Esclusione della responsabilità penale: cause di giustificazione

Scopri le cause di giustificazione che escludono la responsabilità penale secondo il diritto italiano.

Introduzione al concetto di cause di giustificazione

Alla commissione di una condotta tipica, ossia corrispondente a quella descritta da una fattispecie incriminatrice, si accompagna di norma il carattere antigiuridico del fatto, con il conseguente riconoscimento della responsabilità penale in capo all’agente e la condanna dello stesso alla pena legislativamente prevista e commisurata alle caratteristiche soggettive e oggettive concretamente verificatesi (cosiddetti indici di commisurazione della pena).

L’antigiuridicità, tuttavia, viene meno se sussiste una norma diversa da quella incriminatrice, desumibile dall’intero ordinamento giuridico italiano, tale da facoltizzare o addirittura imporre quel medesimo fatto di reato.

Sono cause di giustificazione (o scriminanti o cause di esclusione dell’antigiuridicità), quindi, quelle situazioni normativamente previste in presenza delle quali viene meno il contrasto tra il fatto conforme a una fattispecie incriminatrice e l’intero ordinamento giuridico.

Importanza nel sistema penale italiano

L’importanza delle cause di giustificazione nel sistema penale italiano risiede fondamentalmente nel garantire il principio di non contraddizione dell’ordinamento giuridico interno, essendo illogico che contestualmente uno stesso sistema organizzato, da un lato, sanzioni penalmente un certo comportamento e contestualmente, dall’altro, lo facoltizzi o la imponga.

Sicché in presenza dei presupposti normativi di una causa di giustificazione viene meno l’antigiuridicità del fatto in tutto l’ordinamento, con la conseguenza concreta che il soggetto non può essere in alcun modo sanzionato.

Definizione di cause di giustificazione

Cosa sono le cause di giustificazione

Sono, quindi, definibili cause di giustificazione del reato tutte le particolari situazioni, normativamente previste, in presenza delle quali il fatto corrispondente ad una fattispecie incriminatrice e che, altrimenti, costituirebbe reato, con tutte le conseguenze dal punto di vista penale, non acquista tale carattere, ma viene sin dall’origine considerato lecito, perché consentito o imposto dall’ordinamento giuridico. Quindi, le cause di giustificazione individuano le facoltà o i doveri previsti da norme giuridiche che richiedono o autorizzano la commissione di un fatto penalmente rilevante.

In presenza delle cause di giustificazione, quindi, viene meno dalla struttura del reato l’elemento costitutivo dell’antigiuridicità.

Sul punto, si vuole rammentare che in dottrina si sono sviluppate tre teorie sulla costituzione del reato, che teorizzano rispettivamente che il reato si compone di:

  • Teoria bipartita: tipicità, antigiuridicità;
  • Teoria tripartita: tipicità, antigiuridicità, colpevolezza;
  • Teoria quadripartita: tipicità, antigiuridicità, colpevolezza, punibilità.

Venendo a mancare la configurazione di uno degli elementi costitutivi del fatto tipico, pertanto, il reato non si configura e in esito all’eventuale giudizio instaurato nei suoi confronti l’imputato dovrà andare incontro ad assoluzione.

Differenza tra cause di giustificazione, scusanti ed esimenti

Le cause di giustificazione nei termini appena delineati devono essere tenute ben distinte dalle scusanti e dalle cause di esclusione della pena.

Le prime, note anche come cause di esclusione della colpevolezza, si fondano sulla ritenuta inesigibilità, in presenza di determinati fattori, di un determinato comportamento lecito da parte del soggetto agente. Viene esclusa la rimproverabilità del soggetto e, quindi, l’elemento soggettivo.

Dalle cause di giustificazione si è detto che si distinguono anche le cause di non punibilità in senso stretto, in presenza delle quali in presenza di un fatto commesso, antigiuridico e colpevole, l’ordinamento ritiene di non dover applicare in concreto la sanzione. La ragione posta alla base deve essere individuata in una valutazione di opportunità, in presenza di circostanze fattuali, circa la sanzionabilità.

