Cosa si intende per diritto all'oblio?

Il diritto all’oblio è una tematica estremamente complessa e discussa, a causa dell’incredibile espansione della rete internet e dell’uso dei social nertwork.

1. Cos’è il diritto all’oblio?

Per diritto all’oblio si intende una particolare forma di garanzia che comporta la non diffusione di informazioni o notizie che possano creare pregiudizio all’onore della persona. In particolare questa tutela nel mondo di internet comporta la rimozione dai risultati di ricerca nei vari motori e portali web. Una facoltà che l’interessato può richiedere in qualunque momento sulla base della legislazione europea; tuttavia urge fare qualche precisazione.

In primo luogo non ha diritto all’oblio chi ricopre una carica pubblica o gode di una certa popolarità (a patto che non interessa faccende estremamente personali e private) o ancora i liberi professionisti che aderiscono ad un albo o chi ha compiuto un reato talmente grave da dover avvertire la collettività (ad esempio pedofilia o truffa). E qui sorge una prima problematica: ovvero la difficoltà nel delineare un confine tra rimozione di notizie pregiudizievoli e informazioni derivante la propria figura pubblica. Un problema che non è stato risolto neppure dalla giurisprudenza.

La normativa che ha ad oggetto il diritto all’oblio è di matrice europea, essendo il riferimento principale il Regolamento UE n. 2016/679. Questo atto legislativo è entrato in vigore il 25 Maggio 2016, ma attribuisce agli stati membri la possibilità di adeguare le normative interne entro il 2018. Lo stato italiano dovrà quindi aggiornare ed ampliare l’attuale Codice della Privacy, che offre una tutela al singolo in merito al trattamento, pubblicazione, cancellazione e modificazione dei dati sensibili e personali.

2. Chi tutela il rispetto del diritto all’oblio?

Inutile affermare come il tema della privacy e dei dati sensibili sia uno dei più ricorrenti, soprattutto vista l’incredibile espansione della rete internet e la diffusione dei social network. All’interno di questa intricata rete è molto semplice trovare informazioni e notizie che riguardano una determinata persona, nonostante questa voglia nasconderle o quantomeno non renderle pubbliche. Il diritto all’oblio risponde proprio a tale volontà dell’interessato, il quale può rivolgersi sia al Garante della Privacy sia al giudice.

Nel primo caso si fa riferimento ad una autorità amministrativa indipendente che spesso è intervenuta per la cancellazione di articoli o notizie che comportavano un pregiudizio al singolo. L’unica fondamentale condizione che vincola l’intervento di tale autorità è la portata dell’interesse pubblico della notizia: qualora questa sia recente, indipendentemente dalla gravità, non può in alcun modo essere richiesta la deindicizzazione da Google e dagli altri motori di ricerca.

La giurisprudenza è sempre stata particolarmente prolifica su tale tematica, dando piena attuazione in diverse occasioni del diritto all’oblio, ovvero il diritto ad essere dimenticato o non ricordato per fatti accaduti in passato. Il maggior problema risulta nel trovare il giusto equilibrio tra il diritto alla cronaca (peraltro costituzionalmente garantito) ed evitare abusi comportando pregiudizio alle persone. Il parametro che delinea tale confine consiste proprio nell’interesse pubblico purché questo sia recente. In caso di fatti particolarmente delicati e di gravi responsabilità, la data della notizia non ha alcuna peso, essendo rilevante unicamente l’interesse pubblico nei confronti della collettività. Scopriamo insieme alcune delle sentenze più significative della giurisprudenza.

2.1 Le principali sentenze in materia di diritto all’oblio

Uno degli interventi giurisdizionali principali è la prima sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, precisamente la controversia numero 131/2012: questo può essere considerato uno dei primi interventi rilevanti in materia di diritto dell’oblio. La sentenza in questione stabilisce la prevalenza di tale diritto del singolo individuo rispetto all'interesse economico o di cronaca del gestore del motore di ricerca; questo, come già indicato in precedenza, viene meno solo dinanzi a un evidente interesse pubblico alla conoscenza del fatto.

Bisogna inoltre considerare che tale tematica è di matrice prettamente giurisdizionale, mancando una vera e propria regolamentazione interna al momento. La giurisprudenza italiana si è dimostrata da sempre particolarmente attenta al diritto all’oblio, con la stesura di decisioni importanti ed innovative. Una di queste, tra le più recenti, è la sentenza n. 13161/2016 della Corte di Cassazione, che ha riconosciuto il diritto in questione ai fini dell’individuazione e quantificazione del risarcimento del danno.

Nella fattispecie concreta la Cassazione conferma la decisione del Tribunale di Chieti, che aveva condannato per violazione del diritto all’oblio sia il direttore che l’editore di una testata giornalistica per la conservazione a lungo termine di un articolo su un atto di natura penale avvenuto in un tempo passato. Ciò che veniva richiesto era il riconoscimento del pregiudizio alla propria reputazione personale con conseguente danno all'immagine del proprio esercizio commerciale. La Suprema Corte ha confermato in toto la decisione del Tribunale evidenziando che l'illecito trattamento di dati personali è stato specificamente ravvisato non tanto nel contenuto e nelle modalità di pubblicazione on line dell'articolo di cronaca, ma nel mantenimento del diretto ed agevole collegamento in internet a quel risalente servizio.

3. Come si comportano i maggiori siti e portali nel rispetto del diritto all’oblio?

Da quando il diritto all’oblio è diventata una tematica tanto discussa, i maggiori siti, portali e motori di ricerca si sono adoperati per porre in essere procedure che consentano la semplice ed immediata cancellazione delle informazioni pregiudizievoli. Naturalmente le situazioni sono estremamente variegate: ad esempio qualora venga richiesta la cancellazione dei dati da Google, deve essere compilato un apposito modulo telematico che potrete trovare al seguente link: https://www.google.com/webmasters/tools/legal-removal-request?complaint_type=rtbf&visit_id=1-636324632093671324-4110882062&rd=1&pli=1 .

Questa richiesta deve essere corredata di giustificazioni ben precise e dalla copia del documento d’identità del richiedente. Naturalmente bisogna considerare che la cancellazione non è immediata e che nel momento in cui Google accolga positivamente la richiesta, questa non valga per gli altri motori di ricerca. Nel caso in cui il noto motore di ricerca non accolga la domanda dell’interessato, questo può rivolgersi, come indicato in precedenza, al Garante della Privacy o al giudice.

Discorso diverso invece per il più noto e diffuso dei social network, ovvero Facebook. In questa piattaforma ciascun utente gestisce in totale autonomia i dati personali e sensibili, impostando i diversi livelli di privacy. È infatti possibile gestire i termini di condivisione di foto, video, immagini e altri dati personali sia con le persone che rientrano nella propria lista di amici sia con il vasto pubblico. Il diritto all’oblio su Facebook è del tutto diverso rispetto a Google. Inoltre bisogna ricordare che il noto social network pone a totale disposizione degli utenti le procedure di segnalazione di profili, pagine o anche contenuti offensivi, al fine di poterli rimuovere.

Fonti normative

Regolamento UE n. 2016/679

Sentenza n. 13161/2016 Corte di Cassazione

Sentenza Corte di giustizia dell’Unione Europea C-131/2012

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