Diritto di visita al figlio e l'opposizione del genitore

Il figlio minore a seguito della separazione o divorzio dei genitori, ha diritto alla frequentazione con entrambi, in quanto rispondente al suo sano sviluppo psico-fisico, salvo che il genitore assuma comportamenti dannosi per il minore stesso. In caso d’impedimento di uno dei genitori, l’altro può rivolgersi all'autorità giudiziaria, onde ottenere la cessazione del comportamento vessatorio.

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1. Il diritto di visita al figlio

L’articolo che tratteremo oggi riguarda il tema del diritto di famiglia e, più precisamente, l’opposizione del genitore collocatario all’esercizio del diritto di visita al figlio minore da parte dell’altro genitore e gli strumenti a cui quest’ultimo può ricorrere per porre fine alla situazione.

Il diritto di visita al figlio minore è correlato al principio di bigenitorialità (legge n. 54 del 2006), secondo cui il figlio minore ha diritto anche a seguito della separazione o divorzio, a continuare ad avere rapporti stabili, effettivi e continuativi con entrambi i genitori al fine di salvaguardarne la sana crescita psico-fisica ed il suo corretto sviluppo.

In tale ottica, si inserisce il diritto di visita al figlio minore (art. 337 ter c.c.) con la determinazione da parte del giudice, dei modi e degli orari di frequentazione del figlio con il genitore presso cui non è collocato stabilmente.

A seguito della valutazione sull’affidamento condiviso del figlio minore ad entrambi i genitori, ovvero ove ritenga che esso sia contrario all’interesse primario del minore stesso, stabilendo l’affido esclusivo.

2. L’opposizione del genitore collocatario all’esercizio del diritto di visita

Il rifiuto del genitore collocatario all’esercizio del diritto di visita al figlio minore, da parte dell’altro genitore, può configurare il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento giudiziario (art. 388 c.p.), che prevede la pena della reclusione fino a tre anni ovvero la sanzione amministrativa da 103€ fino a 1.032€.

La fattispecie in esame, ricorre qualora il genitore presso cui il minore convive coscientemente (è necessario il dolo), ponga in essere comportamenti commissivi oppure omissivi, al fine di eludere e non dar esecuzione al provvedimento del giudice, che ha disposto il diritto di visita del figlio minore.

Al riguardo, la Cassazione ha chiarito che per l’accertamento del dolo nell’ipotesi di mancata esecuzione del provvedimento giudiziale riguardante l’affidamento del figlio, occorre stabilire se il genitore affidatario nell’impedire il diritto di visita da parte dell’altro genitore al figlio minore, abbia agito al fine di tutelare il suo interesse in quanto anche se egli è obbligato a rispettare le prescrizioni del giudice, ha il diritto-dovere di assicurare, in ogni momento, la massima tutela all’interesse preminente del minore.

Specialmente, quando per circostanze immanenti non sia possibile il tempestivo ricorso al giudice e pertanto il rifiuto di visita, può trovare giustificazione nell’esigenza prevalente di tutelare l’interesse morale e materiale del minore stesso (Cass. Civ., 11 marzo 2010, n. 10701).

2.1 Come opporsi in caso di separazione ed in caso di divorzio

Occorre precisare, che il diritto di visita al figlio minore non costituisce un diritto incondizionato a favore del genitore non collocatario, dal momento che la frequentazione tra genitore e figlio a seguito della separazione o divorzio può essere sospesa ovvero esclusa, nei casi più gravi.

Qualora la frequentazione risulti pregiudizievole per il minore stesso, essendo il diritto di visita subordinato al suo primario interesse morale e materiale, dovendo salvaguardare esclusivamente il suo equilibrio psico-fisico.

Da ciò deriva che il genitore separato, qualora ritenga che la frequentazione del proprio figlio minore con l’altro genitore, sia pregiudizievole (art. 337 quinquies del c.c.), richieda la modifica delle disposizioni riguardanti la prole.

In questo caso, occorre proporre ricorso all’autorità giudiziaria eccependo l’incapacità dell’altro genitore all'esercizio della responsabilità genitoriale e di conseguenza, anche l’inopportunità che quest’ultimo continui ad intrattenere rapporti con il figlio minore.

Anche in sede di divorzio gli ex coniugi possono chiedere la modifica delle precedenti statuizioni dettate dal giudice (art. 9 della lg. 898/70), nell’ipotesi di circostanze nuove ed emerse successivamente al divorzio stesso.

La possibilità di ricorrere al tribunale, con la presenza del pubblico ministero al fine di ottenere la sospensione ovvero l’esclusione degli incontri tra la prole e l’altro genitore, in quanto dannosi per il minore

3. L’opposizione del genitore collocatario: come porre fine alla situazione?

Qualora il genitore presso cui il minore non conviva stabilmente incontri l’opposizione dell’ex coniuge all’esercizio del proprio diritto di visita al figlio, può ricorrere all’autorità giudiziaria al fine di ottenere il ripristino ovvero la modifica delle disposizioni dettate al momento della separazione.

Innanzitutto, egli, può denunciare il comportamento del genitore che impedisca la frequentazione con la prole, senza giustificato motivo, rivolgendosi agli organi di polizia per il reato di mancata esecuzione del provvedimento giudiziale (art. 388 c.p.), trattandosi di fattispecie punibile soltanto a querela della persona offesa.

Il genitore, inoltre qualora la separazione è in corso (art. 709 ter c.p.c.), può rivolgersi al giudice della separazione stessa, chiedendo la cessazione del comportamento vessatorio, nonché nei casi più gravi, anche la modifica del regime di affidamento del figlio minore.

A seguito della separazione, invece, il genitore impedito all'esercizio del diritto di visita al figlio è tenuto a ricorrere al tribunale di residenza del minore (art. 710 c.c.) seguendo il rito camerale, chiedendo la modifica dei provvedimenti assunti in precedenza.

Nell’ipotesi, in cui i genitori siano divorziati, il genitore non collocatario a fronte dell’inadempimento dell’altro genitore al diritto di visita (art. 9), può domandare al tribunale il ripristino del proprio diritto nonché la revisione delle condizioni dettate in sede di divorzio, sull’affidamento dei figli minori qualora il comportamento dell’altro genitore, abbia assunto connotati gravosi, tali da legittimare la richiesta di affido esclusivo.

Fonti normative

Codice civile: articoli 337 ter, 337 quinquies

Codice penale: articoli 388

Cassazione Civile, Sentenza n. 10701, 11 marzo 2010

Legge 1 dicembre 1970, n. 898

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Avvocato Roberto Ruocco

Roberto Ruocco

Mi chiamo Roberto Ruocco, ho conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Salerno, nell'anno 2013. Successivamente ho svolto il Praticantato Forense, presso uno studio legale, attivo in tutta la ...