Fondamento normativo delle cause di giustificazione

Articoli del Codice Penale rilevanti

Alla disciplina delle cause di giustificazione il codice penale dedica una serie di norme di ordine generale, relative alla normativa applicabile a tutte le scriminanti introdotte dall’ordinamento, quali sono gli articoli 55 e 59.

Tali disposizioni disciplinano, in specie, i seguenti aspetti:

  • articolo 55: eccesso colposo nelle cause di giustificazione;
  • articolo 59: circostanze non conosciute o erroneamente supposte.

La disciplina specifica delle scriminanti comuni, ossia applicabili alla generalità delle fattispecie incriminatrici, è contenuta, invece, negli articoli precedenti, ossia dalle disposizioni come di seguito riepilogate:

  • articolo 50: consenso dell’avente diritto;
  • articolo 51: esercizio di un diritto o adempimento di un dovere;
  • articolo 52: legittima difesa;
  • articolo 53: uso legittimo delle armi;
  • articolo 54: stato di necessità.

Ulteriori scriminanti sono previste dall’ordinamento in riferimento a singole fattispecie e disciplinate da disposizioni ad hoc. Esse, quindi, sono applicabili alle singole fattispecie alle quali ineriscono e in riferimento alle quali sono state previste.

Il ruolo della giurisprudenza

Ci si è sempre posti la questione della prevedibilità e ammissibilità di scriminanti non codificate (o tacite).

Si sono sul punto fronteggiate due interpretazioni contrapposte:

  • secondo una prima si potrebbe ricorrere anche ad un’estensione analogica, mediante introduzione di scriminanti diverse da quelle previste dal codice, purché sia mantenuta la medesima giustificazione di fondo;
  • secondo un orientamento prevalente, al contrario, l’enucleazione delle cause di giustificazione assume carattere tassativo, la cui interpretazione analogica è vietata, ma anche volendo ammettere l’ammissibilità di scriminanti tacite si opina nel senso che si ritiene che possano ritenersi tali solo ed esclusivamente nella limitata ipotesi in cui esse siano concretamente riconducibili ad una delle scriminanti già previste dall’ordinamento.

Appare, quindi, concretamente arduo ritagliare alle scriminanti tacite o ricavabili in via analogica uno spazio applicativo concreto, dal momento che se ben esaminata ciascuna di esse appare se interpretata adeguatamente riconducibile ad una delle cause di giustificazione già previste dal codice o dalla normativa penale di settore.

Si dubita, quindi, in definitiva dell’effettiva necessità di introduzione di cause di giustificazione diverse rispetto a quelle già normativamente introdotte.

Legittima difesa

Articolo 52 del Codice Penale

L’articolo 52 del codice penale italiano disciplina la scriminante della legittima difesa, prevedendo che non può essere punito un soggetto che abbia commesso un fatto (che costituisce) reato per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto suo proprio o di un terzo contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta e sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa.

Di recente, è stato introdotto un comma secondo, che disciplina la legittima difesa domiciliare, disponendo nel senso che qualora ricorrano gli elementi tipici del delitto di violazione di domicilio il requisito della proporzionalità si presume se taluno fa ricorso a un’arma legittimamente detenuta o ad altro strumento idoneo per difendere l’incolumità fisica propria o altrui ovvero i beni propri o altrui, qualora non vi sia desistenza volontaria e vi sia pericolo di aggressione.

