Quando sono responsabili gli amministratori della s.r.l

In una società a responsabilità limitata gli amministratori rispondono in caso di violazione dei doveri di diligenza professionale e degli altri obblighi imposti loro dalla legge e dall’atto costitutivo della società, ma gli amministratori sono da considerare sempre responsabili? Con questo articolo cercheremo di fare maggiore chiarezza.

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1. La responsabilità degli amministratori

Le società a responsabilità limitata (s.r.l.), come tutte le altre società di capitali, rispondono delle obbligazioni sociali esclusivamente con il proprio patrimonio, ex art. 2462 del Codice Civile.
Infatti, i creditori sociali, in caso di insolvenza di una società di capitali o di una società a responsabilità limitata, non potranno chiedere l’escussione dei beni di proprietà personale dei singoli soci.

Tuttavia, tale principio non ha, al contrario di quanto si possa pensare, carattere assoluto.
Difatti, vi sono dei casi in cui gli amministratori possono rispondere per i debiti contratti dalla società a responsabilità limitata che amministrano. Ciò avviene in quanto le società a responsabilità limitata, così come tutte le società di capitali, hanno “un’autonomia patrimoniale c.d. perfetta”: pertanto, il patrimonio della società a responsabilità limitata è considerabile come del tutto autonomo e distinto rispetto a quello dei soci e dell’amministratore.

La responsabilità patrimoniale dei soci, per le obbligazioni sociali della società a responsabilità limitata, è circoscritta esclusivamente:

  • ai conferimenti di beni e danaro effettuati in sede di costituzione della società;
  • agli apporti di beni e denaro eseguiti successivamente a favore della società, in conto capitale.

Al contrario, nella società di persone (società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita semplice), si parla di “autonomia patrimoniale c.d. imperfetta” in quanto, il patrimonio dei soci illimitatamente responsabili, sia pur distinto da quello societario, può essere aggredito dai creditori sociali nel momento in cui il credito verso la società non sia stato soddisfatto dalla escussione dei beni sociali. I creditori di una società di persone hanno in ogni caso, l’obbligo della preventiva escussione dei beni societari e, solo qualora il credito resti insoddisfatto, potranno aggredire in giudizio il patrimonio personale dei singoli soci, ai fini del recupero del loro credito.

Invece, in una società a responsabilità limitata, gli amministratori rispondono in caso di violazione dei doveri di diligenza professionale e degli altri obblighi imposti loro dalla legge e dall’atto costitutivo della società. Gli amministratori devono svolgere le loro funzioni secondo un dovere di diligenza professionale, ex art. 1176, comma 2 del Codice Civile, per cui, si deve avere premura in capo alla maggiore diligenza richiesta ad un avveduto gestore di patrimonio altrui. Nel caso in cui mancasse tale maggiore diligenza, risulterebbe essere presente la responsabilità di tipo “contrattuale”, per inadempimento al mandato ricevuto dai soci.

L’art. 2476 del Codice Civile prevede la responsabilità degli amministratori, infatti, nel sopracitato articolo sono presenti due “livelli” di responsabilità, a seconda che essa si esplichi nei confronti della società, oppure nei confronti degli altri soci o di terzi.

Tali livelli di responsabilità possono essere sintetizzati nei seguenti casi:

  • la responsabilità è considerabile come solidale nei confronti della società: per cui, ognuno degli amministratori potrà essere chiamato a rispondere per l’intero ammontare del danno, fatta salva la possibilità di rifarsi sugli altri amministratori. È opportuno sottolineare che il problema della solidarietà si pone nei soli casi in cui vi siano società gestite da più persone, viceversa, nelle società a responsabilità limitata unipersonale, sarà l’amministratore unico a rispondere delle obbligazioni derivanti dal proprio ruolo;
  • gli amministratori sono responsabili limitatamente ai danni da loro direttamente causati, per dolo o per colpa, nei confronti degli altri soci o di eventuali terzi creditori.

