Cosa succede quando un adolescente infrange la legge
Scopri cosa succede quando un adolescente infrange la legge e quali sono le conseguenze legali e familiari.
Il rapporto tra minori e giustizia è molto delicato e complesso, richiedendo un equilibrio tra la tutela dei diritti del minore e la necessità di responsabilizzarlo rispetto alle proprie azioni. I minorenni, pur non essendo adulti, sono comunque soggetti alla legge e possono essere ritenuti penalmente responsabili a partire dai 14 anni, se capaci di intendere e di volere.
L’irruzione del processo penale nella vita di un adolescente non può non segnarla; pertanto è necessario ricercare soluzioni in grado di evitare, di sospendere o di definire anticipatamente il processo al fine di ammortizzare l’impatto dell’esperienza giudiziaria sul minore nonché di attivare ogni risorsa esterna di sostegno e protezione così che il minore possa avere un percorso di positiva evoluzione della propria personalità.
È fondamentale che i giovani conoscano le conseguenze legali delle loro azioni: la mancanza di consapevolezza, infatti, può portare a comportamenti rischiosi e potenzialmente dannosi per sé e per gli altri. La giustizia minorile, tuttavia, ha un approccio diverso rispetto a quella ordinaria per gli adulti: l’obiettivo principale, oltre all’accertamento dei fatti e della responsabilità penale, non è punire, ma educare e rieducare, favorendo il reinserimento sociale.
Comprendere le regole e le possibili sanzioni è un passo essenziale per crescere in modo responsabile e consapevole. Informare i minori sui loro diritti e doveri giuridici contribuisce non solo alla prevenzione dei reati, ma anche alla costruzione di una società più giusta, sicura e civile.
Differenza tra reato commesso da un adulto e da un adolescente
Età della responsabilità penale in Italia
L’art. 97 del Codice penale dispone che il minore infraquattordicenne non è mai imputabile. L’art. 98 del c.p. invece indica che “è imputabile chi, al momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto 14 anni ma non ancora 18, se aveva la capacità di intendere e di volere”.
Negli anni si è ampiamente dibattuto sulla possibilità di abbassare l’età minima di imputabilità cioè l’età in cui un individuo è considerato responsabile dei propri reati. Questo è un tema molto complicato. C’è chi sostiene che abbassare la soglia possa fungere da deterrente per i minori in quanto consapevoli delle conseguenze alle quali andrebbero incontro; molti esperti invece, ritengono che i minori di 14 anni siano estremamente immaturi per comprendere consapevolmente le conseguenze delle proprie azioni. Pertanto, secondo quest’ultimi, l’abbassamento della soglia di imputabilità comporterebbe la conseguenza peggiore di una eccessiva criminalizzazione dei minori.
Ciò che è veramente importante è il percorso di rieducazione al quale il minore, autore di reati, deve sottoporsi e l’abbassamento della soglia potrebbe impedire questo percorso facendo diventare il sistema di giustizia minorile maggiormente punitivo invece che rieducativo.
Pertanto, la risposta a comportamenti deviati/devianti dei minori non è l’abbassamento dell’età di imputabilità e il processo penale -extrema ratio- ma un sistema educativo integrato (scuola – famiglia – agenzie educative) veramente efficace che sia in grado di analizzare in anticipo l’insorgere di comportamenti errati e agire in maniera preventiva.
Giudizio minorile vs ordinario
Il giudizio minorile e il giudizio ordinario sono due sistemi giudiziari distinti. Il giudizio minorile è svolto dal Tribunale per i minorenni che è competente per tutti i reati commessi da chi, al momento del fatto, era minorenne. Il processo minorile è caratterizzato da una maggiore flessibilità: le indagini e le udienze si svolgono in un clima meno formale, con la partecipazione di esperti come psicologi e assistenti sociali. L’obiettivo è comprendere la personalità del minore, il contesto familiare e sociale, e valutare soluzioni alternative alla detenzione, come la messa alla prova o l’affidamento ai servizi sociali.
Inoltre, nel procedimento penale minorile non è ammesso, diversamente da quello ordinario, l’esercizio dell’azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato.
Al contrario, nel giudizio ordinario – riservato ai soggetti adulti maggiorenni – prevale la dimensione giuridica e retributiva. Il processo è più rigido e mira principalmente a stabilire la colpevolezza e ad applicare una pena proporzionata.
