Azioni a Difesa della Proprietà
L’ordinamento giuridico italiano effettua diverse distinzioni tra i diritti. Una classificazione di particolare rilevanza distingue tra diritti reali e diritti di credito. In questa sede ci si soffermerà ad analizzare il diritto reale per eccellenza, ossia il diritto di proprietà, e ad esaminare quali possano essere le azioni che la legge italiana prevede a tutela dell’istituto nell’ipotesi in cui esso sia violato o compromesso dal comportamento altrui. Come appena accennato il diritto di proprietà si inquadra nella categoria dei diritti reali, i quali si contrappongono ai diritti di credito e ricomprendono tutti i diritti soggettivi sulle cose, tali da attribuire al rispettivo titolare un potere immediato e assoluto sul bene che ne forma oggetto. Il diritto reale per eccellenza, quindi, è rappresentato dal diritto di proprietà, che, come si avrà modo di esporre nel prosieguo, attribuisce al titolare il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo del bene, purché entro i limiti espressamente fissati dalla legge. Oltre al diritto di proprietà, il sistema giuridico italiano prevede ulteriori diritti reali, ripartiti in due categorie: i diritti reali di godimento e i diritti reali di garanzia. Fatta questa premessa, sembra opportuno partire dalla definizione e dall’inquadramento normativo del diritto di proprietà.
Il Diritto di Proprietà: Fondamenti e Tutela
- Definizione e caratteristiche del diritto di proprietà
La definizione del diritto di proprietà è ricavabile dal combinato disposto degli articoli 832 del codice civile e 42 della Costituzione.
Dalla prima disposizione richiamata è possibile desumere che il diritto di proprietà è il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo dei beni, siano essi beni mobili o immobili, che ne formano oggetto. Ne consegue che al titolare del diritto in questione fa da corollario la possibilità di pretendere che tutti gli altri soggetti si astengano dal compimento di comportamenti volti a violarlo e metterlo in pericolo. Da ciò consegue la previsione delle azioni a tutela della proprietà.
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Protezione costituzionale e codicistica
Dal peculiare rilievo attribuito dalla Carta Costituzionale e dall’impianto del Codice Civile al diritto di proprietà ne è derivata l’introduzione di una serie di azioni a tutela dell’indebita violazione dello stesso da parte di soggetti terzi.
Tra esse vengono in rilievo, come si vedrà meglio nei paragrafi che seguono, l’azione di rivendicazione, l’azione negatoria, l’azione di manutenzione, l’azione di spoglio.
Tali azioni si pongono in specifici rapporti tra loro.
Deve, inoltre, tenersi in debita considerazione la circostanza che la tutela del diritto di proprietà si atteggia e assume connotazioni peculiari qualora a venire in rilievo sia l’applicazione alla materia condominiale.
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Distinzione tra beni mobili e immobili
La distinzione tra beni mobili e beni immobili discende da quanto dettato dall’articolo 812 del codice civile, che riconduce tra i secondi il suolo, le sorgenti, i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni e tutto ciò che è anche in maniera transitoria incorporato al suolo, i mulini, i bagni, gli edifici galleggianti saldamente assicurati a riva o all’alveo del corso d’acqua e destinati a rimanerlo in modo permanente per la funzione loro propria.
I beni mobili vengono, invece, individuati in maniera residuale, prevedendosi che sono tali tutti i beni che non sono qualificabili quali beni immobili.
L’Azione di Rivendicazione
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Presupposti: proprietà e perdita del possesso
La prima azione a tutela del diritto di proprietà, disciplinata dall’articolo 948 del Codice Civile, è rappresentata dall’azione di rivendicazione.
Presuppone la sussistenza di due requisiti: la titolarità del diritto di proprietà su un bene e la perdita del possesso da parte del proprietario sul bene stesso.
Il proprietario deve, innanzitutto, provare il proprio titolo.
Inoltre, è necessario che egli sia stato spossessato del bene e che questo sia posseduto o detenuto da altri.
L’azione può essere, peraltro, proseguita anche se in seguito alla presentazione della domanda il soggetto abbia cessato per fatto proprio di detenere o possedere il bene.
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Prova della titolarità
Primo elemento è, quindi, costituito dalla necessità che il soggetto che propone l’azione di rivendicazione fornisca prova della titolarità del diritto di proprietà sul bene che ne forma oggetto.
In proposito, è, quindi, necessario che il soggetto che esercita l’azione dimostri la sussistenza di un titolo di acquisto a titolo originario o a titolo derivativo, purché si riesca a risalire fino al dante causa che abbia acquistato il diritto a titolo originario.
