Servitù Prediali: Cosa Sono e Come Si Applicano

Scopri tutto sulle servitù prediali: normativa, costituzione e applicazione pratica. Una guida chiara e completa.

Vuoi capire come funzionano le servitù prediali? Normativa e applicazione spiegate in modo pratico e aggiornato.

Servitù prediali: normativa e applicazione

Le servitù prediali sono diritti reali di godimento che consistono in un peso imposto su un fondo (detto fondo servente) per l'utilità di un altro fondo (detto fondo dominante), limitrofo o vicino, appartenente a un diverso proprietario (articolo 1027 del Codice Civile italiano). Più precisamente, tale diritto reale è inerente ai fondi, intesi quali beni immobili, con esclusione dei beni mobili e incorporali.

Alla base di tali diritti vi è il principio di cooperazione fondiaria in virtù del quale la servitù è volta a realizzare l’utilizzo del fondo servente per gli scopi del fondo dominante al fine di incrementare la produzione. In altre parole, quindi, tra i fondi e i relativi soggetti titolari degli stessi vi è, dal punto di vista giuridico, una situazione di vantaggio per il proprietario del fondo dominante e una situazione di svantaggio per il fondo servente. Tuttavia, non è ammissibile che lo stesso fondo rivesta in contemporanea, in ordine alla stessa utilità oggettiva, la qualità di dominante e servente; ciò non impedisce, però, la configurabilità delle c.d. servitù reciproche in forza delle quali due fondi sono reciprocamente gravati da identica o analoga servitù.

Cosa sono le servitù prediali

La servitù è una situazione reale di godimento su cosa altrui caratterizzata da un peso imposto su un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a un diverso proprietario. Il termine "prediale" deriva dal latino "praedium", che significa fondo o terreno, che sottolinea il legame inscindibile tra il diritto e la proprietà dei fondi coinvolti.

Ebbene, è necessario che tra i due fondi sussista una relazione di servizio: il fondo servente deve sopportare (pati), mantenendo un comportamento negativo di non fare (servitus in faciendo consistere nequit), una limitazione per accrescere l'utilità del fondo dominante. Questa utilità deve essere oggettiva e inerente al fondo stesso, non un mero vantaggio personale del proprietario. (Messineo, Biondi)

Le servitù prediali, inoltre, si distinguono dagli altri diritti reali: la differenza maggiore si rinviene proprio nella caratteristica di “predialità”, ossia nel rapporto che sussiste tra i due fondi di proprietari diversi caratterizzato dall’utilità che l’uno ottiene dall’altro. Nel caso del diritto reale di proprietà, questo si distingue dalla servitù, quale diritto limitato che grava sulla proprietà altrui, per il fatto che sia un diritto reale pieno ed esclusivo di godere e disporre della cosa. Allo stesso modo, anche i diritti reali di godimento (usufrutto, uso, abitazione, superficie, enfiteusi) attribuiscono un godimento più ampio e diretto del bene al titolare senza che vi sia necessariamente una relazione tra i due fondi distinti. Si pensi all’usufruttuario che si differenzia dalla servitù in quanto gode del bene per un certo periodo a prescindere dalla proprietà di un altro fondo.

Definizione legale

L’articolo 1027 del Codice civile cita testualmente “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”.

Il termine “prediale” deriva da praedium, che appunto significa “fondo”; infatti, tra i requisiti fondamentali ai fini della costituzione di tale istituto vi è la necessaria presenza di due fondi. Specificamente, l’istituto della servitù prediale è un diritto reale di godimento capo ad una persona, avente lo scopo di realizzare l'utilizzazione di un fondo - soprannominato servente - per il servizio di un altro fondo - detto dominante -, al fine di assicurare la realizzazione di un'utilità a vantaggio del fondo dominante a “discapito” del fondo servente. Dunque, il rapporto che si instaura tra i due fondi si traduce giuridicamente in una situazione di vantaggio per il proprietario del fondo dominante e di svantaggio per il proprietario del fondo servente.

È necessario sottolineare che la servitù è a vantaggio del fondo e non del proprietario, il quale riceve il vantaggio della servitù attraverso il proprio bene (cosiddetta predialità).

L’utilità per il fondo dominante a cui la norma fa riferimento, inoltre, consiste in un qualsiasi vantaggio, anche di carattere non economico, che consenta di utilizzare il fondo nel modo migliore possibile. Difatti, ai sensi dell’articolo 1028 c.c. essa può anche consistere nella maggiore comodità del fondo dominante (ad esempio, preservare la vista panoramica di un palazzo).

