Peculato: Definizione, Tipologie e Pene
Scopri cos'è il peculato, come si configura il reato e quali pene prevede il codice penale italiano. Guida chiara e completa.
Il reato di peculato è una figura centrale nel sistema penale italiano in materia di delitti contro la pubblica amministrazione. Esso è disciplinato dall’art. 314 c.p. e si configura quando un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, avendo per ragione del proprio ufficio la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria indebitamente. La condotta è punita con pene particolarmente severe, poiché lede il vincolo fiduciario tra cittadino e amministrazione pubblica e compromette l'integrità del servizio pubblico.
La tipologia base del reato è il peculato per appropriazione, ma vi sono anche varianti come il peculato d’uso (art. 314, comma 2 c.p.), che si ha quando il bene è utilizzato temporaneamente e poi restituito. Inoltre, la giurisprudenza ha riconosciuto forme aggravate in base alla natura e al valore dei beni o alla reiterazione della condotta.
Le conseguenze giuridiche sono gravi e possono comportare, oltre alle pene detentive, anche l’interdizione dai pubblici uffici, la confisca e, nei casi più gravi, la responsabilità erariale. Il reato è perseguibile d’ufficio e rientra tra quelli per i quali si applicano le misure interdittive e le sanzioni accessorie previste dal codice penale.
Vediamo di seguito questa particolare fattispecie di reato.
2. Cos'è il Reato di Peculato
Il peculato è un reato proprio dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio, disciplinato dall'art. 314 del Codice Penale.
Si configura quando il soggetto qualificato, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o la disponibilità di denaro o altra cosa mobile altrui, se ne appropria.
Come chiarito dalla Cassazione penale (n.38134/2021), il peculato è un reato plurioffensivo che tutela sia il patrimonio della Pubblica Amministrazione sia, principalmente, il buon andamento, l'imparzialità e la legalità del suo operato, nonché la fedeltà del pubblico ufficiale.
Gli elementi costitutivi essenziali del reato sono:
- La qualifica soggettiva dell’agente (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio);
- Il possesso o la disponibilità del bene per ragione dell’ufficio o servizio;
- L’appropriazione del bene.
Come evidenziato dalla recente giurisprudenza, l’elemento distintivo tra peculato e altri reati contro la P.A. sta nelle modalità del possesso: nel peculato il soggetto ha già la disponibilità del bene per ragione del suo ufficio, mentre in altri reati (come la truffa aggravata) tale disponibilità viene conseguita fraudolentemente.
La giurisprudenza di merito (Trib. Pen. di Vicenza n.1040/2023) ha precisato che il reato si perfeziona nel momento stesso in cui l’agente dispone del bene uti dominus, cioè come se ne fosse proprietario, risultando irrilevanti i motivi personali dell’agire o l’eventuale successiva restituzione.
L’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, consistente nella consapevolezza e volontà di appropriarsi del bene di cui si ha la disponibilità per ragioni d’ufficio. Come stabilito dalla Cassazione, la consumazione del reato avviene nel momento dell’appropriazione, indipendentemente dall’entità del danno patrimoniale, poiché la condotta appropriativa lede comunque l’interesse al buon andamento della P.A.
Il legislatore ha previsto anche una forma attenuata, il peculato d’uso (secondo comma dell’art. 314 c.p.), che si configura quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l’uso, è stata immediatamente restituita. Tuttavia, come precisato dalla giurisprudenza, questa forma attenuata non è configurabile per il denaro, data la sua natura fungibile.
3. Peculato e Altri Reati Contro la Pubblica Amministrazione
Il peculato rappresenta una delle figure più gravi tra i delitti contro la pubblica amministrazione, in quanto implica un tradimento del mandato istituzionale da parte di chi esercita una funzione pubblica. Tuttavia, per una corretta qualificazione giuridica delle condotte, è essenziale distinguerlo da altri reati affini, quali la corruzione, la concussione e l’abuso d’ufficio, ciascuno con proprie peculiarità strutturali e funzionali.
Vediamo in estrema sintesi le varie ipotesi.
Peculato (art. 314 c.p.)
Come abbiamo visto, si configura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio si appropria di denaro o altra cosa mobile altrui di cui abbia la disponibilità per ragione del proprio ufficio. Il bene è già nella sua sfera di disponibilità giuridica o materiale, ma l’agente ne muta la destinazione da pubblica a privata. Il reato è appropriativo, consumato mediante actio rem sibi habendi.
Corruzione (artt. 318 e 319 c.p.)
