Qual è la pena per le molestie sessuali?

Chi si rende responsabile di molestie a sfondo sessuale rischia l’arresto fino a sei mesi o il pagamento di un’ammenda fino a 516 euro.

Innanzitutto va chiarito che la “molestia sessuale” (art. 660 c.p.) non va confusa con la “violenza sessuale” (art. 609 bis c.p.) dal momento che si tratta di due fattispecie di reato molto diverse tra loro sotto il profilo della gravità e, di conseguenza, della pena prevista (fino a sei mesi nel primo caso e fino a 12 anni nel secondo).

Va detto anche che le molestie sessuali non hanno una precisa collocazione codicistica rientrando nella più ampia fattispecie di “Molestie e disturbo delle persone” disciplinata dall’art. 660 c.p.

1. Molestia o disturbo alle persone (art. 660 c.p.)

L’art. 660 c.p. recita che “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.

In via generale, le molestie configurano una “contravvenzione”, ossia una forma meno grave di illecito penale rispetto alle altre ipotesi qualificabili come “delitti”.

La minor gravità della contravvenzione viene valutata rispetto al tipo di sanzione prevista dalla legge infatti, alle contravvenzioni si applica di solito la sola pena dell’arresto o dell’ammenda.

Questo vale anche per il caso in esame.

Nello specifico, il nostro ordinamento qualifica come molestia l’atteggiamento doloso di chi reca ad altri fastidio o disturbo, art. 660 c.p., alle seguenti condizioni:

  • mediante l’uso del telefono (attraverso, ad esempio, invio di sms, ripetuti squilli, chiamate anche mute);
  • con petulanza (da intendersi come invadenza ed intromissione continua ed inopportuna nell’altrui sfera di libertà);
  • per altro biasimevole motivo (diverso dalla petulanza, ma parimenti riprovevole);
  • manifestando le molestie in luogo pubblico o aperto al pubblico (è sufficiente che, indifferentemente, o l’autore del reato o la sua vittima si trovino in uno di questi luoghi).

A ben vedere siamo di fronte ad una condotta assai meno grave rispetto alla violenza sessuale che presuppone ben altri elementi per configurarsi. Aggiungiamo che la “molestia” può arrivare a configurare anche il reato di stalking. Secondo la Corte di Cassazione anche un “banale” corteggiamento insistente può dare luogo a molestia e disturbo alle persone.

Tornando ai tratti distintivi della “molestia” rispetto alla “violenza”, la prima non si manifesta in comportamenti fisici (la violenza presuppone un contatto corporeo) ma in una serie di gesti parole che disturbano la sfera sessuale della vittima quali complimenti insistenti e petulanti, allusioni alla sfera sessuale o l’uso di un linguaggio.

Tuttavia, la molestia ed il disturbo devono essere valutati rispetto al modo di sentire e di vivere comune, relativo al momento storico in cui l’illecito è commesso.

Il reato di molestie, rubricato nel codice penale tra le “contravvenzioni di polizia”, ossia in quelle fattispecie penali un tempo affidate alla competenza dell’Autorità amministrativa, è posto dal legislatore a tutela della tranquillità pubblica od ordine pubblico in generale.

In altre parole, si vuole sanzionare il turbamento della quiete pubblica realizzato attraverso l’arrogante invadenza nella altrui sfera privata.

2. Il reato di molestie sessuali nel Codice Penale

Il nostro codice penale non disciplina espressamente la fattispecie delle molestie sessuali.

Tuttavia, data la rilevanza giuridica del fenomeno, la giurisprudenza ne ha riconosciuto l’illiceità penale, riconducendo la fattispecie nell’ambito della contravvenzione di cui all’art. 660 c.p.

Il reato di molestie sessuali, secondo la comune interpretazione della giurisprudenza, si configura in presenza di forme di approccio sessuale, manifestate a livello verbale o mediante corteggiamento insistente ed invadente.

Tali forme di approccio cosciente e volontario mirano a vincere la riluttanza e l’indisponibilità del soggetto cui sono rivolte.

Le molestie sessuali non implicano un contatto fisico, in presenza del quale si sfocerebbe nel ben più grave reato di violenza sessuale.

È stata proprio la giurisprudenza della Cassazione a delimitare i confini tra i due illeciti penali:

  • le molestie si manifestano con espressioni verbali “spinte” che alludono alla sfera sessuale oppure con atti di corteggiamento ripetuti che vengono rifiutati da chi li riceve;
  • la violenza sessuale richiede, invece, un contatto corporeo, anche solo fugace ed estemporaneo, ovvero un coinvolgimento della sfera fisica di chi la subisce.

Vittime del reato di molestie sessuali possono essere indistintamente uomini o donne, adulti o bambini, e sempre più spesso le molestie a sfondo sessuale trovano terreno fertile nei luoghi di lavoro.

3. Procedibilità del reato di molestie sessuali

Il reato in esame, essendo stato ricondotto nella fattispecie delle molestie in generale, è sanzionato con la medesima pena dell’arresto fino a sei mesi o con il pagamento di un’ammenda per un importo massimo di 516 euro.

La scelta della sanzione da assegnare all’autore del reato è rimessa alla valutazione del Giudice.