Requisiti e limiti della legittima difesa

Sono requisiti della legittima difesa:

  • Attualità del pericolo: il comportamento difensivo deve essere posto in essere a fronte di un’aggressione attuale, cioè deve compiersi in un momento concomitante o coevo rispetto al momento in cui il soggetto colpito reagisce, ad un diritto proprio o altrui;
  • Ingiustizia del danno che la persona rischia di subire in conseguenza dell’aggressione;
  • Stato di necessità: deve sussistere la necessità da parte del soggetto aggredito di difendersi, trovandosi egli di fronte all’obbligata alternativa tra reagire all’aggressione ovvero subirla e patirne le conseguenze;
  • Proporzionalità: deve sussistere tra l’azione offensiva e quella difensiva, requisito da valutarsi confrontando i mezzi utilizzati con quelli concretamente disponibili all’aggredito al momento dell’aggressione nonché i beni giuridici coinvolti.

Esempi pratici e casi giurisprudenziali

Ipotesi concreta ricorre quando, ad esempio, un malintenzionato aggredisca una donna lungo una strada buia e isolata, con il fine di violentarla e derubarla del denaro che abbia eventualmente portato con sé.

La donna, al fine di sfuggire al pericolo dell’aggressione fisica che le si prospetta, recupera da terra un attrezzo in ferro battuto rinvenuto sul momento e lo sterra con forza sul volto dell’aggressore, facendogli perdere i sensi e provocandogli la frattura della mascella nonché di parte dell’arcata dentaria superiore.

In tal sussistono tutti i presupposti di applicabilità della scriminante della legittima difesa, ossia:

  • la necessità della donna di difendere il proprio diritto all’incolumità fisica di fronte al
  • pericolo attuale (rappresentato dall’aggressione da parte di un altro soggetto – il malintenzionato)
  • di un’offesa ingiusta (l’aggressione sessuale);
  • la difesa proporzionata all’offesa.

La donna aggredita, quindi, non risponderà del reato di lesioni gravissime commesso nei confronti dell’aggressore.

Stato di necessità

Articolo 54 del Codice Penale

L’articolo 54 del codice penale introduce la disciplina della scriminante dello stato di necessità, prevedendo che non può essere punito il soggetto che abbia commesso il fatto mosso dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo di un danno grave e attuale alla persona, qualora il pericolo non sia stato da lui volontariamente causato e non evitabile altrimenti, purché il fatto sia cagionato al pericolo.

Elementi strutturali della scriminante in questione sono, quindi:

  • la sussistenza di un pericolo attuale di un danno grave alla persona, nei medesimi termini già esaminati per la legittima difesa;
  • la non volontarietà da parte del soggetto agente del pericolo causato.

Differenza tra stato di necessità e legittima difesa

Notevoli differenze sussistono tra la causa di giustificazione della legittima difesa e quella dello stato di necessità.

Per quanto attiene alla prima, infatti, la reazione difensiva è attuata nei confronti di un soggetto che minaccia di arrecare pregiudizio a un diritto proprio o altrui.

Al contrario, si configura lo stato di necessità allorché il soggetto tenta di sottrarsi al pericolo di un danno grave alla persona e la condotta difensiva, anziché essere rivolta contro l’aggressore, è diretta contro un terzo che non ha provocato la situazione di pericolo.

Ne consegue che occorre che si proceda ad un accertamento molto più rigoroso dei limiti di applicabilità della causa di giustificazione dello stato di necessità - identificati nella necessità, nell’inevitabilità e nella proporzionalità.

Inoltre, nell’ipotesi commessa in stato di necessità è previsto l’obbligo in capo al soggetto agente di procedere ad un equo indennizzo in conseguenza della condotta tenuta.

Da un punto di vista strutturale, inoltre, la scriminante dello stato di necessità presuppone la sussistenza di un pericolo di danno grave alla persona, che non sia stato, però, volontariamente causato.

Applicazioni pratiche

Esempio concreto di applicazione della scriminante dello stato di necessità consiste nella situazione in cui un soggetto occupi un immobile, trasformandolo nella residenza abituale, allorquando l’occupazione del bene altrui sia avvenuta con il fine di evitare un pericolo attuale e transitorio, non anche per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere, in via definitiva, la propria esigenza abitativa.

