Elemento oggettivo del reato

Elemento oggettivo del reato: definizione, condotta, evento e nesso di causalità spiegati con esempi pratici e riferimenti giurisprudenziali.


1. Elemento Oggettivo del Reato: Definizione, Componenti ed Esempi

Nel diritto penale, l’elemento oggettivo del reato rappresenta una delle componenti fondamentali della struttura del reato, accanto all’elemento soggettivo. Esso si riferisce all’aspetto esterno e materiale del contegno dell’agente, ovvero all’insieme dei fatti e delle circostanze che determinano l’offesa a un bene giuridico tutelato dall’ordinamento. In altre parole, l’elemento oggettivo concerne il comportamento (c.d. “condotta criminosa”) del soggetto agente, l’evento che ne consegue e il nesso causale tra i due.

La corretta individuazione dell’elemento oggettivo è essenziale per accertare la sussistenza del reato e per distinguere tra condotte penalmente rilevanti e fatti che, pur potendo apparire moralmente censurabili, non integrano una fattispecie criminosa. Ad esempio, nel caso dell’omicidio, l’elemento oggettivo è costituito dall’uccisione di un essere umano, realizzata mediante una condotta attiva o omissiva, e accompagnata da un nesso di causalità tra l’azione e l’evento morte.

L’analisi dell’elemento oggettivo richiede quindi un’attenta considerazione della condotta, dell’evento lesivo e del rapporto causale, che verranno approfonditi nei paragrafi successivi anche con l’ausilio di esempi concreti e riferimenti giurisprudenziali.

Vediamo di seguito di cosa si tratta


2. Che cos'è l'Elemento Oggettivo del Reato?

Definizione chiara e sintetica

L’elemento oggettivo del reato rappresenta uno dei pilastri fondamentali della struttura dell’illecito penale e consiste nell’insieme dei presupposti esteriori che qualificano la condotta come penalmente rilevante. Esso si articola in tre componenti principali: la condotta (azione o omissione), l’evento e il nesso di causalità.

La condotta è il comportamento umano volontario, che può consistere in un'azione (come colpire qualcuno) o in un'omissione (non impedire un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire, ex art. 40, comma 2, c.p.). 

L’evento rappresenta la modificazione del mondo esterno causata dalla condotta, rilevante ai fini del diritto penale. 

Infine, il nesso di causalità (art. 40, comma 1, c.p.) collega la condotta all’evento: la condotta deve essere condizione necessaria dell’evento, secondo la formula della "condicio sine qua non".

Importanza nel diritto penale

L’importanza dell’elemento oggettivo nel diritto penale è cruciale: esso delimita l’ambito di operatività della norma incriminatrice e consente di attribuire all’agente la responsabilità per l’evento dannoso o pericoloso. Solo qualora sia accertata la sussistenza dell’elemento oggettivo – congiuntamente a quello soggettivo (dolo, colpa o preterintenzione) – è possibile configurare un reato.

Sul piano normativo, oltre agli artt. 40 e 41 c.p., che disciplinano rispettivamente la causalità e le concause, numerose disposizioni speciali modellano l’elemento oggettivo in funzione del bene giuridico tutelato. In giurisprudenza, la Cassazione ha reiteratamente affermato la necessità di un accertamento rigoroso del nesso causale nei reati commissivi (v. Cass., Sez. Un., sent. Franzese, n. 30328/2002), introducendo il criterio della “elevata credibilità logica” per la verifica del rapporto di causalità materiale.

In sintesi, l’elemento oggettivo costituisce la base fattuale e normativa del reato, senza la quale non può essere configurata la responsabilità penale, confermandosi così elemento cardine del sistema garantista del nostro ordinamento.


3. La Struttura dell'Elemento Oggettivo

Descrizione delle parti che lo compongono

L’elemento oggettivo del reato è una struttura complessa, articolata in più componenti, ciascuna delle quali è essenziale per la configurazione dell’illecito penale. La dottrina e la giurisprudenza individuano in modo condiviso i tre elementi strutturali fondamentali: la condotta, l’evento e il nesso di causalità. A questi si aggiungono ulteriori elementi accessori, come il soggetto attivo e l’oggetto materiale, che, seppur non sempre indispensabili, assumono rilievo in relazione alla tipologia del reato.

La condotta rappresenta il nucleo dell’elemento oggettivo ed è il comportamento umano volontario che dà origine al fatto tipico. Essa può concretarsi in un’azione (comportamento positivo) o in un’omissione (mancata attivazione quando sussiste un obbligo giuridico di agire). Ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p., anche l’omissione può essere fonte di responsabilità penale, purché vi sia una posizione di garanzia in capo al soggetto.

