In quali casi è previsto un risarcimento per danno biologico?

Il nostro ordinamento tutela l'integrità fisica quale bene di rango costituzionale che, se leso, merita un risarcimento: si tratta del risarcimento da danno biologico. Analizziamone i vari casi e le problematiche risarcitorie ad esso relativo.

1. Cosa si intende per danno biologico

Non è sempre agevole inquadrare il tema di risarcimento del danno in quanto, spesso, riguarda istituti e figure di difficile definizione, tanto da aver richiesto molte volte l'intervento da parte della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale.

Ritroviamo una definizione all'interno del D. Lgs n. 38 del 2000, dove viene descritto come una qualunque lesione all'integrità psicofisica, risarcibile indipendentemente dalla capacità di produzione di reddito del danneggiato.

Il danno biologico viene anche definito come danno alla salute, laddove salute è da intendersi in senso lato, riguardando sia i danni al fisico che alla psiche,  che hanno compromesso la capacità del danneggiato di compiere le proprie attività quotidiane e che, pertanto, meritano un risarcimento.

Come approfondiremo in seguito, il danno biologico è una categoria in cui si distingue il danno non patrimoniale. La norma di riferimento del danno non patrimoniale è l'art. 2059 del codice civile, che essenzialmente risponde alla domanda che fa da titolo a questo articolo: in quali casi deve essere risarcito il danno non patrimoniale e, dunque, il danno biologico? Il Codice civile risponde che è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge: si tratta o dei casi in cui la stessa legge prevede specificatamente un risarcimento da danno non patrimoniale come conseguenza per aver subito un fatto illecito, oppure in caso di violazione di diritti costituzionalmente garantiti.

È proprio a quest'ultima circostanza che ci inseriamo parlando di danno biologico, il cui fondamento ideologico va ricercato all'interno della nostra Carta Costituzionale che pone la persona al centro dell'ordinamento, quale entità meritevole di garanzie e tutele a prescindere dallo svolgimento di una attività produttiva di reddito. Ne sono riferimenti essenziali:

- art. 2 della Costituzione, che sancisce il principio personalista;

- art. 3 della Costituzione, che statuisce il principio di eguaglianza, formale e sostanziale;

- art. 32 della Costituzione, che sancisce e tutela il diritto alla salute quale diritto individuale fondamentale.

Da questi presupposti, si evince il postulato che ogni lesione alla salute - sia che si tratti, ad esempio, di una ferita o di una frattura (danno fisico) sia che si tratti di ansia o stress cagionati dal danneggiante (danno psichico) – se generata da una condotta (dolosa o colposa) di altri, costituisce danno da riparare giuridicamente, ai sensi dell'art. 2059 c.c., norma di riferimento per il risarcimento del danno cosiddetto non patrimoniale, di cui il danno biologico è risvolto e corollario.

A questo punto, occorre far chiarezza tra le varie categorie di danno che distinguiamo all'interno dell'ordinamento italiano.

2. Le varie tipologie di danno

Nel nostro codice civile, come in tanti altri ordinamenti, si distingue innanzitutto tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Cerchiamo di riassumere:

a) danno patrimoniale: (art. 2043 c.c.) ogni fatto, doloso o colposo, che cagiona un danno ingiusto, obbligando al risarcimento colui che l'ha commesso. L'entità del risarcimento si valuta distinguendo tra:

- danno emergente: ossia l'effettiva diminuzione, perdita o spesa sostenuta a seguito del danno subito (degenza in ospedale, acquisto medicinali, pagamento per visite specialistiche e esami)

- lucro cessante: che corrisponde al mancato guadagno del danneggiato a seguito del danno subito (es. giornate di lavoro perse per degenza in ospedale,  oppure, nei casi più gravi, l'impossibilità sopravvenuta di svolgere l'attività lavorativa);

b) danno non patrimoniale: (art. 2059) riguarda il danno subito dal soggetto a causa della violazione di un diritto o di un valore della personalità, costituzionalmente garantito. A differenza del primo, descritto pocanzi, il danno non patrimoniale è “tipico”, e viene

risarcito solo nei casi determinati dalla legge. Di norma si somma al danno patrimoniale.

