Come difendersi dall’agenzia di recupero crediti?

I debiti vanno pagati, ma è anche vero che il creditore non può utilizzare metodi scorretti o ossessivi pur di riscuotere il dovuto. È pacifico che il debitore abbia il diritto di difendersi dalle pratiche scorrette poste in essere dalle agenzie di recupero crediti.

1. Obbligo di presentazione

Il dipendente della società di recupero crediti ha l’obbligo di presentarsi con nome e cognome, di indicare il nome della società da cui chiama e non può millantare titoli inesistenti.

Il numero dal quale l’operatore chiama deve essere sempre visibile. Molto spesso il dipendente di una società di recupero crediti si presenta sotto falso nome, millanta titoli di studio (presentandosi come avvocato, quando in realtà un libero professionista non può essere anche dipendente di una società) in realtà mai conseguiti.

Inoltre, tale soggetto, si può presentare come impiegato della banca/finanziaria titolare del credito (ricordiamo che, al netto dei casi di cessione del credito, l’agenzia esegue solo la fase del recupero, ma agisce sempre in nome e per conto dell’azienda mandante senza essere titolare del credito).

2. Orari delle telefonate

Pur non essendoci una norma che stabilisce gli orari di una eventuale chiamata al debitore, la giurisprudenza e il garante della privacy hanno individuato degli orari irragionevoli in cui non è possibile effettuare telefonate. Inoltre, onde evitare di ricadere nel fenomeno del reato di stalking, non sarà possibile effettuare chiamate con frequenza superiore al dovuto.

Questo sta a significare che non sarà possibile effettuare più di una telefonata al giorno alla stessa persona e fuori dagli orari di lavoro.

Va detto che, per quel che concerne la fase di ricerca del numero di telefono, molto spesso il dipendente dell’agenzia acquisisce informazioni da parenti, vicini di casa o colleghi del debitore. Ciò non è vietato, ma il telefonista ad ogni modo non dovrà mai rivelare le finalità della telefonata.

2.1 I luoghi delle telefonate

È possibile contattare il debitore solo nella sua residenza, a meno che lo stesso non abbia fornito, all’atto della conclusione del contratto, numeri differenti.

Ergo, non sarà possibile contattare il debitore presso la casa di altri familiari, parenti, amici e luogo di lavoro.

Il debitore poi, a differenza del dipendente della società di recupero, potrà sempre registrare la conversazione per fa valere il proprio diritto in una causa successiva o per sporgere querela contro l’operatore. Chi partecipa ad una discussione accetta il rischio di essere registrato.

In caso di visita domiciliare, il debitore può sempre rifiutarsi di accogliere gli esattori della società di recupero. Si tratta di semplici dipendenti privati e non di pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni.

3. Offese e stalking

Il dipendente dell’agenzia, non potrà mai utilizzare un linguaggio violento e dovrà evitare in ogni modo di ricadere in comportamenti persecutori.

Ad ogni modo, l’ingiuria è stata depenalizzata, per cui la vittima potrà ottenere solo il risarcimento del danno a seguito di un’azione civile.

4. Trattamento dei dati personali

L’agenzia di recupero può trattare solo i dati anagrafici, codice fiscale e P.IVA, recapiti, ammontare del credito, forniti dal debitore al momento della conclusione del contratto o riscontrabili su pubblici registri. Inoltre, il debitore, una volta estinto il debito, può richiedere la cancellazione dei dati personali.

5. La corresponsabilità della società mandante

Sulla base dell’orientamento della recente giurisprudenza, il creditore originario (banca, multi utility, finanziarie ecc.) è tenuto a controllare l’operato dell’agenzia di recupero a cui si affida per riscuotere il credito. Infatti, nel caso di comportamento scorretto dell’agenzia, la mandante ne risponderà in quanto corresponsabile.

6. La prescrizione del debito

In tal caso, occorre fare una distinzione tra le tipologie del debito:

  1. Caso di finanziamento: l’agenzia agisce in forza del mancato adempimento di un contratto. In questo caso, si applica la prescrizione decennale (10 anni) che decorre dalla data di scadenza del debito, ovvero dal giorno in cui sarebbe dovuto avvenire il primo pagamento.
  2. Caso di multi utility (bollette): in tal caso la prescrizione è di 5 anni dalla data di scadenza della fattura.

Si ricordi che l’invio di una comunicazione di messa in mora attraverso canali ufficiali (raccomandata a/r o pec) da parte dell’agenzia interrompono i termini di prescrizione che iniziano a decorrere nuovamente.

7. I rischi per il debitore

In questo paragrafo si analizzano i pericoli a cui il debitore pensa di andare incontro:

  • Ipoteca della casa e successiva asta pubblica: prima di ogni esecuzione forzata il creditore deve procurarsi un titolo esecutivo: ossia una sentenza o un decreto ingiuntivo (a cui il debitore si potrà opporre entro 40 giorni).
  • Ufficiale giudiziario in visita: prima di ogni eventuale visita dell’ufficiale giudiziario il creditore deve munirsi di titolo esecutivo (a cui il debitore si potrà opporre entro 40 giorni). Tuttavia, se questo ultimo ha tra le mani un assegno (emesso da non meno di 6 mesi), un contratto di mutuo firmato dinanzi ad un notaio o una cambiale (emessa da non meno di tre anni) può passare direttamente al pignoramento senza alcuna causa. Ancora, prima della visita dell’ufficiale giudiziario, sarà necessaria la notifica del precetto (firmato da un legale). Con la notifica di questo atto vengono concessi al debitore 10 giorni per ottemperare al pagamento.
  • Iscrizione nella Centrale Rischi della Banca d’Italia e alla Crif: tali iscrizioni sono possibili solo quando il creditore sia una banca o una finanziaria e se il debito ammonta ad almeno due rate o due mensilità.

Fonti normative

Corte di Cassazione, Sentenza 4 gennaio 2018, n. 77

Corte di Cassazione, Ordinanza 21 novembre 2017, n. 27545

Corte di Cassazione, Ordinanza 20 ottobre 2017, n. 24834

Corte di Cassazione, Sentenza 16 novembre 2017, n. 27233

Corte di Cassazione Sentenza 18 ottobre 2012, n. 40901

Corte di Cassazione, Sentenza 28 novembre 2012, n. 21110

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