L’esibizione di un titolo derivativo, infatti, non è idonea a provare l’effettiva proprietà del soggetto, ma semplicemente di avere ricevuto la legittimazione a possedere vantata dal precedente possessore.
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Procedura giudiziaria e limiti
L’azione di rivendicazione si propone mediante atto di citazione con il quale il proprietario cita in giudizio il detentore/possessore, che si obbliga a recuperare il bene a proprie spese o, in mancanza, a corrispondergliene il valore e a risarcirgli il danno.
Se il proprietario consegue dal nuovo possessore o dal detentore la restituzione diretta della cosa deve procedere alla restituzione al precedente possessore o detentore la somma che abbia ricevuto in luogo in sostituzione del bene.
Caratteristica dell’azione di rivendicazione è l’imprescrittibilità. Sono, comunque, fatti salvi gli effetti conseguenti all’acquisto della proprietà da parte di altri soggetti per effetto dell’usucapione.
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Casi pratici
Caso concretamente verificabile e verificatosi è quello nel quale la restituzione abbia ad oggetto un bene che l’attore affermi essere nel possesso o nella detenzione di altri nell’eventualità in cui tale bene, prima della proposizione della domanda di rivendicazione, sia andato distrutto o sia stato alienato a un altro soggetto o sia detenuto da altri per una qualsiasi causa.
In tale eventualità, si opina generalmente nel senso che l’azione di rivendicazione non sia esperibile, potendo, invero, il proprietario proporre solo un’azione personale e non reale ovvero di risarcimento del danno, che sia volta a conseguire il valore pecuniario del bene.
L’Azione Negatoria
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Quando è possibile esercitarla
L’azione di rivendicazione, come si è già avuto modo di anticipare, non è l’unica azione esperibile dal proprietario idonea a salvaguardare il diritto di proprietà da eventuali violazioni o ingerenze altrui.
Tra le ulteriori azioni previste dall’ordinamento si rammenta, innanzitutto, l’azione negatoria, la quale rinviene il proprio addentellato normativo nell’articolo 949 del codice civile.
La normativa riserva l’esperimento dell’azione al soggetto che rivesta la qualifica del proprietario.
In dettaglio, si tratta di un’azione dichiarativa mediante la quale quest’ultimo può agire al fine di far dichiarare l’inesistenza dei diritti che altri affermino di avere sul bene oggetto della proprietà.
Presupposto per l’esercizio dell’azione è che il proprietario possa temere un pregiudizio al proprio diritto.
A monte è, quindi, necessario che altri soggetti asseriscano di avere sul bene oggetto del diritto di proprietà un qualsiasi diritto, non ultimo un diritto reale, idoneo a ledere o, comunque, fortemente comprimere il diritto di proprietà.
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Finalità: escludere pretese altrui sul bene
Come è agevolmente evincibile da quanto esposto nel paragrafo precedente l’azione negatoria ha lo scopo di accertare in maniera negativa che sussistano sul bene di proprietà di un determinato soggetto la sussistenza di un diritto diverso attribuito ad un altro soggetto, ma tale, comunque, da compromettere o limitare l’esercizio del diritto di proprietà.
La finalità è quella di evitare che il diritto del proprietario possa vedersi svuotato in ragione dell’esercizio indebito di un diverso diritto con esso incompatibile.
Si pensi al diritto di usufrutto o di abitazione esercitati in modo tale da non consentire al proprietario l’utilizzo pieno il bene.
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Differenze rispetto ad altre azioni
Con l’azione negatoria il proprietario può chiedere che, accertata la sussistenza di effettive turbative o molestie all’esercizio del diritto, il proprietario può non soltanto chiedere l’effettiva tutela del diritto di proprietà, domandando al giudice che ordini la cessazione dei comportamenti altrui ritenuti violativi del proprio diritto, ma, in aggiunta, può chiedere, altresì, che il giudice si pronunci per la condanna al risarcimento del danno.
A tal fine, è necessario che il giudice accerti la sussistenza del comportamento molesto da parte di soggetti diversi dal proprietario, il danno e il nesso causale tra l’azione altrui ritenuta lesiva e il fatto cagionato.
L’Azione di Manutenzione
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Requisiti: possesso e turbativa
Dalle due azioni in precedenza passate in disamina si differenzia sostanzialmente l’azione di manutenzione disciplinata dall’articolo 1170 del codice civile.