La corruzione comporta un accordo illecito tra il pubblico agente e un privato: in cambio di una retribuzione o altra utilità, il primo compie un atto d’ufficio (corruzione per l’esercizio della funzione) o contrario ai doveri d’ufficio (corruzione propria). Non vi è appropriazione di beni pubblici già disponibili, ma una mercificazione della funzione amministrativa.
Concussione (art. 317 c.p.)
Nella concussione, il pubblico ufficiale induce o costringe il privato a dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità. A differenza della corruzione, l’accordo non è bilaterale ma viziato da un abuso di potere, e la vittima agisce in stato di soggezione. Il bene trasferito proviene dal patrimonio del privato, non dall’amministrazione.
Abuso d’Ufficio (art. 323 c.p.)
Consiste nel procurare un vantaggio patrimoniale ingiusto a sé o ad altri, ovvero un danno ingiusto ad altri, mediante violazione di norme di legge o regolamento. Non vi è appropriazione, ma un uso distorto della funzione amministrativa, privo della connotazione negoziale propria della corruzione e senza l’elemento coercitivo tipico della concussione.
4. Tipologie di Peculato
Il sistema penale italiano prevede diverse tipologie di peculato, ciascuna caratterizzata da elementi distintivi specifici che ne determinano la gravità e il trattamento sanzionatorio. Come evidenziato dalla recente giurisprudenza della Cassazione, il peculato si manifesta principalmente attraverso tre forme: il peculato proprio o ordinario, il peculato d’uso e il peculato mediante appropriazione.
Il peculato proprio o ordinario, disciplinato dal primo comma dell’art. 314 del Codice Penale, rappresenta la forma più grave e si configura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio si appropria del denaro o di altra cosa mobile di cui ha il possesso per ragione del suo ufficio.
Come chiarito dalla Cassazione (Cass. Pen. n.8818/2020) l’appropriazione si realizza quando l’agente esercita sul bene poteri tipicamente proprietari, comportandosi come se ne fosse il legittimo proprietario (uti dominus) e sottraendolo definitivamente alla disponibilità della pubblica amministrazione.
Il peculato d’uso, previsto dal secondo comma dell’art. 314 c.p., costituisce una forma attenuata del reato e si caratterizza per due elementi fondamentali: la temporaneità dell’appropriazione e l’immediata restituzione del bene. Come precisato dalla giurisprudenza, questa forma può configurarsi solo quando l’utilizzo della cosa è effettivamente momentaneo e la sua durata non supera il tempo strettamente necessario all’uso.
Significativamente, la Cassazione (Cass. Pen. n.49117/2022) ha chiarito che il peculato d’uso non è configurabile per il denaro, data la sua natura fungibile che non consente la restituzione dello stesso bene ma solo del tantundem.
Il peculato mediante appropriazione si distingue dalle altre forme per le modalità con cui avviene l’impossessamento del bene. Come evidenziato dalla giurisprudenza più recente, questa forma si caratterizza per la presenza di una condotta appropriativa che può realizzarsi anche attraverso meccanismi complessi, come nel caso di procedure di spesa pubblica in cui la disponibilità del denaro è frazionata tra più soggetti. In questi casi, l’appropriazione può avvenire anche mediante l’induzione in errore di altri pubblici ufficiali con competenza concorrente.
La distinzione tra queste forme di peculato assume particolare rilevanza non solo per il diverso trattamento sanzionatorio, ma anche per le conseguenze processuali e gli effetti sulla confisca. Come stabilito dalla Cassazione, l’elemento distintivo fondamentale resta sempre la modalità del possesso del bene e il rapporto tra questo possesso e la funzione pubblica esercitata dall’agente.
5. Soggetti che Possono Commettere il Reato di Peculato
Il peculato è un reato proprio che può essere commesso esclusivamente da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. Come evidenziato dalla Cassazione penale (n.5550/2022) la qualifica soggettiva deve essere valutata secondo un criterio oggettivo-funzionale che prescinde dalla natura dell’ente di appartenenza e dal rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda il pubblico ufficiale, l’art. 357 del Codice Penale stabilisce che tale qualifica è attribuita a coloro che esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. La funzione amministrativa è considerata pubblica quando è disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dalla formazione e manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dall’esercizio di poteri autoritativi o certificativi.
L’incaricato di pubblico servizio, come definito dall’art. 358 c.p., è colui che, a qualunque titolo, presta un pubblico servizio. Come chiarito dalla recente giurisprudenza, il pubblico servizio è un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, con esclusione delle semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale.
