Differenze tra separazione e divorzio

Differenze tra separazione e divorzio: analisi dettagliata dei due processi, delle implicazioni legali, emotive e finanziarie. Una guida per comprendere le fasi e le conseguenze di ciascun percorso. Indispensabile per coppie in crisi.

differenza separazione e divorzio

Prima di illustrare, le differenze tra tali istituti, è importante sottolineare le caratteristiche che accomunano la separazione ed il divorzio tra i due coniugi. Infatti, entrambi gli istituti prevedono la distinzione in:

  • consensuale: quando c’è l’accordo dei coniugi sulle condizioni per addivenire alla loro separazione o divorzio;
  • giudiziale: quando, invece, i due coniugi sono in disaccordo sulle condizioni e modalità per giungere alla separazione o divorzio coniugale. In secondo luogo, entrambe le procedure, prendono avvio, a seguito del deposito del ricorso dinanzi al tribunale dell’ultima residenza comune dei coniugi.

Nell’ipotesi di separazione o divorzio consensuale, i coniugi, possono presentare domanda congiunta, dinanzi al tribunale di residenza o domicilio di uno dei due coniugi. Nel ricorso, il ricorrente, devi indicare gli elementi di diritto e l’esposizione dei fatti, su cui si fonda la propria domanda, nonché specificare, ove presenti, l’esistenza di figli di entrambi i coniugi.

Vanno allegate anche le ultime dichiarazioni dei redditi. A seguito del deposito del ricorso, sia in caso di separazione che di divorzio, il presidente del tribunale, fissa l’udienza di comparizione personale dei coniugi, dinanzi ad esso.

All’udienza presidenziale, i due coniugi, assistiti dai rispettivi difensori, vengono ascoltati prima separatamente e poi congiuntamente, al fine di tentare la loro conciliazione. In caso negativo, il presidente del tribunale, con propria ordinanza, emette i provvedimenti urgenti nell’interesse dei due coniugi e dei figli minori, ove presenti, rimettendo le parti, dinanzi al giudice istruttore, per il proseguimento del procedimento nel merito, che si concluderà, con la sentenza di separazione o di divorzio dei due coniugi.

1. Qual’è la differenza tra separazione e divorzio?

La differenza principale, intercorrente tra la separazione personale dei coniugi ed il divorzio, riguarda gli effetti che tali procedure, producono relativamente al rapporto matrimoniale. La separazione, che può essere richiesta in ogni momento, infatti comporta, esclusivamente la sospensione temporanea degli effetti prodotti dal matrimonio, in capo ad entrambi i coniugi.

Attraverso la separazione, il vincolo coniugale non viene sciolto, ma rimane valido fino a quando non interverrà la sentenza di divorzio tra i due coniugi.

Quest’ultimi infatti, vengono autorizzati dal presidente del tribunale ovvero dal giudice istruttore (a seconda se si tratti di separazione consensuale o giudiziale) a vivere in residenze diverse, venendo meno il requisito della coabitazione nonché l’obbligo all’assistenza morale e materiale tra i due coniugi.

Il divorzio tra i due coniugi, invece può essere richiesto:

  • dopo sei mesi, nell'ipotesi di separazione consensuale;
  • dopo un anno, nel caso di separazione giudiziale tra i due coniugi. A differenza della separazione, la sentenza che pronuncia il divorzio tra i due coniugi, comporta lo scioglimento del vincolo coniugale ovvero la cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso (trascritto nei registri di stato civile).

Con il divorzio, quindi, il matrimonio cessa definitivamente i propri effetti, e quindi marito e moglie, passeranno allo status di “ex coniugi”, potendo contrarre nuovamente il vincolo coniugale.

Un ulteriore differenza rispetto alla separazione, è rappresentata dall’impossibilità nell’ipotesi in cui venga pronunciata la sentenza di divorzio, della riconciliazione dei due coniugi, mantenendo in essere gli effetti del matrimonio. Infatti, durante la separazione, i due coniugi, possono riconciliarsi in qualsiasi momento, riprendendo il loro matrimonio da dove lo avevano interrotto, attraverso una dichiarazione espressa oppure assumendo comportamenti che denotano la fine della separazione.

Nel caso del divorzio, invece, sciogliendo definitivamente il matrimonio, ove avvenga la riconciliazione, successivamente alla sentenza, marito e moglie, continueranno ad essere “ex coniugi” e per riacquistare gli effetti del matrimonio, dovranno risposarsi!!!.