Mentre l’azione di rivendicazione e l’azione negatoria sono azioni riservate al proprietario, l’azione di manutenzione è esercitabile al possessore che sia stato molestato nel suo possesso su un bene immobile, su un diritto reale su un immobile o un’universalità di mobili.
Viene, quindi, in rilievo in questo contesto il concetto di possesso, delineabile come il potere di fatto esercitato da un soggetto che si configura come un’attività equivalente e corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di un altro diritto reale (uso, usufrutto, abitazione, superficie, enfiteusi e servitù prediale).
Affinché possa esercitare l’azione di manutenzione è, quindi, necessario che il possessore subisca ad opera di terzi lo spossessamento del bene o la sua compressione.
Al fine dell’esperibilità dell’azione non è, peraltro, necessario che lo spossessamento subito dal possessore sia violento.
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Termini per proporre l’azione
Il codice civile prevede che l’azione di manutenzione sia proponibile entro il termine di un anno dalla turbativa del possesso.
Si richiede, comunque, per poterla esercitare che il possesso da parte del soggetto abbia avuto una durata superiore al termine di un anno, che sia continuativo e ininterrotto.
Regola peculiare è prevista nell’eventualità in cui il possesso sia stato acquistato dal soggetto in modo violento o, comunque, clandestino. In tal caso l’azione di manutenzione può essere esercitata una volta che sia decorso il termine di almeno un anno dal giorno in cui la violenza o il comportamento clandestino siano cessati.
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Esempi di turbative e sentenze
La giurisprudenza ha individuato una serie di ipotesi di turbativa che si possono integrare sottoforma di molestie di fatto ovvero sottoforma di molestie di diritto.
Nella prima categoria si possono tendenzialmente ricondurre atti materiali che siano idonei a influire sul possesso (come l’esercizio di un’attività di passo non autorizzata o l’edificazione entro le distanze minime imposte dalla legge).
Nella seconda, invece, sono idonei ad essere sussunti atti giuridici che siano tali da rappresentare futuri atti giuridici idonei a violare il possesso altrui: è il caso del titolare di una servitù di passaggio che decida di opporsi all’erezione di un edificio.
L’Azione di Spoglio
- Spoglio violento o clandestino
Un’ulteriore azione posta a tutela del possesso è identificata nell’azione di reintegrazione, prevista e disciplinata ai sensi dell’articolo 1168 del codice civile.
La predetta azione è volta a tutelare chiunque sia stato spogliato del possesso (per la definizione del quale si rimanda al paragrafo precedente) o anche della detenzione del bene. In tale ultimo caso è fatta eccezione dell’ipotesi in cui il detentore abbia la detenzione del bene per ragioni di servizio o di ospitalità.
Presupposto per l’esercizio dell’azione è, quindi, lo spoglio, che deve essere:
- violento: è tale lo spoglio che avviene contro la volontà del possessore, eventualmente anche per mezzo dell’uso della forza fisica;
- clandestino: è tale lo spoglio che venga effettuato in maniera nascosta e, quindi, all’insaputa del possessore, come nel caso in cui venga attuato in un momento nel quale il possessore sia assente sul luogo in cui si trova generalmente il bene posseduto.
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Azione entro un anno
L’azione di spoglio ai sensi della normativa vigente può essere esercitata entro il termine ultimo di un anno dal momento in cui il possessore del bene ha sofferto ad opera di altri lo spoglio.
Quanto appena rammentato, tuttavia, vale per l’ipotesi in cui lo spoglio del possesso sia uno spoglio violento.
Diverso è il caso in cui si tratti di spoglio clandestino. In tale eventualità, il termine ultimo per richiedere al giudice la reintegrazione nel possesso viene fatto decorrere dal momento in cui lo spoglio viene scoperto dal possessore. Si tratta, all’evidenza, di norma precipuamente posta a tutela del possessore.
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Ripristino del possesso e risarcimento
Ebbene, da quanto esposto nei paragrafi precedenti è chiaro che il fine dell’azione di reintegrazione è quella di chiedere contro l’autore dello spoglio il ripristino della situazione possessoria originaria.
La reintegrazione del possesso viene ordinata dal giudice cui l’azione è stata proposta previa la semplice verifica della notorietà del fatto, in maniera immediata e senza dilazione alcuna.
Tale regola lascia sottendere come la tutela del possesso sia altamente considerata nel nostro ordinamento, al punto tale che è normalmente possibile al possessore spogliato chiedere altresì il risarcimento del danno che egli dimostri di aver subito quale conseguenza diretta dello spoglio avvenuto.