È importante sottolineare che, come stabilito dalla Cassazione (Cass. Pen. n.9252/2025) possono concorrere nel reato anche soggetti privi della qualifica pubblicistica (extranei), purché questi sfruttino la relazione di possesso che il pubblico agente ha con il bene per ragioni di ufficio o servizio. In assenza di questo sfruttamento strumentale della relazione propria del pubblico agente con la res, non si configura il peculato ma eventualmente altri reati come il furto o l’appropriazione indebita.
6. Le Pene Previste per il Reato di Peculato
Il sistema sanzionatorio per il reato di peculato, come previsto dall’art. 314 del Codice Penale, prevede una pena principale della reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi per il peculato ordinario. Come evidenziato dalla Cassazione (Cass. Pen. n.23012/2021), il minimo edittale di quattro anni è stato introdotto dalla Legge n. 190/2012, che ha inasprito il trattamento sanzionatorio precedentemente previsto.
Per il peculato d’uso, forma attenuata del reato, la pena è significativamente più lieve, essendo prevista la reclusione da sei mesi a tre anni. Come chiarito dalla giurisprudenza, questa forma attenuata non è applicabile all’appropriazione di denaro, data la sua natura fungibile che non consente la restituzione dello stesso bene ma solo del tantundem.
Oltre alla pena principale, l’art. 317-bis del Codice Penale prevede importanti pene accessorie: l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione.
Tuttavia, come precisato dalla Cassazione (Cass. Pen. n.15825/2020) se viene inflitta una pena non superiore a due anni o se ricorre la circostanza attenuante prevista dall’art. 323-bis, le sanzioni accessorie diventano temporanee, con una durata non inferiore a cinque anni né superiore a sette anni.
È inoltre prevista, secondo l’art. 322-ter c.p., la confisca obbligatoria dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, salvo che appartengano a persona estranea al reato. Quando la confisca diretta non è possibile, si procede alla confisca per equivalente di beni nella disponibilità del reo per un valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.
Nel caso di continuazione tra più episodi di peculato, come stabilito dalla giurisprudenza, la determinazione della pena deve tenere conto di vari elementi, tra cui la pluralità e gravità degli episodi appropriativi, l’intensità del dolo, la particolare vulnerabilità delle persone offese e l’entità degli importi sottratti.
7. Peculato e Responsabilità Contabile
Il reato di peculato, oltre a costituire una violazione penalmente rilevante ai sensi dell’art. 314 c.p., comporta importanti riflessi anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa e contabile. Infatti, l’indebita appropriazione di beni o risorse economiche pubbliche da parte di un soggetto investito di una funzione pubblica integra, oltre che un illecito penale, un danno erariale ai sensi della normativa in materia di contabilità pubblica.
La responsabilità contabile è disciplinata dal Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214) e dalla normativa successiva in materia di giudizio di responsabilità amministrativa. Essa si configura ogni qualvolta un pubblico dipendente, con dolo o colpa grave, cagioni un danno patrimoniale all’ente pubblico di appartenenza. Nel caso del peculato, la condotta dolosa of appropriazione indebita di risorse pubbliche determina un evidente pregiudizio economico per l’Amministrazione, integrando pienamente gli estremi della responsabilità erariale.
L’accertamento della responsabilità contabile è rimesso alla giurisdizione della Corte dei conti, che procede con autonomo giudizio rispetto a quello penale. La condanna per peculato, pur non essendo condizione necessaria per l’instaurazione del giudizio contabile, costituisce spesso un elemento probatorio rilevante per la valutazione della sussistenza del danno e dell’elemento soggettivo del dolo. La Corte dei conti può condannare l’agente alla restituzione dell’intero importo indebitamente sottratto, maggiorato degli interessi e della rivalutazione monetaria, oltre all’eventuale irrogazione di sanzioni accessorie.
Oltre alla responsabilità contabile, il peculato può comportare anche responsabilità amministrativa disciplinare, connessa alla violazione dei doveri d’ufficio. Le sanzioni disciplinari, irrogabili dall’Amministrazione di appartenenza, possono giungere fino al licenziamento senza preavviso, in base alla gravità della condotta.
La responsabilità contabile, infine, può coinvolgere anche altri soggetti che, pur non avendo concorso penalmente al reato, abbiano omesso controlli o agevolato l’illecito con condotte omissive gravemente colpose. Si tratta del cosiddetto concorso omissivo in responsabilità amministrativa, che amplia l’ambito dei soggetti potenzialmente responsabili.
