In quali occasioni si può richiedere un risarcimento danni?

Molti danni che subiamo possono essere risarciti: vediamo in quali casi questo può succedere.

1. La tutela risarcitoria

Il risarcimento del danno rappresenta una tutela predisposta dall’ordinamento ogni qualvolta il soggetto subisca un evento lesivo.

Come si dice spesso, infatti, ogni evento determina delle conseguenze e lo stesso accade nel diritto civile, dove da un lato vi è un evento lesivo e dall’altro un danno, conseguenza del primo. Per porre rimedio a tale danno, il soggetto che l’ha subìto può quindi domandare il relativo risarcimento all’autore dello stesso, compensando così le conseguenze negative subite in conseguenza della lesione ed ottenendo un equivalente in denaro. E’ naturale che in molti casi la soddisfazione del soggetto leso non possa essere totale, in quanto non sempre il denaro consente di porre rimedio a tutte le situazioni: facciamo l’esempio di un soggetto che chieda il risarcimento del danno per un’operazione chirurgica non riuscita ed in conseguenza della quale egli riporti dei danni permanenti; evidente come il denaro non potrà restituire al soggetto la propria integrità fisica ed il proprio benessere, ma semplicemente compensare la perdita subita.

La tutela risarcitoria di cui si discute può essere invocata non solo nei casi più gravi, quale quello ora citato nell’esempio, ma anche semplicemente laddove si concluda un contratto e l’altra parte, attraverso il suo inadempimento, arrechi un danno alla parte adempiente.

Per questo motivo si delineano due tipi di responsabilità, addebitabili al soggetto che causa il danno:

  • responsabilità contrattuale: nasce dalla violazione di un dovere specifico che deriva da un precedente rapporto obbligatorio che esiste tra le parti, come ad esempio un contratto. Ad esempio è il caso della mancata consegna delle merce da parte del contraente obbligato.
  • responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.): nasce dalla violazione di un generico dovere di non ledere, cioè danneggiare (da un punto di vista civile), la sfera giuridica degli altri. Consiste in qualunque fatto doloso (volontario) o colposo (negligente) che causa ad altri un danno ingiusto e che obbliga quindi al risarcimento del danno colui che ha commesso il fatto dannoso.

Queste due responsabilità, che possono anche concorrere, hanno in ogni caso caratteristiche molto diverse.
Vediamo brevemente le principali differenze:.

a) onere della prova

responsabilità contrattuale

responsabilità extracontrattuale

il danneggiato deve provare

  1. l’esistenza del rapporto obbligatorio (es: producendo il contratto)

  2. l’inadempimento del danneggiante

 

 il danneggiato deve dimostrare

  1. il fatto materiale (condotta) che ha posto in essere il danneggiante

  2. il danno che ha subito, sia la sua esistenza che la sua quantificazione

  3. il rapporto di causalità tra la condotta e il danno

  4. la colpa (o il dolo) del danneggiante

 

b) i danni risarcibili

responsabilità contrattuale

responsabilità extracontrattuale

Sono risarcibili solo i danni prevedibili nel tempo in cui è sorta l’obbligazione, quando l’inadempimento è colposo sono risarcibili

 Sono risarcibili tutti i danni che siano  conseguenza immediata e diretta della condotta  del danneggiante, quindi anche quelli  imprevedibili al momento del  fatto dannoso

c) La prescrizione del diritto al risarcimento

Il nostro ordinamento prevede dei termini entro i quali un diritto può essere fatto valere

responsabilità contrattuale

responsabilità extracontrattuale

10 anni dal verificarsi dell’evento dannoso

 5 anni, di regola, dal verificarsi dell’evento  dannoso. Esistono però anche  delle prescrizioni  più brevi per alcuni casi specifici (esempio: 2 anni per il  risarcimento dei danni da circolazione dei veicoli)

2. Quali sono i danni risarcibili?

Occorre tuttavia capire quali danni possono essere risarciti e quindi quali possono formare oggetto di una domanda di risarcimento eventualmente formulata innanzi al giudice civile.

