Si può chiedere il risarcimento per il morso di un cane?

Il morso di un cane o di altro animale è un evento particolare specialmente laddove comporti il ferimento della vittima e le conseguenze per il proprietario dell’animale possono essere di natura amministrativa, civile e addirittura penale.

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1. Responsabilita’ del proprietario del cane

L’ articolo 2052 c.c. statuisce che il proprietario di un animale, o chi se ne serve, è responsabile per i danni provocati dall’animale stesso, a meno che non venga provato il caso fortuito. La responsabilità civile prevista nel suddetto articolo si fonda sulla relazione che intercorre tra il soggetto e l’animale, il cui unico limite è quindi rappresentato dal caso fortuito . La prova di quest’ultimo potrà anche avere ad oggetto il comportamento del danneggiato purchè avente un carattere di imprevedibilità e eccezionalità (Sent. n. 10402/2016 Cass. Civ.), questa chiara attribuzione di responsabilità viene definita di natura oggettiva.

Pertanto, il proprietario o possessore di un cane è anche responsabile dei comportamenti dello stesso e delle eventuali lesioni che esso potrebbe provocare ad altre persone. Secondo la giurisprudenza corrente se un soggetto viene morso da un cane o altro animale , il proprietario ne sarà responsabile una volta dimostrato il nesso causale tra aggressione dell’animale e lesione subita. Si tratta di una vera e propria presunzione di responsabilità che potrebbe essere superata soltanto nel caso in cui venga dimostrato che il fatto lesivo è dipeso da circostanze fortuite.

La responsabilità, che può derivare dal caso in esame, può essere oltre che civile anche penale, infatti il proprietario o detentore di un cane al momento del verificarsi dell’aggressione potrebbe essere chiamato a rispondere del reato di “Lesioni personali colpose” di cui all’articolo 590 c.p., nel caso in cui la vittima riporti una lesione personale e siano ravvisabili nell’accaduto i profili della colpa nella custodia o nella vigilanza dell’animale.

Il reato di cui sopra è perseguibile a querela di parte, perciò affinché l’autorità giudiziaria possa attivarsi è essenziale un input da parte della persona offesa attraverso la presentazione di una querela entro il termine di tre mesi dal verificarsi del fatto che costituisce reato.

2. Risarcimento del danno, in cosa consiste

La vittima del morso di un cane ha diritto al risarcimento del danno sofferto, i danni risarcibili possono essere di natura patrimoniale e non. Il danno patrimoniale è quello previsto dall’art. 1223 c.c. che comprende:

  • Danno emergente, consiste nelle perdite economiche e delle spese sostenute (nel caso in oggetto può trattarsi ad esempio di vestiti o spese mediche);
  • Danno da lucro cessante, consegue alla perdita del guadagno derivante dalla convalescenza per le ferite inferte.

Il danno patrimoniale, ovvero il danno all’integrità psicofisica subito dalla vittima del morso può comprendere:

  • Danno biologico, inteso come lesione del bene salute;
  • Danno estetico, inteso come compromissione dell’aspetto fisico;
  • Danno psicologico, inteso come turbamento o peggioramento della personalità;
  • Danno morale, inteso come turbamento d’animo a seguito della sofferenza patita.

L’azione risarcitoria in sede civile è soggetta al termine di prescrizione di 5 anni dalla data del verificarsi dell’evento dannoso. Affinché si possa procedere con la suddetta azione, è fondamentale che la vittima del morso del cane si rechi al pronto soccorso al fine di accertare le lesioni e ricevere una prognosi, la vittima potrà procedere in due modi:

  • Presentando una querela penale ai carabinieri, alla polizia o direttamente alla procura della repubblica;
  • Intentando una causa civile per ottenere il risarcimento del danno.

Nel caso in cui la vittima decida di agire penalmente, l’azione civile resterà sospesa fino alla conclusione del giudizio penale, inoltre la vittima che agisce penalmente è tenuta a costituirsi parte civile nel processo, altrimenti non potrà sperare nel risarcimento. Per ciò che concerne l’azione civile per il risarcimento del danno sofferto, se non c’è accordo tra le parti in merito all’ammontare dello stesso, la vittima dovrà chiedere al giudice di condannare il proprietario dell’animale a risarcire economicamente sia i danni fisici che quelli morali.

In seguito a quanto sopra il tribunale nominerà un CTU con competenze in medicina legale, nella perizia quest’ultimo valuterà se la vittima ha riportato:

  • una inabilità temporanea, ossia i giorni di malattia che hanno costretto la vittima a restare a casa, incapace di svolgere le attività quotidiane;
  • una inabilità permanente, ossia eventuali postumi che si prolungheranno per l’intera vita del soggetto leso.

Pertanto, l’ammontare del risarcimento sarà diverso a seconda della gravità delle lesioni subite. Nel caso in cui la vittima abbia riportato lesioni lievi e guaribili in pochi giorni il risarcimento sarà più che altro di natura simbolica, la somma sarà invece più ingente nel caso di postumi invalidanti o traumi emotivi.

Come si è già in precedenza precisato il proprietario o detentore del cane potrebbe essere responsabile anche penalmente, infatti egli potrebbe rispondere del reato di “Lesioni Personali” di cui all’articolo 590 c.p. nel caso in cui la vittima dell’aggressione riporti una lesione personale e siano ravvisabili i profili della colpa nella custodia o nella vigilanza dell’animale. Il padrone del cane, che risponde del reato di lesioni colpose per danni fisici arrecati ad altri dal suo animale potrà essere punito con la reclusione fino a tre mesi e con una multa di massimo 390 euro.

