Assegno bancario scaduto: Cos'è, le conseguenze della sua scadenza

Gli assegni hanno una data di scadenza oltre i quali potrebbe essere difficile, se non impossibile incassare le somme ivi contenute. Vediamo di seguito cos’è un assegno scaduto e come comportarsi in tali evenienze.

Cos’e un assegno bancario?

L’assegno bancario è un titolo di credito attraverso il quale un soggetto, detto emittente (o traente) ordina all’istituto di credito, la banca detta trattaria, di pagare a vista, ossia alla presentazione, l’importo scritto sul titolo ad un soggetto chiamato beneficiario. Esso, pertanto, consiste in uno strumento di pagamento.

La banca, nel momento in cui si apre un conto corrente, rilascia su richiesta un libretto degli assegni composto di regola da 10 assegni. Ogni assegno è composto da due parti: la matrice, che rappresenta la parte del libretto che rimane all’emittente dove è dove sono riportati alcuni estremi e, in particolare, il numero dell’assegno; l'assegno, il titolo di credito che verrà compilato, indicando la data e luogo, importo, beneficiario dell’assegno (cioè colui al quale viene consegnato l’assegno per consentirgli l’incasso), e la firma dell’emittente, di emissione, dopodiché viene “staccato” e consegnato al beneficiario. Si distinguono, in particolare, due tipologie di assegno, cioè quelle più ricorrenti nella pratica: l’assegno bancario (ordinario) e quello circolare.

La differenza è che l’assegno circolare viene firmato ed emesso direttamente dalla banca che si occupa di trattenere la somma indicata nell’assegno dal conto di chi lo emette, mentre l’assegno bancario viene firmato dal correntista e da esso staccato dal libretto per essere consegnato al beneficiario (ma sempre emesso dalla banca).

L’assegno circolare offre un’ottima garanzia al ricevente perché garantisce che l’importo in esso indicato si trova vincolato presso la banca, mentre l’assegno ordinario potrebbe essere emesso scoperto o, come si suol dire, a “vuoto”, cioè senza la materiale presenza di provvista (di danaro disponibile) sul conto dell’emittente, comportando una serie di conseguenze spiacevoli per l’emittente, ma in molti casi anche per il beneficiario.

Va detto, tuttavia, che con il sempre maggior uso di strumenti elettronici di pagamento l’utilizzo dell’assegno bancario è destinato via via a scomparire, tanto si vocifera che alcune banche siano già pronte per eliminarlo del tutto. Gli assegni hanno una data di scadenza oltre i quali potrebbe essere difficile, se non impossibile incassare le somme ivi contenute. Vediamo di seguito cos’è un assegno scaduto e come comportarsi in tali evenienze. In tali casi che succede? Nell’articolo che segue lo scopriamo.

Cos'è un assegno scaduto: descrizione del concetto di assegno scaduto e delle conseguenze della sua scadenza

Per assegno scaduto, s’intende un assegno per cui sono decorsi i termini per metterlo all’incasso, comportante il serio rischio di non vedersi più pagata la somma ivi indicata. L’articolo 32 della legge sull’assegno (Regio Decreto n.1736/1933) dispone, infatti, che l’assegno bancario deve essere portato all’incasso, nel territorio italiano, entro otto giorni dalla data di emissione, se è pagabile nello stesso comune in cui venne emesso (c.d. assegno su piazza) o entro quindici giorni se il comune è diverso (c.d. assegno fuori piazza).

Se, invece, l’assegno deve essere riscosso all’estero, cioè il pagamento in uno Stato diverso da quello di emissione, ma comunque in un paese europeo, i tempi per la scadenza di riscossione sono fissati in 20 giorni; se deve essere riscosso in un paese straniero e appartenente a un continente diverso dal nostro, il titolo potrà essere riscosso entro 60 giorni.

Durante questi termini, il correntista che ha tratto (cioè colui che ha emesso) l’assegno è obbligato a mantenere sul proprio conto corrente la provvista, ovvero la somma di danaro, necessaria per il pagamento, ma se ciò non avvenisse (se cioè, messo all’incasso tempestivamente l’assegno, sul conto non vi fosse una giacenza sufficiente per pagarlo) l’assegno potrebbe essere protestato ed il correntista si vedrebbe obbligato all’ulteriore pagamento di una penale pari al 10% dell’importo del titolo.

Ma non solo. Il correntista verrebbe segnalato alla Centrale allarmi interbancaria, con conseguenze diverse, sia sul piano dell’affidabilità commerciale, con il rischio di non vedersi riconoscere, ad esempio, un finanziamento; inoltre si vedrebbe revocata l’autorizzazione all’emissione di assegni da parte della banca. Orbene, cosa accade se presentiamo l’assegno oltre questi termini? L’emittente dell’assegno potrebbe legittimamente revocare l’ordine di pagamento, senza incorrere in protesti e conseguenze di sorta surrichiamate; inoltre, presentando l’assegno fuori termine, ben potrà la stessa banca trattaria avvisare il correntista emittente e richiedere se deve o meno procedere con il pagamento nonostante la presentazione sia fuori termini.

