Soggetti Attivi e Passivi di un Reato: Guida Completa
Scopri chi sono i soggetti attivi e passivi di un reato e qual è il loro ruolo nel diritto penale. Una guida chiara e dettagliata.
Nel diritto penale italiano, la struttura del reato si fonda su presupposti ben definiti, tra cui rileva in modo essenziale l'individuazione dei soggetti coinvolti nella fattispecie criminosa. La dottrina distingue, a tal fine, il soggetto attivo del reato, ossia colui che realizza la condotta penalmente rilevante, dal soggetto passivo, ovvero il titolare dell'interesse giuridico leso o messo in pericolo dal comportamento delittuoso. Tale distinzione non è meramente teorica, ma riveste rilevanza sistematica e processuale, influenzando l'imputazione, la legittimazione alla costituzione di parte civile, nonché taluni effetti risarcitori.
La soggettività attiva è normalmente riconducibile alla persona fisica, benché talune fattispecie consentano l'applicazione della responsabilità degli enti collettivi ex d.lgs. n. 231/2001. Quanto alla soggettività passiva, essa coincide spesso con la vittima diretta dell’offesa, ma può coinvolgere anche interessi diffusi o collettivi, in particolare nei reati contro la pubblica amministrazione o l’ordine pubblico. In questa prospettiva, l’inquadramento dei soggetti assume rilievo anche per la qualificazione giuridica del fatto, per l’eventuale concorso di persone nel reato e per la corretta applicazione delle norme sanzionatorie.
Vediamo di seguito in dettaglio queste due figure di soggetti.
2. Chi è il Soggetto Attivo di un Reato
Il soggetto attivo del reato è la persona fisica che commette il fatto illecito previsto dalla legge come reato. Secondo l'art. 85 del Codice Penale, per essere considerato penalmente responsabile, il soggetto deve possedere la capacità di intendere e di volere al momento della commissione del fatto.
La capacità di intendere si configura come "un pensare ordinato" e rappresenta l'insieme delle abilità che permettono alla persona di:
- Comprendere il valore sociale delle proprie azioni;
- Prefigurare le conseguenze del proprio comportamento;
- Valutare gli effetti della propria condotta;
- Stabilire i mezzi necessari per produrre tali effetti.
La capacità di volere, invece, si definisce come l'attitudine dell'individuo a determinarsi in modo autonomo, selezionando consapevolmente le proprie azioni nel rispetto dell'esperienza pregressa e dei valori culturali di appartenenza, come evidenziato dalla giurisprudenza di merito.
Per quanto riguarda l'età, l'art. 97 del Codice Penale stabilisce che non è imputabile chi, al momento del fatto, non aveva compiuto i quattordici anni. Per i minori tra i 14 e i 18 anni, secondo l'art. 98 c.p., l'imputabilità deve essere valutata caso per caso, verificando la concreta capacità di intendere e di volere in relazione al fatto specifico commesso.
La capacità penale può essere esclusa o diminuita in presenza di determinate condizioni patologiche che incidono sulla capacità di intendere e di volere. Come stabilito dalla Cassazione Penale, l'infermità mentale non va intesa come mera condizione psichica, ma deve essere valutata in relazione alla concreta capacità del soggetto di comprendere il significato delle proprie azioni e di autodeterminarsi consapevolmente.
È importante sottolineare che la capacità penale si differenzia dalla capacità di agire civilistica, in quanto la prima deve essere intesa nel suo significato psicologico, come condizione di sufficiente maturità mentale per riconoscere il disvalore delle proprie azioni e autodeterminarsi consapevolmente, come evidenziato dalla recente giurisprudenza.
3. Chi è il Soggetto Passivo di un Reato
Nel sistema penalistico italiano, il soggetto passivo del reato è colui che subisce la lesione o la messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice. Si tratta, in altre parole, del titolare dell’interesse giuridicamente protetto che viene violato dalla condotta del soggetto attivo. Tale concetto assume rilievo fondamentale non solo ai fini della qualificazione del fatto come reato, ma anche in ambito processuale, soprattutto con riferimento alla costituzione di parte civile e al risarcimento del danno.
La dottrina tradizionale distingue tra soggetto passivo in senso formale e soggetto passivo in senso sostanziale. Il primo è identificato nella persona fisica o giuridica che appare leso dal reato, ed è normalmente coincidente con la vittima, ossia la persona danneggiata dal fatto delittuoso. Il secondo, invece, corrisponde al titolare effettivo del bene giuridico tutelato, che talvolta può non coincidere con la vittima apparente. Ad esempio, nei reati contro la pubblica amministrazione, il soggetto passivo sostanziale è lo Stato, mentre la lesione può apparire riferita ad un singolo ufficio o funzionario.
