Come bloccare uno sfratto esecutivo?

Nella società odierna, con i numerosi problemi di occupazione soprattutto per i più giovani e molti datori di lavoro che spesso pagano gli stipendi con tempistiche molto lasche, è molto importante per chi ha affittato un appartamento conoscere quali sono i termini precisi entro cui è possibile pagare l’affitto stesso al proprietario, al fine di evitare di trovarsi in uno stato di morosità.

Può capitare di pagare l'affitto con un po’ di ritardo, fatto salvo il termine massimo previsto dal contratto di locazione che, generalmente, per una locazione ad uso abitativo è di 20 giorni rispetto alla scadenza mensile prevista.

Se questo lasso di tempo viene superato e l’inquilino non ha pagato la mensilità, il padrone di casa è legittimato ad andare dal giudice per chiedere che venga emessa un’intimazione di sfratto per morosità.

Secondo la procedura, viene quindi fissata un’udienza in cui devono comparire sia il proprietario che l’inquilino moroso: se in tale data l’affitto arretrato non è stato ancora corrisposto, è facoltà del giudice dichiarare lo sfratto esecutivo.

1. Ho ricevuto un’intimazione di sfratto: cosa fare?

Naturalmente la risposta ideale ad un’intimazione di sfratto, almeno in teoria, è data dal pagamento delle spese dovute entro il giorno fissato per l’udienza. Qualora ciò non sia economicamente possibile, per qualsivoglia motivo, l’inquilino può chiedere il termine di grazia, vale a dire una proroga di 90 giorni per il pagamento degli arretrati dovuti al locatore.

In alternativa, è possibile difendersi da uno sfratto esecutivo presentando opposizione il giorno dell’udienza, in modo che il giudice non possa formalizzare e convalidare il provvedimento di sfratto. In questo caso, tuttavia, se le istanze dell’affittuario non sono fondate su prove scritte, il giudice, dietro richiesta del locatore, può emettere un’ordinanza di rilascio non impugnabile, con riserva di esaminare le eccezioni sollevate dal convenuto (come previsto dall’articolo 665 del codice di procedura civile): si tratta, in sostanza, di una condanna temporanea, revocabile con una sentenza che dia ragione all’inquilino. Questa ordinanza è immediatamente esecutiva, ma il giudice può stabilire il versamento di una cauzione.

Se invece l’inquilino moroso ha le prove dei validi motivi che lo hanno portato ad opporsi all’intimazione di sfratto, allora si procederà dapprima con un tentativo di conciliazione tra le parti, e successivamente, in assenza di un accordo utile tra affittuario e locatore, con una causa civile che seguirà le stesse modalità di una qualsiasi causa di lavoro.

2. I motivi di opposizione allo sfratto esecutivo

Per avere ragione del locatore nella causa di opposizione allo sfratto, l’inquilino, come detto, deve dimostrare che il suo stato di morosità è dipeso da uno o più validi motivi.

Uno di questi potrebbe essere, ad esempio:

  1. La contestazione delle somme richieste dal proprietario; 
  2. Il pagamento del debito, o almeno di una parte di esso, dopo la ricezione dell’intimazione di sfratto. In tale circostanza il giudice può emettere un’ordinanza che concede 20 giorni all’inquilino moroso per saldare il debito rimanente. Naturalmente, se questo lasso di tempo trascorre senza che il locatore riceva la somma dovuta, sarà dovere del giudice convalidare l’intimazione di sfratto.
  3. Infine l’affittuario può sostenere di essere lui stesso creditore nei confronti del padrone di casa, ad esempio per il fatto di avere dovuto sostenere dei costi per riparare l’appartamento in modo rapido. In questo caso è possibile chiedere che tali spese si compensino con il debito contratto con il locatore in merito all’affitto, a patto naturalmente di portare la documentazione necessaria a dimostrare il proprio credito.

Va da ultimo sottolineato che se l’inquilino moroso non può portare prove che gli consentano di opporsi allo sfratto, la scelta migliore consiste senz’altro nell’evitare una causa civile per cercare piuttosto un accordo di massima con il locatore, facendo in modo che ciascuno vada incontro alle esigenze della controparte. Una valida alternativa è data certamente dalla richiesta del termine di grazia, già citato in precedenza, per ottenere 90 giorni di proroga a partire da quando viene ricevuta l’intimazione, in modo da avere maggiori opportunità di pagare il debito senza dover lasciare la propria casa da un giorno all’altro.

3. L’opposizione tardiva

Di solito, l’opposizione può essere fatta entro il giorno dell’udienza. In alcune circostanze è però ammessa opposizione tardiva: come previsto dall’art. 668 c.p.c., si tratta del caso in cui l’inquilino sia in grado di provare di non essersi presentato in udienza poiché non ha avuto tempestiva conoscenza della citazione a causa di irregolarità della notifica o per caso fortuito o forza maggiore.
Se, nel frattempo, l’esecuzione è già avvenuta da almeno 10 giorni, l’opposizione non è comunque ammessa. Se, invece, è ammissibile, il giudice può disporre la sospensione dell’esecuzione per gravi motivi e prevedere una cauzione.

Redatto da: Alessandro Savino

Aggiornato da: Cristina Vallino

Fonti normative

Art. 665 c.p.c.

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