Il minore in stato di fermo
La tutela dei diritti dei minori in stato di fermo rappresenta un tema centrale per l’ordinamento giuridico italiano, in quanto coinvolge non solo la sfera della giustizia penale minorile, ma anche valori costituzionali fondamentali quali la dignità della persona, il superiore interesse del minore e la funzione educativa della pena. Conoscere tali diritti è indispensabile per assicurare un trattamento conforme agli standard nazionali e internazionali, evitando ogni forma di pregiudizio che potrebbe derivare da un approccio repressivo non adeguatamente calibrato sulla specificità dell’età evolutiva.
Diritti del minore in stato di fermo
Il contesto normativo è delineato principalmente dal D.P.R. 448/1988, che disciplina il processo penale a carico di imputati minorenni, e da una fitta rete di norme sovranazionali, tra cui la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli. Sul piano sociale, inoltre, emerge l’urgenza di un sistema giustizia che, anziché stigmatizzare, sappia rispondere alle condotte devianti dei minori con strumenti di recupero e inclusione.
Scopo del presente contributo è offrire un quadro chiaro e sintetico dei diritti riconosciuti al minore sottoposto a fermo, illustrando i presupposti di legittimità della misura, le garanzie procedurali a tutela del minore, le prassi applicative e i profili critici emersi dalla giurisprudenza. L’analisi si propone altresì di fornire uno strumento operativo per gli avvocati che si trovino a dover assistere un minore, promuovendo un approccio giuridico rigoroso ma sensibile alle esigenze educative e sociali del giovane imputato.
Cos’è il fermo di polizia e quando può essere disposto
Il fermo di polizia giudiziaria è una misura precautelare disciplinata dagli articoli 384 e seguenti del codice di procedura penale.
Si tratta di un provvedimento restrittivo della libertà personale adottato dalla polizia giudiziaria, anche senza autorizzazione preventiva dell’autorità giudiziaria, nei confronti di soggetti gravemente indiziati di taluni reati e per i quali sussista un concreto pericolo di fuga.
In particolare, il fermo può essere disposto qualora ricorrano elementi indiziari gravi per un delitto per il quale è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, e vi siano fondati motivi per ritenere che la persona possa darsi alla fuga prima che il pubblico ministero possa chiedere una misura cautelare al giudice.
Il fermo si distingue dall’arresto per diverse ragioni. L’arresto, infatti, è una misura obbligatoria o facoltativa adottata in flagranza di reato, mentre il fermo presuppone una situazione di urgenza non connessa alla flagranza, ma al pericolo di irreperibilità dell’indagato. Inoltre, il fermo non è disposto dal giudice ma dalla polizia giudiziaria, con obbligo di immediata comunicazione al pubblico ministero, che deve chiederne la convalida entro 48 ore dall’esecuzione, con udienza davanti al giudice entro le successive 48 ore.
Quando il fermo riguarda un minorenne, trovano applicazione le disposizioni speciali previste dal D.P.R. 448/1988.
L’art. 18 stabilisce che il fermo del minore è consentito solo in presenza di gravi indizi di reato e del concreto pericolo di fuga, con contestuale obbligo di informare i genitori o chi esercita la responsabilità genitoriale, nonché il difensore. In ogni caso, la misura deve essere valutata alla luce del principio del “minor pregiudizio possibile” e deve essere disposta con estrema cautela, preferendo, ove possibile, misure alternative alla restrizione della libertà personale.
Il quadro normativo di riferimento
Il quadro normativo del processo penale minorile in Italia si fonda su un sistema di principi e disposizioni specificamente orientati alla tutela e al recupero del minore, in conformità con i dettami costituzionali e internazionali.
Il principale riferimento normativo è rappresentato dal D.P.R. 448/1988, che delinea un processo penale caratterizzato da una spiccata finalità educativa e rieducativa.
Come stabilito dall'art. 1 del D.P.R. 448/1988, le disposizioni processuali devono essere applicate "in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne", garantendo il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dal diritto dell'Unione Europea. Questo principio di adeguatezza permea l'intero sistema processuale minorile, come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 125/1992, che ha sottolineato come il legislatore abbia introdotto "congegni ed istituti tendenti ad attenuare l'offensività del processo per il minore ed a renderne residuale la detenzione".
Un ruolo centrale è rivestito dai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia, che secondo l'art. 6 del D.P.R. 448/1988 assistono il minore "in ogni stato e grado del procedimento". La normativa prevede inoltre specifiche garanzie processuali, come l'assistenza affettiva e psicologica disciplinata dall'art. 12, che assicura la presenza dei genitori o di altre figure di riferimento durante il procedimento.
La Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo (1989) trova piena attuazione nel sistema italiano, come confermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 90/2017, che ha ribadito la necessità di "valutazioni flessibili e individualizzate dirette a perseguire, con il recupero del minore, la finalità rieducativa della pena".
Questo orientamento si riflette in istituti specifici come la sospensione del processo con messa alla prova (art. 28 D.P.R. 448/1988) e il percorso di rieducazione del minore (art. 27-bis), che privilegiano soluzioni alternative alla detenzione.
Il sistema si caratterizza inoltre per la presenza di specifiche tutele in materia cautelare, come evidenziato dall'art. 19 D.P.R. 448/1988, che impone di tenere conto "dell'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto" nella disposizione delle misure cautelari. Questa impostazione riflette il principio costituzionale della protezione della gioventù, sancito dall'art. 31 della Costituzione, che trova specifica attuazione nell'ambito della giustizia minorile.
I diritti fondamentali del minore in stato di fermo
I diritti fondamentali del minore in stato di fermo sono regolati da un articolato sistema normativo che pone al centro la tutela e le esigenze educative del soggetto minorenne.
Come stabilito dall'art. 1 del D.P.R. 448/1988, le disposizioni processuali devono essere applicate "in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne", garantendo il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione.
Il diritto all'informazione trova specifica disciplina nell'art. 12-bis del D.P.R. 448/1988, che prevede un dettagliato sistema di garanzie informative. Il minore deve essere informato del diritto a che vengano avvertiti i genitori o gli esercenti la responsabilità genitoriale, del diritto all'assistenza legale e dei servizi minorili, nonché del diritto a ricevere una valutazione individuale delle proprie condizioni. Come sottolineato dalla Cassazione nella sentenza n. 46263/2024, queste informazioni devono essere fornite "con un linguaggio comprensibile, adeguato all'età e alle capacità del minorenne".
Per quanto riguarda l'assistenza legale e familiare, l'art. 18 del D.P.R. 448/1988 stabilisce che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito il fermo devono darne immediata notizia al pubblico ministero, all'esercente la responsabilità genitoriale e informare tempestivamente i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia.
Come chiarito dalla Cassazione nella sentenza n. 2399/1990, il pubblico ministero ha il potere-dovere di scegliere tra l'accompagnamento in comunità del minore e quello nella sua abitazione, valutando non solo l'impossibilità materiale della famiglia ma anche la sua idoneità ad esercitare la funzione psico-pedagogica.
La presenza dei genitori o dei tutori è garantita dall'art. 12 del D.P.R. 448/1988, che assicura l'assistenza affettiva e psicologica al minore attraverso la presenza dei genitori o degli altri esercenti la responsabilità genitoriale in ogni stato e grado del procedimento. Tuttavia, come evidenziato dalla giurisprudenza, in casi specifici il minore può essere assistito da altra persona idonea quando la partecipazione dei genitori sia contraria al suo interesse superiore o quando sussistano altre circostanze oggettive che lo rendano necessario.
Il ruolo dell’avvocato e del tutore durante il fermo
Nel procedimento penale minorile, il ruolo dell’avvocato e del rappresentante legale del minore assume rilevanza centrale sin dalla fase del fermo di polizia giudiziaria. Il D.P.R. 448/1988, che disciplina il processo a carico di imputati minorenni, garantisce un sistema di tutele rafforzate, fondato sul rispetto della personalità in formazione dell’indagato.
Ai sensi dell’art. 11 del predetto decreto, è prevista la nomina immediata di un difensore, che assiste obbligatoriamente il minore in ogni atto del procedimento. In caso di mancanza di un difensore di fiducia, il minore deve essere assistito da un difensore d’ufficio sin dall’esecuzione del fermo. La difesa tecnica è dunque imprescindibile e opera sin dalla fase più embrionale dell’intervento repressivo, assicurando la legittimità e la correttezza degli atti compiuti.
Durante l’interrogatorio successivo al fermo – che deve svolgersi alla presenza del difensore – l’avvocato può interloquire con il proprio assistito, porre domande, sollevare eccezioni e contestazioni in ordine alla regolarità della procedura. La sua funzione non si limita all’assistenza formale, ma si estende alla vigilanza effettiva sull’osservanza delle garanzie procedurali e sulla congruità delle misure adottate.
Accanto al difensore, anche il genitore o il tutore esercita un ruolo significativo. L’art. 12 del D.P.R. 448/1988 prevede infatti che il rappresentante legale del minore debba essere informato dell’avvio del procedimento e messo in condizione di partecipare agli atti che coinvolgano il minore, salvo che ciò non sia in contrasto con l’interesse del minore stesso. Il tutore o il genitore, in tale contesto, non ha poteri tecnici ma può affiancare il minore, offrendo sostegno emotivo e agevolando una migliore comprensione delle dinamiche processuali. La loro presenza rafforza la dimensione educativa e relazionale del procedimento penale minorile.
