Cos’è la culpa in vigilando?

Secondo il nostro ordinamento, i soggetti tenuti alla sorveglianza di determinate persone, perché incapaci di intendere e di volere ovvero non in grado di rendersi conto del disvalore delle proprie azioni (come studenti o minori di età), rispondono del fatto illecito commesso da queste ultime, salvo che provino di non aver potuto impedire il fatto.

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1. La responsabilità per culpa in vigilando

Generalmente, l’obbligo di risarcire il danno grava sul soggetto autore del fatto illecito, cd. responsabilità diretta per fatto proprio. Tuttavia, il nostro ordinamento, al fine di rafforzare la tutela del soggetto danneggiato e garantire il soddisfacimento delle sue pretese creditorie, prevede che tale obbligo gravi, in aggiunta o in sostituzione, anche su soggetti diversi dall’autore del fatto ingiusto.

Le ipotesi di responsabilità per fatto altrui, o responsabilità indiretta, sono normativamente previste e alcune di esse trovano il proprio presupposto sul dovere di sorveglianza che incombe su alcune persone nei confronti del soggetto danneggiante. Il fatto dannoso, allora, è la conseguenza della inadeguata ovvero omessa vigilanza da parte degli organi di sorveglianza, cd. culpa in vigilando.

Una parte della giurisprudenza ritiene che non si tratti di una responsabilità per fatto altrui, bensì di una responsabilità diretta per fatto proprio, in quanto:

  • colpevole, ovvero fondata sull’inadeguato esercizio del dovere di sorveglianza, incapace di impedire il verificarsi del danno cagionato dal soggetto sorvegliato;
  • aggravata, nel senso che il sorvegliante, per non essere considerato responsabile, deve fornire una prova liberatoria, ossia di non aver potuto impedire il fatto, malgrado il diligente impiego della sorveglianza dovuta in relazione al caso concreto.

Per comprendere quanto appena affermato, è opportuno procedere con alcuni esempi.

1.1 Il danno cagionato dal soggetto incapace di intendere e di volere

In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza.

In tale ipotesi, la responsabilità del sorvegliante non si aggiunge a quella di chi ha cagionato il danno, ma interviene ad evitare che la vittima dell’illecito rimanga, a causa dell’incapacità del soggetto danneggiante, senza un soggetto a cui rivolgere la propria richiesta di risarcimento.

Tale responsabilità presuppone un fatto illecito ed un soggetto tenuto alla sorveglianza, quale può essere il genitore o il tutore, in forza di una disposizione di legge o di un contratto.

Si ritiene, anche, che il dovere di sorveglianza possa derivare da una situazione di fatto: un soggetto decide liberamente di accogliere l’incapace nella propria sfera personale o familiare, assumendo, così, spontaneamente il compito di impedire che il comportamento di quest’ultimo possa arrecare danno a terzi, quale può essere il convivente more uxorio nei confronti dei figli del proprio partner.

Il sorvegliante, per andare esente da responsabilità per culpa in vigilando, dovrà dimostrare di aver adottato tutte le cautele appropriate in relazione allo stato ed alle condizioni dell’incapace, nonché alle circostanze di tempo e di luogo in cui è avvenuto il fatto illecito, tenuto conto della sua eventuale professionalità.

1.2 Il danno cagionato da figli minori non emancipati o delle persone sottoposte a tutela capaci di intendere e di volere

I genitori e i tutori rispondono del danno cagionato dai propri figli minori e dagli interdetti, anche se capaci di intendere e di volere.

Il presupposto della responsabilità non è solamente il dovere di sorveglianza, quanto la convivenza con l’autore dell’illecito. Diversamente, tali soggetti non sarebbero in grado di svolgere l’attività di vigilanza, il cui mancato assolvimento giustifica proprio la loro responsabilità.

La responsabilità concorre con quella del soggetto minore e del soggetto sottoposto a tutela. Essi, essendo capaci di intendere e di volere, rispondono per fatto proprio nei confronti della vittima. Il soggetto danneggiato deciderà a chi rivolgersi per ottenere il risarcimento.