Elementi essenziali delle servitù

Le servitù prediali sono caratterizzate dalla tipicità, ovvero sono espressamente previste e regolate dalla legge. Pertanto, presentano delle caratteristiche essenziali che possono esemplificarsi come segue:

  • Vicinanza tra i fondi: i fondi devono essere contigui, cioè vicini tali da consentire al fondo dominante di ricevere l’utilità diretta dal fondo servente (e non necessariamente confinanti);
  • Predialità: la servitù è posta a vantaggio di un fondo, attraverso il quale il suo proprietario riceve a sua volta un’utilità;
  • Utilità: consiste in qualsivoglia vantaggio, anche di carattere non economico, che consenta di utilizzare il fondo nel modo migliore possibile.

Affianco a tali caratteristiche essenziali, ve ne sono altre rilevanti ai fini della costituzione di tale diritto reale:

  • appartenenza dei due fondi a proprietari diversi: per il principio nemini res sua servit, i proprietari devono essere diversi, intesi non necessariamente come persone distinte, ma a situazioni distinte;
  • indivisibilità: essendo una qualità del fondo, la serv Pottery si estende ad ogni parte del fondo ed è indivisibile da esso;
  • unilateralità: solo il fondo servente deve sopportare (pati) un “peso” a favore dell’altro, mantenendo un comportamento negativo di non fare; mentre, il fondo dominante acquista un’utilità a proprio favore in virtù di tale rapporto;
  • ambulatorietà attiva e passiva: le servitù si trasferiscono automaticamente e congiuntamente al trasferimento del fondo dominante cui accedono;
  • impossibilità di consistere in un facere: la servitù può consistere solo in un non facere o in un pati del proprietario del fondo servente, salvo che la legge o il titolo disponga altrimenti;
  • normale onerosità: la costituzione di una servitù prevede il versamento di un corrispettivo a favore del fondo servente.

Tipologie di servitù prediali

È possibile fare una distinzione tra le servitù in base al loro manifestarsi. Una prima distinzione riguarda le servitù attive e passive, a seconda che si considerino dal punto di vista del fondo dominante o servente. Ancora, le servitù possono essere volontarie e coattive, a seconda che si costituiscano per volontà dei singoli oppure per legge.

Si può distinguere tra servitù temporanee o perpetue, a seconda e con riferimento alla durata delle stesse. Le servitù apparenti - che si manifestano con opere visibili e permanenti (ad esempio la servitù di acquedotto) - e quelle non apparenti, per le quali non è richiesta la presenza di tali opere (ad esempio la servitù di pascolo) (art. 1061 c.c.).

Infine vi è la distinzione tra servitù positive, per il cui esercizio è richiesto un comportamento attivo del proprietario del fondo dominante con relativo sopportare del fondo servente, e quelle negative, le quali comportano soltanto un non facere a carico del proprietario del fondo servente. Le servitù positive possono ulteriormente scindersi in continue o discontinue: nel primo caso non è richiesto il fatto dell’uomo per il loro esercizio; nel secondo caso, è richiesta l’attività dell’uomo perché si verifichino (ad esempio la servitù di passaggio).

Servitù volontarie e coattive

Un’attenzione particolare è necessario porla sulla distinzione tra servitù volontarie e coattive. Come anticipato, queste si distinguono a seconda che si costituiscono per volontà dei singoli soggetti privati oppure per legge.

Le servitù volontarie possono avere ad oggetto una qualsiasi utilità e possono costituirsi attraverso contratto formale con effetti reali stipulato tra il proprietario del fondo dominante e del fondo servente; o attraverso testamento. Legittimati alla costituzione di tale diritto sono i soggetti titolari di una situazione soggettiva che comprende situazioni attive e passive che caratterizzano a loro volta il contenuto della servitù, ad esempio possono essere costituite sia dal proprietario sia dal nudo proprietario. Tuttavia, è necessario specificare che l’autonomia delle parti circa il contenuto contrattuale è pur sempre consentita solo nella misura in cui non si leda il contenuto essenziale del diritto di proprietà, nel cui caso potrebbe dichiararsi anche la nullità del contratto.

