Come si prova un credito professionale?

I clienti insolventi o quelli che eseguono in ritardo il pagamento della prestazione del professionista sono una realtà consolidata al giorno d’oggi.

prova credito professionale

1. La prova del credito professionale

Il lavoratore autonomo ha l’onere di provare lo svolgimento dell’attività professionale per la quale richiede il pagamento del compenso. Per provare i propri crediti professionali e ricorrere alle soluzioni che ha a disposizione in caso di insolvenza del committente, il professionista deve essere in possesso di una documentazione idonea a tal fine:

  • la lettera di incarico professionale ovvero un contratto tra professionista e committente che prova e regola la prestazione professionale e solitamente contiene una clausola che fissa i termini di pagamento della fattura a 30 o a 60 giorni. Il DdL 102/2016 approvato dal Governo, prevede che tale contratto debba avere necessariamente forma scritta e di conseguenza è considerato abusivo il rifiuto del committente di stipularlo in forma diversa da quella scritta;
  • gli estratti autentici delle scritture contabili considerati prove scritte con la Legge 81/2017 (Jobs Act dei lavoratori autonomi). L’emissione della fattura e la sua successiva registrazione nel registro IVA sono fondamentali per la valenza probatoria che in particolare hanno in caso di mancato pagamento del destinatario della stessa;
  • la corrispondenza, compresa la posta elettronica, con il cliente sia della fase della stipulazione del contratto, sia della fase di sollecito;
  • parere dell’associazione professionale (non vincolante), nell’ipotesi di un professionista iscritto all’ordine degli Avvocati.

2. Il recupero dei crediti professionali

Come detto pocanzi un avvocato, per recuperare i propri compensi professionali non pagati spontaneamente dal cliente, potrà intraprendere diverse strade.

2.1 Prescrizione triennale

Il cliente, per non pagare o per prolungare i tempi di pagamento, spesso mette le mani avanti con le scuse più disparate. Il professionista dovrà sollecitare più volte al committente insolvente il pagamento delle proprie prestazioni e, di conseguenza, agire tempestivamente in quanto i crediti professionali sono soggetti a prescrizione triennale. Trascorsi tre anni, il cliente può rifiutarsi di adempiere alla richiesta di pagamento del professionista.

2.2 Rimedi per il professionista

Il lavoratore autonomo (esclusi i professionisti iscritti all’ordine degli Avvocati), il cui credito professionale non viene soddisfatto, può ricorrere a diverse soluzioni per porre rimedio alla insolvenza del committente:

  • trattativa stragiudiziale col debitore: se si tratta di crediti scaduti da poco e vi sono già stati più inviti al pagamento da parte del professionista, questa è la procedura consigliata in quanto vi è una elevata possibilità di recuperarli. La trattativa inizia con la messa in mora del cliente tramite l’invio di una lettera raccomandata con avviso di ricevimento in cui si sollecita il pagamento dell’importo dovuto e si dà un termine perentorio per l’adempimento. Questa prima soluzione, oltre ad attestare la buona fede che può davvero trovarsi in una situazione di difficoltà finanziaria, può essere adottata prima di ricorrere ad azioni più incisive;
  • l’assistenza di un legale, o quella di un Giudice di Pace, si ritiene necessaria quando, scaduto il primo termine perentorio e, inviata una seconda raccomandata, il cliente non effettua nuovamente il pagamento. Compito del difensore è quello di inviare una lettera formale di intervento al cliente insolvente, con la quale si richiede di nuovo il pagamento per le prestazioni professionali eseguite e si stabilisce un termine entro cui effettuarlo. In caso di ulteriore insolvenza del debitore, il procedimento per il recupero dei crediti professionali continuerà presso le sedi giudiziarie;
  • trattativa giudiziale:
  • decreto ingiuntivo. Quest’ultimo step permetterà al creditore di vedere soddisfatto il proprio credito professionale in tempi brevi. Il decreto ingiuntivo consente al creditore di acquisire immediatamente un titolo esecutivo contro il debitore. Il procedimento consiste nella richiesta al giudice dell’emissione del provvedimento da parte del creditore, ai fini del quale deve essere munito della documentazione idonea. L’autorità giudiziaria a sua volta ingiunge al cliente insolvente di adempiere al pagamento entro 40 giorni dalla notifica;
  • procedimento ordinario. Questo ha luogo nel caso in cui il professionista non disponga della documentazione idonea a provare il suo credito professionale. In tal caso è prevista la citazione del cliente insolvente davanti al giudice. Procedimento che richiede tempi più lunghi rispetto al precedente e di conseguenza comporterà costi più alti da sostenere.