In molte ipotesi, il soggetto passivo è una persona determinata e individuabile (come nei reati contro la persona o contro il patrimonio); in altri casi, invece, può essere indeterminato, come nei reati contro la collettività (es. inquinamento ambientale) o contro l’ordine pubblico. In tali fattispecie, il soggetto passivo non è identificabile in un singolo individuo, bensì nella collettività nel suo complesso.
La corretta individuazione del soggetto passivo è determinante anche per l’accertamento della sussistenza del nesso di causalità e per la valutazione della gravità del danno. Inoltre, essa rileva ai fini della legittimazione ad agire in giudizio, in quanto solo il soggetto passivo può avanzare pretese risarcitorie o costituirsi parte civile nel processo penale. Ne consegue che l’identificazione del soggetto passivo non è una mera questione teorica, bensì incide in modo sostanziale sul piano pratico e processuale.
4. Differenze tra Soggetto Attivo e Soggetto Passivo
In ordine alla differenza tra i due soggetti in esame, possiamo così suddividere:
a) Definizione e ruolo
- SOGGETTO ATTIVO: È colui che commette il fatto illecito previsto dalla legge come reato. Come evidenziato dalla giurisprudenza di merito (Tribunale di Cassino n.465/2019) può essere "chiunque" agisca nell'esercizio di una determinata attività, non richiedendosi necessariamente particolari qualifiche, salvo per i reati propri.
- SOGGETTO PASSIVO: Come stabilito dalla Cassazione Penale (n.6568/2024) è il titolare dello specifico interesse tutelato dalla norma penale. Si tratta di una nozione propria del diritto penale, in quanto attiene ad un elemento strutturale del reato.
b) Rapporto con il Bene Giuridico
- SOGGETTO ATTIVO: È colui che viola il bene giuridico protetto dalla norma penale attraverso la sua condotta illecita, come emerge dall'art. 42 del Codice Penale, che richiede la coscienza e volontà dell'azione od omissione.
- SOGGETTO PASSIVO: È il titolare del bene-interesse tutelato dalla norma penale che viene offeso o messo in pericolo in via diretta ed immediata dalla condotta criminosa. Come chiarito dalla Cassazione, può essere diverso dal semplice danneggiato dal reato.
c) Pluralità di Soggetti
- SOGGETTO ATTIVO: Possono esserci più soggetti attivi in caso di concorso di persone nel reato, ciascuno con un proprio ruolo nella commissione del fatto.
- SOGGETTO PASSIVO: Come stabilito dalla recente giurisprudenza, Cass. Penale n.44343/2024) possono coesistere più soggetti passivi di un medesimo reato, che vanno individuati con riferimento alla titolarità del bene giuridico protetto dalla norma.
d) Diritti Processuali
- SOGGETTO ATTIVO: È il destinatario dell'azione penale e delle garanzie processuali previste dalla legge.
- SOGGETTO PASSIVO: Ha diritti processuali specifici, tra cui il diritto di querela nei reati perseguibili a querela di parte. Come evidenziato dalla Cassazione, la persona offesa è il titolare dell'interesse direttamente protetto dalla norma penale, la cui lesione costituisce l'essenza del reato.
e) Distinzione dal Danneggiato
- SOGGETTO ATTIVO: È sempre identificabile come l'autore del reato.
- SOGGETTO PASSIVO: Va distinto dal semplice danneggiato dal reato (vedi sub par.6). Come precisato dalla giurisprudenza, mentre il soggetto passivo è titolare dell'interesse protetto dalla norma penale, il danneggiato è colui che subisce un danno di indole civile dal reato, e tale nozione riflette il profilo privatistico dell'illecito penale. Per esempio, in materia di acque contaminate: in questo caso il Ministero della Salute è persona offesa in quanto titolare del bene giuridico tutelato (la salute pubblica), mentre gli enti locali territoriali e la società di distribuzione delle acque sono danneggiati dal reato, potendo agire per il risarcimento del danno ma non essendo titolari del diritto di querela.
Le conseguenze pratiche di questa distinzione sono rilevanti, in quanto solo il suddetto Ministero, in quanto persona offesa, ha il diritto di presentare querela. Gli enti coinvolti, invece, pur essendo danneggiati, possono solamente agire per il risarcimento del danno subito, ma non sono legittimati a presentare querela.