Rapporti tra Azioni Possessorie e Petitorie
- Differenze fondamentali
Le azioni petitorie si identificano in strumenti processuali volti a tutelare il diritto di proprietà a fronte di comportamenti altrui lesivi.
Si differenziano dalle azioni possessorie, poste, invece, a tutela del soggetto possessore, che venga spogliato del possesso o che subisca molestie del possesso da parte si soggetti terzi.
Le prime sono orientate alla tutela della proprietà (e degli altri diritti reali), mentre le seconde tutelano la situazione di fatto che il soggetto vanti sul bene e sono orientate a garantire il ripristino del possesso.
Vediamo nel prosieguo quali siano i criteri per scegliere quale tra le due azioni proporre.
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Criteri per scegliere l’azione da intraprendere
La regola generale è quella secondo il soggetto che sia convenuto in un giudizio possessorio non può proporre un’azione petitoria fino a che il giudizio possessorio non si sia concluso con conseguente esecuzione della decisione assunta in esito ad esso.
Le azioni si differenziano, quindi, sia in considerazione della posizione tutelata nel giudizio instaurato sia in considerazione del fine che si persegue con le due azioni: le azioni petitorie tutelano il diritto di proprietà e il diritto reale, le azioni possessorie a ripristinare lo stato di possesso.
Passaggio fondamentale, quindi, è identificare chiaramente la posizione che richiede di essere tutelata.
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Casi in cui si possono cumulare
Nonostante la regola generale espressa nei paragrafi precedenti il codice di procedura civile ammette, in via eccezionale, la residua possibilità per il convenuto nel giudizio possessorio di proporre un’azione petitoria qualora l’esecuzione del provvedimento emesso in esito al giudizio possessorio non possa essere attuato in conseguenza del comportamento di fatto tenuto dal soggetto che ha proposto il giudizio (attore).
E’ chiaro che le ragioni del soggetto convenuto nel giudizio possessorio non possono in alcun modo essere pregiudicate da un atteggiamento ostativo di colui che ha proposto l’azione. In caso contrario, ci si troverebbe di fronte a una situazione fortemente iniqua.
Difesa della Proprietà in Ambito Condominiale
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Proprietà individuale vs beni comuni
Il condominio si configura come un edificio o complesso di edifici nel cui contesto i singoli soggetti risultano proprietari in via esclusiva di una o più singole unità immobiliari nonché delle parti comuni in maniera condivisa con gli altri condomini.
In particolare, sono considerate parti comuni del condominio zone come le scale, il tetto di copertura dell’edificio, il giardino. Tali aree sono, quindi, di comproprietà di tutti i condomini, con la conseguenza che ognuno tra essi tenuto alla cogestione delle parti comuni e a sostenere il mantenimento delle zone comuni, anche mediante contribuzione pro quota al sostentamento delle spese relative.
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Azioni esperibili contro il condominio o altri condomini
La distinzione di cui al paragrafo precedente assume rilievo nel momento in cui si rende necessario individuare le azioni esperibili a tutela della proprietà del singolo condomino nei confronti del condominio, ma soprattutto degli altri condomini.
Le azioni proponibili in tale contesto possono essere l’azione di rivendicazione, l’azione negatoria, l’azione di regolamento dei confini oltre all’azione di apposizione dei termini e sono volte a fornire tutela al condomino a fronte della violazione delle parti di sua proprietà esclusiva.
Caratteristica peculiare delle azioni tipiche nel contesto condominiale viene identificata nella possibilità che esse siano esercitate dall’amministratore a tutela delle parti comuni.
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Giurisprudenza rilevante
Nonostante, come premesso in conclusione del paragrafo precedente, le azioni a tutela del diritto di proprietà si connotino nel contesto condominiale in considerazione della possibilità di essere esperite in riferimento alle parti comuni dall’amministratore direttamente, tale legittimazione attiva non assume, peraltro, carattere di esclusività.
I recenti arresti giurisprudenziali, infatti, sono giunti alla conclusione che la legittimazione attiva dell’amministratore non esclude che essa spetti anche a ciascun singolo condomino sulle parti comuni. Ciò discende direttamente dalla definizione di condominio quale immobile caratterizzato dalla contitolarità dei condomini sulle parti ad uso comuni e dalla conseguente possibilità di assumere decisioni ad esse relative.
Prescrizione e Decadenza delle Azioni
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Termini per esercitare le varie azioni
L’azione di rivendicazione può essere esercitata in qualsiasi momento, essendo previsto che, al pari del diritto tutelato, sia imprescrittibile, salvi gli effetti dell’usucapione.
