Differenza tra domicilio e residenza

Esplora le distinzioni tra domicilio e residenza: significati, implicazioni legali e differenze pratiche. Una guida chiara per comprendere due concetti spesso confusi nel diritto civile.

Differenza tra domicilio e residenza

Può accadere che per una variegata molteplicità di ragioni sia necessario individuare esattamente il luogo in cui una persona si trovi. A tal fine si fa ricorso ai criteri di collegamento del domicilio e della residenza.

Sebbene spesso vengano utilizzati come sinonimi occorre sottolineare che tale convincimento è del tutto erroneo, posto che i due termini esprimono, dal punto di vista giuridico, concetti tra loro differenti, anche se può accadere che uno stesso soggetto abbia il domicilio e la residenza collocati nello stesso luogo.

1. CHE DIFFERENZA C’È TRA DOMICILIO E RESIDENZA?

Con il termine “domicilio” si intende il luogo in cui una persona fissa la sede principale dei suoi affari e interessi e consta, secondo l’indirizzo attualmente nettamente prevalente, di due elementi caratteristici:

- dal punto di vista oggettivo si fa riferimento usualmente al luogo in cui il soggetto intrattiene rapporti economici, morali, sociali e familiari;

- dal punto di vista soggettivo è necessaria l’intenzione di fissare in un certo luogo il centro dei propri affari e interessi. Quanto appena affermato coincide sostanzialmente con la nozione di domicilio dettata ai sensi del codice civile all’articolo 43.

Come si è già avuto modo di anticipare nell’introduzione, di tale concetto si occupa altresì il dettato costituzionale, laddove all’articolo 14 si premura di definirlo in termini di “inviolabilità”. Il termine, in tale sede, ha un significato più ampio rispetto a quanto avviene nel contesto della nozione civilistica, caratterizzandosi come inclusivo di tutti i luoghi in cui le persone, nell’ottica di una tutela del proprio diritto alla riservatezza personale, hanno il diritto di escludere terzi soggetti, onde esercitare, nella più totale libertà, i loro diritti inerenti la sfera più intima.

Ci sono ipotesi in cui il domicilio è fissato dalla legge. Si tratta dei casi delineati dall’articolo 45 del codice civile in riferimento alle figure: dei coniugi, ciascuno dei quali ha il proprio domicilio nel luogo in cui trovano sede principale i propri affari o interessi; del minore, che ha domicilio nel luogo in cui è fissata la residenza della famiglia o presso il domicilio del tutore, con la specificazione che, ove i genitori siano separati o divorziati o, comunque, non abbiano più una residenza comune, il suo domicilio è fissato presso quello del genitore con cui convive; dell’interdetto, il cui domicilio è fissato nel luogo in cui è sito quello del tutore.

Tale previsione rinviene giustificazione nella volontà di apprestare nei riguardi dei soggetti testé considerati una forma di tutela più pregnante di quella ordinaria. Al di fuori delle ipotesi in cui è la legge stessa a fissare il domicilio per taluni soggetti specificamente individuati la decisione in merito a ciò è posta a carico di ogni singolo consociato, il quale vi provvede mediante un atto espresso che prende il nome di “elezione di domicilio”.

Tale elezione può essere generica o specifica (come si vedrà meglio sub par. 3) e deve farsi necessariamente per atto scritto. L’elezione di domicilio generica ha ad oggetto tutti gli affari e gli interessi della persona.

Tra le svariate ipotesi, a titolo meramente semplificativo, si può richiamare il caso del lavoratore libero professionista, che fissa il proprio domicilio nel luogo in cui esercita la propria attività professionale.

L’elezione di domicilio specifica, al contrario, è quella cui si ricorre per il compimento di taluni specifici atti. Passando ad esaminare la nozione di “residenza” essa è fatta coincidere con la dimora abituale del soggetto presso un luogo determinato. Sicché, anche se può coincidere con il domicilio, può essere sita in un luogo differente, poiché accade sovente che quale domicilio venga scelto il luogo in cui ha sede lo studio destinato allo svolgimento dell’attività professionale, mentre la residenza resta fissata nel luogo in cui si trova la casa familiare.

L’impostazione largamente maggioritaria opina, quindi, nel senso che la residenza si caratterizza per la compresenza di un elemento materiale, costituito dall’abitualità della dimora, e di un elemento psicologico, ossia l’intenzione di dimorare stabilmente presso un determinato luogo. A carico di tutti i cittadini è posto l’obbligo di comunicare all’ufficio anagrafe del Comune l’indirizzo in cui risiede, mediante la compilazione di una dichiarazione ad hoc.

L’ufficiale di stato civile provvederà, in conseguenza, alla registrazione di quest’ultima. A completamento del quadro appena delineato occorre fare un breve cenno anche alla nozione di “dimora”, sebbene si debba precisare che il rilievo in ambito giuridico assume rilevanza marginale (di norma solo allorché non sia possibile individuare con precisione la residenza del soggetto).

Essa viene fatta coincidere con il luogo in cui il singolo soggetto abita o, comunque, permane, ma in un momento determinato e senza il carattere della stabilità. Anzi, si potrebbe meglio affermare che si tratta del luogo in cui una persona soggiorni in via del tutto temporanea.

L’esempio classico è quello del luogo in cui si trova la casa per le vacanze, in cui il soggetto titolare soggiorna solo in determinati periodi dell’anno.

2. L’ELEZIONE SPECIFICA DI DOMICILIO

 Orbene, giunti a questo punto della trattazione è opportuno chiedersi se nell’attività di scelta della propria residenza o di elezione di domicilio sia o meno necessario farsi assistere da un legale.

Per quanto attiene alle ipotesi delineate nel paragrafo precedente e, quindi, nella scelta dell’indirizzo in cui si decide di fissare la propria residenza ovvero nell’elezione di domicilio generico di norma non è necessario ricorrere all’ausilio di un avvocato.

Diversamente può dirsi allorquando sia necessario effettuare elezione specifica di domicilio. Si tratta della figura prevista dall’articolo 47 c.c., che fa riferimento al compimento di affari o atti determinati.

Tipicamente si tratta degli atti relativi allo svolgimento di una causa legale, ove si opta per la domiciliazione del cliente presso lo studio del legale che lo assiste in giudizio. Di norma l’elezione di domicilio viene effettuata nell’epigrafe del primo atto difensivo relativo al procedimento o con atto a parte al momento del conferimento della procura.

In questo caso l’elezione di domicilio è funzionale al compimento delle attività legali inerenti all’assistenza e alla rappresentanza in giudizio. L’elezione di domicilio, infatti, fa sì che dal momento in cui viene effettuata tutte le comunicazioni e le notifiche relative al procedimento in cui il soggetto è coinvolto vengano fatte direttamente presso lo studio del suo avvocato.

Quest’ultimo, infatti, deve conoscere con la massima tempestività tutto quanto abbia a che fare con la causa che vede coinvolto il cliente affinché gli sia possibile adoperarsi nel più breve tempo possibile per il compimento degli atti e delle attività che di volta in volta si rendano necessari per fornire un’adeguata assistenza e difesa.

Di norma nell’atto introduttivo del giudizio o nella procura relativa al giudizio è possibile individuare l’elezione di domicilio nella dicitura “rappresentato e difeso dall’Avv. ……………, presso il cui studio sito in………….., alla via………………, civico n. ……, elegge domicilio” o in altre che siano assimilabili a quella citata.

NORME DI RIFERIMENTO

  • Articoli 43, 45 e 47 c.c.
  • Articolo 14 Cost.

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