Ulteriore caso ricorre allorquando alcuni agenti delle forze pubbliche, dopo aver catturato e arrestato alcuni malviventi, li sottopongono a gravi violenze morali e fisiche al fine di ottenere informazioni ritenute necessarie per salvare il Paese dal pericolo grave e attuale dell’eversione (cfr. in proposito sentenza Tribunale di Padova del 15 luglio 1984).

Uso legittimo delle armi

Articolo 53 del Codice Penale

L’articolo 53 del codice penale disciplina la scriminante dell’uso legittimo delle armi, disponendo sul punto l’esclusione della punibilità del soggetto che riveste la carica di pubblico ufficiale, il quale che nell’esercizio di un dovere legato al proprio ufficio fa uso o ordina ad altri di far uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica se sia costretto dalla necessità di:

  • respingere una violenza;
  • vincere un comportamento di resistenza all’Autorità;
  • impedire la consumazione di delitti di particolare gravità (strage, naufragio, sovversione, disastro aviatorio o ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata, sequestro di persona).

Ciò, tuttavia, in via residuale allorché difettino i presupposti applicativi della legittima difesa o dell’adempimento del dovere.

Ambito di applicazione e limiti

In proposito, preme evidenziare come della scriminante in analisi possa avvalersi solo ed esclusivamente il Pubblico Ufficiale o qualsiasi altro soggetto, che, richiesto da questi, gli presti assistenza.

Inoltre, il soggetto deve perseguire il fine di adempiere ad un dovere del proprio ufficio.

Si richiede, altresì, che tra i mezzi idonei a sua disposizione faccia uso di quello meno lesivo, salvo incorrere nell’ipotesi dell’eccesso di causa di giustificazione.

La violenza attuata deve estrinsecarsi in un comportamento attivo volto a ostacolare all’atto d’ufficio e, secondo un’impostazione interpretativa, potrebbe includere anche la coazione psichica.

Di contro, anche la resistenza prestata deve assumere carattere attivo.

Esempi concreti

Caso concreto esaminato dalla giurisprudenza è costituito dall’ipotesi in cui un commando di terroristi lanci delle molotov in direzione di alcuni ingressi del Ministero della Giustizia in segno di protesta avverso una sentenza ritenuta ingiusta emessa nei confronti di uno degli appartenenti al gruppo.

Compiuto l’atto criminoso i terroristi si dileguano e le forze dell’ordine in servizio li inseguono e, uno di essi, avvicinandosi ad uno dei fuggitivi, gli esploda contro un colpo di arma da fuoco in conseguenza del quale si verifichi la morte del terrorista.

In tal caso, tuttavia, si considera la fuga in termini di resistenza passiva inidonea a configurare il rapporto di proporzionalità tra l’uso dell’arma e il carattere non violento della resistenza opposta.

Ne consegue che la scriminante non è stata ritenuta applicabile al caso in concreto esaminato.

Consenso dell’avente diritto

Articolo 50 del Codice Penale

L’articolo 50 del codice penale codifica la scriminante del consenso dell’avente diritto, istituto in virtù del quale l’ordinamento giuridico esclude la punibilità del soggetto che leda o ponga in pericolo un diritto con il consenso della persona che possa validamente disporne.

Dal testo della disposizione normativa è dato evincersi, come si vedrà nel prosieguo, che deve trattarsi di un diritto disponibile, ossia di un diritto del quale il soggetto possa disporre.

Restano esclusi dal campo di applicazione della scriminante in questione i diritti indisponibili.

Condizioni per la validità del consenso

Perché possa esplicare efficacia scriminante è necessario che il consenso presenti alcune caratteristiche.

