La comunione legale dei beni può durare con la separazione?

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4676 del 28 febbraio 2018, ha espresso il seguente principio: i beni soggetti alla comunione legale coniugale rimangono disciplinati in tale maniera anche in seguito all’adozione della separazione dei beni.

1. Il fatto

Una sentenza piuttosto considerevole, se si considera che prima di essa i coniugi che avessero deciso di adottare il regime di separazione dei beni, mentre in precedenza erano in regime di comunione legale, avrebbero dovuto sottoporre a comunione ordinaria i beni acquistati durante la vigenza del regime di comunione legale; quest’ultimo, come si può intuire, decorreva per ogni bene.

Una rilevanza che si traduce anche nelle quote di comproprietà appartenenti ai coniugi. Non vi è alcun dubbio sul fatto che in regime di comunione legale, le quote non esistano (come già accertato dalle sentenze di Cassazione nn. 4033/2003 e 4890/2006, e Corte Costituzionale n. 14093/2010). In questo modo il coniuge non potrà più far valere la propria quota del bene, potendo solo alienare il bene nella sua interezza tramite consenso di entrambi i coniugi (pratica che, comunque, è annullabile secondo l’art. 184 del Codice civile).

Secondo i giudici di Cassazione, la trasformazione da comunione legale a comunione ordinaria, non ha senso di configurarsi in seguito alla sola adozione di un regime di separazione dei beni. Per quando riguarda l’ordinamento, infatti, vi sarebbe un principio generale secondo il quale «ai beni acquistati in un previgente regime patrimoniale, continuino ad applicarsi (salva diversa volontà dei coniugi) le norme proprie di siffatto regime e non quelle del successivo e sopravvenuto regime coniugale». Quindi, per far cessare il regime di comunione legale non basterebbe solo adottare la separazione dei beni, ma si dovrebbe eseguire un ulteriore step: i coniugi dovrebbero convenire sul fatto che i beni acquistati in regime di comunione dei beni vengano sottratti dal regime stesso.

2. La sentenza

All’interno della sentenza, però, vi è un difetto di ragionamento. I giudici specificano che «la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi permane sino al momento del suo scioglimento, per le cause di cui all'art. 191 c.c., allorquando i beni cadono in comunione ordinaria e ciascun coniuge, che abbia conservato il potere di disporre della propria quota, può liberamente e separatamente alienarla».

È vero che la comunione legale passa a ordinaria nelle modalità e nei casi previsti dall’art. 191 c.c., tuttavia nello stesso articolo viene specificata come causa di scioglimento della comunione anche il «mutamento convenzionale del regime patrimoniale», leggasi come il passaggio alla separazione dei beni. Ergo, non appare logico che continuino a rimanere in vigore le regole della comunione legale dei beni, sempre parlando di quanti acquistati mentre la comunione era in vigore, in seguito all’adozione della separazione.

Fonte

Il Sole 24 Ore

Team Giuridica.net