Sentenza della Cassazione sull'omicidio Vannini

Con Sentenza n. 27905 del 19 luglio 2021, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli.

Sentenza cassazione omicidio Vannini

Con Sentenza n. 27905 del 19 luglio 2021, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli per il reato di cui all’art. 575 c.p. ( omicidio volontario) e a 9 anni e quattro mesi per Martina e Federico Ciontoli e per Maria Pezzilli, condannati ai sensi degli art. 110, 114 e 575 c.p. per l’omicidio di Marco Vannini.

1. Omicidio Vannini: Il fatto

ll 17 maggio 2015, Marco Vannini trascorse la serata a casa della fidanzata Martina Ciontoli, insieme alla famiglia di lei; il ragazzo era nella vasca da bagno, quando il padre di Martina, Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina Militare, distaccato ai servizi segreti, si recò dallo stesso per mostrargli un’arma, legalmente detenuta, dal quale partì un colpo.

Antonio Ciontoli e la famiglia attesero venti lunghissimi minuti prima di chiamare i soccorsi, durante la telefonata al 118 mentirono su quanto accaduto. Antonio Ciontoli ha subito minimizzato l’accaduto, cercando di rassicurare i familiari adducendo spiegazioni poco credibili, ha poi interrotto la telefonata al 118 effettuata dal figlio e dalla moglie dichiarando che il soccorso non serviva; ben due ore dopo lo sparo, la famiglia giunse presso il Pit di Ladispoli, il capo famiglia pretese dal medico di turno l’assoluto riserbo sul fatto dato il suo importante impiego lavorativo.

Se la vittima fosse stata soccorsa in breve tempo si sarebbe sicuramente salvata.

2. L’iter processuale

Il Sig. Antonio Ciontoli venne condannato in primo grado a 14 anni per omicidio volontario, Martina e Federico Ciontoli e Maria Pizzili a 3 anni per omicidio colposo. In secondo grado, la Corte di Assise di Appello derubricò il reato da omicidio volontario a colposo rideterminando la pena nei confonti dell’imputato Antonio Ciontoli a 5 anni di reclusione, confermando la condanna per omicidio colposo per gli altri correi.

La Corte di Cassazione annullò la sentenza con rinvio alla Corte di Assise di Appello di Roma. All’esito del secondo processo di appello, Antonio Ciontoli venne nuovamente condannato ad anni 14 di reclusione per omicidio volontario nella forma del dolo eventuale ed il resto della famiglia ritenuta responsabile di concorso anolmalo in omicidio volontario, condannata ad anni 9 e mesi 4 di reclusione.

Il 19 luglio 2021, la Corte di Cassazione si è pronunciata a seguito dei ricorsi presentati avverso la sentenza del processo bis della Corte di Assise di Roma, confermando la condanna a 14 anni per Antonio Ciontoli per omicidio volontario e la condanna per omicidio volontario, nelle forme del dolo eventuale, anche per i concorrenti nel reato, escludendo tuttavia per gli stessi l’applicabilità del concorso anomalo.

3. Omicidio Vannini: Motivazioni della Sentenza

Per quale motivo la Corte di Cassazione conferma l’ascrivibilità dell’omicidio volontario nella forma del dolo eventuale per Antonio Ciontoli ed esclude il concorso anomalo per gli altri imputati? Per i Giudici della Suprema Corte di Cassazione, la sentenza impugnata dai ricorrenti doveva essere ritenuta priva di censure in ordine alle motivazioni riferite all’elemento soggettivo, avendo ricostruito in maniera coerente, dopo un’approfondita analisi, la sussistenza del dolo eventuale relativa al caso concreto.

Perché i Giudici ritengono che si tratti di dolo eventuale? Perchè nel primo grado di giudizio Antonio Ciontoli venne condannato per omicidio volontario, i correi per omicidio colposo e nel primo processo d’Appello il Sig. Ciontoli e la famiglia vennero condannati per omicidio colposo, per poi di nuovo essere condannati per omicidio volontario?

Ebbene, per rispondere a questo interrogativo occorre soffermarsi sulla differenza tra colpa cosciente e dolo eventuale: La colpa cosciente è la forma più grave di colpa, in quanto il soggetto si prefigura l’evento fatale, ma confidando nelle proprie abilità ne esclude l’accadimento (pensiamo ad un automobilista che sfreccia ad alta velocità in autostrada, egli considera la possibilità di un possibile tamponamento, ma essendo certo che sarà in grado di frenare in tempo esclude che ciò accada); il dolo eventuale è la forma più lieve di dolo, in quanto il soggetto immagina la possibilità dell’accadimento accettando come conseguenza della sua condotta attiva o omissiva l’evento più tragico.

Nel caso di specie i Giudici hanno ritenuto che non potesse trattarsi di colpa cosciente, bensì di dolo eventuale, proprio perché il Ciontoli, seppur consapevole di aver inflitto un colpo di pistola “ con un’arma di potenza micidiale”, insieme alla sua famiglia, omise per un lasso di tempo apprezzabile di soccorrere immediatamente Marco Vannini.

Non solo, tutto il nucleo familiare riferì circostanze non esatte all'operatore del 118 in ordine a quanto realmente accaduto, impedendo ai soccorritori di attivare i mezzi più adeguati alla gravità del quadro medico, che avrebbero consentito agli stessi di mettere in campo un elisoccorso, personale altamente specializzato e mezzi di rianimazione.

Alla luce di tale contesto, ad avviso dei Giudici di Piazza Cavour gli imputati hanno di fatto accettato il rischio di cagionare la morte del malcapitato, non potendo pensare che il ragazzo potesse trovare salvezza se non attraverso l’intervento tempestivo dei soccorsi.