In particolare, è necessario che:

  • il consenso sia libero o spontaneo, ossia non deve essere prestato in conseguenza di violenza, errore o dolo;
  • può essere anche tacito, ossia desunto dal comportamento oggettivamente univoco tenuto dall’avente diritto, purché resti sempre attuale, ossia sussistente al momento della commissione del fatto;
  • deve essere prestato dal titolare del bene giuridicamente protetto dalla disposizione incriminatrice ovvero dal legale rappresentante o dal rappresentante volontario, salvo che la rappresentanza sia incompatibile con la natura del diritto o dell’atto da consentire;
  • il soggetto legittimato a prestare il consenso deve essere in possesso della capacità di agire, ossia con la capacità di intendere e di volere, da accertarsi caso per caso.

Settori di applicazione (sanità, sport, ecc.)

Ambiti di elezione dell’applicazione della scriminante del consenso dell’avente diritto sono rappresentati da quello della sanità e quello dell’esercizio della pratica sportiva.

Quanto al primo, si pensi all’intervento chirurgico, magari volto all’asportazione di un organo malato.

L’attività del medico se non esercitata nell’esercizio della propria professione e se non diretta alla cura del paziente e in assenza del consenso di quest’ultimo potrebbe configurare il reato di lesioni gravissime. Tuttavia, il consenso validamente prestato è volto, in questo contesto, in ogni caso a scriminare l’attività del medico.

Allo stesso modo si può ritenere scriminato il comportamento che, nel contesto sportivo, sia tale da arrecare lesioni anche gravi. Si faccia il caso degli incontri di pugilato, in cui l’uso della violenza è ammesso dalle regole dello sport praticato e può implicare che si cagionino all’avversario danni fisici anche importanti.

Altre cause di giustificazione previste dalla legge

Cause atipiche e specifiche disposizioni di settore

Le cause di giustificazione speciali sono quelle destinate ad essere applicate, contrariamente a quanto accade per quelle comuni, solo ed esclusivamente in riferimento ad una o più fattispecie di reato.

Tra le cause di giustificazioni speciali deve rammentarsi, innanzitutto, quella di cui all’articolo 393 del codice penale, che dispone che le fattispecie 336, 337, 338, 339, ((339-bis,)) 341-bis, 342 e 343 non si configurano qualora il fatto di reato sia stato commesso in ragione del superamento da parte del pubblico ufficiale dei limiti imposti per le sue attribuzioni.

In dettaglio, i casi contemplati dalla disposizione sono due differenti: quello attinente alla reazione materiale al comportamento del pubblico ufficiale, in relazione al quale si ritiene che debba sussistere un rapporto di consequenzialità, proporzionalità ed attualità con la reazione del privato; quello relativo alla, invece, alla reazione verbale al comportamento del pubblico ufficiale, in qualche modo assimilabile o, comunque, affine all’ipotesi della provocazione, essendo parimenti fondato sugli elementi costitutivi del fatto ingiusto altrui, dello stato d’ira nonché del nesso causale tra le reciproche offese.

Tra le ipotesi di settore, come si è già visto, spiccano, in particolare, quella della scriminante sportiva e quella della scriminante medica.

Nel primo caso, viene in rilievo, in particolare, l’ipotesi in cui nel corso dell’esecuzione degli interventi medici necessari i medici curanti provochino lesioni.

Nel secondo, invece, viene in rilievo l’effetto scriminante relativo alle lesioni che gli atleti si cagionino nel corso delle gare sportive. Fulcro della valutazione è sul punto il concetto di rischio consentito.

Norme extrapenali rilevanti

Una stretta connessione con le scriminanti dettate dal codice penale sussiste con l’articolo 2044 del codice civile, che disciplina l’ipotesi della legittima difesa nel settore civilistico, sancendo l’esclusione della responsabilità di colui che cagioni il danno ingiusto per legittima difesa di sé o di terze persone.

Dal raffronto tra le due disposizioni civilistica e penalistica, l’articolo 2044 del codice civile e l’articolo 52 del codice penale, è agevole constatare come vi sia una sostanziale affinità.