La durata massima del fermo per un minore
Il fermo di polizia giudiziaria nei confronti di un minore è soggetto a stringenti limiti temporali, imposti sia dal codice di procedura penale sia, in via speciale, dal D.P.R. 448/1988.
Questi limiti mirano a garantire che la restrizione della libertà personale del minore non si protragga oltre lo stretto necessario, in ossequio ai principi costituzionali di libertà personale (art. 13 Cost.) e del superiore interesse del minore.
La legge stabilisce che la polizia giudiziaria, una volta eseguito il fermo, debba immediatamente informare il pubblico ministero e trasmettere il verbale con gli atti compiuti. L’art. 18, comma 2, del D.P.R. 448/1988 dispone che, nei confronti del minorenne, il fermo non possa superare le 24 ore, salvo proroga eccezionale autorizzata dal pubblico ministero per ulteriori 24 ore, solo in presenza di particolari esigenze organizzative e istruttorie.
Entro tale termine massimo di 48 ore, il pubblico ministero ha l’obbligo di richiedere la convalida del fermo al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i Minorenni. L’udienza di convalida, che si svolge con l’assistenza necessaria del difensore, deve tenersi entro le successive 48 ore dalla richiesta. Se il giudice non convalida il fermo entro tale termine, la misura perde efficacia e il minore deve essere immediatamente rimesso in libertà.
Questa tempistica ristretta impone alla polizia giudiziaria l’obbligo di una gestione tempestiva ed efficace degli adempimenti, evitando ogni forma di trattenimento illegittimo che potrebbe configurare una violazione dei diritti fondamentali del minore.
Le garanzie procedurali durante l’interrogatorio
Le garanzie procedurali durante l'interrogatorio del minore nel processo penale sono regolate da un articolato sistema normativo che mira a tutelare il minore e ad assicurare al contempo l'attendibilità delle sue dichiarazioni. Come stabilito dall'art. 1 del D.P.R. 448/1988, le disposizioni processuali devono essere applicate "in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne", garantendo il rispetto dei diritti fondamentali.
La presenza obbligatoria di figure di garanzia è disciplinata dall'art. 12 del D.P.R. 448/1988, che assicura l'assistenza affettiva e psicologica al minore attraverso la presenza dei genitori o degli altri esercenti la responsabilità genitoriale in ogni stato e grado del procedimento. Come chiarito dalla Cassazione nella sentenza n. 33350/2024, la presenza di figure di supporto durante l'interrogatorio non compromette l'attendibilità delle dichiarazioni quando non emergano elementi concreti di condizionamento.
Per quanto riguarda il linguaggio da utilizzare, l'art. 12-bis del D.P.R. 448/1988 prescrive che le informazioni siano fornite "con un linguaggio comprensibile, adeguato all'età e alle capacità del minorenne". Come evidenziato dalla Cassazione nella sentenza n. 25712/2011, durante l'interrogatorio sono vietate le domande suggestive e quelle che possono nuocere alla sincerità delle risposte, con un divieto che vale "a maggior ragione" per i minori rispetto agli adulti.
La documentazione dell'interrogatorio deve avvenire con particolare attenzione alle esigenze di tutela del minore.
Come stabilito dalla Cassazione nella sentenza n. 7121/2022, è prevista la documentazione integrale con mezzi audiovisivi delle dichiarazioni, con la possibilità per il giudice di modulare le modalità di assunzione della prova in base al caso concreto, contemperando tutela del minore e diritto di difesa.
Questo approccio garantisce sia la protezione del minore dal trauma psicologico derivante dall'esperienza giudiziaria, sia la genuinità della formazione della prova.
Il trattamento del minore durante il fermo
Il trattamento del minore durante il fermo è regolato da un sistema normativo che pone al centro la tutela dei diritti fondamentali e la protezione delle specifiche esigenze psicofisiche del soggetto minorenne. Come stabilito dall'art. 18 del D.P.R. 448/1988, il pubblico ministero deve disporre che il minore sia condotto "senza ritardo presso un centro di prima accoglienza o presso una comunità pubblica o autorizzata", garantendo luoghi di custodia specificamente idonei alla sua condizione.
La tutela dell'integrità psicofisica trova particolare rilevanza nell'art. 9-bis del D.P.R. 448/1988, che prevede che il minore in stato di privazione della libertà sia sottoposto "senza indebito ritardo a visita medica volta a valutarne lo stato di salute fisica e psicologica". Come evidenziato dalla Cassazione nella sentenza n. 47551/2024, deve essere garantito "il diritto al mantenimento di una fondamentale relazione affettiva" con i familiari, evitando inutili compressioni dei diritti fondamentali del minore.