Le fasi del procedimento penale minorile
Denuncia e indagini preliminari
Il procedimento penale minorile inizia, come quello ordinario, con una denuncia o querela presentata da una persona offesa, da un pubblico ufficiale o da privati cittadini. Una volta ricevuta, il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i Minorenni – primo organo che entra in contatto con il minorenne indiziato di reato, inizierà ad effettuare delle indagini preliminari al fine di raccogliere ogni elemento utile per stabilire se il minore ha effettivamente commesso il reato. In questa fase, è fondamentale verificare возраст del minore e la sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto. Le indagini coinvolgeranno anche l’ambiente familiare, scolastico e sociale, attraverso relazioni fornite dai servizi sociali e altre figure professionali incaricate. L’obiettivo non è solo quello di accertare i fatti, ma anche comprendere la personalità del minore e le circostanze che hanno portato al reato, in vista di eventuali misure alternative alla prosecuzione del processo.
Il ruolo del Tribunale per i Minorenni
La caratteristica principale degli organi giudiziari minorili è la presenza al loro interno di componenti privati, persone esperte di problematiche minorili, chiamate ad integrare con il loro apporto di specifica professionalità, quella principalmente giuridica dei magistrati di carriera.
Nell’ambito del procedimento penale minorile, oltre alla figura del pubblico ministero, troviamo quella del G.i.p. Giudice delle indagini preliminari, il cui intervento è eventuale e provvede sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa. È un giudice monocratico e può emettere la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e anche per non imputabilità del minore infraquattordicenne.
Il G.u.p. – Giudice dell’udienza preliminare, invece, è un organo collegiale (un magistrato e due giudici onorari).
Il Tribunale per i Minorenni è un organo giudiziario specializzato, composto da un numero di quattro soggetti di cui due magistrati di carriera e due componenti privati esperti in psicologia, pedagogia e assistenza sociale. Il suo ruolo è centrale nel procedimento penale minorile, poiché valuta non solo la responsabilità penale del giovane, ma anche la sua condizione personale e familiare.
Tutto il percorso è pensato per offrire al minore l’opportunità di assumersi le proprie responsabilità e, al tempo stesso, intraprendere un cammino di recupero e reinserimento. L’obiettivo non è punire, ma correggere il comportamento deviante attraverso l’educazione e il sostegno.
Misure cautelari possibili
Nel procedimento penale minorile, le misure cautelari previste, ad esclusione della custodia in carcere, sono esclusive cioè manca una misura corrispondente per gli adulti e le cautele previste per i minorenni non possono essere affiancate o sostituite con altre.
Le misure cautelari sono adottate solo quando strettamente necessarie e sempre nel rispetto del principio della minima offensività.
Possiamo distinguere tra misure a carattere obbligatorio come prescrizioni, permanenze in casa, collocamento in comunità, l’affidamento ai servizi sociali o familiari e misure coercitive in senso tecnico come la custodia in carcere. Con la prima tipologia di misure si prescrive il contenuto della singola attività consistente in un obbligo di collaborazione con il destinatario realizzato attraverso attività di studio o di lavoro o altre attività utili per la sua educazione.
Le prescrizioni rappresentano la tipologia di misura meno afflittiva essendo una imposizione di alcune regole di condotta con contemporaneo affidamento del minore al controllo e all’assistenza dei servizi minorili.
Invece la permanenza in casa appartiene al “genus degli arresti domiciliari” rappresentando una limitazione della libertà di movimento del soggetto. Vengono attribuiti compiti di vigilanza al genitore o alle persone nella cui abitazione è disposta la permanenza.
La misura del collocamento in comunità rappresenta una misura cautelare di livello intermedio tra la permanenza in casa e la custodia in carcere. Un ruolo fondamentale viene svolto dal responsabile della comunità che ha un obbligo di collaborare con i servizi.
La più grave delle misure è la custodia cautelare per la quale l’art. 23 DPR 448/1988 indica particolari disposizioni in tema di esigenze cautelari necessarie per adottare la custodia in carcere.
Le misure cautelari mirano a tutelare sia il minore che la collettività, offrendo nel contempo un’occasione di rieducazione.
Arresto e fermo: come funziona per i minori
Quando un minore può essere arrestato
Secondo l’art. 16 del DPR 448/1988 gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere all’arresto del minorenne colto in flagranza per i delitti non colposi per i quali è stabilita la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni nonché per un elenco di delitti individuati attraverso un richiamo normativo secondo cui si tratterebbe di ipotesi tentate di delitti il cui massimo edittale, in caso di consumazione, è superiore ai nove anni – come ad esempio rapina, estorsione, violenza sessuale, delitti in materia di armi da guerra e stupefacenti).
