Ferie aziendali: come, quando spettano, e chi le decide?

In questo articolo cercheremo di fornire una risposta ai quesiti che con maggiore frequenza vengono posti ai professionisti del settore in merito al periodo più atteso dell’anno, ovvero quello delle tante agognate Ferie.

quando spettano le ferie aziendali

1. Il diritto alle Ferie


Le Ferie sono giornate di astensione dal lavoro, riconosciute al lavoratore dipendente, che ha la possibilità di non prestare attività lavorativa pur percependo la retribuzione dal datore di lavoro.
Ciò che abbiamo definito possibilità in realtà si configura come un vero e proprio diritto del lavoratore, a cui peraltro, non può rinunciare secondo quanto disposto dall’art. 36 della Costituzione, attesa la necessità dello stesso di recuperare le energie psicofisiche usurate durante il periodo di lavoro, ed inviolabile da parte del datore di lavoro (qualsiasi patto contrario contenuto in un contratto collettivo o individuale è nullo).

Invero, l’art. 36 della Costituzione sancisce un vero diritto del lavoratore a godere di un periodo di ferie annuali, retribuite ed irrinunciabili, regolamentato dal codice civile all’art. 2109, nonché dal D.Lgs 66/2003 (Legge sull’orario di lavoro) e successive modificazioni.

Il Decreto Legislativo n. 66 del 2003 ha disposto che l’effettivo numero di giorni di ferie concessi ai lavoratori vengono stabiliti dai contratti collettivi applicati in azienda (CCNL).

In ogni caso al prestatore di lavoro deve essere garantito un periodo annuale di ferie retribuite (al 100% del salario giornaliero), non inferiore a 4 settimane, da usufruirsi per 2 settimane nell’anno di maturazione, e per le restanti 2 settimane nei successivi 18 mesi. Generalmente sono 28 i giorni di ferie retribuite annuali , ma ciò non toglie che i contratti collettivi possano predisporre un periodo annuale di ferie più ampio.

2. La Maturazione delle Ferie


Si parla di maturazione in quanto il diritto alle ferie si acquisisce progressivamente: il numero di giorni di ferie matura pro quota nel tempo in base ai mesi di lavoro svolto. 

Il periodo di riferimento è per legge di 12 mesi, dunque coincide con l’anno solare e va dal 1° gennaio al 31 dicembre dello stesso anno, (per cui se il lavoratore viene assunto durante l’anno il suo diritto sarà proporzionato ai soli giorni di lavoro svolti). 

Tuttavia, il datore di lavoro può disporre che il periodo annuale di riferimento per la maturazione delle stesse, decorra a partire dal 1° agosto, fino al 31 luglio dell’anno successivo.

Ciò posto, vi sono alcune ipotesi, in cui la maturazione avviene anche in caso di assenza dal posto di lavoro. 

Si tratta delle ipotesi di assenza obbligatoria: 

  • per gravidanza e puerperio; 
  • malattia o infortunio sul lavoro, (nei limiti del periodo di comporto); 
  • per l’adempimento di funzioni presso i seggi elettorali
  • congedo matrimoniale .
     

Viceversa le assenze non computabili, che non consentono la maturazione delle ferie, sono: 

  • assenza per congedo parentale
  • assenza durante le malattie del bambino
  • aspettativa per i lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali;
  • assenze per malattia o infortunio sul lavoro, (oltre i limiti del periodo di comporto);
  • permessi e aspettative non retribuiti
  • periodi di cassa integrazione a zero ore.

3. A chi spetta decidere sulla concessione o meno delle ferie?


Il “quando” del godimento viene stabilito dal datore di lavoro, che deve contemperare sia le esigenze dell’impresa, che gli interessi del lavoratore. Proprio per tali ragioni il periodo feriale viene solitamente goduto nel periodo estivo, quando vi è un calo fisiologico dell’attività aziendale e si può consentire la continuità nella fruizione delle stesse.

Il D.Lgs. 66 del 2003 prevede per il datore di lavoro, in materia di ferie retribuite, i seguenti obblighi:

  • l’obbligo di concedere un periodo di ferie di due settimane nel corso dell’anno di maturazione;
  • obbligo di consentire la fruizione, del restante periodo minimo di due settimane, nei 18 mesi successivi all’anno di maturazione

Tuttavia i contratti collettivi possono altresì intervenire prevedendo un monte ferie superiore a quello minimo fruibile per legge in maniera frazionata, secondo i contratti o gli usi aziendali.

Il datore è tenuto a comunicare preventivamente al lavoratore il periodo feriale, servendosi, oltre che della forma scritta, di qualunque altro mezzo che porti
immediatamente a conoscenza del dipendente l’arco temporale in cui collocare le assenze.

Una volta comunicato il periodo feriale, durata e collocazione temporale dei giorni di ferie avviene con la predisposizione di un piano ferie approvato dall’azienda, e di cui deve essere data comunicazione al lavoratore . 