2. Gli effetti della separazione e del divorzio tra i coniugi

Le procedure di separazione e divorzio, oltre a produrre effetti diversi sul vincolo coniugale, hanno anche diverse conseguenze rispetto ai rapporti personali e patrimoniali. Intercorrenti tra i due coniugi. Infatti, a seguito della separazione tra i due coniugi:

  • vengono meno, gli obblighi imposti a loro carico ai sensi dell’art. 143 cod. civile (fedeltà, coabitazione, assistenza morale e materiale);
  • il marito, può chiedere al giudice, ai sensi dell’art. 156 bis, che alla moglie sia vietato l’uso del proprio cognome, qualora ciò li arrechi grave pregiudizio ovvero la moglie può essere autorizzata a non usare il cognome del marito, quando sia pregiudizievole per il suo interesse;

Per quanto riguarda, i rapporti patrimoniali, la separazione, comporta:

● lo scioglimento della comunione dei beni, ove concordata dai coniugi, al momento del matrimonio oppure in epoca successiva. In tal caso, ove si tratti di separazione consensuale, saranno gli stessi coniugi, a concordare sulla destinazione e gestione dei beni comuni, e successivamente tale accordo, andrà omologato dal giudice con decreto.

Nell’ipotesi di separazione giudiziale, sarà il giudice, a stabilire, in mancanza di un accordo tra i coniugi, la destinazione dei beni condivisi. Rimangono, invece, di proprietà esclusiva di ciascun coniuge, i beni ricevuti prima del matrimonio e quei beni qualificati come personali.

● l’attribuzione, al coniuge economicamente più debole di un assegno periodico di mantenimento, affinché il coniuge possa godere del medesimo tenore di vita, che aveva in costanza di matrimonio.

L’assegno di mantenimento, stabilito in sede di separazione, si distingue dall’assegno divorzile, in quanto persegue la finalità di ristabilire una parità tra i redditi dei due coniugi. A tal fine, il suo importo, viene stabilito dal giudice, sulla base della situazione reddituale del coniuge obbligato al pagamento dell’assegno.

L’assegno di mantenimento, può essere concesso dal giudice, esclusivamente se al coniuge richiedente, non sia addebitata la separazione, avendo posto in essere atti e comportamenti contrari ai doveri nascenti dal matrimonio.

● il riconoscimento a favore del coniuge separato degli stessi diritti successori riconosciuti al coniuge in costanza di matrimonio. Ciò a condizione, che al coniuge superstite, non sia stata addebitata la separazione.

Infatti, la pronuncia dell’addebito, nei confronti di uno o entrambi i coniugi, comporta la perdita di qualsiasi diritto successorio. In tal caso, il coniuge a cui è stata addebitata la separazione, in caso di morte dell’altro coniuge, potrà unicamente richiedere un assegno vitalizio a carico dell’eredità, se al momento della morte, percepiva dal coniuge defunto, un assegno alimentare.

● il riconoscimento a favore del coniuge superstite, della pensione di reversibilità, a seguito della morte dell’altro coniuge. Tale diritto, va riconosciuto al coniuge separato, anche quando, abbia deciso di rinunciare ai propri diritti successori, sul complesso di beni e rapporti che facevano capo al coniuge defunto.

Gli effetti della sentenza di divorzio, sui rapporti personali e patrimoniali, sussistenti tra i due coniugi, investono:

◆ l’uso del cognome maritale, infatti, la moglie perde il cognome del marito, potendo però richiedere al giudice di continuare ad usarlo, in presenza di uno specifico interesse, per lei oppure per i figli della coppia;

◆ la concessione dell’assegno divorzile, a favore del coniuge non autosufficiente economicamente, che però non tiene conto del tenore di vita, goduto durante il matrimonio, essendo invece, parametrato alla capacità economica del richiedente.

A differenza della separazione, quindi l'assegno divorzile persegue la finalità di garantire l’indipendenza economica dell’ex coniuge che lo richiede. Laddove, egli abbia redditi propri, che li permettono l'autosufficienza economica, non avrà quindi diritto a ricevere l’assegno divorzile.

Quest’ultimo, viene deciso dal giudice, in considerazione, delle condizioni economiche e patrimoniali di entrambi i coniugi, della durata del matrimonio, e della capacità lavorativa del richiedente. Tale corresponsione viene meno, qualora il beneficiario contragga nuovo matrimonio

◆ il coniuge divorziato non ha alcun diritto successorio, rispetto ai beni e rapporti, di cui era titolare l’ex coniuge defunto. Egli, potrà, soltanto richiedere, il riconoscimento di un assegno alimentare, qualora versi in stato di bisogno e ricevesse dall’altro coniuge, l’assegno divorzile.

