L'anatocismo bancario

Le problematiche connesse all'anatocismo bancario continuano ad essere motivo di contenzioso per una pluralità di ragioni che derivano perlopiù dai diversi orientamenti giurisprudenziali in essere.

anatocismo bancario

1. Cos’è l’anatocismo bancario?

L'anatocismo bancario è uno dei principali oggetti di contenzioso tra le banche e i loro clienti. Esso si sostanzia nella pratica secondo la quale gli interessi che maturano sul conto corrente bancario vengono addebitati direttamente sul conto e, pertanto, su di essi maturano ulteriori interessi.

Pertanto, si può affermare che l'anatocismo consiste nell'applicazione di interessi su interessi che sono già scaduti ossia che sono maturati sulla somma capitale e che, a seguito della c.d. capitalizzazione, vengono presi come base di calcolo per nuovi interessi.

2. L'anatocismo bancario: Disciplina

L’anatocismo nel nostro ordinamento è contemplato e disciplinato dall’art. 1283 c.c. secondo il quale gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, purché siano interessi dovuti da almeno sei mesi.

Da tale principio consegue che il giudice può eventualmente condannare al pagamento di interessi su interessi solo se alla data principale gli interessi principali erano già scaduti e vi è un'apposita domanda del creditore o sia stata stipulata una convenzione posteriore alla scadenza degli interessi.

L’art. 1283 c.c. è, pertanto, sintomatico dello sfavore con cui il legislatore ha valutato la pratica di capitalizzare gli interessi, così come sono contemplate altre restrizioni per interessi superiori a quelli legali.

Tuttavia, le banche hanno continuato ad applicare la capitalizzazione trimestrale degli interessi, supportata da varie pronunce giurisprudenziali. A tal riguardo, occorre citare l’art. 25 del D. Lgs. n. 342/1999, co. 2, che ha aggiunto un nuovo comma all'art. 120 del D. Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario), prevedendo la possibilità di stabilire i criteri di calcolo, purché periodico, degli interessi sugli interessi, maturati nell'esercizio dell'attività bancaria.

Con una norma transitoria, inserita nel decreto n. 342/1999 il legislatore aveva contemplato una sanatoria per i contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, salvandone le clausole di capitalizzazione trimestrale. Tuttavia, la Corte Costituzionale con sentenza del 17 ottobre 2000, n. 425, ha dichiarato illegittima la suddetta norma transitoria, per violazione dell'articolo 77 della Costituzione.

Rilevante è, inoltre, la sentenza del 4 novembre 2004, n. 21095, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella quale si afferma l'illegittimità, anche per il passato, degli addebiti per anatocismo, in quanto le clausole anatocistiche degli interessi precedenti al 1999, non rispondono ai principi dell'ordinamento giuridico normativo, ma attengono ad un uso prettamente negoziale.

Pertanto, le suddette previsioni di calcolo si pongono in palese contrasto con l’art. 1283 c.c. Senza dubbio di particolare importanza è la modifica apportata dalla legge di stabilità per il 2014 all'articolo 120 del T.U.B. Secondo la formulazione di tale articolo antecedente la riforma, con riferimento alle operazioni di conto corrente, la banca era tenuta ad assicurare a tutta la clientela un'uguale capitalizzazione di interessi attivi e passivi.

Oggi, a seguito della legge n. 147/2013, il Comitato interministeriale credito e risparmio è chiamato a stabilire modalità e criteri con cui gli interessi si producono nelle operazioni bancarie. Le condizioni imposte a tal fine sono che alla clientela deve continuare ad essere assicurata la parità di conteggio, che gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre altri interessi e che, nelle operazioni contabili successive, gli interessi sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale. In sostanza viene espressamente abolito l'anatocismo bancario.

L'attuazione della norma soprarichiamata è avvenuta con D.m. n. 343/2016 del ministro dell'economia (in qualità di presidente del CICR), che ha stabilito, innanzitutto, che gli interessi debitori maturati nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito non possono produrre interessi, salvo quelli di mora. Si è precisato, poi, che gli interessi debitori e quelli creditori hanno la stessa periodicità almeno annuale e che vanno conteggiati entro il 31 dicembre.

Gli interessi debitori poi, con riferimento alle aperture di credito regolate in conto corrente o in conto di pagamento e agli sconfinamenti di fido, sono contabilizzati separatamente dal capitale. Il d.m. ha inoltre ribadito che, come previsto dalla legge, gli interessi debitori per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento divengono esigibili a partire dal 1° marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati.

Si precisa poi che, in ogni caso, è necessario assicurare al cliente un periodo pari ad almeno trenta giorni da quando abbia avuto effettiva conoscenza dell'ammontare degli interessi stessi, prima che gli stessi divengano effettivamente esigibili e, confermando le previsioni del T.U.B., che il cliente e la banca, per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, possono pattuire che gli interessi siano pagati con addebito in conto a valere sul fido: in tal modo si producono interessi su quanto utilizzato al fine di estinguere il debito da interessi.

Le nuove disposizioni hanno preso ufficialmente il via a partire dal 1° ottobre 2016, ma, mediante una modifica unilaterale da parte delle banche, è sin da quel momento stato possibile estenderne la validità ai contratti in corso, previa autorizzazione del cliente all'addebito in conto degli interessi corrispettivi divenuti esigibili, sempre revocabile.

3. La prescrizione

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3190/2017 si è pronunciata in tema di anatocismo bancario, con particolare riferimento alla prescrizione del diritto alla restituzione degli interessi anatocistici pagati dal cliente all’Istituto di credito, stabilendo che tale decorrenza si verifica dopo 10 anni dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto corrente.