La richiesta di risarcimento danni nel caso di morso di un cane è sempre possibile, sia nel caso in cui il cane abbia un microchip, quindi ci sia ufficialmente un proprietario, sia nel caso in cui si tratti di un cane randagio, in questa seconda circostanza la richiesta di risarcimento dovrà essere fatta al comune del luogo in cui si è verificata l’aggressione.

3. Il concetto di terzo danneggiato

In virtù dell’art. 2052 c.c., la responsabilità dei danni cagionati dall’animale non incombe solo sul proprietario dell’animale, ma anche su chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso. Quest’ultimo, come il proprietario risponde sia civilmente che penalmente dei danni connessi all’omessa custodia del cane.

A volte può capitare che il terzo danneggiato sia proprio il soggetto che detenga l’animale. Secondo la Cassazione non può considerarsi terzo danneggiato colui che custodisca l’animale per un proprio interesse, anche non economico, o per una propria finalità essendo egli obbligato al risarcimento dei danni arrecati ai terzi che siano causalmente collegati con il predetto uso.

Tuttavia, tale ottica non si applica laddove l’utilizzo sia dovuto a mansioni inerenti l’attività lavorativa del detentore, affidategli proprio dal proprietario dell’animale alle cui dipendenze l’utilizzatore presti dette attività ( Corte Cass. Civ. Sent. n.10189/10). Si tratta di un’ipotesi in cui la Cassazione ha cassato la sentenza di appello che aveva escluso il diritto al risarcimento del danno ad un componente del Corpo di Polizia Municipale, il quale nell’esercizio delle proprie mansioni era caduto dal cavallo dallo stesso montato, sull’assunto che in quel momento l’animale era affidato alla custodia del medesimo danneggiato.

La Cassazione ha precisato che la responsabilità causata dall’animale sia una responsabilità di tipo oggettivo che ricade sul proprietario o su chi si serve dell’animale, intendendo per costui, colui il quale con il consenso del proprietario e anche in virtù di un rapporto di mero fatto, usa l’animale per un interesse autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario (Corte Cass. Civ Sent. n. 16023/10).

Per questo motivo deve ritenersi terzo danneggiato colui che custodisca l’animale non per un proprio interesse, ma per via delle proprie mansioni lavorative, come ad esempio l’agente di Polizia Municipale, nel caso appena richiamato o, secondo tale impostazione, come il caso in cui il proprietario affidi il proprio animale domestico ad un dog sitter.

4. Obbligo di custodia e posizione di garanzia

Vi sono però altre insidie da dover analizzare. Una tra tutte è la responsabilità di tipo penale che incombe sul soggetto che abbia in custodia il cane. Ebbene, ai sensi dell’art. 672 c.p. viene punita l’omessa custodia dell’animale e trattandosi di un reato omissivo, occorre indagare su quale soggetto incomba la posizione di garanzia qualora l’animale sia affidato ad una persona diversa dal proprietario.

Orbene, per posizione di garanzia si intende l’obbligo del soggetto responsabile di adottare ogni cautela volta a scongiurare possibili danni a terzi, nella fattispecie danni dovuti all’aggressione dell’animale. La norma infatti prevede una pena di tipo contravvenzionale per colui che lasci libero l’animale, non lo custodisca con le debite cautele o lo affidi a persona inesperta.

L’obbligo di custodia sussiste anche nel caso di semplice detenzione tra l’animale e un soggetto, il quale è obbligato a non lasciare libero l’animale e a custodirlo. Pertanto è sufficiente una semplice detenzione anche di mero fatto con il cane, non essendo necessario un rapporto di proprietà di tipo civilistico ( Cass. Pen. Sent. n. 34813/10). Occorre precisare che per orientamento costante della giurisprudenza di legittimità la responsabilità del proprietario residua finché egli abbia un potere di controllo effettivo sul comportamento dell’animale o qualora abbia affidato lo stesso ad un soggetto non in grado di provvedervi autonomamente.

Ovviamente il proprietario non sarà esonerato da responsabilità per un’assenza provvisoria, egli dovrà trasferire il proprio obbligo di garanzia su un altro soggetto.

5. Esempio di un caso reale

Poniamo l’esempio di un proprietario che lasci in custodia per un’intera settimana il proprio mastino ad un dog sitter. Durante una passeggiata al parco egli lasci libero il cane affidatogli e poniamo il caso che in tale lasso di tempo il molosso azzanni un bambino.

Stando a quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, qualora il proprietario non abbia alcun potere di vigilanza sul cane nel momento dell’evento dannoso, egli non può ritenersi responsabile delle lesioni da questo causate (Cass. Pen. Sent. n. 30548/16). Pertanto, del reato di lesione in questo caso dovrà rispondere il dog sitter.

Ad ogni modo, ogni qualvolta si decida di accogliere in casa un cane è bene munirsi di una polizza assicurativa e qualora sia necessaria l’assistenza di un dog sitter è opportuno disciplinare tale attività professionale mediante un rapporto contrattuale a tutela del prestatore d’opera e del proprietario del cane.

6. Fonti normative

Articolo 2052 Codice civile

Sentenza n. 10402/2016 Cassazione Civile

Articolo 1223 Codice Civile

Articolo 590 Codice Penale

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Avvocato Reva Kunze

Reva Kunze

Sono l'avv. Simona De Mauri, mi occupo di diritto penale diritto civile, in particolar modo di procedure esecutive, diritto commerciale, assicurativo e famiglia.