Il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù

La schiavitù è una pratica ormai non più contemplata dalla maggioranza dei paesi europei, extraeuropei e d’oltre oceano.

La schiavitù è un fenomeno che ha origine fin dalla notte dei tempi. Sorto in epoca molto antica, in un primo momento rappresentava un modo per estinguere un debito, un danno arrecato a qualcuno, un furto e perché no un mezzo attraverso il quale chi si trovava in condizioni economiche disagiate poteva in questo modo trovare una “sistemazione”, o vendere in schiavitù figli e parenti, e il rapporto proprietario/servo era quasi come un odierno datore di lavoro e dipendente.

Tuttavia, nel tempo, ha assunto una connotazione sempre più negativa, causa le guerre e le invasioni, laddove gli sconfitti diventavano prigionieri schiavi, fino ad arrivare alle grandi deportazioni di massa dei popoli africani, il tutto sulla base di un rapporto di “proprietà” tra padrone e servo stesso. Ad oggi, seppur vietata da diversi trattati internazionali, quali la Convenzione di Vienna del 1929, o la dichiarazione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite del 1948, è una pratica ancora presente in certi paesi ovvero che si manifesta in diverse forme, anche in modo clandestino. Vediamo il nostro Ordinamento come reagisce a questa condotta.

Cos’è il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù

L’art. 600 del codice penale, disciplina il reato in oggetto, prevedendo, al primo comma, l’ipotesi in cui taluno esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi.

Come si evince facilmente, il fenomeno della schiavitù viene preso in considerazione dalla legge sotto diversi punti di vista, in quanto molteplici sono in modi in cui tale reato si manifesta. La privazione della libertà, difatti, può essere indotta al fine di porre in essere uno sfruttamento lavorativo, si pensi alla tratta di donne africane o dell’est europeo per fini di prostituzione; oppure per indurre i soggetti sottomessi a compiere attività di piccola delinquenza, come furti, scippi e rapine; ed ancora il traffico di schiavi destinati alla vendita di organi, o sfruttamento minorile ecc.

Pertanto, quando pensiamo della riduzione in schiavitù non può essere solamente ricondotta all’ipotesi tradizionale di chi viene “soltanto” limitato nella sua libertà individuale (c.d. reato di pura condotta). Questo, anche in considerazione del fatto che la servitù non è una pratica contemplata dal nostro ordinamento, e dunque rilevano soprattutto quelle condotte illecite di privazione della libertà miranti ad un ulteriore risultato: lo sfruttamento per secondi fini.

Il comma 2, dell’art. 600 c.p., ci spiega le modalità con cui avviene la schiavitù, all’uopo precisando che, la riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona La ratio iuris della previsione normativa è quella di tutelare la dignità umana, la libertà personale e l’inviolabilità dei diritti della persona umana.

Si tratta di un reato abituale, perché la fattispecie si manifesta mediante il carattere continuativo della condotta di privazione della libertà, non essendo compatibile con un unico atto. È richiesto il solo dolo generico, ovverosia la cosciente volontà di privare taluno della sua libertà per sfruttamento.

Cosa rischia chi viene denunciato per di riduzione o mantenimento in schiavitù?

Per quanto attiene le conseguenze cui il colpevole del reato di riduzione o mantenimento in schiavitù, l’art. 600 del codice penale, precisa che: “Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi…” è punito con la reclusione da otto a venti anni. Si menzionano di seguito alcune conseguenze cui può andare incontro il reo in relazione a fattispecie di reati che possono essere associate a quello di riduzione in schiavitù.

L’art. 600bis c.p. (prostituzione minorile), in relazione alle condotte di chi: 1) recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto; 2) favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto, è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000 chiunque;

Art. 600ter (pornografia minorile) È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque: 1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; 2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto;

Art. 600octies (impiego di minore nell’accattonaggio). Chiunque si avvale per mendicare di un persona minore degli anni quattordici, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni; chi invece organizzi l'altrui accattonaggio, se ne avvalga o comunque lo favorisca a fini di profitto è punito con la reclusione da uno a tre anni

Altre ipotesi di reato collegate alla riduzione in schiavitù

L’art. 601 del codice penale contempla i casi più complessi collegati al reato di schiavitù, e più precisamente prevede che chiunque recluti, oppure introduca nel territorio dello Stato, ovvero trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l'autorità sulla persona, come pure ospiti una o più persone che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 600 c.p..

