Danno biologico: cos’è e come quantificare il risarcimento

Il danno biologico è quel pregiudizio allo stato di salute psico-fisico che in quanto tale è meritevole di tutela risarcitoria.

risarcimento danno biologico

1. Definizione di danno biologico

Il danno biologico è una tipologia di danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 del codice civile e deriva dalla lesione dell’integrità fisica e/o psichica della persona.

La salute della persona rappresenta un bene primario riconosciuto dall’art. 32 della Costituzione e la sua lesione deve pertanto essere tutelata giuridicamente, a prescindere dall’incidenza sulla capacità di produzione del reddito del danneggiato.

Si è soliti distinguere il danno biologico in temporaneo o permanente, a seconda che l’invalidità abbia una durata limitata nel tempo o sia invece definitiva e irrimediabile.

L’invalidità può inoltre essere totale o parziale in base alla percentuale di inabilità cagionata dalla lesione.

Qualora il danno sia imputabile alla condotta colposa o dolosa di un terzo soggetto, il danneggiato ha diritto ad ottenere il risarcimento ai sensi dell’art. 2043 del codice civile.

2. Come viene quantificato il risarcimento

La liquidazione del danno biologico avviene in via equitativa, sulla base delle indicazioni riportate in apposite tabelle.

La natura non patrimoniale e non strettamente economica di tale voce di danno impedirebbe l’immediata monetizzazione dell’importo risarcibile (come invece accade per il danno patrimoniale, sotto il profilo sia del danno emergente che del lucro cessante).

Il sistema tabellare consente quindi di evitare le ingiustificate disparità di trattamento che inevitabilmente discenderebbero dall’applicazione del criterio puramente equitativo previsto dall’art. 1226 del codice civile.

La liquidazione del danno è pertanto effettuata sulla base di alcuni parametri, tra cui essenzialmente la tipologia della lesione e l’età del danneggiato.

In particolare, gli artt. 138 e 139 del D. Lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni) disciplinano i criteri per la quantificazione, rispettivamente, delle lesioni di grave e di lieve entità.

Sebbene l’art. 138 faccia riferimento per le lesioni macropermanenti (ovvero con percentuale di invalidità superiore a 9 punti) ad una tabella unica nazionale, tale norma non ha avuto attuazione e la tabella non è stata predisposta. In mancanza di questa, in ambito giudiziario sono state prevalentemente adottate come parametro di liquidazione le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano.

Con riguardo invece alle lesioni di lieve entità (vale a dire inferiori a 9 punti di invalidità), l’individuazione dell’importo risarcibile avviene secondo una tabella uniformemente predisposta a livello nazionale e periodicamente aggiornata.

Inoltre, qualora in presenza di circostanze particolari il pregiudizio concretamente verificatosi sia più grave rispetto a quello che ordinariamente discende da eventi della stessa tipologia, è consentito mediante la cosiddetta personalizzazione del danno aumentare le somme dovute a titolo di risarcimento.

Occorre peraltro precisare che in taluni settori sono previsti dei parametri legali specifici per la quantificazione dell’importo che può essere richiesto dal danneggiato; in particolare, in caso di infortuni sul lavoro e di malattie professionali si applica un criterio indennitario che, a differenza del modello della responsabilità civile, non è finalizzato all’integrale riparazione del danno subito ma a garantire un sostegno sociale all’infortunato (al quale è comunque riconosciuta la possibilità di ottenere il cosiddetto danno differenziale).

3. La prova del danno.

L’onere della prova relativo alla sussistenza ed all’entità del danno biologico viene generalmente assolto attraverso la documentazione medica allegata dall’interessato, al fine di attestare la lamentata lesione fisica o psichica.

In caso di controversia in merito all’ammontare del danno, nel corso della causa instaurata può essere esperita una consulenza tecnica d’ufficio medico-legale sulla persona del danneggiato; in tal caso, il perito, attraverso la propria valutazione della documentazione offerta dalle parti, è tenuto a fornire al giudice un parere tecnico-scientifico sull’accertamento del danno patito, individuando in particolare la natura permanente o temporanea della invalidità e la relativa gravità.

Andrea Rosso

Fonti normative

Articoli 1226, 2043, 2059 Codice Civile

Artt. 138, 139 D. Lgs. n. 209/2005

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