L’evento, quando richiesto dalla norma incriminatrice, costituisce la conseguenza naturalistica della condotta. Si pensi, ad esempio, all’evento morte nel delitto di omicidio (art. 575 c.p.). Tuttavia, vi sono anche reati di mera condotta, nei quali l’evento è assorbito dalla condotta stessa (es. il porto abusivo d’armi, art. 697 c.p.).

Il nesso di causalità, regolato dall’art. 40, comma 1, e dall’art. 41 c.p., è il collegamento che deve sussistere tra la condotta e l’evento. La condotta deve essere condizione necessaria dell’evento secondo il criterio della c.d. condicio sine qua non, integrato dalla verifica della rilevanza giuridica della causa.

Relazione tra soggetto attivo, condotta e oggetto materiale 

In ordine al soggetto attivo, ossia l’autore materiale del reato, esso deve essere capace di intendere e di volere al momento del fatto. In linea generale, ogni persona fisica può essere autore di reato, salvo che la norma richieda particolari qualità (i c.d. reati propri, come nel caso del pubblico ufficiale ex art. 314 c.p.).

L’oggetto materiale è la cosa o la persona su cui si esercita l’azione criminosa. Pur non essendo presente in tutti i reati, esso è particolarmente rilevante in quelli contro il patrimonio o la persona. La sua esistenza e qualificazione influiscono sulla tipicità del fatto e sull’eventuale configurabilità di circostanze aggravanti o attenuanti.

In conclusione, la struttura dell’elemento oggettivo si fonda su un’interazione dinamica tra il comportamento dell’agente, le conseguenze della sua azione e i soggetti o beni giuridici coinvolti. L’analisi rigorosa di ciascun elemento è imprescindibile per l’accertamento della responsabilità penale e per garantire il rispetto dei principi di legalità e offensività.


4. La Condotta: Azione o Omissione

Differenze tra azione ed omissione

La condotta è il primo elemento che compone la struttura oggettiva del reato e può manifestarsi in due forme principali: azione oppure omissione. Entrambe rappresentano comportamenti umani, ma si distinguono per la loro natura e per le modalità con cui incidono sull’evento lesivo.

L’azione è il comportamento attivo posto in essere da un soggetto, volto a produrre un determinato effetto. Si tratta dell’ipotesi più comune nei reati dolosi, ove l’agente compie volontariamente un gesto che provoca l’offesa a un bene giuridico. Ad esempio, il colpo inferto con un’arma, l’incendio doloso o la sottrazione di un bene mobile altrui (come nel furto) sono tutte azioni penalmente rilevanti.

L’omissione, invece, consiste nel non compiere un’azione dovuta. Affinché l’omissione sia penalmente rilevante, è necessario che il soggetto abbia un obbligo giuridico specifico di agire, fondato su una norma di legge, un contratto o una posizione di garanzia (come quella rivestita da un genitore, medico, o pubblico ufficiale). Un esempio classico è rappresentato dal reato omissivo proprio, come l’omissione di soccorso (art. 593 c.p.), dove chi assiste a una situazione di pericolo e non interviene per prestare aiuto, pur potendolo fare senza rischio, viola un preciso dovere imposto dalla legge.

Vi sono anche i reati omissivi impropri, in cui l’omissione è equiparata a un’azione nel causare un evento. Ad esempio, un genitore che, pur potendo intervenire, non impedisce la morte del figlio malato per mancanza di cure, può essere chiamato a rispondere per omicidio omissivo, in quanto titolare di una posizione di garanzia.

In sintesi, mentre l’azione implica un comportamento positivo, l’omissione si configura come un’inerzia giuridicamente rilevante. Entrambe, se idonee a produrre un evento penalmente rilevante e in presenza del nesso causale, possono costituire la condotta tipica di un reato.

Esempi pratici di entrambe le fattispecie

1 – Condotta attiva (azione): Caso di lesioni personali (art. 582 c.p.)

Un uomo, durante una lite, colpisce un altro con un pugno al volto, provocandogli la frattura del setto nasale.
In questo caso, la condotta attiva è rappresentata dal colpo fisico (azione volontaria), l’evento è la lesione subita dalla vittima, e il nesso causale è evidente: il pugno ha causato direttamente la lesione. La condotta è penalmente rilevante perché integra gli elementi del reato di lesioni personali, tipizzato dall’articolo 582 del codice penale.

Condotta omissiva (omissione): Caso di omissione di soccorso (art. 593 c.p.)