La disposizione civilistica trova, peraltro, ambito di applicazione elettivo quello del danno aquiliano disciplinato dall’articolo 2043 del codice civile.

Ulteriore disposizione rilevante nel codice civile è l’articolo 2045, che regolamenta lo stato di necessità, applicabile, tuttavia, esclusivamente nelle ipotesi in cui il danno sia cagionato a difesa di un diritto relativo alla persona.

Ancora, si opina nel senso che abbia effetto scriminante l’esercizio, entro i limiti consentiti dalla legge, dei diritti di critica e di cronaca.

Effetti delle cause di giustificazione sull’illecito penale

Conseguenze sull’azione penale

Il riconoscimento della sussistenza delle cause di giustificazione sortisce effetti diretti nei confronti dell’azione penale, tanto in una fase precedente quanto in corso di giudizio.

Infatti, si deve considerare che se il Pubblico Ministero accerti la sussistenza di una scriminante prima dell’esercizio dell’azione penale e, quindi, sostanzialmente durante la fase delle indagini preliminari deve procedere a formulare richiesta di archiviazione, evitando così di instaurare il giudizio penale.

Diverso il caso in cui la sussistenza di una causa di giustificazione venga accertata in un momento successivo all’esercizio dell’azione penale e, quindi, in corso del giudizio penale instaurato. In tal caso, all’esito dell’istruttoria svolta e in esito al giudizio il Giudice procedente dovrà procedere ad emettere sentenza di assoluzione nei confronti dell’imputato con formula piena.

In particolare, la formula assolutoria cui farà ricorso l’organo giudicante sarà “perché il fatto non costituisce reato”, dal momento che difetta nel caso specifico, in considerazione della sussistenza di una scriminante, l’elemento costitutivo dell’antigiuridicità.

Estensione agli eventuali concorrenti nel reato

Questione controversa ha riguardato la problematica della possibilità di estendere la causa di giustificazione agli eventuali concorrenti nel reato, così finendo per esonerare da responsabilità penale anche questi ultimi.

In proposito, si deve evocare il disposto normativo dell’articolo 59 del codice penale in combinato disposto con l’articolo 119 del codice penale.

In specie, occorre sottolineare come si ritenga generalmente che le cause di giustificazione soggettive, che escludono la pena solo per taluni soggetti che rivestano determinate qualità sono applicabili solo nei confronti di essi.

Al contrario, si deve opinare nel senso che le circostanze di esclusione della pena che abbiano connotazione oggettiva devono ritenersi estensibili nei riguardi di tutti i soggetti che sono intervenuti nella commissione del reato.

Le cause di giustificazione sono riconducibili alle cause di esclusione della punibilità oggettiva, con la conseguenza che devono considerarsi estensibili agli eventuali concorrenti nel reato.

Discussioni dottrinali e casi controversi

Le principali opinioni della dottrina

Le principali discussioni sorte in dottrina hanno riguardato in passato la possibilità di ritenere applicabili al soggetto che abbia commesso il reato ritenendo erroneamente di averlo fatto sussistendo gli elementi tipici di una causa di giustificazione.

La diatriba ha visto fronteggiarsi per lungo tempo impostazioni diametralmente opposte, fino al momento in cui si è giunti alla codificazione della disciplina in materia di scriminanti putative.

In proposito, si prevede esplicitamente attualmente che le circostanze volte ad escludere la pena sono annoverate tra quelle che devono essere valutate in senso favorevole all’agente e ciò anche nella denegata e non creduta ipotesi in cui lui non le abbia conosciute o le abbia ritenute per effetto di errore di valutazione ritenute non esistenti.