L’art. 601 c.p. contempla altresì le ipotesi in cui le suddette condotte siano rivolte su una o più persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica, psichica o di necessità, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi.

In tutti questi casi la pena è data dalla reclusione da otto a venti anni Alla stessa pena soggiace chiunque, anche al di fuori delle modalità di cui al primo comma, realizza le condotte ivi previste nei confronti di persona minore di età.

La pena per il comandante o l'ufficiale della nave nazionale o straniera, che commette alcuno dei fatti previsti dal primo o dal secondo comma o vi concorre, è aumentata fino a un terzo. Il componente dell'equipaggio di nave nazionale o straniera destinata, prima della partenza o in corso di navigazione, alla tratta è punito, ancorché non sia stato compiuto alcun fatto previsto dal primo o dal secondo comma o di commercio di schiavi, con la reclusione da tre a dieci anni.

L’art. 602 disciplina l’ipotesi di acquisto e alienazione di schiavi, prevedendo che: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo 601, acquista o aliena o cede una persona che si trova in una delle condizioni di cui all'articolo 600 è punito con la reclusione da otto a venti anni”

Quando e come fare una denuncia per riduzione o mantenimento in schiavitù?

Sappiamo che per alcuni reati l’azione penale si attiva su impulso della parte offesa attraverso lo strumento della querela rivolta contro una determinata persona presunta colpevole. Si tratta degli illeciti “perseguibili a querela di parte”, che hanno un limite di tempo per la proposizione (3 mesi)

Sappiamo, ancora, che per molti altri reati non occorre la querela, essendo perseguibili su input della stessa Autorità Giudiziaria, oppure tramite denuncia di reato presentabili da chiunque abbia interesse e senza il limite dei 3 mesi previsto per la querela (salva la prescrizione del reato).

Si tratta dei reati procedibili d’ufficio. Il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù rientra tra quelli di cui all’art. 50 del codice di procedura penale, ovverosia è perseguibile d’ufficio, quindi a prescindere dalla presentazione della querela da parte della vittima, bastando anche una denuncia di terzi.

Qualora la vittima opti per la denuncia o querela, che ben può sporgere anche se trattasi di reato procedibile d’ufficio, una volta recatasi presso l’Autorità Giudiziaria dovrà compilare l’apposito modulo di denuncia, laddove, dopo aver indicato i propri dati anagrafici, bisognerà precisare nel dettaglio gli elementi che hanno caratterizzato il reato commesso; Pertanto, nell’atto di querela dovranno essere indicati:

  • Dati identificativi del denunciante
  • Descrizione del fatto
  • Le informazioni sull'autore della condotta criminosa
  • Indicazioni di eventuali prove
  • La dichiarazione di volontà del querelante di agire per la punizione del colpevole
  • La sottoscrizione della denuncia/querela

Si ricorda che, è disponibile il servizio di denuncia a domicilio che favorisce i cittadini a "forte disagio" che, per problemi di età, handicap fisici o altre situazioni, abbiano difficoltà a recarsi negli Uffici di Polizia per sporgere denuncia.

Conclusioni

La schiavitù è una pratica ormai non più contemplata dalla maggioranza dei paesi europei, extraeuropei e d’oltre oceano. Tuttavia, essa ha assunto nuovi aspetti legati alla tratta di esseri umani per il commercio illegale di organi, di minori, prostituzione, accattonaggio, e pertanto richiede ancora la sua previsione da parte degli ordinamenti al fine di contrastare il fenomeno in tutte le sue esplicazioni. Avv. Marco Mosca

Avvocato Marco Mosca

Marco Mosca

Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...