Responsabilità medica

Anche i medici, come tutte le persone, non sono infallibili.

A volte le operazioni chirurgiche, o qualsiasi altro tipo di intervento, non hanno l’esito sperato. Ciò può dipendere dal fatto che la complessità dell’operazione non consenta nemmeno al medico migliore, che abbia agito nel modo più opportuno, di garantire la completa guarigione del paziente.

Nel caso in cui però il medico non abbia agito nel modo corretto e sia stato negligente, il paziente può essere vittima di malasanità e per questo è opportuno capire in quali casi vi sia la possibilità di far valere la responsabilità del medico.

1. La responsabilità penale del medico

L’errore medico può innanzi tutto dare luogo ad una responsabilità dello stesso in sede penale.

E’ evidente tuttavia come si tratti di un problema molto delicato, in quanto, se da un lato si pone la vita dei pazienti, dall’altro lato vi è il rischio di mettere in pericolo la professionalità stessa dei medici. Spesso, infatti, è difficile capire quando si tratta a tutti gli effetti di errore medico, dovuto a negligenza del professionista, e quando invece la complessità dell’operazione non consente purtroppo che la stessa abbia il risultato sperato. Non porre alcun limite alla responsabilità medica rischia poi di aumentare il numero di cause intentate verso i professionisti, i quali si troveranno sempre più spesso a rifiutare interventi che risultino difficili o rischiosi per evitare di trovarsi in futuro nelle aule di un tribunale laddove l’operazione non conduca all’esito sperato, pur in assenza di colpa da parte del professionista.

Per questo motivo, recentemente è intervenuto il legislatore attraverso la nota legge Balduzzi, la quale ha posto un limite alla responsabilità del medico.

Come stabilito dalla legge, infatti, il medico può incorrere in responsabilità penale, ma sul punto opera una distinzione:

- nel caso in cui il medico si attenga alle linee guida ed alle «buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica», quindi nel caso in cui si attenga alla “procedura”, a ciò che normalmente la comunità scientifica richiede di fare per quel determinato caso, egli risponde solo per colpa grave;

- se quindi il medico osserva le suddette linee guida ed è imputabile solo per colpa lieve, non risponde penalmente. In questa ipotesi, tuttavia, il paziente o i suoi familiari potranno comunque agire in sede civile per il risarcimento del danno, come si chiarirà meglio a breve.

La distinzione tra colpa lieve e colpa grave non è tuttavia semplice e richiederebbe un’analisi strettamente tecnica, ma in questa sede si può comunque ricordare che la giurisprudenza ha affermato che per colpa grave deve intendersi un errore macroscopico del medico: il medico incorre infatti in colpa grave quando le specificità del caso concreto sono così “macroscopiche” da risultare evidente per qualsiasi professionista del settore che in quel caso avrebbe dovuto discostarsi dalle linee guida. Ciò significa quindi che al medico, per andare esente da responsabilità, non basta attenersi alle linee guida, ma, se necessario, egli può, anzi deve, discostarsene. Ogni paziente rappresenta infatti un caso a sé e quindi per ognuno può adottarsi una soluzione differente, a prescindere da quanto stabilito dalle linee guida. Ciò che sta al primo posto è la salute del paziente ed è proprio questa che deve essere posta al centro dell’operato del medico.

2. Come agire in sede civile

Come accennato, il paziente o i suoi familiari possono in ogni caso agire in sede civile per ottenere il risarcimento dei danni subìti.

Nel caso in cui il paziente non sia più in vita, infatti, al suo posto potranno agire i familiari, domandando innanzi tutto in via ereditaria il risarcimento dei danni che il paziente stesso abbia subìto; non solo, ma i familiari potranno anche domandare il risarcimento dei danni dagli stessi subìti in prima persona, ad esempio nel caso in cui la morte del congiunto abbia provocato danni non patrimoniali che sia possibile dimostrare.

Si può fare l’esempio della morte del marito in seguito ad operazione chirurgica, morte che abbia determinato nella moglie, ancora in vita, una sofferenza tale da condurre la stessa ad uno stato depressivo, medicalmente accertabile: si tratta di un danno che, se provato, potrà formare oggetto della domanda di risarcimento avanzata dalla moglie del paziente deceduto a causa di un errore del medico.

Ci si può tuttavia chiedere: nei confronti di chi deve agire il paziente per ottenere il risarcimento dei danni subìti?

In genere, infatti, le operazioni chirurgiche sono effettuate dal medico all’interno di una struttura sanitaria, pubblica o privata. In questo caso il paziente può agire contro il medico, contro l’ospedale oppure contro entrambi?

In via generale può dirsi che, nel caso in cui sia al medico sia alla struttura sanitaria siano imputabili degli inadempimenti, l’azione civile può essere esercitata nei confronti di entrambi, dal momento che tali soggetti rispondono in via solidale, potendo quindi il risarcimento essere corrisposto per intero anche da uno solo dei due (ospedale o medico).

3. Le novità legislative in materia

Giova dare atto di un recente intervento normativo in materia, noto come disegno di legge Gelli (o Ddl Gelli), recentemente approvato dalla Camera dei deputati e pertanto divenuto legge. Si attende tuttavia la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e l’entrata in vigore della legge stessa, ma possiamo in questa sede dare atto di alcune novità in merito alla responsabilità penale e civile del medico:

- per quanto concerne la responsabilità penale del medico, la nuova legge abroga il corrispondente articolo contenuto nella legge Balduzzi, di cui prima si è parlato, ed introduce una nuova norma nel codice penale, intitolata “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”. Tale norma non distinguerà più tra colpa lieve e colpa grave, sancendo che la responsabilità del medico che rispetti le linee guida è esclusa in caso di imperizia, quindi probabilmente la responsabilità potrà sussistere anche in caso di colpa lieve, contrariamente a quanto stabilito dalla legge Balduzzi.

La nuova normativa, inoltre, impone la pubblicazione delle linee guida e delle buone pratiche, il cui elenco completo dovrà essere contenuto in un apposito decreto ministeriale;

- in merito alla responsabilità civile, invece, la nuova legge introduce una distinzione tra responsabilità della struttura sanitaria e responsabilità del medico. La responsabilità della struttura deve essere infatti intesa come responsabilità contrattuale, mentre la responsabilità del medico ha natura extracontrattuale; in passato, invece, mancando statuizioni espresse sul punto, la giurisprudenza riteneva che l’una e l’altra responsabilità avessero natura contrattuale. Tale precisazione comporta determinate conseguenze, ad esempio per quanto concerne il termine di prescrizione della relativa azione civile, in quanto in caso di responsabilità contrattuale tale termine sarà di dieci anni, mentre in caso di responsabilità extracontrattuale si ha un termine inferiore, pari a soli cinque anni. Successivamente all’entrata in vigore di tale legge, quindi, il paziente che voglia agire in sede civile contro il medico dovrà farlo entro un termine più breve e pari a cinque anni.

Fonti normative:

- 3, decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni nella legge 8 novembre 2012, n.189 (legge Balduzzi).

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