Parlando di danno biologico, è proprio su quest'ultima categoria di danno che dobbiamo soffermarci: non vi è parere unanime e sempre concorde sulla natura unitaria di danno non patrimoniale, difatti, molti ritengono che  esso si distingua in più categorie. Non appartenendo a questa sede entrare nel dibattito, ai meri fini descrittivi, torna utile  proporre schematicamente le tipologie nelle quali taluni tendono a differenziare il danno non patrimoniale:

- danno biologico: si tratta del danno causato alla salute dell'individuo, del quale è tutelata l'integrità psicofisica indipendentemente dal reddito che è in grado di produrre;

- danno morale: si tratta della sofferenza soggettiva cagionata dal fatto illecito commesso dal danneggiante. Viene risarcito soltanto nei casi previsti dalla legge, ad esempio, in base all'art. 185 del codice penale, viene riconosciuto e riparato quando il fatto illecito costituisce reato. Viene liquidato su base equitativa, incrementando l'importo riconosciuto a titolo di danno biologico per una percentuale che va dal 30% al 50%;

- danno esistenziale: è qualsiasi lesione che va ad intaccare un qualsiasi valore di rango costituzionale, compromettendo la completa realizzazione della persona: ne sono esempi, la lesione della serenità familiare, o del godimento di un ambiente salubre. Si distingue dal danno biologico perché non presuppone una lesione fisica, e dal danno morale perché non costituisce una sofferenza di tipo soggettivo. I confini di questa categoria sono ancora labili e in via di definizione, va a ricomprendere delle tipologie di danno riconosciute dalla giurisprudenza quali, ad esempio, il danno da morte del congiunto, il danno estetico, il danno alla vita sessuale, ecc.

Vi sono poi delle altre sottocategorie o fattispecie di danno “scoperti” negli anni recenti dalla giurisprudenza: ricordiamo ad esempio il danno da chance o il danno alla vita di relazione, oppure ancora danno estetico.

3. Il risarcimento del danno biologico: com'era prima

Nel corso della storia giurisprudenziale si sono succedute varie impostazioni relative al risarcimento del danno biologico. Inizialmente, il criterio applicato per stabilire l'entità del risarcimento era quello fondato sul reddito percepito o prodotto dal colui che aveva subito il danno: quindi, si andava a considerare il tipo di professione svolta dal danneggiato e la sua retribuzione. In seguito si è riscontrato il parametro del reddito non sia da solo sufficiente in quanto ad esso va necessariamente valutata anche la percentuale di invalidità subita. Peraltro, vi sono alcune categorie di soggetti che non percepiscono reddito per i quali non è possibile utilizzare il criterio della retribuzione (es. uno studente o una casalinga), e in questo caso si applicherà un correttivo che è definito reddito figurato (vale a dire, considerando l'esempio dello studente, si guarderà alle prospettive di lavoro futuro; considerando sempre a titolo esemplificativo la casalinga, si guarderà invece alla sua collaborazione all'interno della famiglia). 

Tuttavia si è riscontrato un contrasto con il principio di eguaglianza (art.3 della Costituzione), in quanto questa impostazione avrebbe condotto i giudici - come di fatto è avvenuto - a decidere di risarcire con somme molto diverse tra loro una stessa lesione, poiché subita da due soggetti diversi: si tratta di una disuguaglianza su base economica che non poteva ammettersi. Sulla scorta di questo ragionamento, sono state emesse numerose sentenze basate su un criterio maggiormente egualitario,  che utilizzavano come termine di riferimento il reddito medio nazionale, raffrontato all'età del danneggiato. Tuttavia anche questa impostazione è stata abbandonata.

4. Il risarcimento del danno biologico: com'è ora

Oggi, si propende per una valutazione di tipo equitativo: un criterio flessibile, che consente ai giudici di adeguare la decisione al caso concreto, considerando le specifiche esigenze del soggetto coinvolto e le particolarità del tipo di danno subito: il danno, per così dire viene “personalizzato”. Quindi, per esempio, lo stesso danno agli arti inferiori sarà meritorio di un risarcimento più alto per un calciatore professionista, anziché per un pensionato.