2.3 Rimedi per il professionista iscritto all’Ordine degli Avvocati

Il lavoratore autonomo iscritto all’Ordine degli Avvocati, il cui credito professionale non viene soddisfatto, può ricorrere per mezzo di:

  1. un procedimento sommario “speciale”;
  2. un procedimento per decreto ingiuntivo.

Esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito di cognizione ordinaria e sia con quello del procedimento sommario ordinario.

3. Novità legislative

Come si è già avuto modo di anticipare al paragrafo 1 il lavoratore autonomo che voglia richiedere il pagamento per un compenso rimasto insoluto da parte del cliente ha l’onere di fornire prova del proprio credito, mediante allegazione di idonea documentazione a supporto. Si è evidenziato che tra i documenti ritenuti utili allo scopo si ricomprende anche la produzione delle fatture emesse e della loro effettiva annotazione nel registro IVA, Sul punto è, tuttavia, opportuno effettuare qualche maggiore precisazione.

E’ ben vero, infatti, che le fatture costituiscono strumento idoneo e sufficiente a consentire, ad esempio, l’emissione di un provvedimento di ingiunzione nei confronti del soggetto nei confronti del quale sono state emesse. Tuttavia, quello che vale nel predetto contesto, in cui il giudice che emana il provvedimento basandosi su una cognizione sommaria, non può ritenersi estensibile anche nell’eventuale fase successiva di opposizione al decreto ingiuntivo emesso e notificato. Invero, tutta la giurisprudenza più recente e ormai consolidata tende ad escludere che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che si configura, al contrario, come giudizio a cognizione piena, possa ritenersi la produzione della fattura di per sé sola sufficiente a sostenere e supportare la prova dell’effettiva esistenza del credito professionale.

Tanto sull’assunto secondo cui la fattura commerciale, per quanto anche debitamente annotata, avuto riguardo alla sua natura di atto a formazione unilaterale da parte del creditore nonché alla funzione sua propria di far risultare documenti inerenti all’esecuzione di un contratto, deve essere considerata sussumibile nella categoria dei cosiddetti atti giuridici a contenuto partecipativo. Essa, d’altronde, si identifica nella dichiarazione di una parte (il creditore) all’altra (il debitore) di fatti concernenti un rapporto già costituito.

Ciò comporta che, qualora il rapporto posto a fondamento della fattura venga messo in dubbio e, quindi, contestato, la fattura non è da sola sufficiente a costituire valido elemento di prova del fatto che le prestazioni di cui è richiesto il pagamento sono state effettivamente eseguite, ma al massimo può costituire un mero indizio di ciò (cfr. in tal senso, tra le tante, C. Cass., sez. II civile, ordinanza 4 gennaio 2022, n. 128). Invero, non sono isolati i casi in cui, in esito al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel quale il soggetto che assuma di vantare un credito professionale non sia stato in grado di fornire prova ulteriore a supporto rispetto alla fattura, il giudice ha disposto la revoca del provvedimento monitorio opposto.

Al fine di evitare che quanto testé prospettato si verifichi è, pertanto, auspicabile, specie quando si tratti di crediti di consistente valore, che il creditore si premuri sin dall’inizio di fornire in uno con le fatture emesse anche ulteriori elementi probatori che siano più difficilmente contestabili in un eventuale giudizio di opposizione. Come si è già avuto modo di premettere, all’uopo possono essere utili, in special modo, oltre agli estratti autentici delle scritture contabili ed al parere degli organi professionali, tutti quei documenti la cui formazione comporti la collaborazione anche dell’altra parte e, quindi, scambio di corrispondenza dalla quale si evinca che la prestazione o la consegna promessa siano state effettuate, contratti e scritture private, documenti di trasporto riportanti in calce la sottoscrizione per ricevuta da parte del destinatario (debitore) ovvero lettere di incarico professionali dalle quali si possa ricavare con certezza che la pretesa creditoria non sia completamente destituita di fondamento.

 

Fonti normative

Art. 1326 c.c.

Art. 633 e s.s. c.d.p.

Disegno di Legge 102/2016

Sentenza Cassazione n. 4485/2018

C. Cass., sez. II civile, ordinanza 4 gennaio 2022, n. 128 ed ulteriori conformi.

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Avvocato Chiara Biscella

Chiara Biscella

Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...