Corte di giustizia UE: cumulo di ferie e diritti del lavoratore

È possibile per un lavoratore autonomo cumulare i diritti sulle ferie annuali retribuite non godute dovuti a un impedimento causato dal datore di lavoro?

Il caso in questione è quello dell’inglese Mr. C.K., impiegato con «contratto di lavoro autonomo con retribuzione basata sulle sole commissioni» dal 1999 fino alla pensione scattata nel 2012. Dettaglio: quando C.K. usufruiva delle ferie, queste non gli venivano pagate.

Una volta finito il rapporto di lavoro, C.K. ha deciso di chiedere al principale il pagamento sia delle ferie godute e non retribuite sia di quelle non godute (questo in riferimento a tutto il periodo di occupazione). Visto poi il respingimento della richiesta, il caso è finito all’Employment Tribunal di competenza. Il tribunale coinvolto ha riconosciuto al lavoratore il diritto a ricevere le indennità richieste così come previsto dalla normativa britannica.

Il datore di lavoro, però, ricorre in appello. A questo punto la Court of Appeal of England and Wales si rivolge alla Corte di giustizia europea per alcuni dubbi relativi alla normativa: in caso di controversia tra lavoratore e datore di lavoro riguardante le ferie annuali, è compatibile col diritto dell’Unione pensare che il lavoratore ha la possibilità di usufruire delle ferie prima di sapere se queste gli verranno o no retribuite.

La causa C-214/16 cerca di fare un po’ di chiarezza. Per prima cosa la Corte sottolinea che il diritto alle ferie annuali retribuite è un principio di primaria importanza per quanto riguarda il diritto sociale dell’Unione, come specificato nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Per ciò ogni azione perpetrata dal datore di lavoro al fine di interferire con tale diritto, va vista come una violazione del diritto stesso dell’Unione.

Gli Stati membri devono quindi assicurare sì il diritto alle ferie annuali ma anche la possibilità data al lavoratore di fare ricorso effettivo quando questo non viene rispettato, come sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Un diritto non garantito se, nel caso in esame, il datore di lavoro avesse accordato solamente ferie non retribuite al lavoratore e, se quest’ultimo, non potesse far valere davanti a un giudice il diritto di poter usufruire di ferie retribuite, ma fosse in qualche modo obbligato a usufruire delle ferie non pagate per poi introdurre un ricorso diretto al fine di ottenerne il pagamento.

Un caso, quello appena ipotizzato, contrario a quanto specificato nel diritto dell’Unione, in quanto si vieta che il lavoratore possa beneficiare delle ferie prima di stabilire se ha diritto o no alla retribuzione su di esse.

Per quanto riguarda il caso del signor C.K., la Corte ha sottolineato che il diritto dell’Unione vieta l’esistenza di norme nazionali, o rifiuti da parte del datore di lavoro, che vadano a limitare la possibilità del lavoratore di cumulare ferie fino al termine del rapporto lavorativo per poi chiederne il risarcimento.

Il lavoratore che si è trovato impossibilitato a godere le proprie ferie a causa di fattori non dipendenti dalla sua volontà, quindi, ha diritto a un’indennità finanziaria. Vero che «il diritto dell’Unione non osta a norme o a prassi nazionali che limitano il cumulo del diritto alle ferie annuali retribuite a un periodo di riporto di 15 mesi allo scadere del quale il diritto si estingue», ma questa è una norma pensata per proteggere il datore di lavoro da accumuli di ferie troppo consistenti nel caso di assenza del lavoratore.

Non è questo il caso, in quanto il datore ha potuto trarre beneficio dal fatto che C.K. non interrompesse mai l’attività professionale.

Detto questo, è legittimo pensare che un datore di lavoro che non permette al lavoratore di avvalersi del diritto di ferie (o che non lo retribuisca per esso) stia in realtà arricchendosi illegittimamente sulle spalle del lavoratore stesso e in contrasto con la normativa in materia di salute di quest’ultimo.