Il sistema di controlli e vigilanza è articolato su più livelli. L'art. 6 del D.P.R. 448/1988 prevede che l'autorità giudiziaria si avvalga "dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia e dei servizi di assistenza sociali e sanitari". Come sottolineato dalla Cassazione nella sentenza n. 16250/2022, i servizi minorili svolgono "attività di sostegno e controllo" in coordinamento con i servizi di assistenza degli enti locali, garantendo un monitoraggio costante delle condizioni di detenzione e del benessere psicofisico del minore.
Misure alternative al fermo e modalità di rilascio
Le misure alternative al fermo e le modalità di rilascio del minore sono regolate da un sistema normativo che privilegia soluzioni volte alla tutela e al recupero del soggetto minorenne. Come stabilito dall'art. 18 del D.P.R. 448/1988, il pubblico ministero, ricevuta la notizia del fermo, può disporre diverse soluzioni alternative alla detenzione, valutando le modalità del fatto, l'età e la situazione familiare del minore.
L'affidamento ai servizi sociali rappresenta una delle principali alternative al fermo.
In base all'art. 6 del D.P.R. 448/1988, i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia svolgono attività di sostegno e controllo in collaborazione con i servizi di assistenza istituiti dagli enti locali. Questa misura viene disposta quando si ritiene che il minore possa essere adeguatamente seguito nel suo ambiente familiare e sociale.
L'obbligo di permanenza in casa è disciplinato dall'art. 21 del D.P.R. 448/1988, che prevede la possibilità per il giudice di prescrivere al minore di rimanere presso l'abitazione familiare o altro luogo di privata dimora. Il provvedimento può includere la possibilità di allontanarsi dall'abitazione per attività di studio, lavoro o altre attività utili alla sua educazione, con il coinvolgimento attivo dei genitori o delle persone che lo ospitano nel controllo del suo comportamento.
Per quanto riguarda il rilascio immediato con prescrizioni, l'art. 20 del D.P.R. 448/1988 prevede che il giudice, sentito l'esercente la potestà dei genitori, possa impartire al minore specifiche prescrizioni inerenti alle attività di studio, lavoro o altre attività utili per la sua educazione. Queste prescrizioni hanno una durata limitata nel tempo e possono essere rinnovate una sola volta in presenza di esigenze probatorie.
In ogni caso, come stabilito dall'art. 12-bis del D.P.R. 448/1988, il minore deve essere informato dei suoi diritti con un linguaggio comprensibile e adeguato alla sua età, incluso il diritto a che la privazione della libertà personale sia limitata al più breve tempo possibile e sia disposta solo quando ogni altra misura è ritenuta inadeguata.
FAQ – Domande frequenti su “Diritti del minore in stato di fermo”
- Un minore può essere fermato senza i genitori presenti? Sì, ma i genitori (o chi esercita la responsabilità genitoriale) devono essere tempestivamente informati del fermo. La loro assenza non impedisce l’adozione della misura, ma l’autorità deve attivarsi per garantire la loro partecipazione agli atti successivi, salvo che la loro presenza risulti in contrasto con l’interesse del minore;
- Quanto tempo può restare fermo un minore? La durata massima del fermo è di 24 ore, prorogabili solo per eccezionali esigenze istruttorie per ulteriori 24 ore, previa autorizzazione del pubblico ministero. Entro tale termine massimo di 48 ore deve essere richiesta la convalida al giudice per le indagini preliminari, che a sua volta deve decidere entro le successive 48 ore;
- Il minore ha diritto a un avvocato gratuito? Sì. La difesa tecnica è obbligatoria per i minori e, in mancanza di un difensore di fiducia, viene nominato un difensore d’ufficio. Il minore può inoltre accedere al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dal reddito, se ricorrono i requisiti previsti dalla legge;
- Cosa devono fare i genitori in caso di fermo? Devono attivarsi immediatamente per garantire l’assistenza legale del figlio e partecipare, ove possibile, agli atti del procedimento. È consigliabile contattare un avvocato esperto in diritto minorile per seguire la vicenda fin dalle prime fasi;
- Dove viene portato un minore fermato dalla polizia? Il minore deve essere trattenuto in locali separati dagli adulti, idonei sotto il profilo della sicurezza e della dignità personale, e sotto vigilanza. Non è ammesso l’inserimento in celle ordinarie. In attesa della convalida, il minore può essere collocato in centri specializzati o in affidamento temporaneo.

Marco Mosca
Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...