Le servitù coattive, viceversa, rinvengono il loro titolo nella legge. Esse, quindi, non sorgono automaticamente poiché occorre sempre un accordo sull’indennità dovuta (commisurata al sacrificio richiesto al fondo servente) e sulle modalità di esercizio tra i titolari delle situazioni soggettive interessate, o una sentenza costitutiva o un atto amministrativo (art. 1032 c.c.) che attribuiscono un diritto potestativo ad un proprietario. Le principali figure sono le servitù di acquedotto coattivo, il quale consiste nel diritto di far passare acque proprie attraverso fondi altrui, e le servitù di passaggio coattivo, la quale consiste nel diritto di passaggio sul fondo vicino per accedere alla via pubblica.

Servitù apparenti e non apparenti

Le servitù apparenti e non apparenti si distinguono per la necessaria presenza di un’opera sul praedium. Più nel dettaglio, le prime si caratterizzano per l'esistenza di opere visibili e permanenti destinate all'esercizio del diritto (servitù di acquedotto), viceversa nelle seconde manca un'opera visibile (servitù di pascolo). In altre parole, affinché si abbia una servitù apparente è necessario che l'esercizio sia reso visibile mediante opere, tanto artificiali (ad esempio la costruzione di un acquedotto) o anche naturali (un sentiero formato dal continuo calpestio) e che queste siano manifestamente e non equivocamente destinate alla servitù.

Inoltre, le servitù devono essere visibili dal fondo servente nel senso che si possa presumere la conoscenza da parte del proprietario del fondo servente e escludere che si tratti di un possesso clandestino. Altresì è necessario che esista una situazione di fatto che inequivocabilmente riveli l'onere a carico del fondo servente: è l'ipotesi di un canale di scarico che richieda periodiche operazioni di espurgo da parte del titolare del fondo servente.

Le servitù non apparenti, invece, possono esemplificarsi nella servitù di non edificare (servitus non aedificandi), oppure la servitù di non innalzare la costruzione al di sopra di un certo limite (servitus altius non tollendi).

Costituzione delle servitù prediali

I modi di costituzione delle servitù sono tipici e disposti dall’articolo 1031 del Codice civile. In particolar modo, modo di acquisto comuni a tutte le servitù sono:

  • il contratto tra proprietario del fondo dominante e del fondo servente (art. 1058 c.c.). Per essere valido è necessario che il contratto sia redatto in forma scritta e soggetto a trascrizione; deve trattarsi di contratto oneroso, con effetti reali e prevedendo prestazioni corrispettive. Anche l'enfiteuta e il superficiario possono costituire servitù a carico rispettivamente del fondo e della proprietà superficiaria; l'usufruttuario, invece, puo solo acquistare servitù a favore del fondo oggetto del suo diritto;
  • il testamento (art. 1058 c.c.): tramite tale strumento la costituzione della servitù avviene attraverso un legato trasferendo il diritto di servitù solo nell’ipotesi in cui quest'ultima è costituita tra fondi spettanti agli eredi, ovvero a un erede e un legatario o a due legatari. Presupposto in tale ipotesi di costituzione della servitù è che i fondi coinvolti siano destinati a persone diverse indicate nel testamento. Inoltre, ai sensi dell’articolo 2648 del Codice civile, ai fini della trascrizione, è prevista la trascrizione di un estratto originale del testamento con espresso riferimento alla servitù.

Per le sole servitù apparenti, invece, sono previsti ulteriori modi d'acquisto:

  • l’usucapione ordinaria o abbreviata (art. 1061 c.c.);
  • la destinazione del padre di famiglia (art. 1062); questo è un modo d'acquisto a titolo originario che ha natura di atto giuridico in senso stretto. In particolare, quest'ultima è un modo di acquisto peculiare delle servitù che si realizza in maniera automatica nel momento in cui si perfeziona la fattispecie prevista dall’articolo 1062 che è una fattispecie a formazione progressiva. In particolar modo, tale modo di acquisto ha luogo quando su due fondi attualmente divisi, ma originariamente appartenenti ad un unico titolare, sono state lasciate le cose in uno stato tale per cui se i due fondi fossero stati di due proprietari diversi risulterebbe una relazione di servizio corrispondente al contenuto di una servitù. In tal caso, i due fondi cessano di appartenere allo stesso proprietario. Se al momento della divisione non vi sono dichiarazioni relative alla servitù da parte dell’unico originario titolare, la servitù nasce automaticamente. In buona sostanza, una semplice servitù di fatto si trasforma in una situazione di diritto.

