Cosa succede al conto corrente con la morte del correntista?

Nella successione ereditaria del conto corrente, come incide l’evento morte sul rapporto cointestato? E come si comporta la banca con gli eredi? Analizziamo le differenti conseguenze tra firma disgiunta o congiunta. Cenni brevi sulla tassa di successione in rapporto al contratto di conto corrente.

Morte del correntista: ecco cosa succede al suo conto corrente

La morte del titolare di un conto corrente bancario rappresenta ancora oggi - dopo anni di grande dibattito anche a livello dottrinario, oltre che nella giurisprudenza - un tema giuridicamente poco definito. Pure, si tratta di una fattispecie di assoluta attualità visto che ordinariamente non manca la presenza di almeno un rapporto bancario all’interno di ogni asse ereditario.

1.Le conseguenze della morte del correntista in un conto cointestato

Si registrano, negli anni, interventi degli studiosi del diritto, della giurisprudenza e dello stesso Arbitro Bancario Finanziario che rivelano un approccio sostanzialmente ondivago , in particolare per la complessità della stessa qualificazione giuridica da attribuire al contratto di conto corrente.

La mancanza di uniformità della giurisprudenza di merito si riflette - con pari variabilità – sull’operato delle stesse banche, chiamate a rispondere ai clienti-eredi che chiedono liquidarsi la propria quota. Osserviamo, allora, più da vicino l'effettiva natura del rapporto di conto corrente, innanzitutto esplorando la figura del correntista rispetto all’Istituto di credito presso cui è acceso il rapporto.

La tipologia del contratto viene fatta rientrare fra i cosiddetti rapporti ‘ intuitali’ (basati su quello che i latini chiamavano “intuitus personae”’, l’individuazione della singola persona): al centro del rapporto va posta la qualifica stessa della persona fisica del correntista, come soggetto non sostituibile con altri ai fini della titolarità del conto.

1.1 Analogia col contratto di mandato: cessa con la morte del correntista .

Che il conto sia o meno cointestato, e a prescindere dalle esigenze spesso difformi fra gli stessi eredi (spesso protagonisti di autentiche battaglie per la divisione!), prassi vuole che la banca, conosciuto il decesso del correntista, e anche se unico intestatario del rapporto, decida sovente - per precauzione - di bloccare il conto, rendendo indisponibile ogni movimentazione anche per il conto – come sopra - individuale o cointestato ma a firma disgiunta.

Per realizzare tale risultato, come vedremo più avanti, è necessario che la banca venga informata tempestivamente dell’apertura della successione e dunque dell’avvenuto decesso del correntista.

La prima ipotesi che qui esaminiamo, prevede che i caratteri immodificabili del titolare del conto, estinti con la sua morte, impediscano la possibilità di subentro di una nuova figura al posto del de cuius - erede o legatario che sia – figure comunque prive dei requisiti personali del titolare originario, irrimediabilmente fuoriuscito dal rapporto. In questo caso, la giurisprudenza fa rientrare la figura del correntista nella stessa tipologia che il codice civile all’art. 1722 c.c. n. 4 per l’istituto del mandato.

Che – infatti - viene meno alla morte del mandante come, nel nostro caso, il conto corrente alla morte del correntista.

1.2 Ipotesi alternativa: il conto corrente ‘sopravvive’ negli eredi.

A riprova di quanto sia incerta e incostante la ‘ lettura’ della questione e i riflessi di questa sul piano pratico, a quella vista fin qui si contrappone l’opinione secondo cui, invece, il contratto di conto corrente sopravviva al suo titolare originario. E’ la tesi che negherebbe di dare prevalenza a quegli aspetti che sopra abbiamo chiamato ‘intuitali’ e che, pertanto, consente al correntista
deceduto di sostituirvi il suo erede o il legatario.

In favore di questa interpretazione c’è l’indirizzo, inizialmente neanche troppo convinto, dell’Associazione Bancaria Italiana a propendere per il mantenimento del conto corrente dopo la morte del correntista, anche se – è sempre bene sottolinearlo - le linee guida dell’ABI non siano affatto vincolanti per gli Istituti di credito, rappresentando, piuttosto, semplici orientamenti a
disposizione dell’interprete del diritto.

Ancora, a sostegno della linea più ‘aperta’, subentra l’impostazione della stessa Corte di Cassazione che almeno dal 2007 sta ormai negando che la morte di uno dei cointestatari di conto corrente bancario possa determinare l’estinzione del rapporto. Il cointestatario ‘superstite’ può dunque ritenersi legittimato ad operare sul conto, in assenza di concreta e giuridicamente fondata
opposizione del coerede (si pensi a casi di sequestro di quota ereditaria, oppure a un anteriore provvedimento cautelare, etc..): in ogni caso, si avrebbe la conseguente liberazione della banca da responsabilità verso gli eredi del de cuius.

2. Pluralità di eredi: la quota divisoria

Nella vicenda successoria che coinvolga un conto corrente bancario, resta semplificata la disciplina della divisione quando si tratti di conto individuale. Ben si comprende, in questo caso, come il saldo attivo di un conto corrente, relitto per causa di morte del titolare unico, consisterà null’altro che in un credito puro e semplice verso la banca, così come l’eventuale saldo negativo si tradurrà come un debito gravante sull’asse ereditario.