Anche se la legge non lo prevede espressamente, la giurisprudenza ritiene gli amministratori responsabili anche nei confronti dei creditori della società per inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio sociale. Per cui, possono essere chiamati a rispondere in via solidale con gli amministratori i soci, ma anche i sindaci e il revisore. La responsabilità degli amministratori può essere fatta valere tramite la promozione di un’azione giudiziale, tuttavia, risulta essere possibile risolvere la lite in via stragiudiziale tramite l’arbitrato, ovvero la mediazione, inserendo nell’atto costitutivo delle apposite clausole.

Infatti, con riferimento specifico alla società a responsabilità limitata è da ritenersi sussistente una responsabilità degli amministratori di s.r.l. nei confronti dei creditori sociali, nonostante nell’art. 2476 Codice Civile non venga espressamente prevista un’azione di responsabilità esperibile dai creditori sociali nei confronti degli amministratori né vi sia alcun riferimento all’art. 2934 Codice Civile in tema di società per azioni. I creditori sociali, infatti, potrebbero o surrogarsi nei diritti della società proponendo in luogo di quest’ultima, l’azione sociale di responsabilità nei confronti dell’organo amministrativo, o far valere una responsabilità da atto illecito, ex art. 2043 Codice Civile, per il danno ingiusto causato da un amministratori i che abbiano agito con colpa o dolo in violazione dei doveri ad essi imposti (Cassazione civile, sez. I, 3 giugno 2010, n. 13465).

2. L’azione sociale contro gli amministratori della s.r.l.

Nel caso in cui vi sia una qualsiasi violazione da parte degli amministratori, l’art. 2476 del Codice Civile consente ai soci di promuovere l’azione sociale nei loro confronti, potendo, alternativamente, agire:

  • per via giudiziale;
  • per via stragiudiziale.

Tuttavia, dovrà essere provato:

  • il danno, solitamente configurabile in una diminuzione di capitale;
  • il nesso di causalità tra l’atto o l’omissione dell’amministratore ed il danno procurato.

In caso di gravi irregolarità, inoltre, con la stessa azione è possibile richiedere al giudice di adottare un provvedimento di revoca dalle mansioni, in via cautelare. Si pensi ad esempio, al caso in cui l’amministratore presenti infedeli dichiarazioni dei redditi o bilanci societari irregolari.
In tali casi risulta essere evidente che l’amministratore risponderà con il proprio patrimonio personale, in solido con la società, per le conseguenze sanzionatorie a carico della stessa (Cassazione Civile n. 27036/2007).

Nel caso dell’organo amministrativo, se ha agito in buona fede, non si ha l’intaccamento del suo patrimonio personale, viceversa se ha agito in mala fede, ad esempio non preservando l’integrità patrimoniale con una condotta dolosa volta a ritardare i tempi dello scioglimento oppure producendo documenti fiscali non rispondenti all’effettiva situazione patrimoniale ed inducendo di conseguenza i creditori ad investire sulla società, allora in questi casi i creditori possono chiedere azione di responsabilità nei suoi confronti e di conseguenza la possibile aggressione del patrimonio personale degli amministratori stessi. Ciò significa che gli amministratori che hanno presentato in maniera fraudolenta documenti fiscali per conto della società, causando accertamenti e rettifiche a carico della stessa, ne sono responsabili in solido e, in caso di inadempienza della società, vedranno escusso il proprio patrimonio personale ai fini del pagamento delle somme dovute all’erario.

Detto ciò, vi sono dei casi in cui gli amministratori sono esonerati dalla responsabilità, e tali sono:

  • nel caso in cui si dimostri di essere esenti da colpa, ovverosia di non avere alcuna colpa nella violazione degli obblighi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo: ciò potrebbe accadere nel caso di un amministratore è ignaro della violazione, in quanto subentrato nella gestione della s.r.l. solo in un momento successivo. Tale esempio è da considerare come valido, a meno che non vi sia una mancata osservanza di uno specifico dovere di vigilanza e di diligenza, per cui, a seconda del caso concreto, potrebbe anche essere considerato colpevole;
  • nel caso in cui siano a conoscenza dell’atto potenzialmente dannoso che gli altri amministratori stavano per compiere, per cui, devono aver comunicato il proprio dissenso rispetto all’operazione.