Atto di costituzione

Come anticipato e previsto dall’articolo 1058 del Codice civile, le servitù volontarie possono essere costituite per contratto o per testamento, con forma scritta a pena di nullità, e trascrizione nei pubblici registri immobiliari.

Più precisamente, l’atto fra vivi che consente di costituire la servitù è il contratto, a titolo oneroso o gratuito; mentre è escluso che la semplice promessa unilaterale di costituire possa valere come titolo costitutivo di tale diritto.

L’atto di costituzione di una servitù deve avere degli elementi essenziali: innanzitutto, deve contenere l’identificazione dei fondi, nel senso che deve essere chiaramente identificato il fondo dominante (che beneficia della servitù) e il fondo servente (che subisce il peso). Inoltre, bisogna che nell’atto si specifichi la tipologia di servitù, ovvero la sua natura, ad esempio servitù di passaggio, di acquedotto, di vista, ecc.; così come è necessaria l’indicazione dell’oggetto della servitù, cioè deve essere chiaramente definito l'ambito di esercizio della servitù, ad esempio la porzione del fondo servente su cui può passare, la distanza dell'acquedotto, la possibilità o meno di vista, ecc.

L’atto costitutivo deve anche indicare necessariamente la durata e la modalità di esercizio della servitù, ad esempio se la servitù ha una durata limitata, oppure se le modalità di esercizio sono particolari, queste devono essere indicate nell'atto.

Nell’atto può anche stabilirsi chi è responsabile per la manutenzione della servitù, ad esempio chi deve mantenere in buono stato un passaggio o un acquedotto, secondo quanto previsto da alcuni documenti.

Altrettanto necessaria è la specificazione di un eventuale corrispettivo nell’ipotesi in cui si tratti di una la servitù a titolo oneroso (cioè prevede un pagamento): in questo caso deve essere specificato l'importo e le modalità di pagamento. L'atto, poi, che presenti i requisiti citati deve essere autenticato da un notaio.

Costituzione per usucapione

L’articolo 1031 del Codice civile dispone che la costituzione di una servitù apparente possa avvenire anche attraverso usucapione, la quale consiste in una modalità di acquisto di un diritto che si verifica attraverso il possesso continuo, pacifico, ininterrotto e manifesto. Più precisamente, due sono i presupposti necessari perché si verifichi l’usucapione:

  • Un possesso continuativo della servitù per venti anni, ossia significa che qualcuno deve comportarsi come se avesse il diritto di servitù su un immobile per almeno vent'anni. Se invece questa persona ha comprato in buona fede un diritto reale sull'immobile da qualcuno che non ne era il vero proprietario e c'è un documento che lo prova (regolarmente registrato), allora bastano dieci anni. Questo possesso deve riguardare un tipo di servitù che si manifesta con opere visibili.
  • La presenza di opere che si vedono e che sono stabili, create apposta per esercitare quella servitù. Infatti, la legge dice chiaramente che non si può usucapire una servitù se non ci sono opere visibili (servitù non apparenti). Ciò è confermato altresì dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 11834/2021, nella quale si afferma che “[...] per l'acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l'esistenza di una strada o di un percorso all'uopo idonei, essendo, viceversa, essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un "quid pluris" che dimostri la loro specifica destinazione all'esercizio della servitù.”

Diritti e obblighi dei proprietari

I proprietari dei fondi tra cui si instaura il rapporto di servitù sono titolari di diritti e obblighi che devono essere interpretati alla luce del principio del civiliter uti, cioè dell'obbligo di esercitare il proprio diritto e di adempiere ai propri doveri con diligenza e arrecando il minor danno possibile all'altra parte.

In particolar modo, l’articolo 1030 del Codice civile dispone che il proprietario del fondo servente ha l’obbligo di sopportare (pati) e di non fare (non facere), ovvero ha il dovere di tollerare l’esercizio del diritto permettendo al proprietario del predio dominante di accedere e utilizzare la parte del suo fondo gravata dalla servitù (nel caso di servitù di passaggio, appunto, di attraversare il luogo), senza apportare modifiche che ostacolino o rendano difficoltoso l’esercizio della servitù (ad esempio costruendo un muro che impedisca il passaggio).