I genitori, per andare esenti da responsabilità per culpa in vigilando, dovranno dimostrare, oltre alla prova liberatoria di cui sopra, anche di aver educato ed istruito il proprio figlio in maniera consona alle condizioni familiari e sociali in cui vive.

1.3 Il danno cagionato da allievi e apprendisti

I precettori e coloro che insegnano un’arte o un mestiere rispondono dei danni cagionati da allievi ed apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

L’espressione “precettori e maestri d’arte” indica tutti coloro a cui il minore è affidato a fini di istruzione, qualsiasi essa sia. Quindi, tale responsabilità abbraccia tanto gli insegnanti di scuole pubbliche o private, quanto gli istruttori sportivi, quanto gli assistenti delle colonie per le vacanze e altri ancora.

La responsabilità è limitata solo a quegli illeciti commessi dagli allievi nel periodo in cui sono sotto la loro sorveglianza, per tale intendendosi il periodo durante lo svolgimento della lezione, quello ricreativo e, più in generale, tutto l’arco di tempo che precede la riconsegna degli studenti ai genitori.

Anche in questo caso, la responsabilità indiretta si aggiunge a quella diretta degli allievi, perché capaci di intendere e di volere. In caso di incapacità, si ricadrebbe nell’ipotesi di cui al paragrafo sopra menzionato.

Ai precettori e ai maestri d’arte, per liberarsi da qualsiasi responsabilità, è richiesta la dimostrazione non solo di non aver potuto materialmente impedire l’evento per il suo carattere imprevedibile e improvviso, ma anche di aver adottato preventivamente tutte le misure organizzative e disciplinari, tra cui l’astratta previsione di irrogazione di sanzioni in caso di commissione di un fatto illecito, idonee ad evitare la situazione di pericolo.

Una regola particolare è dettata dalla normativa in materia di danni cagionati a terzi da alunni di scuola statale, non importa se materna, elementare, secondaria, in ipotesi di omessa o carente vigilanza sugli stessi da parte del relativo personale direttivo, docente, educativo e non docente.

Il soggetto danneggiato non può rivolgersi direttamente al soggetto cui è imputabile la culpa in vigilando, bensì allo Stato, il quale potrà rivalersi su quest’ultimo solamente laddove l’omessa vigilanza sia frutto di dolo o colpa grave.

1.4 Il danno cagionato da domestici e commessi

I padroni e i committenti rispondono dei danni cagionati a terzi dal fatto illecito commesso dai propri domestici e commessi, nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.

Le arcaiche espressioni utilizzate dal legislatore alludono al rapporto di preposizione: in altre parole, il soggetto danneggiante deve essere un lavoratore subordinato e, come tale, sottoposto al potere di direzione e di controllo del proprio datore di lavoro.

Il lavoratore deve compiere l’atto illecito dannoso nell’esercizio delle mansioni che gli sono affidate. Fra queste e l’atto illecito deve intercorrere un nesso di occasionalità necessaria, nel senso che le incombenze devono creare una situazione tale da agevolare e rendere possibile l’evento dannoso.

Il datore di lavoro non è ammesso a fornire una prova liberatoria, in quanto risponde del fatto dannoso per il solo fatto di avvantaggiarsi dell’attività del proprio lavoratore, a prescindere dalla non sussistenza di una culpa in vigilando.

La responsabilità del datore di lavoro si aggiunge a quella del lavoratore. Il danneggiato, così, potrà rivolgersi, per ottenere il proprio risarcimento, ad un ulteriore soggetto, probabilmente più solvibile dell’autore dell’illecito.

Una volta risarcito il danneggiato, il datore di lavoro avrà azione di regresso nei confronti del proprio dipendente per l’intera somma dovuta, salvo che anche costui abbia concorso a cagionare il danno.

Andrea Lillo

Fonti normative

Codice civile: articoli 2047 e seguenti

Legge 11 luglio 1980, n. 312: articolo 61, Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato

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