Come fare denuncia per appropriazione indebita

L’appropriazione indebita è una particolare figura giuridica prevista dal diritto penale, rientrante nel genere dei delitti contro il patrimonio.

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Originariamente consisteva in un reato ora perseguibile su querela di parte, ora, in date circostanze, perseguibile d’ufficio. Tuttavia, a seguito di recenti riforme, rimane sostanzialmente un reato perseguibile su querela della persona offesa. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e come fare denuncia.

Cos’è il reato di appropriazione indebita

Previsto e disciplinato dall’art. 646 del codice penale, esso è definito come il reato commesso da chi, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, decide di appropriarsi del denaro o della cosa mobile altrui, e della quale abbia, a qualsiasi titolo, il possesso.

Sicuramente siamo di fronte ad una fattispecie di reato particolare, soprattutto per ciò che attiene la sua ratio iuris, cioè il criterio giuridico ispiratore su cui si fonda la tutela da parte dell’ordinamento, in quanto non appare chiaro e pacifico cosa in sostanza si vuol tutelare. Le teorie, sotto questo punto di vista, si sprecano passando dalla tutela del diritto di proprietà, ed infatti è collocato tra i reati contro il patrimonio, alla tutela del rapporto fiduciario.

Su quest’ultimo aspetto, difatti, non va tralasciato di considerare che, per configurarsi l’ipotesi di reato in esame è necessario che l’autore della condotta penalmente rilevante sia già in possesso del bene. Insomma, e per dirla in parole semplici, per qualche motivo la persona che commette l’appropriazione indebita è venuto legittimamente in possesso del bene perché il proprietario ha acconsentito ciò.

Per questo si parla di rapporto di fiducia alla base del crimine commesso, in quanto all’origine il bene viene consegnato dal suo proprietario al soggetto che poi commetterà l’illecito, del tutto spontaneamente. Del resto la dottrina, e non a caso, lo definisce quale reato plurioffensivo, nel senso che ad essere leso dalla condotta sono due aspetti: il diritto di proprietà e il rapporto fiduciario tra proprietario e soggetto autore dell’illecito, al quale incombeva l'obbligo di restituzione della cosa posseduta, ma, poi, decide di cambiare idea.

Oggetto del reato può essere solo una cosa mobile o somme di denaro ex art. 646 c.p.

Esempio di cosa mobile: è ipotizzabile un reato di appropriazione indebita quando il meccanico al quale abbiamo affidato la nostra auto per un tagliando, decida di non restituire più il veicolo e di tenerlo uti dominus;

Esempio di somma di denaro: l’amministratore del condominio che utilizzi le somme dal conto corrente del condominio che amministra per scopi suoi personali (“integra il delitto di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore di condominio che, ricevute dai condomini le somme necessarie al pagamento delle spese condominiali, ometta di destinare parte di tali somme alle finalità convenute, indipendentemente dall’individuazione della destinazione effettivamente impressa al denaro” – Cass. Pen. 45902/2021 —)

Differenza tra appropriazione indebita e furto

Il reato di appropriazione indebita spesso viene associato, se non addirittura confuso, con il reato di furto. In realtà le due figure giuridiche sono distinte, ma tale confusione rappresenta un retaggio risalente all’epoca Romana.

Nella tradizione giuridica romana, infatti, diversi casi di appropriazione indebita venivano qualificati come furto (furtum). Senza entrare nella storia per risalire alla differenza tra i due istituti, in questa sede basterà sapere che, mentre nel furto rileva l’impossessamento, ovvero la sottrazione di una cosa mobile da chi la detiene, al fine di trarre profitto per sé o per altri (624 c.p.), nell’appropriazione indebita la cosa non viene sottratta a chi ne ha la disponibilità, in quanto è proprio costui che ha messo nel possesso della cosa medesima il soggetto che se ne appropria.