Un automobilista assiste a un incidente stradale in cui un motociclista cade rovinosamente a terra, riportando gravi ferite. Pur trovandosi nelle condizioni per prestare assistenza e allertare i soccorsi, l’automobilista si allontana senza intervenire.

Qui, la condotta omissiva consiste nel non aver prestato l’aiuto dovuto in base alla legge, pur essendo presente e in grado di agire senza pericolo. Non è necessario che l’omissione provochi un evento dannoso ulteriore: è sufficiente l’inerzia in presenza di un obbligo legale di agire. In questo caso, la condotta configura il reato di omissione di soccorso.

Questi due esempi evidenziano come sia possibile incorrere in responsabilità penale sia attraverso un comportamento attivo e dannoso, sia tramite una mancanza di azione quando si è giuridicamente tenuti a intervenire. Entrambe le forme di condotta sono ugualmente idonee a costituire l’elemento oggettivo del reato.


5. L'Evento nel Reato

Nozione di evento

Nel diritto penale, l’evento rappresenta una componente dell’elemento oggettivo del reato, intesa come la modificazione del mondo esterno causata dalla condotta dell’agente e rilevante per l’ordinamento giuridico. In altre parole, è la conseguenza del fatto umano che la norma penale prende in considerazione come elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice.

L’evento può consistere in un danno o in un pericolo per un bene giuridico tutelato e si distingue dall’esito naturalistico in senso stretto in quanto rileva non solo per la sua manifestazione materiale, ma anche per il significato giuridico che assume nel contesto normativo. Così, ad esempio, nel reato di omicidio (art. 575 c.p.), l’evento è la morte di un essere umano, mentre nel reato di lesioni personali (art. 582 c.p.) è l’offesa all’integrità fisica o psichica della persona.

Differenze tra reati di evento e reati di mera condotta

Sotto il profilo sistematico, la nozione di evento consente di distinguere i reati di evento dai reati di mera condotta.

Nei reati di evento, la produzione dell’evento lesivo è un elemento essenziale della fattispecie tipica. Tali reati richiedono, per la loro consumazione, che alla condotta segua un determinato effetto. Ne sono esempi paradigmatici l’omicidio, la lesione personale, la truffa (art. 640 c.p.) o il danneggiamento (art. 635 c.p.): la realizzazione dell’evento è ciò che perfeziona il reato.

Diversamente, nei reati di mera condotta la lesione del bene giuridico tutelato si considera realizzata già con la sola condotta, indipendentemente dalla produzione di un evento ulteriore. In tali ipotesi, la norma incriminatrice si limita a vietare una determinata azione o omissione. È il caso, ad esempio, del reato di evasione (art. 385 c.p.) o del possesso ingiustificato di grimaldelli (art. 707 c.p.), in cui la rilevanza penale discende dal solo fatto della condotta vietata.

La distinzione assume rilievo anche sul piano della prova e della configurazione del reato tentato: nei reati di evento, infatti, l’assenza dell’evento implica che il reato non sia consumato, ma solo tentato, purché ricorrano i presupposti di cui all’art. 56 c.p.

In sintesi, l’evento costituisce un parametro fondamentale per la qualificazione e la struttura del fatto di reato, incidendo direttamente sulla tipicità e sulla consumazione dello stesso.


6. Il Nesso di Causalità

Definizione

Il nesso di causalità rappresenta un elemento essenziale dell’elemento oggettivo del reato, poiché collega in modo logico e giuridico la condotta dell’agente all’evento lesivo verificatosi. In termini semplici, esso risponde alla domanda: l’evento si sarebbe verificato anche senza quella condotta? Se la risposta è negativa, la condotta può dirsi causalmente rilevante.

Nel diritto penale italiano, la disciplina del nesso causale è espressamente prevista all’art. 40, comma 1, c.p., secondo cui: "Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso da lui previsto come conseguenza della sua azione od omissione non si è verificato."

Teorie principali sul nesso causale

Nel corso del tempo, la dottrina e la giurisprudenza hanno sviluppato varie teorie per interpretare correttamente il rapporto di causalità. Le più rilevanti sono:

  1. Teoria della condicio sine qua non (causalità naturalistica): secondo questa teoria, un evento è causato da una condotta se, eliminando mentalmente quella condotta, l’evento non si sarebbe verificato. Si tratta del criterio base per stabilire il nesso causale, ma esso deve essere integrato da ulteriori criteri per evitare risultati irragionevoli;
  2. Teoria della causalità adeguata: afferma che, oltre alla condizione necessaria, la condotta deve essere normalmente idonea a provocare l’evento, secondo un giudizio ex ante. Serve quindi a escludere fattori imprevedibili o eccezionali;
  3. Teoria della causalità umana o imputazione oggettiva: in parte sviluppata dalla giurisprudenza, propone che non tutte le condizioni necessarie sono penalmente rilevanti, ma solo quelle che rientrano nel rischio tipico del comportamento vietato.