Come ulteriormente chiarito dalla Cassazione, questa distinzione è fondamentale perché:
- Il soggetto passivo si collega all'oggetto giuridico del reato (l'interesse protetto dalla norma penale)
- Il danneggiato è invece colui che subisce un danno (patrimoniale e/o non patrimoniale) come conseguenza del reato.
Un altro esempio pratico viene dalla Cassazione penale
5. Capacità di Agire Penalmente e Imputabilità del Soggetto Attivo
Nel diritto penale italiano, la capacità di agire penalmente è strettamente connessa al concetto di imputabilità, ossia alla possibilità di ascrivere responsabilità penale ad un soggetto per un fatto previsto dalla legge come reato. Tale presupposto soggettivo riguarda la condizione psico-fisica del soggetto attivo al momento della commissione del fatto ed è disciplinato, in via principale, dagli articoli 85 e ss. del codice penale.
L’art. 85 c.p. stabilisce che “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile”. L’imputabilità richiede dunque che il soggetto sia capace di intendere e di volere al momento del fatto, nonché che abbia raggiunto una determinata età.
Età minima per l’imputabilità
Il limite minimo di età per l’imputabilità è fissato a 14 anni. Ai sensi dell’art. 97 c.p., “non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni”. Pertanto, il minore di 14 anni è sempre considerato non imputabile, indipendentemente dalla sua maturità psichica effettiva. Tra i 14 e i 18 anni, l’imputabilità è presunta ma può essere esclusa se, a causa di immaturità psichica, il minore non era in grado di intendere o di volere (art. 98 c.p.).
Stato mentale e infermità
Ai sensi dell’art. 88 c.p., non è imputabile chi, al momento del fatto, era in stato di infermità mentale tale da escludere totalmente la capacità di intendere o di volere. L’infermità può derivare da patologie psichiatriche, disabilità intellettive gravi, oppure da condizioni transitorie (es. crisi epilettiche, stati confusionali). Qualora la capacità risulti solo parzialmente compromessa, l’art. 89 c.p. prevede la diminuzione della pena.
Cause di esclusione dell’imputabilità
Oltre all’età e all’infermità mentale, altre condizioni possono incidere sull’imputabilità. Tra queste si annoverano:
- Intossicazione da alcool o stupefacenti, che può determinare incapacità totale o parziale (artt. 91 e 92 c.p.);
- Stati di necessità o coazione morale assoluta, che eliminano l’autodeterminazione del soggetto;
- Errore di fatto incolpevole, che può escludere il dolo e quindi la responsabilità penale.
In assenza di imputabilità, il fatto non può essere penalmente sanzionato, anche se costituisce reato. Tuttavia, in alcuni casi (es. minori imputabili o soggetti affetti da infermità), possono essere disposte misure di sicurezza.
6. Persona Offesa vs Soggetto Passivo: Sono la Stessa Cosa?
Come precisato dalla giurisprudenza, mentre il soggetto passivo (persona offesa dal reato) è titolare dell'interesse protetto dalla norma penale, il danneggiato è colui che subisce un danno di tipo patrimoniale, ossia di indole civile dal reato, e tale nozione riflette il profilo privatistico dell'illecito penale.
Per esempio, in materia di acque contaminate: in questo caso il Ministero della Salute è persona offesa in quanto titolare del bene giuridico tutelato (la salute pubblica), mentre gli enti locali territoriali e la società di distribuzione delle acque sono danneggiati dal reato, in quanto essi hanno subito una diminuzione del patrimonio a causa del reato, e dunque possono agire per il risarcimento del danno ma non essendo titolari del diritto di querela.
Le conseguenze pratiche di questa distinzione sono rilevanti, in quanto solo il suddetto Ministero, in quanto persona offesa, ha il diritto di presentare querela. Gli enti coinvolti, invece, pur essendo danneggiati, possono solamente agire per il risarcimento del danno subito, ma non sono legittimati a presentare querela.
Come ulteriormente chiarito dalla Cassazione (Cass. Pen. n.20988/2021) questa distinzione è fondamentale perché:
- Il soggetto passivo si collega all'oggetto giuridico del reato (l'interesse protetto dalla norma penale), colui che subisce la violazione della norma a causa della condotta criminosa.
- Ma dalla condotta criminosa possono conseguire effetti consistenti in un danno patrimoniale. Orbene, il danneggiato è invece colui che subisce un danno (patrimoniale e/o non patrimoniale) come conseguenza del reato. Colui cui incidono gli effetti sul piano patrimoniale della condotta criminosa. Vediamo ulteriori esempi.
Reato di bigamia (art. 556 c.p.)