Il reato di molestie sessuali è procedibile d’ufficio: ciò implica che il procedimento per l’accertamento dell’illecito penale e per la condanna del suo autore, una volta attivato mediante denuncia, prosegue indipendentemente dalla volontà del denunciante che abbia portato a conoscenza dell’autorità giudiziaria il verificarsi del reato.

Significa anche che quando il fatto sia perseguibile anche per minaccia (o altri illeciti a querela di parte), l'assenza della querela o la sua remissione "non influiscono sulla procedibilità dell'azione per il reato contravvenzionale; mentre quest'ultimo, nel caso di contestuale perseguimento del delitto punibile a querela, resta invece assorbito nella fattispecie più grave" (Cass. n. 25045/2002).

Quindi, anche nel caso in cui siano stati commessi simultaneamente più reati (es. molestie accompagnate da minaccia), per alcuni dei quali la legge richiede la querela come condizione per l’attivarsi del procedimento penale, l’azione prosegue a prescindere che la querela sia stata o meno presentata o che sia successivamente rimessa da parte della persona offesa.

4. A chi rivolgersi nel caso di molestie di natura sesuale

In caso si sia vittime di molestie indesiderate ci si deve rivolgere come sempre a Polizia o Carabinieri per sporgere la denuncia producendo possibilmente ogni elemento di prova quali messaggi, foto, video, registrazioni, dichiarazioni di testimoni.

Novità legislative

In tema di molestie sessuali sui luoghi di lavoro è in discussione al Senato un importante disegno di legge, il numero 2358 /2021, che mette in campo delle disposizioni finalizzate a prevenire, reprimere ed eliminare le molestie e le violenze sessuali sui luoghi di lavoro, anche nei rapporti di lavoro volontario ed autonomo.

L’art. 3 del DDL n.2358 del 2021 definisce quali “violenza e molestie nell'ambito del posto di lavoro” tutte quelle “pratiche, gli atti, i patti, le azioni, le ritorsioni o i comportamenti indesiderati, anche omissivi, compresi la minaccia o l'istigazione a porli in essere, che, in un'unica occasione o reiteratamente, abbiano lo scopo o l'effetto di causare un danno patrimoniale o non patrimoniale o la violazione della dignità di una persona o di una pluralità di persone o la creazione di un clima lavorativo intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo”.

L’innovazione del testo normativo in disamina è costituita proprio dai poteri del datore del lavoro e da tutte le tutele che il lavoratore o la lavoratrice deve ottenere in caso di molestie sessuali subite sul posto di lavoro. Infatti, il datore di lavoro se è a conoscenza di molestie sessuali deve tempestivamente denunciarle. Nel n.2. dell’art. 4 del decreto vengono elencati tutti i compiti del datore di lavoro, nel caso in cui si verifichino simili episodi: “Il datore o la datrice di lavoro, sentito il Comitato unico di garanzia di cui all'articolo 57 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, che devono essere informati tempestivamente, adottano senza indugio i provvedimenti necessari alla cessazione della violenza o delle molestie accertate nonché alla rimozione degli effetti”.

Il successivo articolo poi prevede l’iter che deve essere seguito una volta che i suddetti provvedimenti portino alla cessazione della violenza e delle molestie: “il Comitato unico di garanzia di cui all'articolo 57 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, promuovono il tentativo di conciliazione e il relativo verbale, in copia autenticata, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del presidente del tribunale in funzione di giudice del lavoro.”

Inoltre, il disegno di legge prevede che i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori, debbano prevedere l'istituzione di appositi organismi al fine di porre in essere le forme più adeguate di prevenzione e di tutela delle vittime di violenza o di molestie, tramite attività di formazione e prevenzione, accertamento delle violenze, denuncia alle autorità competenti e composizione delle controversie. Il disegno di legge disciplina, altresì, la tutela giudiziaria della vittima, la quale oltre a proporre l’azione ordinaria, può alternativamente denunciare la violenza o le molestie con ricorso depositato dinanzi al Tribunale territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro.

Nei cinque giorni successivi il giudice convoca le parti e, qualora ritenga che ci sia una condotta lesiva, ordina al responsabile del comportamento illegittimo, con decreto motivato immediatamente esecutivo, la cessazione delle molestie e, se richiesto, si pronuncia in ordine al risarcimento del danno anche non patrimoniale. La decisione può essere impugnata mediante opposizione dinnanzi al Tribunale in composizione collegiale. Avverso la sentenza del Tribunale in composizione collegiale di cui al comma 2 è ammesso reclamo davanti alla Corte d'appello.

La tutela al lavoratore si espande anche a quei lavoratori che abbiano segnalato episodi di violenza o di molestie. Il disegno di legge intende sanzionare con la nullità tutti quei licenziamenti, mutamenti di mansioni ex art. 2103 c.c., sanzioni disciplinari e “ogni altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici che abbiano segnalato, denunciato o promosso un'azione giudiziaria per l'accertamento della violenza o delle molestie”. Lo stesso vale per i lavoratori o per le lavoratrici che abbiano testimoniato o reso sommarie informazioni in favore della vittima nei procedimenti per l'accertamento della violenza o delle molestie di cui alla presente legge. Il testo appena esaminato deve trovare la sua approvazione definitiva, ma introdurrà certamente delle importanti novità in materia di eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.

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Avvocato Raffaele Fuiano

Raffaele Fuiano