Ma allora dov’è la differenza, visto che in entrambi i casi c’è un soggetto che ormai ha il possesso della cosa altrui con l’intenzione di tenerla per sé? La risposta è proprio in quest’ultimo aspetto: l’intenzione del soggetto e il suo rapporto rispetto alla cosa. Nel reato di cui all’art. 646 c.p. (appropriazione indebita) vi è una precedente situazione di possesso rispetto al bene, in quanto vi è necessariamente un titolo che legittima quel possesso. Si pensi all’esempio indicato precedentemente, ossia all’ipotesi della propria auto affidata al meccanico.

In questa situazione, come si intuisce, siamo noi ad aver legittimato un soggetto, nella fattispecie il meccanico, ad avere il possesso della nostra amata auto, nel momento in cui gliel’abbiamo consegnata, e da quel momento resta, pertanto, al di fuori del nostro potere di controllo e vigilanza. Ma non basta. Il fatto che l’auto non venga più restituita di per sé non integra ancora l’ipotesi dell’appropriazione indebita, ma si richiede un ulteriore requisito, il c.d. interversio possessionis. L’inversione del possesso, è elemento costitutivo del reato di appropriazione indebita.

Esso consiste in un mutamento della volontà e in un cambiamento del comportamento del soggetto che ha il possesso del bene, per cui egli cessa di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, come fosse il proprietario, con correlata sostituzione al precedente animus detinendi (volontà di non esercitare il potere su di una cosa come proprietario) con l’uti dominus (volontà di possedere di guisa al proprietario). Viene in rilievo, inoltre, l’aspetto fiduciario che lega il titolare della cosa con colui che la riceve in possesso.

Vincolo di fiducia che viene poi in seguito reciso da colui che è in possesso del bene è decide di tenerlo uti dominus. A questo punto, appare netta e delineata la linea di confine con l’altra ipotesi, ossia del furto, laddove, in quest’ultima, l’autore non ha la disponibilità del bene, ma anzi lo sottrae illegittimamente al suo titolare (possessore/proprietario), che di certo non aveva nessuna intenzione, né tampoco in previsione, di consegnargli la res attribuendo la disponibilità del bene stesso. Per cui manca il consenso del titolare.

Di conseguenza l’agente non è titolato nel possesso del bene, e dunque non ha alcuna facoltà di esercitare autonomamente il possesso e la disponibilità sul bene stesso, essendo solo un mero detentore (Cass. 6617/2016; 33105/2020); “In tema di distinzione tra furto e appropriazione indebita, è decisiva l’indagine circa il potere di disponibilità sul bene da parte dell’agente. Se questo sussiste, il mancato rispetto dei limiti in ordine alla utilizzabilità del bene integra il reato di appropriazione indebita; in caso contrario, è configurabile il reato di furto.

Conformemente a tale principio, deve ritenersi sussistere il reato di furto a carico del dipendente di una società operante nel settore della vigilanza privata e del trasporto valori che sottragga il denaro a lui affidato esclusivamente per l’espletamento di una attività di ordine materiale, quale il trasporto, il deposito, la conservazione e la consegna di tale bene, con le connesse operazioni burocratiche. In tale ipotesi, infatti, l’agente non disponendo autonomamente del denaro, nel senso giuridico sopra evidenziato, con la sottrazione di esso se ne “impossessa”, così realizzando la fattispecie criminosa di cui all’art. 624 c.p. (Cass. Pen. n. 2032/1997):

Differenza tra appropriazione indebita ed il reato di peculato

Se le similitudini tra l’ipotesi di furto e appropriazione indebita sono a conti fatti minime, essendo chiara la differenza tra i due istituti, un’altra figura giuridica, viceversa, si presenta perfettamente analoga. Parliamo del reato di peculato L’art 314 del codice penale così recita: “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.