Parimenti imprescrittibile è l’azione negatoria.
Al contrario, l’azione di manutenzione è esperibile entro un anno – termine che deve essere continuativo e ininterrotto – dal momento in cui un soggetto terzo turbi il possesso altrui, comprimendone il diritto.
L’azione di spoglio, infine, può essere esercitata entro il termine ultimo di un anno dal momento in cui il possessore del bene ha sofferto ad opera di altri uno spoglio violento, termine che – invece - decorre dalla scoperta dello spoglio clandestino.
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Differenze tra prescrizione ordinaria e breve
La prescrizione è definita ordinaria qualora affinché si perfezioni debba computarsi il termine previsto di volta in volta, di caso in caso, dalla legge.
La prescrizione ordinaria si contrappone alla prescrizione breve, dettata in casi specifici e tale da ridurre il termine di prescrizione ordinaria, in considerazione delle caratteristiche tipiche e peculiari del diritto che ne forma oggetto.
La scelta tra l’una e l’altra figura di prescrizione è rimessa alla scelta del legislatore, basata sulla valutazione della rilevanza del diritto da azionare.
Le azioni esaminate, salve le azioni di rivendicazione e negatoria, sono tutte prescrittibili nel termine di un anno.
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Effetti della decadenza
La decadenza è definibile come la perdita della possibilità per il soggetto in favore del quale è stato stabilito un diritto in conseguenza del mancato esercizio da parte dello stesso entro un termine ben determinato dalla legge.
L’effetto della decadenza è, quindi, quello di non poter più esercitare, perdendolo definitivamente prima ancora di averlo effettivamente acquisito, un diritto previsto dalla legge.
Se non esercitato entro il termine individuato dalla normativa il diritto non può più essere esercitato.
Sotto tale profilo la decadenza, quindi, si differenzia dalla prescrizione, con la quale il soggetto perde un diritto che ha, invece, già acquisito.
FAQ Domande Frequenti - sulle Azioni a Difesa della Proprietà
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Qual è la differenza tra azione possessoria e azione di rivendicazione?
La differenza sostanziale tra azione possessoria e azione di rivendicazione è connessa al soggetto che può esercitarle.
Legittimato attivo a proporre l’azione possessoria è il semplice possessore, ossia colui che esercita il potere di fatto esercitato da un soggetto che si configura come un’attività equivalente e corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di un altro diritto reale. Al contrario, l’azione di rivendicazione può essere esercitata solo ed esclusivamente dal proprietario del bene che se ne sia visto privare.
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Entro quanto tempo si può agire in caso di spoglio?
L’azione di spoglio può essere esercitata entro il termine di un anno dal momento in cui è avvenuto lo spoglio violento.
Qualora, invece, lo spoglio sia clandestino il termine ultimo per richiedere al giudice la reintegrazione nel possesso viene fatto decorrere dal momento in cui lo spoglio viene scoperto dal possessore. Si tratta, all’evidenza, di norma a tutela del possessore.
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È necessaria la prova scritta per l’azione di rivendicazione?
L’esercizio dell’azione di rivendicazione richiede, innanzitutto, la prova della titolarità del diritto di proprietà.
In proposito, non è richiesto dalla legge che la prova venga necessariamente fornita in forma scritta o documentale, essendo necessario esclusivamente che il soggetto dimostri la sussistenza di un titolo di acquisto a titolo originario o a titolo derivativo, purché si riesca a risalire fino al dante causa che abbia acquistato il diritto a titolo originario.
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Si può agire contro un vicino che costruisce su un terreno proprio ma vicino al confine?
La risposta al quesito deve essere affermativa.
Lo stesso ordinamento italiano, infatti, detta una serie nutrita di regole volte a disciplinare le distanze che devono sussistere tra le costruzioni.
Ne consegue che il soggetto che abbia un vicino che costruisca in violazione della normativa vigente può agire chiedendo il ripristino della situazione pregressa e il risarcimento del danno eventualmente subito.
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Cosa fare se qualcuno usa un bene privato senza autorizzazione?
I profili che vengono in rilievo sono diversi.
Innanzitutto, il proprietario può segnalare all’autorità competente il fatto al fine di ottenere un’ordinanza inibitoria nei confronti del comportamento non autorizzato.
In ogni caso, si deve rammentare che tale comportamento può essere addirittura essere perseguito penalmente nei casi più gravi. Sono, infatti, diverse le disposizioni del codice penale che vengono in rilievo.

Chiara Biscella
Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...