Per questo motivo bisogna distinguere due voci fondamentali:

(i) il danno patrimoniale, il quale consiste nelle conseguenze immediate e dirette, prettamente economiche che sono state subite dal soggetto danneggiato.
Si distingue in:

  • danno emergente: cioè la perdita economica subita dal danneggiato, la diminuzione del proprio patrimonio.
    Ad esempio: le spese di cui si è fatto carico il danneggiato per riparare la merce arrivata danneggiata dal trasportatore; le spese per un intervento correttivo dopo una prestazione medica sbagliata; spese di riparazione dell’automobile causate da un sinistro stradale;
     
  • lucro cessante: cioè il guadagno che è stato perso dal danneggiato. Ad esempio: nel caso di mancata consegna di un macchinario necessario per una specifica attività, il lucro cessante è il guadagno perso dall’imprenditore per non aver potuto svolgere quell’attività.

(ii) il danno non patrimoniale, rappresenta il pregiudizio che subisce la persona e che non tocca direttamente il suo patrimonio e quindi ad esempio: la lesione alla salute, alla serenità d’animo, alla vita di relazione.
Questa è una voce di danno molto complessa e su cui la giurisprudenza e la dottrina hanno sempre dibattuto discutendo sulle tipologie e caratteristiche di questi danni. All’interno di questa categoria, ad esempio, per lungo tempo si è fatto rientrare: il danno consistente in lesioni alla propria integrità psico-fisica suscettibili di essere accertate attraverso una perizia medico-legale; il danno come “sofferenza d’animo”, un patema d’animo transitorio e il danno come peggioramento della qualità di vita del soggetto e cambiamento della propria vita di relazioni.

All’interno della categoria del danno non patrimoniale si possono poi distinguere altre voci di danno, di cui si sente spesso parlare, vale a dire:

- il danno biologico, ossia quel danno consistente in lesioni alla propria integrità psico-fisica, lesioni che tuttavia devono poter essere accertate attraverso una perizia medico-legale. Ciò significa che in tale voce di danno si possono includere tutti i danni alla salute che siano tuttavia accertabili medicalmente, quindi, per quanto riguarda ad esempio i danni psicologici, non rientrano nell’ambito dei danni biologici i semplici turbamenti psichici che non sfocino in patologie che possano essere accertate da uno specialista (si veda ad esempio la depressione);

- il danno morale, il quale può essere definito come una “sofferenza d’animo”, un patema d’animo transitorio;

- il danno esistenziale rappresenta invece un peggioramento della qualità di vita del soggetto, vale a dire un mutamento delle proprie abitudini quotidiane in conseguenza dell’evento lesivo subito.

2.1 Il nesso di causalità tra danno ed evento

Bisogna tuttavia ricordare che non tutti i danni possono essere risarciti, semplicemente perché rientrano in una delle categorie sopra delineate, ma è necessario che tra l’evento lesivo ed il danno sussista un nesso di causalità.

Ciò significa che una domanda di risarcimento non può ricomprendere qualsiasi danno, ma esclusivamente quei danni che siano effettivamente conseguenza immediata a diretta dell’evento. Chi agisce in giudizio per il risarcimento potrà quindi includere nella propria richiesta di danni solo quelli che siano in qualche modo collegati all’evento lesivo subìto, mentre quelli che non hanno nessun collegamento con tale evento non potranno costituire l’oggetto di una domanda risarcitoria.

Tuttavia, vale la pena sottolineare che non è necessario aver subìto in prima persona l’evento lesivo per poter domandare il risarcimento del danno, in quanto spesso la lesione subìta da un soggetto a noi vicino, come un familiare, può danneggiare interessi comunque meritevoli di tutela.