In merito allo stato di flagranza questo si individua nell’atto della commissione del reato (Flagranza in senso stretto) oppure nel caso in cui il presunto autore del reato venga inseguito subito dopo il fatto o venga sorpreso con cose o tracce dalle quali si possa evincere l’avvenuta commissione del reato immediatamente prima (quasi Flagranza).
Rispetto agli adulti, l’arresto dei minori è molto più limitato e deve sempre tenere conto della giovane età, della personalità del minorenne privilegiando misure alternative e meno restrittive.
Diritti del minore in stato di fermo
Quando un minore viene fermato o arrestato, ha diritto a una serie di garanzie fondamentali, così come previsto dall’art. 18 del DPR 448/1988.
Ed invero, il primo adempimento che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria devono compiere è quello di dare immediata notizia al pubblico ministero e all’esercente la responsabilità genitoriale, o eventuale affidatario, nonché ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia.
Il minore deve essere informato in modo chiaro e comprensibile del motivo del fermo o dell’arresto e dei suoi diritti, tra cui il diritto di nominare un difensore di fiducia o in mancanza gli sarà nominato un difensore d’ufficio.
Il minore deve essere trattato con rispetto e dignità, in un ambiente adeguato alla sua età e condizione psicologica sicché è vietato l’uso di mezzi di coercizione (manette e ceppi, strumenti che hanno il compito di bloccare le mani del soggetto) salvo gravi motivi che giustificano una deroga a tale divieto; inoltre, deve esserci la separazione tra minorenni ed adulti che si trovino nei medesimi uffici di Polizia giudiziaria in stato di fermo o arresto.
Le pene previste per i minori
Sanzioni penali ed educative
Anche nel procedimento penale minorile esistono – in caso di condanna – misure alternative alla detenzione. Sono misure che possono essere applicate in una fase successiva, cioè in fase di esecuzione della pena, dopo che il giudice ha già emesso una sentenza di condanna.
Queste misure, denominate “misure penali di comunità”, offrono diverse possibilità -alternative alla detenzione in istituto- al soggetto destinatario di una condanna a pena detentiva.
Le misure alternative alla detenzione devono altresì prevedere un intervento educativo che deve, in base ai casi, anche coinvolgere il nucleo familiare del minore.
L’obiettivo è favorire la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psicofisico del minore fornendo altresì strumenti per prepararlo alla vita libera e al reinserimento sociale.
Le misure alternative sono:
- L’affidamento in prova al servizio sociale;
- Affidamento in prova in casi particolari (DPR 309/90);
- Affidamento in prova con detenzione domiciliare;
- Detenzione domiciliare;
- Semilibertà;
La decisione sul tipo di misura spetta, come per gli adulti, al Tribunale di Sorveglianza per i minorenni.
Il ruolo della famiglia nel percorso giudiziario
Responsabilità genitoriale
La famiglia ha un ruolo fondamentale nella crescita e nell’educazione del minore, soprattutto quando si verificano comportamenti devianti.
La responsabilità genitoriale implica non solo il dovere di provvedere ai bisogni materiali del figlio, ma anche quello di educarlo al rispetto delle regole, alla convivenza civile e alla legalità.
Nei procedimenti penali minorili, la responsabilità genitoriale può essere modificata o addirittura sospesa/decaduta, sempre nell’interesse superiore del minore. L’obiettivo è garantire che il minore sia protetto e che i suoi diritti siano rispettati.
In alcuni casi, i genitori possono essere chiamati a rispondere civilmente dei danni causati dal figlio, se dimostrata una carenza nella vigilanza o nell’educazione. Una genitorialità attenta e consapevole è uno dei fattori più efficaci nella prevenzione della devianza minorile e nella costruzione di un percorso di crescita sano e responsabile.
Sostegno e vigilanza del minore
I genitori hanno il compito di sostenere e vigilare sul minore, sia dal punto di vista educativo che economico.
Il sostegno affettivo ed educativo da parte della famiglia è determinante nei momenti critici del percorso di un minore, specialmente quando è coinvolto in un procedimento penale.
I genitori devono garantire una vigilanza attiva, aiutando il ragazzo a riflettere sulle proprie azioni e accompagnandolo in un percorso di cambiamento.
La collaborazione dei genitori con le autorità giudiziarie e con i servizi sociali è fondamentale per costruire un intervento efficace e mirato. Oltre alla sorveglianza, è importante offrire ascolto, stabilità e riferimenti chiari, affinché il minore si senta sostenuto ma anche responsabilizzato. Il coinvolgimento positivo della famiglia può fare la differenza tra una recidiva e un reale recupero, diventando un pilastro nella rieducazione e nel reinserimento sociale del giovane.