In conclusione, il peculato comporta una triplice responsabilità: penale, amministrativa e contabile, ciascuna con propri presupposti e finalità, ma tutte volte a garantire il ripristino della legalità e la tutela del patrimonio pubblico.
8. Possibilità di Difesa e Cause di Non Punibilità
Le strategie difensive nel reato di peculato si articolano su diversi piani, tenendo conto della natura plurioffensiva del reato e delle sue peculiari caratteristiche strutturali. Come evidenziato dalla Cassazione penale n. 20094/2016, una prima linea difensiva può basarsi sulla dimostrazione dell’assenza di un danno apprezzabile al patrimonio della P.A. o di una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio, poiché il delitto non sussiste in assenza di conseguenze economicamente e funzionalmente significative.
Un’importante strategia difensiva può concentrarsi sulla qualificazione giuridica del fatto. Come chiarito dalla Cassazione n. 22280/2024, è possibile contestare la sussistenza del peculato dimostrando che l’acquisizione del possesso del bene è avvenuta fraudolentemente e non per ragione dell’ufficio, nel qual caso potrebbe configurarsi il diverso reato di truffa.
Per quanto riguarda le cause di non punibilità, la Cassazione n. 23253/2023 ha chiarito che l’istituto della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. non è applicabile al peculato, sia per i limiti edittali previsti (reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi) sia perché il reato è espressamente incluso tra quelli esclusi dal beneficio.
La restituzione del bene, come precisato dalla Cassazione n. 15055/2021, non esclude la consumazione del reato, costituendo un mero post factum irrilevante ai fini della configurabilità del delitto. Tuttavia, può essere valorizzata ai fini del trattamento sanzionatorio e della concessione delle attenuanti generiche.
Un’ulteriore strategia difensiva può riguardare la configurabilità del peculato d’uso, forma attenuata del reato. Tuttavia, come stabilito dalle Sezioni Unite n. 19054/2013, questa ipotesi non è configurabile per il denaro, data la sua natura fungibile che non consente la restituzione dello stesso bene ma solo del tantundem.
Infine, come evidenziato dalla Cassazione n. 35456/2019, può essere invocata l’attenuante della particolare tenuità prevista dall’art. 323-bis c.p., ma solo quando le condotte appropriative, oltre ad essere di modesta entità patrimoniale, non siano state reiterate e organizzate per perseguire interessi privatistici.
FAQ sul Peculato
Qual è la differenza tra peculato e appropriazione indebita? La differenza risiede nella qualifica soggettiva dell’agente e nella disponibilità originaria del bene. Il peculato è commesso da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che si appropria di beni già nella sua disponibilità per ragione d’ufficio. L’appropriazione indebita (art. 646 c.p.) è invece un reato comune, in cui il soggetto ha la detenzione del bene per ragioni private e ne muta la destinazione, sottraendolo al proprietario.
Quanto si rischia per un reato di peculato? Il peculato è punito con la reclusione da 4 a 10 anni e 6 mesi. La pena può essere aumentata in presenza di circostanze aggravanti. Si applicano inoltre pene accessorie come l’interdizione dai pubblici uffici e la confisca del profitto. Il reato ha gravi conseguenze anche sotto il profilo disciplinare e contabile, potendo comportare responsabilità erariale dinanzi alla Corte dei Conti.
Chi può essere accusato di peculato? Solo un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio può essere soggetto attivo del peculato. La qualifica deve sussistere al momento della commissione del fatto e il bene deve trovarsi nella disponibilità del soggetto in ragione del proprio ufficio. Privati cittadini non possono commettere peculato, ma possono eventualmente concorrervi penalmente se agevolano l’illecito.
Cos’è il peculato d’uso? Il peculato d’uso, previsto dall’art. 314, comma 2, c.p., si verifica quando il pubblico agente utilizza temporaneamente un bene della pubblica amministrazione per fini privati e poi lo restituisce. Pur non integrando un’appropriazione definitiva, è comunque punito (con pena ridotta) perché comporta un uso distorto della disponibilità concessa per ragioni d’ufficio, ledendo il principio di imparzialità amministrativa.
È possibile estinguere il reato di peculato con il risarcimento? No, il peculato è un reato contro la pubblica amministrazione perseguibile d’ufficio, che non può essere estinto per effetto del risarcimento del danno. Tuttavia, la riparazione integrale può assumere valore in sede di giudizio ai fini della concessione di attenuanti generiche o della sospensione condizionale della pena, ma non incide sull’esistenza del reato né estingue l’azione penale.

Marco Mosca
Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...