La responsabilità per l’attività di gestione permane anche se il bilancio è stato approvato dai soci, per cui tale approvazione non libererebbe l’amministratore dalla responsabilità, come evidenziato dall’ultimo comma dell’art. 2476. L’azione di responsabilità può essere richiesta da ciascun socio, anche se non è amministratore ed indipendentemente dal valore della sua partecipazione, pertanto, il diritto d’azione può essere promosso anche dai creditori e dalla società stessa.

Detto ciò, la società può anche rinunciare all’azione di responsabilità, a meno che tale previsione non sia espressamente vietata dall’atto costitutivo. La rinuncia è valida soltanto qualora ricorrano entrambe le seguenti condizioni:

  • deve essere approvata dalla maggioranza dei soci che rappresentino i due terzi del capitale sociale;
  • non devono opporsi soci per più di un decimo del capitale sociale.

Il comma 6 dell’art. 2476, sottolinea che, l’eventuale rinuncia da parte della società non comporta l’impossibilità di agire da parte del singolo socio o del terzo danneggiato, che potranno pertanto, far valere la propria pretesa in giudizio ed essere risarciti dall’amministratore giudicato come colpevole.

L’azione sociale si prescrive nel termine di 5 anni, i quali decorrono dal momento in cui si verifica il pregiudizio al patrimonio sociale cagionato dagli amministratori, rimanendo sospesa finché gli amministratori restano in carica. Ai fini probatori, i soci hanno soltanto l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori e sindaci l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti. A tal fine, gli amministratori convenuti possono opporre al socio qualsiasi eccezione vantata nei confronti della società.

3. Il fallimento della s.r.l.

Il fallimento è una procedura attivata da parte del giudice, quando una s.r.l. versa in grave stato di crisi di dissesto economico e finanziario, al punto che non riesce più a pagare i fornitori creditori dipendenti.

L’azione escussiva “del ceto creditorio” nei confronti del patrimonio degli amministratori andrà valutata caso per caso, in funzione della possibilità di provare a carico degli stessi, una condotta dolosa e direttamente finalizzata “alla distrazione del patrimonio sociale”. Per tali motivi, risulta come doveroso ricordare che il riconoscimento della responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali appare come necessario al fine di consentire l’esercizio di tale azione anche da parte del curatore del fallimento.

Il curatore, ossia la persona incaricata dal tribunale a curare la liquidazione della s.r.l., può spingere la sua azione solo nei limiti del capitale societario e mai verso il capitale personale del singolo socio.

Nel caso in cui la s.r.l. dovesse dichiarare fallimento, l’azione verrebbe esercitata dal curatore fallimentare nominato dal tribunale. In tale modo il curatore avrebbe a disposizione uno strumento in più oltre a quelli previsti in via generale dall’art. 146 della legge fallimentare (azione sociale di responsabilità e azione contro i soci che abbiano intenzionalmente deciso, o autorizzato, il compimento di atti pregiudizievoli per la società, i soci o i terzi).

Questa opinione è confermata anche da un recente orientamento giurisprudenziale, secondo cui il curatore disporrebbe della legittimazione ad esperire, nei confronti degli organi gestori di una s.r.l, sia l’azione sociale di responsabilità sia l’azione dei creditori sociali.

Luca Terrinoni

Fonti normative:

Codice Civile: artt. 1176, comma 2; 2043; 2462; 2476; 2934

Legge fallimentare: art. 146

Cassazione civile, sez. I, 3 giugno 2010, n. 13465

Cassazione Civile n. 27036 del 2007

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