◆ il riconoscimento di una quota della pensione di reversibilità (questa, infatti va suddivisa con i figli e ove presente con il coniuge in seconde nozze). La quota di reversibilità, a favore del coniuge divorziato, è stabilita in considerazione della durata del matrimonio e delle condizioni economiche del beneficiario.

È necessario, che il rapporto di lavoro da cui deriva il diritto al trattamento pensionistico, sia antecedente alla sentenza di divorzio ed inoltre che il coniuge superstite percepisse periodicamente l’assegno divorzile.

Infatti, laddove, non era previsto alcun assegno a suo favore ovvero quest’ultimo sia stato corrisposto in un unica soluzione, il diritto alla pensione di reversibilità, viene meno. Infine, il coniuge sopravvissuto, non deve aver contratto nuovo matrimonio.

◆ Il riconoscimento di una quota del Trattamento di fine rapporto, a favore dell’ex coniuge divorziato. A differenza della separazione, in cui il coniuge separato non ha diritto al TFR, nell’ipotesi di divorzio, l’ex coniuge, ha diritto a percepire una quota della liquidazione, maturata dall’altro coniuge, alla cessazione del proprio rapporto di lavoro.

La quota, si riferisce agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio, pari ad un massimo del 40%. Anche in tal caso, per poter beneficiare di quota del TFR, occorre che:

1. il rapporto di lavoro, sia avvenuto durante il matrimonio e che il diritto al TFR, sia maturato successivamente alla sentenza di divorzio.

2. inoltre, l’ex coniuge, può beneficiarne, soltanto se percepisce l’assegno di divorzio, in misura periodica, mentre se l’assegno è escluso oppure versato una tantum, non sia ha diritto al TFR dell’ex coniuge.

3. infine, l’ex coniuge, non deve avere contratto nuovo matrimonio.

3. Hai bisogno di un avvocato in questo campo?

L’avvocato che si occupa della separazione personale dei coniugi ovvero del divorzio, è una particolare figura dell’avvocatura, esperto in diritto di famiglia, che gestisce le tematiche relative ai diritti ed obblighi dei coniugi, specialmente nei confronti dei figli minori, come nel caso dell’affidamento e collocamento dei figli.

Il difensore è un soggetto, che nel tempo, ha acquisito esperienza ed abilità, anche tramite corsi di formazione continua, tali da garantirgli la specializzazione, necessaria ad affrontare questioni, che coinvolgono non solo i due coniugi, al termine del rapporto matrimoniale, ma anche e soprattutto la prole minorenne, in controversie connotate da un elevato grado di conflittualità, che contraddistingue i protagonisti del processo.

Ciò in quanto, di sovente, i procedimenti di separazione o divorzio dei coniugi, sono caratterizzati da un profondo astio, dato che la rottura del rapporto, spesso, è da ricondurre a comportamenti scorretti, posti in essere da uno o entrambi i partner, tali da influire sia sullo svolgimento del procedimento e sia sul benessere dell’intera famiglia. In tale contesto, pertanto l’attività dell’avvocato, non può semplicemente esplicarsi nella difesa del proprio assistito ma deve necessariamente tener conto della portata dei provvedimenti richiesti in giudizio, proprio perché, quest’ultimi incederanno sull’intera famiglia, destabilizzata dalla separazione o divorzio dei due coniugi.

Ciò comporta, che l’avvocato, contattato per una controversia di tipo familiare, e nello specifico, per assistere il coniuge nella separazione o divorzio dall’altro coniuge, non può limitarsi a fornire la propria consulenza ed esperienza per il caso sottoposto al suo esame, ma tener conto degli equilibri ed interessi, che confluiscono nella procedura che si avvia dinanzi al giudice.

L’avvocato, quindi pur rispettando il mandato ricevuto dal cliente, deve sempre tener conto, ove presenti figli minori, del loro superiore interesse, effettuandone il giusto bilanciamento con quelli del proprio assistito, anche indirizzandone le scelte processuali e consigliando il giusto approccio da tenere con i propri figli, a seguito della separazione o del divorzio col partner, dal momento che trattasi di procedimenti, in cui i minori non costituiscono una parte processuale ma soltanto “spettatori” di ciò che accade nella vicenda legale dei propri genitori.

Fonti normative

  • Codice civile: articoli 143, 150, 151, 154, 156, 156 bis, 157, 158, 548, 585.
  • Codice di procedura civile: articoli 706 – 711.
  • Legge 1 Dicembre 1970, n. 898: Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio.

Roberto Ruocco

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