Per le realtà di grandi dimensioni questo viene di norma predisposto per ogni singolo reparto/settore e trasmesso dal responsabile all’ufficio risorse umane o alla direzione aziendale.

Invero, nelle aziende di piccole – medie dimensioni al dipendente è concessa la possibilità di presentare una richiesta ferie, in forma scritta, al datore, indicando il periodo in cui si è intenzionati a goderne, con un congruo preavviso, in modo tale da permettergli di organizzare l’attività produttiva. 

Tale richiesta, firmata dal datore per ricevuta ed accettazione, è subordinata al consenso dello stesso, che dovrà comunicare l’intenzione di approvarla o meno.
A ciò va aggiunto che il datore di lavoro non può obbligare il lavoratore a non godere delle stesse: in tal caso andrebbe incontro al pagamento di una sanzione amministrativa, e che per convesso i lavoratori non possono non goderle con lo scopo di monetizzarle.

4. Il datore può modificare il piano ferie?

La risposta (non piacerà), è SI. Una volta fissato e comunicato il periodo di godimento delle ferie, il datore ha la facoltà di modificarlo a causa di un mutamento delle esigenze produttive e aziendali, dando congruo preavviso e in ogni caso prima dell’inizio del periodo di ferie.

Ma cosa accade invece se dopo una prima approvazione, il datore di lavoro nega le ferie al dipendente per esigenze aziendali?

In questo caso, l’impresa dovrà farsi carico di eventuali costi che il lavoratore ha già affrontato per un soggiorno pagato in anticipo.

L’azienda può richiamare al lavoro il dipendente in ferie?

Se i contratti collettivi lo consentono l’azienda, in caso di reali necessità dell’impresa, ovvero di mutamento di esigenze produttive ed aziendali, può richiedere un rientro anticipato sul lavoro ai propri dipendenti. 

In tal caso il lavoratore ha diritto ad un risarcimento in denaro, nonché un diritto a consumare la parte restante dei giorni di ferie in un secondo momento.

5. ll datore di lavoro può negare le ferie?


Non a tutti è nota la possibilità prevista per l’azienda di negare la concessione del periodo di ferie. Si tratta di una situazione che può aver luogo solo ed esclusivamente in presenza di giustificate, ben specifiche, pressanti esigenze aziendali. 

Il rifiuto della richiesta alle ferie deve essere adeguatamente motivato, e deve essere concessa la possibilità al lavoratore di usufruire delle stesse in un altro periodo dell’anno.


6. Ferie non godute: il divieto di Monetizzazione


La monetizzazione, ovvero il pagamento delle ferie non godute è vietato, come disposto dal D.Lgs. 66/2003, poiché osterebbe con la finalità di assicurare la corretta fruizione delle ferie, ma soprattutto con la tutela del benessere del lavoratore, che può essere pregiudicato dallo svolgimento continuo della prestazione lavorativa. 

Pertanto in applicazione del cd.divieto di monetizzazione le ferie residue non godute dal lavoratore entro i termini di legge devono essere differite.
 

In caso di mancata fruizione del periodo minimo legale, ovvero di mancato godimento dopo i 18 mesi, il datore sarà sottoposto alle seguenti sanzioni amministrative, ( in base al numero di lavoratori che non hanno esaurito le ferie), introdotte con l’art. 7 della L n.183/2010:

  • da 100 a 600 euro per ogni lavoratore;
  • da 400 a 1500 euro con violazioni per oltre 5 lavoratori o 2 annualità;
  • da 800 a 4500 euro con violazioni per oltre 10 lavoratori o 4 annualità;

ed inoltre avrà l’onere di versare i contributi previdenziali e assistenziali sulle ferie non godute.
 

Il dipendente, per di più, potrà chiedere il risarcimento del danno biologico ed esistenziale causato dal mancato recupero delle energie psico-fisiche e dalla possibilità di dedicarsi alla propria vita privata, a patto che dimostri l’esistenza del danno, ed il legame causa – effetto con il mancato godimento delle ferie.


7. Deroghe al divieto di monetizzazione delle ferie


Sono previste ipotesi tassative in cui, in deroga al suddetto divieto, si può ricorrere alla corresponsione di un’indennità sostitutiva, ovvero è possibile monetizzare le ferie residue non godute :

  • in caso di risoluzione del rapporto di lavoro;
  • ferie maturate nei contratti a tempo determinato di durata inferiore all’anno;
  • ferie residue al momento della cessazione del rapporto di lavoro che avvenga in corso dell’anno;
  • ferie previste dalla contrattazione collettiva eccedenti il periodo minimo di 4 settimane previsto dalla legge e nel caso di lavoratore inviato all’estero;
  • qualora vi sia l’impossibilità oggettiva della fruizione delle ferie giustificata dal breve tempo che intercorre tra la decisione di inviare il lavoratore all’estero e la sua partenza, che non consente una programmazione delle ferie stesse in relazione alle esigenze produttive e/o organizzative dell’impresa.
 