L’azione si verificò in un arco temporale che diede modo ai medesimi di rendersi conto e di considerare le conseguenze della loro condotta sciagurata, “alla realizzazione della quale si (determinarono) nonostante vi fossero tutti gli elementi di allarme derivanti da un ferimento con un’arma da fuoco”.

Indipendentemente dal soggetto che ha esploso il colpo di pistola il punto dirimente della questione si basa proprio sul mancato soccorso della vittima da parte di tutti i soggetti presenti e in grado di comprendere l’entità del ferimento cagionato. Inoltre, Antonio Ciontoli si adoperò con l’aiuto dei suoi familiari per cancellare le tracce di sangue, provvide a lavare il Vannini, a nascondere cartucce ed armi, a spostarlo dal luogo del ferimento a rivestirlo con indumenti non suoi.

La Corte ha ritenuto la condotta del Ciontoli caratterizzata da “pervicacia e spietatezza”, apparendo del tutto irragionevole, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, poter ritenere che egli avesse potuto sperare che Marco Vannini sarebbe sopravvissuto ad un simile avvenimento.

Non a caso la Corte di Cassazione si è soffermata anzitutto sul concetto di posizione di garanzia , prevista dal nostro codice penale all’art. 40, secondo comma, c.p., per il quale: “non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

Nell’ambito dei cosiddetti reati omissivi impropri assume rilevanza causale la condotta del soggetto che riveste una posizione di garanzia, che ha l’obbligo di evitare il verificarsi del fatto, per il particolare legame che lo correla al bene giuridico tutelato. Quando un soggetto ha un obbligo giuridico di impedire l’evento, non averlo impedito equivale ad averlo cagionato.

Pertanto, l’inerzia degli imputati, avrebbe violato l’obbligo imposto dalla legge di attivarsi per tutelare il bene giuridico (la vita di Vannini). Così, il nesso causale tra l’omissione e l’evento ha permesso di ascrivere il reato nella fattispecie di cui all’articolo 40, comma secondo, c.p..

4. La condotta degli altri imputati, le pene ad essi inflitte

Con riferimento all’elemento soggettivo degli altri imputati la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta l’inquadramento della fattispecie del concorso nell’omicidio con dolo eventuale, ex art 110 c.p. adoperata dai giudici della Corte di Assise di Appello.

Infatti, gli altri correi ebbero "tempestiva cognizione che era stato sparato un colpo di pistola”, come confermato anche dalle risultanze probatorie. Inoltre, soggiunge il Collegio, che appare del tutto inverosimile che i coimputati potessero credere anche alla menzogna di Antonio Ciontoli, quando lo stesso chiamò il 118, riferendo che si trattasse di una ferita provocata da una punta di un pettine.

Pertanto, gli stessi avevano piena consapevolezza della gravità di quanto si stava verificando. Essi rimasero inerti, non adoperandosi in alcuna azione per aiutare il ragazzo. La Corte di Assise di Appello applicò per i familiari l’art. 116 c.p., ritenedo che questi prospettarono un evento meno grave (lesioni) di quello voluto ed accettato da Antonio Ciontoli (omicidio).

Per i Giudici della Corte di Cassazione, al contrario, non si incorreva nell’ipotesi tipica di concorso anomalo prevista dall’art. 116 c.p. che sussiste quando il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti e ciò nonostante egli ne risponde se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione.

Non ci si trovava dinnanzi ad un caso per il quale i concorrenti erano persuasi di cooperare nel delitto di lesioni, mutato per l’azione di un altro concorrente. Infatti, per poter configurare il concorso anomalo non è sufficiente la volontà dell’evento diverso, ma occorre che la condotta del correo muti il titolo del reato mutando l’esito criminoso che tutti gli altri partecipanti avevano concordato determinandosi volontariamente verso un reato diverso.

Per l’applicazione del concorso anomalo è necessario che il fatto diverso non sia stato neppure voluto a titolo di dolo, altrimenti si incorre nell’ipotesi di concorso pieno ex art. 110 c.p., a mente del quale: “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti”.

La Corte di Cassazione piuttosto ha ritenuto applicabile il combinato disposto degli artt. 110 e 114, terzo comma, c.p.: i concorrenti sarebbero stati determinati a cooperare nel reato, sussistendo l’ipotesi attenuata del 114 c.p., terzo comma, che facendo rimando al numero 3 dell’art 112 c.p., diminuisce la pena a chi sarebbe stato determinato a partecipare al reato perché assoggettato all’esercizio dell’autorità, direzione e vigilanza di un altro soggetto.

I fratelli Ciontoli e la moglie sono stati ritenuti dai Giudici in una posizione di soggezione nei confronti di Antonio Ciontoli, il quale data la sua posizione di supremazia in ambito familiare e per timore delle implicazioni che il fatto avrebbe avuto sulla sua carriera ha esercitato sugli stessi la sua autorità nell’indurli a non attivarsi per salvare Marco Vannini.

La Corte di Cassazione quindi non ha annullato con rinvio e ha provveduto essa stessa alla corretta qualificazione del fatto ascritto a Martina e Federico Ciontoli e Maria Pezzillo ai sensi degli art. 110, 114, e 575 c.p., in considerazione del fatto che il trattamento sanzionatorio è il medesimo di quello adoperato dalla Corte di Assise d’ Appello in applicazione dell’art. 116 c.p.

Ecco spiegato perchè i figli e la moglie del Sig. Ciontoli sono stati condannati alla pena di anni 9 e mesi 4 di reclusione, avendo ottenuto gli stessi la forma attenuata di concorso in omicidio volontario, mentre il Sig. Ciontoli è stato condannato alla pena di anni 14 di reclusione, essendo stato condannato per omicidio volontario nella forma del dolo eventuale.

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