Si seguiranno le regole generali proprie delle obbligazioni, abbandonandosi la disciplina del contratto di conto corrente da ritenersi cessato con l’evento morte dell’unico titolare.

Diverso è il tenore della disciplina quando ricorra pluralità di eredi. Qui, in caso di saldo passivo, opera la regola generale per cui gli eredi risponderanno solo pro-quota del debito mentre l’eventuale credito cadrà in comunione ereditaria. Come dicevamo, la Cassazione dal 2007 ha superato il principio ‘nomina et debita ipso iure dividuntur’ ( i debiti ereditari si ripartiscono di diritto, ovvero secondo le quote previste per legge, fra tutti i coeredi).

Per tale via, la Suprema Corte afferma come possibile la divisibilità del saldo del conto per via autonoma, prevista dalla norma
del codice civile e, dunque, non opinabile da fattori esterni alla divisione ereditaria.

3. Cointestazione a firma congiunta o disgiunta

E’ bene trattenersi un momento a considerare come nel caso della cointestazione originaria del conto corrente (cioè stipulato da più persone a sottoscrivere il contratto con la banca), assume centralità la disciplina della firma scelta dagli stessi compartecipi del rapporto: congiunta o disgiunta, la firma è lo strumento necessario per impartire ordini alla banca, posto il naturale
stabilizzarsi del rapporto contrattuale.

Quando la firma è originariamente disgiunta tra più cointestatari, da un lato l’art. 9, comma 3 delle norme bancarie unitarie n.b.u. (poi art. 13 nell’ultima versione delle n.b.u. ABI) – e dall’altro la corrispondente clausola che si trova riprodotta nelle condizioni generali di contratto – valgono ad eliminare in radice ogni questione, prevedendo che gli eredi del correntista deceduto
(congiuntamente fra loro) e ciascuno degli altri originari cointestatari (in via autonoma) conservino il diritto di disporre sul conto separatamente.

Problema diverso è il patto di firma disgiunta, che si traduce in un mandato reciproco che le parti si conferiscono per ovviare agli inconvenienti pratici dei rapporti regolati in conto corrente. In tal caso, la caducazione del mandato, sia per il correntista originario deceduto, sia per gli eredi, dovrebbe operare sul solo presupposto dell’apertura della successione, giusta l’art. 1722, n. 4, c.c..

Ciò determina una conversione automatica della firma disgiunta in firma congiunta, di fatto sovrapponendo le regole del mandato viste prima a quelle del conto corrente. In questo caso, però, non solo viene sicuramente meno la regola di cessazione del mandato (= il conto corrente) per effetto di decesso (giusta art. 1722, n. 4, c.c. ), ma l’estinzione del rapporto si verificherebbe anche per il correntista sopravvissuto.

Si deve quindi conservare la facoltà di disposizione disgiunta in capo al cointestatario superstite (che quella disposizione ha sottoscritto), negandola invece agli eredi dell‟altro cointestatario, ormai deceduto.

4. La tassa di successione nel conto corrente.

La presentazione della “dichiarazione di successione” secondo l'art. 49 d.P.R. ottobre 1972 n. 637 è condizione di esigibilità del credito verso la banca, come individuato dalla stessa Cassazione. Infatti, fin quando l'erede non abbia provveduto alla denuncia conservare la facoltà di disposizione disgiunta in capo al cointestatario superstite (che quella disposizione ha sottoscritto), non fin quando l'erede non abbia provveduto alla denuncia successoria, non potrà darsi "mora debendi" perché il ritardo
nell'adempimento non dipende dalla volontà del debitore.

Alcune banche richiedono la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, resa direttamente dagli eredi, sempre davanti al notaio o – equivalente – al Cancelliere dell’Ufficio dei Volontaria Giurisdizione del tribunale del mandamento ove si è aperta la successione.

In caso di testamento, è necessaria una copia autentica del verbale notarile di pubblicazione; in caso di rinuncia all’eredità, si produrrà copia autentica della rinuncia all'eredità da parte di un eventuale coerede rinunziante.

5. Fonti Normative

- Legge n. 262/2005 (legge sul risparmio) istitutiva all’art.128-bis del Testo unico bancario (TUB).In
adempimento, nasce nel 2009 originato l'Arbitro Bancario Finanziario (ABF), organismo, presso la Banca
d’Italia, di risoluzione delle controversie.
- Il Collegio ABF di Milano, conformemente ad una precedente decisione (cfr. Decisione 1482/12), rileva
(nella Decisione N. 2470/12) che “il rapporto di conto in quanto riconducibile al rapporto di mandato –
deve ritenersi automaticamente estinto con il decesso, richiamando al riguardo il consolidato
orientamento dell’ABF (cfr. Decisione 2790/11 che paragona il conto corrente a ‘unico contratto
uninominale misto’ a prevalenza dei caratteri del mandato).
- Cass., Sez. un., 28 novembre 2007, n. 24657
- Cassazione Civile n. 10692/2005: “La produzione della denuncia di successione, richiesta dall'art. 49 d.P.R.
26 ottobre 1972 n. 637, si pone come condizione di esigibilità del credito ereditario […]”;
- Art. .1722 c.c. e segg.ti
- Codice Civile libro IV Titolo V – Le obbligazioni in generale

Annalisa Romaniello

 

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