L’appropriazione indebita, come si intuisce dalla lettura dell’articolo, è molto simile a quello di peculato, visto che in entrambi i casi ci si appropria di beni di cui, legittimamente, si ha già la disponibilità. La differenza, in questo caso, è di tipo soggettivo, ossia in relazione alla qualifica giuridica dell’autore della condotta criminosa, che nel peculato, è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio il quale, proprio grazie alla veste assunta, ed anzi approfittando del ruolo svolto, ha la disponibilità delle cose di cui decide di appropriarsene. Anche l’oggetto del reato, la res, cambia. Per cui, l’appropriazione indebita è commessa da un cittadino privato su beni privati; nel peculato da un pubblico ufficiale su beni, oggetti e denaro pubblici

Cosa rischia chi viene denunciato per appropriazione indebita?

Le conseguenze per colui che venga incriminato per reato ex art. 646 codice penale, a seguito della novella introdotta dal D.Lgs. 10 maggio 2018 n.36, la quale ha previsto un aumento delle misure sanzionatorie, sono la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000. Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata, ma in questo caso il legislatore non stabilisce a quanto ammonti l’aumento di pena.

Va ricordato, inoltre tale reato è ormai perseguibile su querela di parte, essendo stato abrogato l’ultimo comma dell’art. 646 c.p. proprio dal D.Lgs n.36/2018. Inoltre, in base all’articolo 157 del Codice Penale, il reato di appropriazione indebita prescrive in sei anni. Tuttavia, in questo caso il termine non decorre dal momento in cui ci si rende conto di essere stati vittime del reato, come per la proposizione della querela, bensì dal momento in cui il reato è stato consumato.

Quando e come fare una denuncia per appropriazione indebita?

In primo luogo, come abbiamo anticipato, il D.Lgs. 10 maggio 2018, n. 36 ha reso questa ipotesi di reato sostanzialmente come delitto punibile a querela della persona offesa, avendo abrogato l’ultimo comma dell’art. 646 Pertanto, il termine per la proposizione della querela è di 3 mesi per la presso la Polizia Giudiziaria o Carabinieri, trascorsi i quali decade la possibilità di tutelare i propri diritti. Il termine di 3 mesi, comunque, decorre dal momento in cui si ha chiara e piena conoscenza del reato.

Una volta che ci siamo recati presso l’Autorità Giudiziaria occorrerà compilare l’apposito modulo di denuncia, laddove, dopo aver indicato i propri dati anagrafici, bisognerà precisare nel dettaglio gli elementi che hanno caratterizzato il reato commesso;

Pertanto, nell’atto di querela dovranno essere indicati:

  1. dati identificativi del denunciante;
  2. descrizione del fatto;
  3. le informazioni sull’autore dell’appropriazione;
  4. indicazioni di eventuali prove;
  5. la dichiarazione di volontà del querelante di agire per la punizione del colpevole;
  6. la sottoscrizione della denuncia/querela

Si ricordi, che è disponibile il servizio di denuncia a domicilio che favorisce i cittadini a "forte disagio" che, per problemi di età, handicap fisici o altre situazioni, abbiano difficoltà a recarsi negli Uffici di Polizia per sporgere denuncia.

Conclusioni

Il reato di appropriazione indebita è una figura giuridica interessante quanto particolare, soprattutto per le teorie rivolte a spiegare il fenomeno del possesso che caratterizza il reato in parola. Balza all’occhio il confine sottile che scorre tra il disporre del bene altrui in modo legittimo e la possibilità di mutare in uno schiocco di dita il possesso con l’intenzione di tenere uti dominus il bene stesso.

Pertanto, quando concederete la disponibilità di un vostro bene a taluno, in virtù di un rapporto di fiducia basato per qualsiasi motivo (amicizia, lavoro, rapporto professionale), rammentate che questi potrebbe cambiare idea in sede di restituzione. Fidarsi è cosa buona e giusta, ma può anche costar caro…

Avvocato Marco Mosca

Marco Mosca

Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...