Il lavoratore che rientri in una delle ipotesi di monetizzazione sopra indicate, ha diritto a vedersi corrispondere dal datore di lavoro in busta paga l’indennità sostitutiva delle ferie.
 
Nel caso in cui non vi provveda, il lavoratore potrà far valere la propria pretesa mediante invio di una formale richiesta di indennità sostitutiva per ferie non godute

Qualora anche la predetta richiesta dovesse restare inevasa, al lavoratore non resta che rivolgersi all’ Autorità Giudiziaria (Tribunale del Lavoro) per ottenere quanto dovuto. 

In entrambe le ipotesi è preferibilmente agire per il tramite di un legale di fiducia un avvocato del lavoro.

8. La possibilità di cedere le ferie, ex art. 24, D.Lgs. 151/2015


In tempi recenti, l’articolo 24, D.Lgs. 151/2015, ha previsto la possibilità per i lavoratori di cedere, tra loro, a titolo gratuito, i riposi e le proprie ferie maturati, con esclusione del periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, e dei giorni minimi di riposo stabiliti dal D.Lgs. 66/2003. 
 
La cessione è finalizzata a consentire ai colleghi bisognosi di assentarsi per gravi motivi familiari, come assistere figli minori che per particolari condizioni di salute necessitano di assistenza e cure costanti da parte dei genitori. 
 
Condizioni e modalità di cessione sono stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
 

9. Ferie e Malattia

Il periodo di ferie del lavoratore può essere interrotto per determinate cause, o per il sovrapporsi di altri eventi, come ad esempio la malattia.

In ordine proprio alla malattia, occorre fare delle precisazioni, ovvero bisogna distinguere a seconda che la malattia sia insorta prima dell’inizio delle ferie, o sia sopravvenuta durante il godimento delle stesse.

Ciò in quanto nel primo caso, (quindi di uno stato di malattia insorto prima dell’inizio delle ferie), il lavoratore può sospenderle temporaneamente. (La malattia decorre normalmente senza incidere sulle ferie, che saranno così godute in un momento successivo.)
 

Invece, se la malattia sopraggiunge in un momento successivo, ovvero quando il lavoratore si trova già in ferie, in questa situazione il godimento viene sospeso, in quanto compromette la finalità ristoratrice a cui le stesse sono dirette, impedendo al lavoratore di ritemprare le proprie energie psico-fisiche, soddisfare le proprie esigenze ricreativo- culturale, e partecipare in maniera più incisiva alla vita familiare e sociale, ed atteso il diritto di godere delle stesse dopo la guarigione, a condizione che:

  • la malattia sia tempestivamente comunicata;
  • lo stato di malattia non possa consentire il recupero psicofisico caratteristico delle ferie, e dunque rappresenti un impedimento per l’effettivo riposo ed il pieno godimento delle stesse;
  • vi sia preventivo accordo con l’azienda.
     

Ma quali sono gli obblighi del lavoratore che sia ammala durante o poco prima il godimento delle ferie?

Se la malattia insorge prima delle ferie il lavoratore deve:

 

  • comunicare all’azienda la propria assenza (se l’obbligo è previsto dal contratto collettivo, dai regolamenti aziendali o per prassi consolidata);
  • sottoporsi a visita medica e fornire la propria tessera sanitaria e l’indirizzo di reperibilità;
  • accertarsi che il medico abbia inviato in via telematica all’INPS il certificato di malattia riportante la prognosi, (a tal proposito può farsi rilasciare il numero di protocollo identificativo del certificato da fornire su richiesta all’azienda); qualora non sia praticabile l’inoltro telematico, il lavoratore dovrà inviare a mezzo raccomandata copia cartacea del certificato, entro due giorni dal rilascio, all’INPS e all’azienda.

 

L’indennità di malattia avrà decorrenza dalla data di rilascio del certificato (nei casi di visita ambulatoriale); o al massimo dal giorno immediatamente precedente (se nel certificato il lavoratore ha dichiarato di essere ammalato dal giorno prima della visita).

Al contrario, se la malattia sopraggiunge durante il periodo feriale

l’effetto sospensivo delle ferie è possibile solo se il lavoratore si attiene agli obblighi citati sopra . In questo caso specifico la sospensione delle ferie e la conversione dell’assenza in malattia decorre non dalla data di rilascio del certificato bensì, come affermato dalla Cassazione con sentenza n.8016/2016, dalla data in cui il datore ne viene a conoscenza.

 

 
Tammaro Isabella
 

 

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RIFERIMENTI NORMATIVI
Art.36 della Costituzione
Art.2019 c.c.
D.Lgs 66/2003 (Legge sull’orario di lavoro)
Art. 7 della L n.183/2010
Art. 24, D.Lgs. 151/2015
Cassazione, sentenza n.8016/2016z