La Corte ha richiamato la massima ufficiale della sentenza n. 24418/2010 che aveva stabilito il diritto dei correntisti ad ottenere il rimborso delle somme addebitate illegittimamente dalle banche sul conto corrente, con la capitalizzazione trimestrale degli interessi.

La Cassazione, condividendo la precedente pronuncia delle Sezioni Unite n. 21095/04, aveva precisato che la prescrizione del diritto di ottenere la restituzione delle somme decorreva dalla chiusura del rapporto e non dalla data della singola annotazione a debito sul conto, garantendo in tal modo la resa dell’indebito.

Infine, recentemente la Cassazione con la pronuncia del 26 settembre 2019, n. 24051 si è soffermata nuovamente sul tema della prescrizione, stabilendo che l'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati; nell'anzidetta ipotesi, infatti, ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del "solvens" con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'"accipiens".

4. Anatocismo bancario : Le nuove regole nel dettaglio

Pertanto, alla luce della nuova normativa, occorre ricordare una serie di regole fondamentali:

- Gli interessi passivi maturati non possono produrre altri interessi;

- Gli interessi passivi e attivi devono essere calcolati con la stessa periodicità, ossia secondo lo stesso intervallo di tempo;

- Il periodo di conteggio degli interessi non può essere inferiore a un anno e il termine per il calcolo è fissato a una data certa, che è il 31 dicembre di ciascun anno. Ciò significa che per il calcolo degli interessi passivi il periodo di riferimento non può più essere, ad esempio, il trimestre. Per quelli attivi il contratto potrebbe prevedere, a vantaggio del cliente, un periodo di calcolo inferiore all'anno;

- Gli interessi passivi sono calcolati al 31 dicembre anche in caso di contratti stipulati in corso d'anno e, comunque, al termine del rapporto;

- Gli interessi passivi calcolati al 31 dicembre non sono dovuti a questa data, ma al 1° marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati. Inoltre, secondo le nuove disposizioni, le banche devono dare separata evidenza a interessi e capitale.

In questo modo il cliente ha sempre chiare la somma dovuta a titolo di interessi, che non può produrre ulteriori interessi, e la somma dovuta a titolo di restituzione del capitale, ossia il debito principale, che produce interessi.

Invece, per quanto riguarda le modalità di pagamento degli interessi passivi, il cliente ha tre strade per pagare e far proseguire normalmente il rapporto di credito con la banca, evitando gli effetti negativi di un inadempimento:

- se ha disponibilità sufficienti può pagare subito il debito da interessi, in contanti o con un bonifico da un altro conto, evitando qualsiasi forma di capitalizzazione e quindi qualsiasi effetto di aumento del debito;

- può estinguerlo autorizzando l’addebito in conto; in questo modo il debito da interessi si somma a quello principale e non è più distinto da esso, quindi è pagato o attraverso una compensazione con l’eventuale saldo attivo presente alla data del 1° marzo oppure, in caso di conto con saldo negativo, attraverso un ampliamento della somma oggetto di finanziamento;

- può concordare con la banca, con un’apposita clausola contrattuale, che le somme in entrata sul suo conto (es. bonifici in arrivo) siano impiegate per estinguere il debito da interessi. È utile verificare cosa prevede il proprio contratto al riguardo.

Diversamente, il cliente che al 1° marzo non ha autorizzato l’addebito degli interessi in conto corrente e non ha pagato gli interessi alla scadenza prevista è inadempiente. In tal caso, la banca creditrice può avviare azioni legali per il recupero della somma e, se segnala l'esposizione debitoria del cliente alla Centrale dei rischi, includerà nella segnalazione anche l'ammontare degli interessi non pagati.

A partire dal 2018, per i clienti che non hanno dato l’autorizzazione all’addebito in conto e non hanno pagato in altro modo gli interessi scaduti, in Centrale dei rischi risulterà il mancato pagamento degli interessi anche nel caso di disponibilità di somme sul conto.

È importante sottolineare che le nuove regole si applicano agli interessi maturati dal 1° ottobre 2016. Pertanto, le banche hanno applicato le nuove disposizioni ai contratti stipulati dopo il 1° ottobre 2016 e hanno dovuto adeguare i contratti in corso, stipulati prima di questa data.

Secondo il principio generale previsto in tema di trasparenza bancaria, i singoli contratti, in corso e nuovi, potranno prevedere deroghe alle disposizioni solo in senso più favorevole al cliente.

Per modificare i contratti in corso le banche possono seguire la procedura di modifica unilaterale prevista dalle norme del Testo unico bancario; l’adeguamento alle nuove regole costituisce un “giustificato motivo” di modifica delle condizioni contrattuali.

In concreto, i clienti hanno ricevuto dalla propria banca una comunicazione che annuncia la modifica delle clausole sul calcolo e sul pagamento degli interessi, spiegandone i motivi ed invitando a compilare un apposito modulo per dare l’autorizzazione preventiva all’addebito in conto di eventuali interessi debitori (maturati ad esempio sulla somma utilizzata attraverso lo scoperto di conto).

La modifica delle clausole sul calcolo e sul pagamento degli interessi è operativa dalla data indicata nella comunicazione, ma è fatto salvo il diritto del cliente di recedere, senza spese, dal rapporto.

5. Conclusione

Le problematiche connesse all'anatocismo bancario continuano ad essere motivo di contenzioso per una pluralità di ragioni che derivano perlopiù dai diversi orientamenti giurisprudenziali in essere.

Infatti, ricostruendo l'evoluzione anche storica dell'istituto dell'anatocismo bancario, si è evidenziato, attraverso le sentenze soprarichiamate, che le questioni che si pongono nei contenziosi sono numerose e la materia, nonostante non si più nuova, è in continua evoluzione: nascono di continuo nuove questioni e, anche per quelle già affrontate, vi sono spesso sentenze di segno opposto rispetto alla giurisprudenza maggioritaria.

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