È stato però fatto notare che il metodo equitativo, non avendo alla base criteri obiettivi derivanti dal Codice civile o da altre leggi in merito, possono determinare disparità di trattamento illegittime in quanto presumibilmente casi analoghi decisi da giudici diversi possono essere stimati differentemente.

Questa problematica è stata risolta ricorrendo alle cosiddette “tabelle milanesi”, delle vere e proprie tabelle di calcolo elaborate da giudici del Tribunale di Milano i quali, mettendo a raffronto e incrociando i vari casi di loro competenza, ne hanno estrapolato dei parametri uniformi che ormai costituiscono precedente consolidato e riferimento per tutti i tribunali d'Italia, eliminando ogni possibile disparità di trattamento. Le tabelle milanesi hanno ricevuto anche l’approvazione della Corte di Cassazione che in una sentenza del 2011 ha confermato la validità e l'efficacia del loro utilizzo ai fini della valutazione equitativa per la liquidazione del danno biologico, elevandole a unico parametro da tenere in considerazione in tutti i tribunali della Nazione.

5. Danno biologico e liquidazione

Nel concreto, quali parametri vengono utilizzati dai giudici per stabilire l'ammontare del risarcimento? In generale, vengono prese in considerazione due voci fondamentali:

- invalidità temporanea considera il numero di giorni necessari per la guarigione e per il ritorno alle normali attività quotidiane. Viene calcolata in La Giurisprudenza è conforme tuttavia nell'escludere la liquidazione di invalidità temporanea anche totale a seguito di sinistro stradale se nei giorni di invalidità il danneggiato ha comunque continuato a percepire la retribuzione dal proprio datore di lavoro;

- invalidità permanente che invece considera e raffronta l'età del danneggiato e i cosiddetti "punti" di invalidità.

Sarà richiesto l'intervento del medico legale il quale dovrà esaminare le condizioni del soggetto, descrivere l'entità delle lesioni riportate, valutare la durata e il grado di invalidità riscontrata, verificare l'esistenza di un danno psichico, valutare inoltre le ripercussioni del danno biologico sull'attività lavorativa o sulla quotidianità del danneggiato, tenendo in considerazione le sue abitudini  e attitudini, e stimare infine le spese mediche sostenute e quelle eventualmente da sostenere in seguito.

6. Danno biologico a seguito di infortuni stradali

Vi sono delle casistiche per le quali il legislatore è intervenuto a specificare l'entità del risarcimento di danno biologico. Si tratta del caso dei danni biologici riportati a seguito di incidenti stradali e in particolare delle "lesioni micropermanenti", cioè delle lesioni di lieve entità (da 1 a 9 punti di invalidità permanente). In questi casi si applica il criterio dell'art. 139 del Codice delle Assicurazioni (D. Lgs. 209/2005), che prevede un meccanismo di liquidazione basato su una tabella predisposta annualmente con decreto del Presidente della Repubblica, aggiornato agli indici Istat.

7. Danno da morte

Merita un approfondimento il cosiddetto danno "tanatologico", ossia del danno da perdita della vita, definito quale consapevolezza dell'imminenza del termine della propria vita. Sul punto, vi è un principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, per cui la sofferenza della vittima e il dolore psichico patito per la consapevolezza di dover assistere "lucidamente allo spegnersi della propria vita", sia risarcibile ma rientri nell'alveo del danno morale e non già del danno biologico. Invece, viene riconosciuto il danno biologico considerando la lesione all'integrità psico-fisica in sé e per sé nel tempo intercorso tra l'evento lesivo e il decesso, nel caso in cui la morte non sia avvenuta nell'immediato ma a seguito di un apprezzabile lasso di tempo.

Tale risarcimento può essere trasmesso agli eredi, i quali hanno diritto al risarcimento del cosiddetto danno da morte del congiunto, laddove vi sia una comprovata sofferenza psichica patita dai familiari a seguito del decesso del proprio caro.

Fonti normative

Artt. 2, 3, 32 della Costituzione.

Art. 2059 del Codice Civile: danno non patrimoniale.

Art. 1226 del Codice Civile: valutazione equitativa.

Art. 139 del D.Lgs. 209/2005: Codice delle Assicurazioni.

Art 13 del D. Lgs. 38/2000: Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali".

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