Persona offesa: Lo Stato, in quanto titolare dell’interesse giuridico alla tutela dell’ordine pubblico e della regolarità dello stato civile;
Danneggiato: Il coniuge ignaro del precedente matrimonio dell’altro, che subisce un pregiudizio morale e patrimoniale in quanto ingannato sulla validità dell’unione.
In questo caso, il bene giuridico tutelato dalla norma penale è l’ordine delle relazioni familiari, sicché la persona offesa è lo Stato. Tuttavia, il coniuge in buona fede può subire un danno risarcibile e dunque è legittimato a costituirsi parte civile.
Reato di calunnia (art. 368 c.p.)
Persona offesa: Lo Stato, in quanto la calunnia compromette l’efficacia della giustizia e l’esercizio della funzione giurisdizionale;
Danneggiato: Il soggetto falsamente accusato, che subisce un danno alla propria reputazione e può essere coinvolto ingiustamente in un procedimento penale.
In questo caso, la lesione primaria riguarda il corretto funzionamento della giustizia penale, di cui lo Stato è titolare. Tuttavia, la persona falsamente denunciata subisce una lesione personale e diretta, con danni morali e patrimoniali, legittimandolo all’azione risarcitoria;
Omicidio
nel reato di omicidio la persona offesa è la vittima, mentre i familiari sono le persone danneggiate che possono costituirsi parte civile nel processo penale contro il reo per il risarcimento dei danni.
Persona offesa e danneggiato parte civile coincidenti
In alcuni casi la persona offesa dal reato corrisponde anche al danneggiato dal reato stesso. Esempio tipico si ha nell’ipotesi di furto laddove la vittima del furto ha subito anche il danno patrimoniale dovuto alla sottrazione del bene e del suo corrispondente valore economico.
7. Soggetti Attivi Plurimi: Il Concorso di Persone nel Reato
Nel diritto penale italiano, il principio della responsabilità penale personale, sancito dall’art. 27, comma 1, Cost., non esclude che un medesimo reato possa essere commesso da più soggetti.
Questa ipotesi è disciplinata dagli articoli 110 e seguenti del codice penale sotto il titolo del concorso di persone nel reato: “Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita”.
Il concorso, quindi, si verifica quando due o più individui, con condotte autonome ma convergenti, contribuiscono consapevolmente alla realizzazione dello stesso fatto criminoso.
L’autore materiale del reato è colui che realizza in prima persona gli elementi costitutivi della fattispecie penale, ponendo in essere la condotta descritta dalla norma incriminatrice. Si tratta del soggetto che esegue direttamente il reato.
Il coautore, invece, è colui che partecipa attivamente alla realizzazione del reato, svolgendo un ruolo essenziale nella sua esecuzione. Anche se non compie materialmente tutta la condotta, egli contribuisce con atti idonei e rilevanti, espressione di un comune disegno criminoso. La giurisprudenza richiede, in tal caso, l’esistenza di un accordo preventivo e di una coscienza e volontà comune nella commissione dell’illecito.
L’istigatore è colui che induce un altro soggetto a commettere un reato. Ai sensi dell’art. 115, comma 1, c.p., “l’istigazione a commettere un reato non è punibile se il reato non è commesso”, salvo che si tratti di reati in cui l’istigazione è autonomamente prevista come punibile (ad esempio, istigazione a delinquere ex art. 414 c.p.). Se il reato viene commesso, l’istigatore è punibile a titolo di concorso morale.
Il concorrente morale è colui che, senza partecipare materialmente alla commissione del reato, fornisce un apporto di tipo psichico o morale, rafforzando il proposito criminoso dell’autore (es. approvazione, incitamento, consiglio). La sua responsabilità presuppone che egli abbia agevolato psicologicamente la condotta altrui e che vi sia stato un effettivo contributo causale alla realizzazione del reato.
In tutte le ipotesi di concorso, la pena è stabilita in base al principio dell’identità di trattamento sanzionatorio (art. 110 c.p.), salvo che ricorrano circostanze soggettive che ne giustifichino l’attenuazione o l’aggravamento. Il concorso di persone, pertanto, amplia l’ambito della responsabilità penale e impone un’accurata valutazione del contributo individuale di ciascun soggetto.
8. Vittime Vulnerabili e Protezione Rafforzata del Soggetto Passivo
Il sistema penale italiano ha sviluppato un articolato sistema di tutele per le vittime vulnerabili, recependo le indicazioni provenienti dal diritto internazionale ed europeo.
Come evidenziato dalla Cassazione penale (n.16583/2019) la nozione di soggetti vulnerabili è stata elaborata attraverso diverse fonti sovranazionali, tra cui la Convenzione dell'Aja del 2000 e le Direttive del Parlamento Europeo, che hanno portato all'identificazione di criteri specifici basati su età, genere, condizioni di salute e disabilità.