Viceversa, il proprietario del fondo dominante ha il diritto di esercitare la servitù conformemente a quanto previsto nel titolo o suo possesso e soddisfare i propri bisogni gravando il meno possibile sul fondo servente (art. 1065 c.c.). Dettagliatamente, tale soggetto può: godere dell'utilità prevista dalla servitù (passare, attingere acqua, scaricare acque, ecc.) in modo pieno e libero; ha il diritto di accedere al fondo servente per esercitare la servitù e per eseguire le opere necessarie alla sua conservazione; può agire in giudizio al fine del riconoscimento dell’esistenza della servitù nel caso di contestazione della stessa, o per far cessare turbative o impedimenti.

Manutenzione e accesso

L’articolo 1069 c.c., rubricato “opere sul fondo servente” disciplina le ipotesi di manutenzione e accesso al fondo gravato dalla servitù. La regola codicistica generale dispone che sia il proprietario del fondo dominante ad essere tenuto alle spese necessarie per la manutenzione della servitù. Di conseguenza, solo nell’ipotesi in cui vi sia una diversa disposizione nel titolo costitutivo (redatta per iscritto e trascritta) della servitù o nella legge i costi dovuti per la manutenzione non saranno a carico del soggetto che beneficia della servitù e utilità relativa. Inoltre, nell’eseguire la manutenzione il proprietario del fondo dominante deve arrecare il “minore incomodo al proprietario del fondo servente”.

Tuttavia, il terzo comma del succitato articolo dispone che, qualora le opere di manutenzione giovino anche al fondo servente, le spese devono essere ripartite tra i due proprietari in proporzione ai rispettivi vantaggi.

Per quanto riguarda l’accesso, invece, l’art. 1069 dispone che il titolare della servitù ha diritto di accedere al fondo servente per esercitare la servitù stessa (ad esempio per compiere le opere necessarie per conservarla). Le modalità di accesso possono essere specificate nel titolo costitutivo della servitù, ma sempre in modo da non gravare la condizione del fondo servente.

Limitazioni e divieti

Il proprietario del fondo servente, per quanto sia tutelato nel non subire aggravamenti della condizione del suo predio, deve comunque astenersi da qualsiasi comportamento che possa pregiudicare o rendere meno agevole l'esercizio del diritto di servitù da parte del titolare del fondo dominante (art. 1067 c.c.). Difatti, egli non può compiere alcuna attività che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo per il proprietario del fondo dominante. Di conseguenza, gli è negata la possibilità di realizzare opere, piantare alberi o siepi, depositare materiali o installare dispositivi (come cancelli non funzionali all'esercizio della servitù) che ostacolino o rendano più difficoltoso il passaggio, la presa d'acqua, lo scarico o qualsiasi altra utilità prevista dalla servitù. Per di più, il proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio della servitù in un luogo diverso da quello originariamente stabilito, a meno che non vi sia il consenso del proprietario del fondo dominante o un provvedimento dell'autorità giudiziaria (art. 1068 c.c.).

Estinzione delle servitù prediali

Le servitù si estinguono per:

  • confusione (art. 1072 c.c.), cioè a seguito della riunione nella stessa persona della proprietà del fondo dominante e del fondo servente. La motivazione trova la sua base nel principio romanistico nemini res sua servit, poiché è impossibile poter conservare a titolo di servitù una facoltà compresa nel diritto di proprietà. In questo caso l'estinzione è effettiva e definitiva, anche qualora la proprietà dei fondi ritorni a separarsi;
  • prescrizione estintiva ventennale (non uso) (art. 1073 c.c.). Tuttavia, bisogna distinguere la decorrenza di tale termine tra servitù negative e affermative e, tra queste, tra continue e discontinue. Nel caso delle servitù negative il termine di prescrizione del diritto del proprietario del fondo dominante decorre da quando il proprietario del fondo servente ha violato i divieti previsti; invece, nelle servitù positive continue il termine decorre dal momento in cui si è verificato un fatto contrario all'esercizio della servitù (ad esempio, otturamento dell'acquedotto); nelle servitù positive discontinue il termine decorre dall'ultimo atto di esercizio del diritto (ad esempio, dall'ultimo passaggio);
  • impossibilità d'uso e mancanza di utilità della servitù, se decorre il termine ventennale di prescrizione (art. 1074);
  • scadenza del termine e verificarsi della condizione risolutiva, previsti nel titolo;
  • rinuncia del proprietario del fondo dominante;
  • totale perimento del fondo dominante o servente (se il perimento è parziale, la servitù si riduce in proporzione alla utilizzabilità residua);
  • sentenza, per le servitù coattive, se si accerta il venir meno della situazione di fatto che ha determinato la costituzione della servitù;
  • abbandono del fondo servente (art. 1070 c.c.) da parte del proprietario che voglia sottrarsi alle spese per la servitù a cui è tenuto in forza di legge o del titolo.