In situazioni di particolare disagio familiare, il giudice può disporre l’affidamento del minore ai servizi sociali, che svolgono attività di sostegno e vigilanza.
Interventi educativi e rieducativi
Progetti di recupero
I progetti di recupero per i minori che hanno commesso reati sono strumenti fondamentali per favorire la loro rieducazione e reintegrazione nella società. Si tratta di percorsi personalizzati, costruiti in base alle caratteristiche del ragazzo, alla natura del reato e al contesto familiare e sociale. Questi progetti possono essere creati con diverse tipologie di approccio, come interventi individuali, familiari e di gruppo, finalizzati al reinserimento sociale e alla prevenzione del reato.
Possono includere attività scolastiche, formazione professionale, laboratori creativi, sport, volontariato o lavori di pubblica utilità. L’obiettivo è aiutare il minore a sviluppare competenze, rafforzare l’autostima e maturare un senso di responsabilità. I servizi sociali, insieme agli educatori e agli psicologi, accompagnano il giovane durante tutto il percorso, monitorando i progressi e offrendo supporto continuo. In molti casi, i progetti di recupero rappresentano un’alternativa efficace alla detenzione, permettendo al ragazzo di rielaborare l’esperienza del reato e costruire nuove prospettive di vita, lontane dalla devianza e più vicine alla legalità e alla cittadinanza attiva.
Mediazione penale minorile
La mediazione penale minorile è uno strumento innovativo e riparativo che punta a ristabilire un dialogo tra il minore autore del reato e la persona offesa. Non si tratta di un processo giudiziario, ma di un percorso volontario, guidato da un mediatore esperto e imparziale.
Il mediatore è infatti un terzo neutrale al quale le persone si rivolgono per risolvere un conflitto che le oppone; non è né un arbitro né un giudice in quanto non decide e non impone una decisione alle parti. Il mediatore ha il solo compito di riattivare la comunicazione interrotta tra le parti e favorire la ripresa delle relazioni al fine di meglio gestire la controversia che le vede coinvolte.
Durante gli incontri, entrambe le parti hanno la possibilità di esprimere i propri vissuti, chiarire i motivi del conflitto e, se possibile, raggiungere un’intesa che permetta al minore di riconoscere le conseguenze delle proprie azioni e l’opportunità di riparare il danno cagionato alla vittima, non solo in termini materiali, ma anche relazionali ed emotivi.
Alla vittima, invece, è data la possibilità di esprimere i propri sentimenti ed ottenere risposta sul danno patito.
La mediazione può portare alla definizione di impegni concreti da parte del minore, come scuse formali, restituzioni o attività riparative. È uno strumento utile sia per evitare la prosecuzione del processo sia per promuovere una giustizia più umana, fondata sul rispetto reciproco e sulla ricostruzione del legame sociale.
Detto percorso è volontario e prevede il consenso di tutte le parti.
Implicazioni psicologiche e sociali
Effetti sullo sviluppo del minore
L’esperienza di un procedimento penale può avere un impatto profondo sullo sviluppo del minore, sia in termini di ripercussioni psicologiche e sociali, sia in termini di conseguenze legali ed educative.
Sentirsi etichettati come “colpevoli” o “delinquenti”, dover affrontare le autorità giudiziarie, i servizi sociali e vivere eventuali misure restrittive possono generare ansia, senso di colpa, rabbia o sfiducia negli adulti.
Questi vissuti rischiano di compromettere l’autostima, la motivazione scolastica e la capacità di costruire relazioni sane. Inoltre, anche l’interruzione del percorso scolastico o lavorativo e l’allontanamento dalla famiglia possono ostacolare lo sviluppo emotivo e sociale del giovane, nonostante il processo penale minorile sia progettato per tutelare gli interessi del minore e tenendo conto della sua vulnerabilità e delle esigenze educative.
Sicché, se il procedimento viene gestito con attenzione educativa e supporto psicologico, può diventare un’occasione di crescita. Interventi mirati, come il sostegno psicologico, la terapia individuale o di gruppo, e la mediazione familiare, aiutano il minore a elaborare l’esperienza, a comprendere l’errore e a costruire un’identità più consapevole e responsabile, favorendo un percorso positivo di maturazione.
Stigma e reintegrazione
Uno degli ostacoli maggiori per i minori che hanno avuto problemi con la giustizia è lo stigma sociale. Essere etichettati come “delinquenti” come già anticipato, può influenzare negativamente l’autopercezione del ragazzo e compromettere le sue possibilità di reinserimento nella comunità. Lo stigma può provenire da coetanei, adulti, insegnanti o datori di lavoro, e rischia di rinforzare la marginalizzazione e la recidiva.