D’altra parte, si è giunti a concludere che ogniqualvolta sussistano circostanze che a qualsiasi titolo escludano concretamente l’applicazione della pena al reo esse devono essere in ogni caso valutate a favore di questi, in quanto considerate norme di favore. Si fa salvo il caso in cui l’errore sia stato determinato da colpa (ossia da negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline), caso nel quale il fatto resta punibile se sia previsto dalla legge quale tipico di un delitto previsto dalla legge come colposo.

Analisi di casi pratici e sentenze emblematiche

In giurisprudenza, si è giunti concretamente a statuire in materia dell’efficacia scriminante, ad esempio, dell’esercizio del diritto di critica che esso richiede, oltre al rispetto delle normali regole di applicazione elaborate e secondo le quali è necessaria l’osservanza dei limiti della continenza, la verità del fatto nei suoi elementi essenziali oppure ritenuti tali per effetto di errore scusabile. Non assume, invece, nel caso specifico rilievo ai fini della sussistenza della causa di giustificazione la verità che sia solo supposta del fatto diffamatorio e non sottoposto alle opportune verifiche e ai necessari controlli.

Nell’eventualità in cui il fatto narrato si palesi oggettivamente falso la possibilità di applicare la scriminante dell’esercizio di un diritto nell’ottica della scriminante putativa presuppone che il giornalista che abbia opportunamente verificato la notizia presso la fonte originaria e che l’errore commesso in riferimento alla valutazione della verità del fatto non sia espressione di una colpa non scusabile.

FAQ su cause di giustificazione e responsabilità penale

Domande:

  1. Qual è la differenza tra legittima difesa e stato di necessità?
    Nella legittima difesa la reazione difensiva è rivolta contro l’aggressore a un diritto proprio o altrui, mentre lo stato di necessità si configura quando il soggetto tenta di sottrarsi al pericolo di un danno grave alla persona e la condotta lesiva difensiva è diretta contro un terzo.
    Inoltre, la scriminante dello stato di necessità presuppone un pericolo non volontariamente causato.
  2. Quando si applica il consenso dell’avente diritto?
    Il consenso dell’avente diritto si applica, ricorrendone le caratteristiche (libertà/spontaneità, anche tacito e prestato dal soggetto legittimato a prestarlo), in tutte le situazioni in cui il titolare di un diritto disponibile lo eserciti, acconsentendo a subire un comportamento illecito altrui, tale da cagionargli una lesione o una messa in pericolo.
    Restano, quindi, esclusi dall’ambito applicativo tutti i diritti non disponibili.
  3. Le cause di giustificazione eliminano sempre la responsabilità penale?
    Le cause di giustificazione elidono di norma l’elemento costitutivo del reato rappresentato dall’antigiuridicità, così rendendo lecito il comportamento corrispondente a quello previsto dalla fattispecie incriminatrice.
    Tuttavia, affinché ciò accada è necessario che il comportamento del reo si mantenga entro i limiti espressamente fissati dalla norma che disciplina la causa di giustificazione. In caso contrario, potrebbe applicarsi la disciplina dell’eccesso colposo.
  4. Cosa succede ai concorrenti nel reato se si applica una causa di giustificazione?
    Si ritiene che le cause di giustificazione o scriminanti abbiano natura di cause di esclusione dell’applicazione della pena oggettiva.
    In quanto tali, in applicazione del combinato disposto degli articoli 59 e 119 del codice penale si ritiene che esse siano passibili di estensione applicativa anche ai soggetti che abbiano eventualmente concorso nel caso concreto nella commissione del fatto di reato.
  5. Esistono cause di giustificazione non previste espressamente dal Codice Penale?
    Oltre che dal codice penale le cause di giustificazione sono talvolta contenute nella normativa penalistica di settore. Ci si è chiesti se si possano contemplare cause di giustificazione atipiche.
    Si è affermato l’orientamento che ha concluso nel senso che anche qualora se ne prevedano altre in via analogica esse sarebbero, comunque, in ogni caso riconducibili a quelle già normativamente previste.
Avvocato Chiara Biscella

Chiara Biscella

Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...