Rinuncia e abbandono

L'ipotesi di abbandono del fondo servente (abbandono liberatorio) si verifica quando il proprietario del fondo servente, il quale sarebbe tenuto alle spese necessarie per l’esercizio della servitù in virtù del titolo o della legge, decida di liberarsene rinunciando alla proprietà del fondo servente a favore del proprietario del fondo dominante (art. 1070 c.c.). La rinuncia, può limitarsi ad una parte del fondo qualora l’esercizio della servitù sia limitato a quella.

In ogni caso, l'abbandono rappresenta una rinuncia irrevocabile che, al momento dell'emissione e indipendentemente dall'accettazione del fondo vicino, libera il proprietario rinunciante dall'obbligo di pagare le spese.

Giacché l’abbandono (e relativa rinuncia) si tratti di un atto traslativo della proprietà di un immobile, dovrà esser fatto per iscritto a pena di nullità con successiva trascrizione per gli effetti di cui all' art. 2644 del c.c.

Perdita dell'utilità

L’articolo 1074 c.c. disciplina l’ipotesi dell’impossibilità d'uso e mancanza di utilità della servitù nel caso di decorrenza del il termine ventennale di prescrizione. Difatti, nel caso in cui non si sia verificato il termine di cui all’art. 1073, ma, ai sensi dell'art. 1074 c.c., venga a cessare l"utilitas" della servitù o la concreta possibilità di usarne, il vincolo rimane in uno stato di quiescenza, ma non si estingue se non per effetto della prescrizione nel termine di cui all'art. 1073 c.c. In altre parole, il diritto esiste ma non può essere esercitato, perché è temporaneamente non efficace. Pertanto, fino al momento in cui sia possibile ripristinare la situazione, la servitù deve essere “tutelata al fine di impedire un mutamento irreversibile dello stato dei luoghi che ne impedisca definitivamente l'esercizio”. (Cass., 30 gennaio 2006, n. 1854; conf. Cass., 14 ottobre 1997, n. 10018)

Controversie relative alle servitù

Le controversie relative alle servitù possono riguardare l'esistenza, l'estensione, l'esercizio e l'eventuale estinzione della servitù stessa. In caso di contestazione, il titolare della servitù può agire in giudizio per ottenere l'accertamento del suo diritto e, se necessario, la cessazione di eventuali impedimenti o turbative all'esercizio. Le azioni previste possono distinguersi in:

  • azione "negatoria servitutis" (art. 949 c.c.), con cui l’attore si propone quale proprietario e possessore del fondo, chiedendone il riconoscimento della libertà contro qualsiasi pretesa di terzi. Egli deve dimostrare, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido;
  • azione di rivendica (art. 948 c.c.): l’attore è il proprietario della cosa di cui non ha il possesso, il quale agisce contro chi la detiene per ottenerne, previo riconoscimento del suo diritto, la restituzione. Chi agisce deve fornire la piena prova della proprietà, dimostrando il proprio titolo di acquisto e quello dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario;
  • azione "confessoria servitutis" (art. 1079 c.c.): l’attore dichiara di vantare sul fondo, che pretende servente, la titolarità di una servitù e ha l'onere di provare l'esistenza della servitù che lo avvantaggia. Essa si prescrive nel termine di cinque anni dall’inizio del fatto illecito che ha cagionato il danno e può comportare:
    1. l'accertamento della servitù;
    2. la condanna del convenuto a cessare eventuali impedimenti e turbative che non comportino un'alterazione dello stato dei luoghi;
    3. la condanna del convenuto alla rimessione delle cose in pristino, se vi è stata alterazione dello stato dei luoghi.

In ogni caso, è necessario sottolineare che la sentenza di mero accertamento di una servitù o della sua inesistenza non costituisce, nelle ipotesi di mancata condanna, titolo esecutivo per richiedere al giudice dell'esecuzione di misure idonee a far cessare impedimenti, turbative o molestie.

Qualora dalle turbative o dalle minacce derivi un semplice impedimento materiale all'esercizio della servitù, il titolare di quest’ultimo potrà scegliere di esercitare o le azioni possessorie (artt. 1168 e ss.) e l'azione di risarcimento danni ex art. 2043 o l'azione di riduzione in pristino ex art. 2058 c.c.

