In quali casi si può licenziare per giustificato motivo soggettivo?

Si parla di licenziamento per giustificato motivo soggettivo quando il lavoratore assume una condotta rilevante da un punto di vista disciplinare. Comportamento, in ogni caso, non particolarmente grave da poter giustificare il licenziamento per giusta causa.

1. Casi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo

La procedura di licenziamento per giustificato motivo soggettivo viene attuata quando si assumono degli atteggiamenti non consoni ai canoni comportamentali richiesti sul luogo di lavoro. In particolare quelle azioni commesse dal lavoratore che non possono essere in alcun modo giustificate e che condizionano in maniera negativa il prosieguo del rapporto lavorativo.

Rientrano nei suddetti casi specifici:

  • L’insubordinazione del dipendente verso i suoi superiori
  • L’assenza ingiustificata prolungata per oltre quattro giorni consecutivi
  • Il dar luogo a una rissa all’interno degli spazi aziendali, anche se al di fuori del proprio reparto di competenza

Per di più, tra i motivi che possono portare a questa tipologia di licenziamento, troviamo anche lo scarso rendimento del lavoratore, da intendersi come modo di fare negligente. In ogni caso il lavoratore ha il “diritto di difesa”, ovvero di prendere le proprie difese per dare prova delle sue ragioni.

Naturalmente, nel caso in cui si dimostri che le condizioni non sussistono, il licenziamento diventa immediatamente inefficace e il dipendente viene di conseguenza tutelato anche con il reintegro sul posto di lavoro.

Quando si riscontra la illegittimità del licenziamento, si considerano varie garanzie a tutela del dipendente.

Gioca un ruolo fondamentale la dimensione dell’azienda coinvolta. È previsto il reintegro sul posto di lavoro (e pertanto il datore dovrà riassumere il lavoratore colpito dal provvedimento) nei casi di:

  • impresa con più di 15 dipendenti per unità produttiva;
  • impresa con più di 5 dipendenti (per unità produttiva) per l’imprenditore agricolo;
  • impresa con un totale di più di 60 lavoratori.

Viceversa, qualora non si dovessero superare le suddette soglie relative al numero di dipendenti, al lavoratore licenziato per ingiustificato motivo soggettivo spetta solamente un risarcimento di tipo economico.

Ad ogni modo anche in questi casi la normativa ha introdotto la procedura conciliativa. Ciò si riflette naturalmente sulla durata e sulla complessità dell’iter giudiziario: la procedura di risoluzione delle controversie sarà quindi molto più veloce, infatti è previsto il semplice pagamento di un indennizzo da parte del datore.

2. La procedura di licenziamento per giustificato motivo soggettivo

Qualora il datore volesse licenziare un dipendente resosi autore di una condotta grave che rientra nel giustificato motivo soggettivo, dovrà necessariamente seguire la procedura prevista dalla normativa vigente. Il primo passo da fare è quello di inviare una lettera di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, dove bisogna individuare con precisione la causa per cui si ha intenzione di procedere. Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo prevede, infatti, un preavviso (a differenza di quello per giusta causa).

La differenza con il licenziamento per giusta causa sta nel fatto che i motivi vengono considerati meno gravi e che il datore di lavoro è costretto a dare giusto preavviso al lavoratore. In assenza di preavviso il datore è costretto a pagare un’indennità al suo dipendente.

3. Le differenze tra il licenziamento per giusta causa e il giustificato motivo soggettivo

Sono due le principali differenze tra il licenziamento per giusta causa e il giustificato motivo soggettivo. In questo ultimo caso infatti sono necessari:

1) Il giusto preavviso che il datore di lavoro deve dare al lavoratore macchiatosi di una condotta grave

Preavviso che sarà contenuto nella lettera di licenziamento dove va individuata con precisione anche la causa per cui si ha intenzione di procedere.

2) I motivi del licenziamento che, in ogni caso, devono essere meno gravi rispetto a quelli considerati nel licenziamento per giusta causa

In particolare, è importante ricordare che nel licenziamento per giusta causa si fa riferimento all’inadempimento, ma il discrimine tra le due nozioni di giusta causa e giustificato motivo, per l’interpretazione che prevale in giurisprudenza, è quello di associare l’elemento soggettivo alla giusta causa. In parole povere, si collega l’elemento soggettivo ad una situazione particolarmente grave: ovvero al dolo o alla colpa gravissima. In tal caso, qualora si verifica una situazione di questo tipo, non è permesso nemmeno temporaneamente la prosecuzione del rapporto di lavoro, dunque si ricade nelle modalità che portano al licenziamento per giusta causa.

Il giustificato motivo soggettivo fa sì che il lavoratore mantenga in ogni caso il diritto al preavviso o all’indennità per il mancato preavviso

Quindi la differenza risiede principalmente nella minore o maggiore gravità del comportamento del dipendente e nel fatto che in presenza di giustificato motivo soggettivo il datore di lavoro deve dare un periodo di preavviso (e nel caso non lo conceda deve pagare un’indennità di mancato preavviso al dipendente), mentre in presenza di giusta causa il rapporto di lavoro viene interrotto immediatamente e non è prevista alcuna indennità.

In entrambi i casi, è sempre consigliabile affidarsi alla consulenza di un avvocato esperto in materia. Molte volte, anche una semplice consulenza legale fornita da un avvocato online specializzato, può salvare anche le situazioni più insidiose.

Fonti normative

Legge n. 300/70

Codice Civile: art. 1445 art. 2119

Legge n. 604/1966

Legge n. 108/1990

Corte di Cassazione sentenza n. 12197/1999

Corte di Cassazione sentenza n. 7819/2001

Corte di Cassazione sentenza n. 15334/2007

Corte di Cassazione sentenza n. 17604/2017

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