Applicazioni pratiche 

– Causalità diretta: Un soggetto spara a un altro e lo colpisce al torace. La vittima muore per emorragia interna. È evidente il nesso causale: l’evento morte è la conseguenza diretta della condotta dell’agente;

– Intervento di causa sopravvenuta: Una persona colpita lievemente durante una rissa muore in ospedale per un errore medico gravissimo. In casi simili, si valuta se l’errore sia una causa autonoma e imprevedibile (interruzione del nesso causale), o se invece si tratti di una conseguenza del rischio già attivato con la prima condotta.

Il giudice deve dunque valutare attentamente non solo il legame tra condotta ed evento, ma anche il contesto, i rischi attivati e la prevedibilità delle conseguenze.


7. L'Oggetto Materiale del Reato

Cosa si intende per oggetto materiale

L’oggetto materiale del reato è il soggetto fisico (persona o cosa) sul quale direttamente ricade l’azione delittuosa posta in essere dall’agente. Esso si distingue dall’oggetto giuridico del reato, che rappresenta invece il bene o l’interesse tutelato dalla norma penale. L’oggetto materiale è dunque l’entità concreta su cui si esercita la condotta, e attraverso la quale si produce l’offesa al bene giuridico protetto.

Si tratta di un elemento che non è sempre presente in ogni reato, ma che risulta essenziale nei reati in cui l’azione colpisce direttamente una persona o un bene tangibile. Perché un’entità possa qualificarsi come oggetto materiale, è necessario che essa sia identificabile in modo preciso e che sia suscettibile di subire una modificazione o un effetto causato dalla condotta dell’autore del reato.

Esempi concreti 

Esempi classici di oggetto materiale sono:

Nel reato di omicidio (art. 575 c.p.), l’oggetto materiale è il corpo della persona offesa, in quanto la condotta dell’agente (l’azione omicida) incide fisicamente sulla vittima:

  • Nel furto (art. 624 c.p.), è il bene mobile sottratto, come ad esempio un’automobile, un portafoglio, un’opera d’arte: è la cosa su cui l’agente esercita l’azione di impossessamento;
  • Nelle lesioni personali (art. 582 c.p.), l’oggetto materiale è sempre la persona fisica del soggetto passivo, che subisce un’offesa alla propria integrità fisica o psichica;
  • Nel danneggiamento (art. 635 c.p.), l’oggetto materiale è il bene altrui distrutto o deteriorato, come un edificio, un veicolo, un’apparecchiatura.

L’identificazione dell’oggetto materiale è spesso necessaria per accertare la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato e può rilevare anche ai fini della qualificazione giuridica del fatto, dell’individuazione del soggetto passivo, nonché per la determinazione del danno risarcibile.


8. Casi Pratici sull'Elemento Oggettivo del Reato

Analisi di casi giurisprudenziali

Nel diritto penale italiano, l’elemento oggettivo del reato — costituito da condotta, evento e nesso causale — richiede un’analisi accurata e approfondita, soprattutto nelle situazioni più complesse che spesso trovano riscontro nella giurisprudenza. Di seguito sono riportati due casi emblematici che ne illustrano l’applicazione pratica.

1. Sentenza Cassazione 10 luglio 2012, n. 27018

Nel caso relativo alle interferenze radiofoniche illegittime disciplinate dall’art. 635 c.p., la Corte di Cassazione ha ribadito che per accertare il nesso causale si deve ricorrere al cosiddetto giudizio controfattuale. Questo metodo consiste nell’eliminare mentalmente la condotta e valutare se l’evento si sarebbe comunque verificato. Se la risposta è negativa, significa che la condotta è stata una condicio sine qua non dell’evento e, quindi, causa necessaria.

Tale approccio consente di individuare con precisione il rapporto di causalità tra la condotta dell’agente e l’evento lesivo.

2. Sentenza Cassazione penale 6 agosto 2015, n. 34296 (Responsabilità medica)

Nel campo della responsabilità medica, la Suprema Corte ha affermato che, in assenza di un nesso causale chiaro tra condotta omissiva e evento mortale, non ha senso procedere con l’accertamento della colpa.
Il giudizio deve fondarsi su un livello di alta probabilità logica circa l’efficacia causale dell’omissione rispetto all’evento dannoso. Se tale soglia non viene superata, l’omissione non può essere considerata penalmente rilevante.
Questa decisione sottolinea la necessità di un rigoroso filtro causale prima di attribuire responsabilità penale in ambito omissivo.