Impugnazione e difesa

L'art. 1079 prevede l’azione confessoria a tutela del diritto di servitù qualora sorga una questione attinente alla titolarità del diritto di servitù. Affinché possa essere esercitata, non è necessario che le turbative si manifestino in modifiche attuali dello stesso di fatti, bensì è sufficiente che un comportamento ponga in dubbio o in pericolo l'esercizio della servitù dal momento che l’actio confessoria servitutis non è subordinata all'esistenza di un concreto pregiudizio derivante dagli atti lesivi.

La legittimazione attiva a proporre l’azione confessoria spetta al titolare della servitù, generalmente corrispondente al proprietario del fondo dominante, il quale ha l'onere di fornire la prova dell'esistenza del diritto di servitù mediante uno dei modi di costituzione o di acquisto (artt. 1058 e ss.). Viceversa, il legittimato passivo è colui il quale contesti l’esistenza della servitù e abbia un rapporto attuale con il fondo servente (ad es., proprietario, comproprietario).

Nell’ipotesi in cui, invece, la controversia inerisca la negazione di qualsiasi diritto sul bene da parte di un soggetto terzo si esperisce l’azione negatoria servitutis (art. 949 c.c.) da parte del soggetto attore, che è proprietario e possessore del fondo, ed è volta ad ottenere il riconoscimento della libertà del fondo da qualsiasi pretesa di terzi.

Mediazione e soluzioni alternative

Tra le materie soggette alla mediazione sono previsti i “diritti reali” in modo generico. Pertanto, avendo definito la servitù quale diritto reale di godimento, la mediazione può rappresentare uno strumento alternativo e utile di risoluzione delle controversie legate alle servitù prediali quando le parti non riescono a raggiungere un accordo autonomamente. In particolare, questo strumento può essere vantaggioso nel caso di dispute inerenti la relazione interpersonale tra le parti. La mediazione, essendo caratterizzata da rapidità e costi generalmente inferiori rispetto a un giudizio ordinario, rappresenta un ulteriore motivo valido per essere esperita.

Esempio di materie oggetto di mediazione in ambito di servitù possono essere quelle riguardanti i diritti di passaggio, servitù di luce, vista, scolo, e altre servitù prediali, che causano spesso violazione o interpretazioni discordanti tra i proprietari di immobili adiacenti. Altro esempio può essere quando il conflitto riguarda l'interpretazione dei termini di una servitù esistente o la determinazione delle modalità di esercizio; infatti, nel corso della mediazione le parti possono ottenere chiarimenti circa i rispettivi diritti e obblighi.

Esempi pratici di servitù prediali

Volendo esemplificare alcune figure di servitù viene in rilievo, anzitutto, la servitù di passaggio coattivo (artt. 1051 e ss.), ovvero il diritto di passaggio sul fondo vicino per accedere alla via pubblica. Per determinare il luogo di esercizio di una servitù di passaggio coattivo si devono seguire due criteri, ossia la maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica e il minor aggravio del fondo asservito.

Tuttavia, sono esenti dalla servitù di passaggio coattivo le case e gli spazi scoperti, in genere recitati, adiacenti alle case (cortili, giardini e aie), al fine di tutelare l'integrità delle case e degli accessori, ma non rientrano nella esenzione gli orti, fondi di modeste dimensioni destinati a soddisfare le esigenze alimentari del coltivatore e dei suoi familiari.

Ulteriori ipotesi tipica è rappresentata dalla servitù di veduta. Il diritto di veduta consiste nella facoltà del proprietario di guardare e sporgersi sulla proprietà altrui, dunque il diritto di non vedersi ostacolata la vista. L'art. 905 c.c. stabilisce che non si possono aprire vedute dirette se tra il fondo dominate e il fondo servente non vi è una distanza di almeno 1,5 metri; così come non si possono costruire balconi, terrazzi e parapetti se tra la fine di queste costruzioni e il fondo del vicino non vi siano almeno 1,5 metri. Tuttavia, vi è la possibilità di derogare la norma attraverso la stipula di un accordo tra i proprietari dei fondi vicini.

Ancora, la servitù di acquedotto (art. 1033 ss. c.c.) è un’ipotesi di servitù coattiva che consiste nel “diritto di condurre e far passare le acque per il fondo altrui, qualora si abbia il diritto di farne uso, anche temporaneamente”. Quindi, l’utilità che ne deriva riguarda il soddisfacimento del bisogno di acqua per le esigenze di vita (alimentazione e usi domestici in genere) del proprietario del fondo dominante o per le necessità inerenti alla destinazione agricola o industriale del fondo.