È vietata infatti la pubblicazione di notizie o immagini che permettano l’identificazione del minore coinvolto proprio per tutelare la sua privacy ed evitare la stigmatizzazione.
Per contrastare questo fenomeno è fondamentale promuovere una cultura dell’inclusione e della seconda possibilità. Le istituzioni, la scuola, le famiglie, le agenzie educative e il territorio devono collaborare per offrire ai minori esperienze positive, opportunità educative e lavorative, e percorsi di reintegrazione che valorizzino i cambiamenti compiuti.
È importante che la società non giudichi il giovane solo per l’errore commesso, ma riconosca anche il suo impegno nel ricostruire una vita nuova. Solo così si può spezzare il ciclo della devianza e favorire una reale crescita personale e civile.
Come prevenire comportamenti illeciti negli adolescenti
Educazione civica e dialogo
Prevenire i comportamenti devianti nei minori significa agire prima che si verifichino, promuovendo un’educazione basata su valori quali la legalità, responsabilità e consapevolezza. Fondamentali in questo processo sono l’educazione civica e il dialogo. Parlare apertamente con i ragazzi dei diritti, dei doveri, delle conseguenze delle proprie azioni e del rispetto delle regole contribuisce a formare cittadini consapevoli. Il dialogo in famiglia e a scuola deve essere costante, aperto e non giudicante, per permettere ai giovani di esprimersi, affrontare conflitti e imparare a gestire le emozioni e le difficoltà quotidiane. Prevenire è anche educare all’ascolto e alla comprensione dell’altro.
Il ruolo della scuola e dei servizi sociali
Accanto alla famiglia, la scuola e i servizi sociali svolgono un ruolo chiave. La scuola non è solo un luogo di istruzione, ma uno spazio di crescita e relazione, dove intercettare segnali di disagio e promuovere il rispetto reciproco. I servizi sociali collaborano con insegnanti e famiglie per offrire supporto psicologico, orientamento e interventi tempestivi in situazioni a rischio. Progetti educativi, sportivi e culturali nei territori possono offrire ai ragazzi alternative positive e inclusive, rafforzando il senso di appartenenza e riducendo il rischio di devianza. La prevenzione è un lavoro collettivo, che richiede attenzione, presenza e collaborazione tra tutte le figure adulte di riferimento.
Faq – Domande frequenti su cosa succede quando un adolescente infrange la legge
A che età un minore può essere punito penalmente?
In Italia, un minore è considerato penalmente responsabile a partire dai 14 anni, ma solo se è in grado di comprendere il significato e le conseguenze delle proprie azioni cioè quando è capace di intendere e di volere. Sotto questa soglia, il minore non è punibile e non può subire un processo penale.
I genitori sono responsabili per i reati dei figli?
I genitori non rispondono penalmente per i reati commessi dai propri figli minori, ma possono essere civilmente responsabili per i danni causati dagli stessi. Se viene accertata una mancanza di vigilanza o un’educazione inadeguata, i genitori potrebbero essere obbligati a risarcire economicamente la vittima del reato commesso dal minore.
Cosa succede se un adolescente ruba?
Se un adolescente ruba può essere sottoposto a un procedimento penale minorile. Il giudice valuta l’età, la gravità del fatto e la sua maturità. Spesso, al ricorrere di determinati presupposti, si preferiscono procedimenti speciali con una finalità maggiormente educativa, come la messa alla prova o attività riparative, piuttosto che una condanna vera e propria.
Esiste il carcere minorile?
Sì, in Italia esistono istituti penali per minorenni, destinati a ragazzi tra i 14 e i 25 anni. Tuttavia, la detenzione è considerata l’ultima risorsa. Il sistema preferisce misure alternative, come l’affidamento a comunità o programmi rieducativi, per favorire il recupero del giovane.
Si può cancellare il reato commesso da minore? Si può cancellare una condanna avuta da minorenne?
Tutti i provvedimenti giudiziari relativi a reati commessi dai minori, compresi i provvedimenti penali, le misure di sicurezza, la sospensione condizionale della pena o il perdono sono annotati sul certificato del casellario giudiziale.
Tutte le annotazioni del casellario riguardanti minorenni vengono però eliminate al compimento del diciottesimo anno di età. L’eccezione a questa regola è relativa al beneficio del perdono giudiziale che, invece, resta fino al ventunesimo anno di età.

Priscilla Ruzzi
Avvocato penalista - perfezionata in Scienze Penalistiche Integrate presso Università Federico II di Napoli. Difensore di ufficio presso la giurisdizione ordinaria, minorile e militare. Inizia ad esercitare la propria attività professi ...