3. Orientamento generale della giurisprudenza di legittimità

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30328 del 2002 e successivi pronunciamenti, hanno stabilito che il nesso causale, sia nei delitti commissivi che omissivi, deve essere accertato “in termini di elevata credibilità razionale” o tramite un criterio di alta probabilità logica.
Sono pertanto escluse valutazioni basate unicamente su mere probabilità statistiche o congetture, garantendo così un equilibrio tra rigore scientifico e principi di garanzia nell’accertamento della responsabilità penale.

Spiegazione pratica di come si valuta l'elemento oggettivo 

Nel concreto, l’accertamento dell’elemento oggettivo del reato segue un percorso metodico articolato, che garantisce un’analisi rigorosa e precisa:

  • Identificazione della condotta: occorre individuare con chiarezza la specifica azione o omissione, descrivendola dettagliatamente nei fatti e delimitandone i confini operativi;
  • Accertamento dell’evento: si verifica che l’evento previsto dalla norma incriminatrice (ad esempio morte, lesione, danno) sia effettivamente avvenuto.
  • Ricostruzione del nesso di causalità, che comprende:
  1. Il giudizio controfattuale, cioè l’ipotesi mentale di rimuovere la condotta per valutare se l’evento si sarebbe comunque verificato; se la risposta è affermativa, il nesso causale non sussiste, altrimenti può essere riconosciuto;
  2. La verifica della rilevanza giuridica della causa, ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p., che richiede che la condotta sia condizione necessaria dell’evento e non una mera concausa irrilevante;
  3. Nel caso dei reati omissivi impropri, come indicato dalle Sezioni Unite, si applica un giudizio doppio ipotetico, simulando sia la condotta omessa sia il suo effetto impeditivo sull’evento dannoso;
  4. Grado probatorio richiesto: l’accertamento deve fondarsi su elementi concreti, empirici o logici, tali da escludere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la presenza di eventuali concause concorrenti o alternative;
  5. Decisione concreta: solo qualora il giudice ritenga il nesso causale sufficientemente plausibile e fondato nel contesto fattuale, si potrà affermare la presenza dell’elemento oggettivo e quindi la consumazione del reato; in caso contrario, potrà configurarsi soltanto un tentativo o l’insussistenza del reato.

In definitiva, L’elemento oggettivo non si limita alla semplice constatazione della condotta o dell’evento, ma richiede un giudizio complesso e interdisciplinare, volto a garantire che il nesso causale sia effettivamente esistente e giuridicamente rilevante. Solo attraverso questo rigoroso accertamento si realizza la responsabilità penale in modo coerente con i principi di legalità e tutela garantistica propri dell’ordinamento.


FAQ sull'Elemento Oggettivo del Reato

  • Che differenza c'è tra elemento oggettivo ed elemento soggettivo del reato? L’elemento oggettivo riguarda la condotta, l’evento e il nesso causale, cioè la parte materiale del reato. L’elemento soggettivo si riferisce all’intenzione o alla colpa dell’agente, ossia allo stato mentale con cui si compie la condotta illecita. Entrambi sono essenziali per configurare la responsabilità penale;
  • Quando manca l'elemento oggettivo, cosa succede? Se manca l’elemento oggettivo, cioè la condotta o il nesso causale con l’evento, il reato non si configura. L’assenza di questo requisito determina l’insussistenza del fatto penalmente rilevante e quindi l’esclusione della responsabilità penale;
  • Come si prova il nesso di causalità in un processo penale? Il nesso causale si prova attraverso il giudizio controfattuale, valutando se l’evento si sarebbe verificato senza la condotta dell’imputato. Serve dimostrare che la condotta sia stata condizione necessaria e giuridicamente rilevante per l’evento, basandosi su elementi concreti e un’alta probabilità logica;
  • Cos'è un reato di mera condotta rispetto a un reato di evento? Un reato di mera condotta si configura con la semplice realizzazione di un comportamento vietato dalla legge, senza necessità che si verifichi un evento dannoso. Nel reato di evento, invece, è necessario che la condotta provochi un evento specifico previsto dalla norma, come la lesione o la morte;
  • Quali sono gli esempi più frequenti di omissione nel diritto penale? Gli esempi più comuni di omissione includono l’omissione di soccorso (art. 593 c.p.), la mancata denuncia di reato (art. 331 c.p.), e la responsabilità medica per omissione di cure. Si tratta di situazioni in cui la legge impone un dovere di intervento che, se non rispettato, può configurare un reato omissivo.

 

 

Avvocato Marco Mosca

Marco Mosca

Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...