Affinché possa costituirsi è necessario che sussistano dei presupposti, il cui onere probatorio è a carico del soggetto che richiede la costituzione della servitù: il titolare del fondo dominante deve poter disporre delle acque avendo un rapporto già costituito (ad esempio, in base a un contratto di fornitura di acqua già stipulato con il Comune); sufficienza dell'acqua per l'uso di destinazione; convenienza e minore pregiudizio per il fondo servente.

FAQ sulle servitù prediali

Cosa distingue una servitù prediale da un diritto personale?

La distinzione fondamentale risiede nel beneficiario del diritto e nella sua connessione con un fondo. Nel caso della servitù personale il beneficiario del diritto è il fondo dominante, quest’ultimo che riceve l’utilità dal fondo servente e non il proprietario del fondo che la riceve indirettamente; viceversa, nel caso del diritto personale il beneficio è strettamente personale e non trasferibile con la proprietà di un bene.

In poche parole: mentre la servitù prediale è legata al fondo, il diritto personale è legato alla persona.

Si può cedere una servitù prediale a terzi?

Sì, la servitù prediale può essere trasferita nel momento in cui si verifica il trasferimento della proprietà del fondo dominante. Infatti, dal momento che la servitù è un diritto reale inerente al fondo, segue le sorti della proprietà (inseparabilità); quindi, nell’ipotesi in cui il proprietario del fondo dominante decidesse di trasferire la sua proprietà, il diritto di servitù si trasferirebbe automaticamente al nuovo acquirente e, viceversa, se si trasferisse il fondo, si trasferirebbe anche la servitù (accessorietà).

Come si può modificare il contenuto di una servitù?

Il contenuto di una servitù, ovvero le modalità del suo esercizio, può essere modificato (sempre mantenendo l’essenza della servitù e senza renderla eccessivamente gravosa per il fondo servente) in diversi modi:

  • Accordo redatto per iscritto tra il proprietario del fondo dominante e il proprietario del fondo servente;
  • Sentenza del giudice nel caso di controversia tra le parti;
  • Usucapione modificativa nel caso in cui il proprietario del fondo dominante esercita la servitù in un modo diverso da quello stabilito per il periodo previsto dalla legge per l'usucapione e il proprietario del fondo servente non si oppone.

Quando si prescrive una servitù prediale?

La servitù prediale si estingue per prescrizione estintiva (o non uso) quando non viene esercitata per venti anni (art. 1073 c.c.) e vi sia la volontà di non esercitare più il diritto. Se, però, si producesse un atto interruttivo di prescrizione (es. domanda giudiziale) si bloccherebbe il decorso del termine. Il termine di prescrizione inizia a decorrere dall'ultimo atto di esercizio della servitù (es. l'ultimo passaggio sul fondo servente) nel caso di servitù affermative discontinue; dal giorno in cui si è verificato un fatto contrario all'esercizio della servitù (es., la costruzione di un muro che impedisce il passaggio) nel caso di servitù continue; dal giorno in cui si è verificato un fatto del proprietario del fondo servente che lede il diritto del proprietario del fondo dominante (es., la costruzione di un edificio in violazione di una servitù di non edificare) nel caso di servitù negative.

È obbligatorio registrare una servitù prediale nei pubblici registri?

No, non è obbligatoria la registrazione (o trascrizione) di una servitù prediale nei pubblici registri immobiliari per la sua validità tra le parti. La servitù può validamente costituirsi per contratto o per testamento anche senza trascrizione.

Tuttavia, la trascrizione è fondamentale per rendere la servitù opponibile ai terzi. In altre parole, solo qualora la servitù sia trascritta i successivi acquirenti del fondo servente saranno tenuti a rispettarla; viceversa, un acquirente in buona fede che ha trascritto il proprio titolo di acquisto prima della trascrizione della servitù non sarà vincolato da essa.

Dott.ssa Chiara Nervoso

Avvocato Chiara Nervoso

Chiara Nervoso

Dott.ssa in Giurisprudenza, attualmente praticante, sto svolgendo la pratica forense acquisendo conoscenze e competenze nelle materie di diritto civile, diritto del lavoro e diritto di famiglia, specificamente in materia di proprietà ...