L'ordinamento italiano ha codificato questi principi nell'art. 90-quater del Codice di procedura penale, che definisce la condizione di particolare vulnerabilità considerando molteplici fattori: l'età, lo stato di infermità o deficienza psichica, il tipo di reato e le circostanze del fatto. La valutazione tiene conto anche di elementi specifici come la commissione del fatto con violenza, odio razziale, o nell'ambito della criminalità organizzata, nonché della dipendenza affettiva, psicologica o economica della vittima dall'autore del reato.
Per i minori e i disabili, la tutela è particolarmente rafforzata. Come stabilito dalla giurisprudenza, sono previste specifiche cautele processuali per evitare la vittimizzazione secondaria, come l'incidente probatorio "speciale" e l'assistenza di esperti durante l'assunzione delle testimonianze. L'art. 362 c.p.p. prevede infatti che il pubblico ministero, quando deve assumere informazioni da persone minori o da vittime particolarmente vulnerabili, si avvalga dell'ausilio di un esperto in psicologia.
La protezione si estende anche agli anziani, sebbene con alcune specificità. Come chiarito dalla recente giurisprudenza (Cass. Pen. n.33203/2024) la vulnerabilità dell'anziano non è presunta automaticamente ma deve essere valutata in concreto, considerando la capacità di autodeterminazione e di opposizione dinanzi all'altrui condotta illecita.
Il sistema prevede inoltre specifiche aggravanti per i reati commessi contro soggetti vulnerabili. L'art. 609-ter del Codice penale, ad esempio, stabilisce aumenti di pena per i reati sessuali commessi contro minori, mentre l'art. 612-bis c.p. prevede un'aggravante specifica per gli atti persecutori commessi contro persone con disabilità.
Questa architettura di protezione riflette l'evoluzione del sistema penale verso una maggiore attenzione alle esigenze delle vittime vulnerabili, bilanciando la tutela dei loro diritti con le garanzie processuali dell'imputato e assicurando che la loro partecipazione al procedimento penale avvenga in condizioni di massima protezione e supporto.
FAQ su Soggetti Attivi e Passivi di un Reato
Il soggetto attivo deve essere sempre imputabile? Sì, ai fini della punibilità, il soggetto attivo di un reato deve essere imputabile, ossia capace di intendere e di volere al momento del fatto. L’imputabilità è un presupposto soggettivo della responsabilità penale e può mancare in caso di minore età (sotto i 14 anni), infermità mentale totale o altre cause escludenti previste dalla legge. In caso di non imputabilità, il soggetto non può essere punito, ma può eventualmente essere destinatario di misure di sicurezza.
Il soggetto passivo coincide con la parte civile? Non sempre. Il soggetto passivo è colui il cui bene giuridico è stato leso dal reato, mentre la parte civile è chi agisce nel processo penale per ottenere il risarcimento del danno subito. Spesso coincidono, ma non necessariamente: vi possono essere soggetti passivi che non si costituiscono parte civile e, in casi particolari, la parte civile può essere un soggetto diverso, ma danneggiato indirettamente dall’illecito.
Si può avere più di un soggetto attivo in un reato? Sì, è possibile. Si parla in tal caso di concorso di persone nel reato, disciplinato dagli artt. 110 ss. c.p. Il reato può essere commesso da più autori, coautori o concorrenti morali e materiali, ciascuno dei quali apporta un contributo causale alla realizzazione dell’illecito. Tutti i concorrenti rispondono penalmente, purché consapevoli e volontari partecipanti all’azione criminosa.
Qual è la differenza tra persona offesa e soggetto passivo? Il soggetto passivo è il titolare del bene giuridico leso dal reato; la persona offesa è, in senso processuale, chi ha subito direttamente le conseguenze del fatto e può agire nel processo come parte civile. In genere coincidono, ma in alcuni casi differiscono: ad esempio, nei reati contro la pubblica amministrazione, la persona offesa è lo Stato, ma anche un terzo danneggiato può costituirsi parte civile.
Un ente può essere soggetto attivo o passivo di un reato? Sì, ma con limiti. Un ente può essere soggetto passivo quando subisce un danno da reato (es. frode o truffa ai danni di una società). Inoltre, può essere considerato soggetto attivo in senso lato, nei limiti della responsabilità amministrativa da reato prevista dal d.lgs. 231/2001, ove l’illecito sia commesso nel suo interesse o vantaggio da persone fisiche in posizione apicale o subordinata.

Marco Mosca
Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...