplice.

Differenze tra Rapina Consumata e Tentata Rapina

Nel reato di rapina, così come in altri delitti contro il patrimonio, la distinzione tra forma consumata e forma tentata assume particolare rilievo sotto il profilo ricostruttivo e sanzionatorio. L’art. 56 c.p., che disciplina il tentativo di reato, si applica anche alla rapina, configurandosi quando l’agente compie atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione del delitto, senza che lo stesso si realizzi per cause indipendenti dalla sua volontà.

La rapina si considera consumata nel momento in cui il soggetto agente riesce ad impossessarsi della cosa mobile altrui, anche solo per un breve lasso di tempo, esercitando su di essa un potere di fatto, seppur temporaneo, mediante l’uso di violenza o minaccia nei confronti della persona. La consumazione non richiede che l’agente si allontani o riesca a godere del profitto derivante dalla sottrazione.

Al contrario, si ha tentata rapina quando la condotta violenta o minacciosa è posta in essere, ma non si realizza l’impossessamento del bene. La giurisprudenza individua il discrimine nel mancato compimento dell’elemento materiale dell’appropriazione, in presenza però di atti univocamente orientati alla realizzazione del reato.

Un esempio tipico si ha quando il reo minaccia una vittima per ottenere la consegna di un oggetto, ma viene interrotto da un terzo o si dà alla fuga prima di realizzare l’ingiusto profitto. In tal caso, il reato rimane nella forma tentata, con conseguente applicazione della pena prevista per la rapina, diminuita ai sensi dell’art. 56 c.p.

Sotto il profilo processuale, sia la rapina consumata che quella tentata sono procedibili d’ufficio. Tuttavia, la valutazione del grado di offensività e del concreto pericolo insito nella condotta può incidere sull’entità della pena irrogata e sulle circostanze attenuanti eventualmente riconoscibili.

Estinzione del Reato di Rapina e Cause di Non Punibilità

Il reato di rapina, in quanto delitto contro il patrimonio connotato da violenza o minaccia alla persona, è soggetto a specifici regimi in materia di estinzione del reato e cause di non punibilità, differenti da quelli applicabili a fattispecie meno gravi come il furto.

La prescrizione rappresenta la causa estintiva principale e si fonda sul decorso di un determinato termine temporale, ex art. 157 c.p., che impedisce la prosecuzione o l’instaurazione dell’azione penale.

Per la rapina semplice, la prescrizione ordinaria è di dieci anni, aumentata fino a dodici anni e sei mesi per effetto degli atti interruttivi. Per la rapina aggravata ai sensi dell’art. 628, comma 3, c.p., il termine sale a quindici anni (fino a diciotto anni e nove mesi in caso di interruzioni). In caso di rapina seguita da omicidio (art. 628, comma 3-bis), la pena è l’ergastolo e il reato diventa imprescrittibile ai sensi dell’art. 157, comma 6, c.p.

Altra causa generale di estinzione è la morte del reo, che preclude ogni esercizio dell’azione penale e determina la cessazione del processo in ogni suo stato e grado, ex art. 150 c.p. La morte, anche sopravvenuta, comporta l’emissione di un decreto o sentenza di non doversi procedere.

Non è invece ammessa alcuna forma di conciliazione tra le parti: la rapina, essendo procedibile d’ufficio, non può essere oggetto di remissione di querela né di giustizia riparativa ai sensi delle ipotesi applicabili ai soli reati procedibili a querela di parte. La gravità intrinseca del fatto, che coinvolge la sicurezza individuale e collettiva, esclude ogni componibilità privatistica.

Quanto alle cause di non punibilità, va esclusa l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto), trattandosi di reato con violenza alla persona. La Cassazione ha costantemente escluso la configurabilità della tenuità nella rapina, anche se di lieve entità o commessa senza armi.

Infine, non sono previste cause specifiche di non punibilità per condotte riparatorie da parte dell’imputato, che rilevano invece in altri reati patrimoniali. Tuttavia, in sede di dosimetria della pena, la restituzione del bene o il risarcimento possono essere valutati ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, ex art. 62-bis c.p.

FAQ sulla Rapina

  • Quando una rapina è considerata aggravata? Una rapina è aggravata quando ricorre almeno una delle circostanze previste dall’art. 628, comma 3, c.p., come l’uso di armi, il travisamento, l’azione di più persone riunite, l’ingresso in luoghi privati o pubblici, l’aver causato lesioni gravi o la morte. Tali elementi rendono il fatto più grave e comportano un aumento della pena.
  • Quanto si rischia per una rapina semplice? La rapina semplice è punita con la reclusione da 5 a 10 anni e con la multa da 927 a 2.500 euro, ai sensi dell’art. 628, comma 1, c.p. Si tratta di una pena severa, proporzionata alla gravità del reato, che comporta violenza o minaccia alla persona per sottrarre un bene mobile altrui;
  • In cosa consiste la rapina impropria? La rapina impropria si verifica quando la violenza o la minaccia sono esercitate non per impossessarsi del bene, ma per assicurare il possesso della cosa sottratta o garantirsi l’impunità dopo il furto. È disciplinata dall’art. 628, comma 2, c.p., ed è equiparata alla rapina propria quanto a trattamento sanzionatorio;
  • La rapina è sempre perseguita d'ufficio? Sì, la rapina è sempre procedibile d’ufficio. Ciò significa che l’autorità giudiziaria può agire indipendentemente dalla volontà della persona offesa, considerata la particolare gravità del reato che lede non solo il patrimonio, ma anche l’integrità fisica e la libertà individuale della vittima;
  • Quali aggravanti aumentano la pena per rapina? Le aggravanti più rilevanti sono: uso di armi, travisamento, azione di più persone riunite, ingresso in abitazioni o luoghi pubblici, ricorso a sevizie, minacce gravi, lesioni personali gravi o morte della vittima. Tali circostanze, previste dall’art. 628, comma 3, c.p., determinano un aumento significativo della pena.

Avv. Marco Mosca

Avvocato Marco Mosca

Marco Mosca

Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...