Facciamo riferimento al caso dell’incidente che colpisce il marito e che evidentemente può provocare dei mutamenti nella relazione di coppia: si può fare l’esempio di colui che, in conseguenza di una lesione inferta da altro soggetto, riporti dei danni gravissimi, quali ad esempio la perdita dell’autosufficienza. E’ evidente come in questo caso i familiari vicini alla vittima siano costretti a cambiare il proprio stile di vita, dedicandosi al danneggiato. Ciò può provocare danni biologici in capo ai familiari stessi, quali ad esempio evidenti stati depressivi, danni biologici che tuttavia, come detto, dovranno essere medicalmente accertati; non solo, ma dall’evento potranno derivare anche danni morali, essendo evidente la sofferenza che può derivare ai familiari nel vedere un congiunto privato della propria autosufficienza.

Lo stesso vale nel caso in cui colui che abbia subìto la lesione non sia più in vita, dal momento che al suo posto potranno agire i familiari, domandando innanzi tutto in via ereditaria il risarcimento dei danni che la vittima stessa abbia subìto; non solo, ma i familiari potranno anche domandare il risarcimento dei danni dagli stessi subìti in prima persona, ad esempio nel caso in cui la morte del congiunto abbia provocato danni non patrimoniali che sia possibile dimostrare.

3. Quali sono i criteri per risarcire il danno?

Il danneggiato può chiedere che il risarcimento del danno avvenga in forma specifica.
In questo caso il responsabile viene condannato a rimuovere la situazione che ha danneggiato il diritto altrui, eliminando la causa del danno e ripristinando la situazione esistente prima del verificarsi del danno.
E’ il caso, ad esempio, delle infiltrazioni di acqua che abbiano danneggiato l’appartamento del vicino, in cui si chiede che il danneggiante risolva il problema delle infiltrazioni ed elimini i residui di acqua o le macchie di umidità dall’appartamento del danneggiato. Nel momento in cui la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il debitore, cioè sia troppo costosa o gravosa i termini di realizzazione, si può ricorrere al risarcimento per equivalente.

Esso consiste nel riconoscimento, in favore del danneggiato, di una somma di denaro capace di tradurre in termini monetari il danno (patrimoniale o non patrimoniale) subito dal danneggiato.
Si pensi al caso più comune di un incidente stradale in cui un’auto viene danneggiata, in quel caso colui che ha torto può essere chiamato a pagare un somma equivalente al valore del danno subito dall’auto.

Ancora, il risarcimento del danno può anche avvenire in via equitativa.
Questo criterio equitativo è usato quando l’esistenza del danno è certa, ma non lo è la sua entità. E’ abbastanza comune che alcuni danni, a causa della loro estrema tecnicità, siano difficili da quantificare. In questi casi il Giudice ricorrerà alla comune esperienza e tenendo conto del caso concreto, individuerà il risarcimento spettante al danneggiato.

4. Come si ottiene il risarcimento del danno?

Solitamente una richiesta di risarcimento del danno viene preceduta da una lettera del danneggiato al danneggiante in cui si rappresenta la dinamica dei fatti, il danno subito e la richiesta di risarcimento quantificandolo.
La lettera deve essere preferibilmente scritta da un avvocato che sappia inquadrare correttamente la fattispecie ed è opportuno che contenga il termine entro cui provvedere al pagamento.

A seguito della lettera la controparte potrebbe procedere al versamento o avviare una trattativa che magari porterà ad una conclusione bonaria della vicenda. Qualora invece questo non si verifichi, bisognerà rivolgersi al giudice competente per far valere i propri diritti avvalendosi di un avvocato. Vi sono peraltro alcuni casi in cui la legge prevede che il giudizio sia preceduto dall’avvio di metodi di risoluzione stragiudiziale delle controversie (mediazione o negoziazione assistita).

Fonti Normative

Codice civile: articolo 1223, articolo 2043, articolo 2058, articolo 2059

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