Va detto, comunque, che decorsi i termini di presentazione per l’incasso di un assegno bancario (ordinario), per i sei mesi successivi (decorrenti, non dalla data di emissione dell’assegno, ma da quella successiva prevista per il suo incasso - 8 o 15 giorni - o da quella del protesto se vi è stato) l’assegno conserva la validità di titolo esecutivo per poterlo azionare contro altri, ed eventuali, soggetti. Si tratta del termine di prescrizione dell’assegno bancario.

La prescrizione dell’assegno bancario è disciplinata dall’articolo 75 del Regio Decreto 1736/1933: “Il regresso del portatore verso i giranti, il traente e anche gli altri obbligati ha tempi di prescrizione pari a 6 mesi dal termine di incasso. Le azioni di regresso fra i diversi obbligati (a norma di legge) al pagamento dell’assegno della banca gli uni contro gli altri hanno prescrizione in 6 mesi a partire dal giorno nel quale l’obbligato ha effettuato il pagamento dell’assegno bancario o dal giorno nel quale l’azione di regresso è stata attivata contro di lui.

Esiste anche l’azione di arricchimento che è prescritta entro un anno a partire dal giorno della perdita della azione che dunque nasce dall’assegno” Questa norma regola l’ipotesi in cui l’assegno sia stato trasferito. Infatti, occorre precisare, l’assegno bancario può essere emesso in forma trasferibile (ma solo fino ad €. 999,99) ovvero non trasferibile; nel primo caso il beneficiario può “girare” l’assegno ad altro soggetto, ossia apponendo la propria firma sul retro dell’assegno stesso, e consegnarlo ad altro soggetto che provvederà egli stesso ad incassarlo presso la banca.

Per esempio: supponiamo che Caio abbia ricevuto un assegno di euro 500,00 per il pagamento di merce da egli venduta a Sempronio, e che tale assegno sia trasferibile. Supponiamo che Caio debba, a sua volta, al proprio fornitore Tizio esattamente €. 500,00, in tal caso potrà girargli l’assegno trasferibile ricevuto da Sempronio a titolo di pagamento merce.

Ma se Tizio porta all’incasso l’assegno e questi torna indietro per assenza di provvista, o per rifiuto della Banca trattaria per protesto ovvero per dichiarazione scritta sull’assegno bancario, ecco che esso Tizio, in qualità di portatore dell’assegno in parola, potrà agire in regresso cioè a ritroso verso chi gli ha consegnato il titolo, nella fattispecie Caio o verso il traente Sempronio, per ottenere il pagamento della somma contenuta nel titolo.

Se non ottiene il pagamento, e non sono decorsi i 6 mesi di prescrizione, l’assegno vale come titolo esecutivo, per cui si potrà direttamente agire con l’esecuzione forzata in virtù del titolo stesso posseduto, senza dover passare prima per il giudice con l’azione ordinaria. Non va tralasciato di dimenticare che oggi la possibilità di emettere assegni trasferibili è limitata quanto agli importi, ossia non oltre €. 999,99.

Dai mille in su l’assegno diventa necessariamente non trasferibile. Decorsi i sei mesi rimangono comunque azionabili l'azione causale e l'azione di arricchimento. Difatti, per i successivi nove anni e mezzo, quindi dieci anni dalla data di emissione, l’assegno bancario conserva comunque l’efficacia di una promessa unilaterale di pagamento, disciplinata dagli articoli 1987 e seguenti del codice civile.

L’efficacia viene meno con il decorso del decimo anno, che determina l’operatività della prescrizione del diritto di credito del beneficiario, sempre che non vi siano state nel corso del decennio cause interruttive della prescrizione. Per l’assegno circolare, invece, il termine di prescrizione è di 3 anni. L’assegno circolare è pagabile a vista entro tre anni dalla data di emissione. Dopodiché diventa esigibile entro 10 anni (termini di prescrizione ordinaria).

Passaggi necessari per richiedere il pagamento di un assegno scaduto

Abbiamo visto nel paragrafo precedente che è possibile distinguere 3 diversi tipi di termine: un primo termine, relativo alla presentazione dell’assegno su piazza o fuori piazza; un secondo termine (di prescrizione) per tentare di ottenere la somma sfruttando l’assegno come titolo esecutivo e/o per l’azione contro eventuali giranti; un terzo termine, decorrente dopo il periodo di prescrizione dei titoli. -

Presentazione oltre i termini per l’incasso

Quando sono trascorsi i termini di presentazione all’incasso, (8 o 15 giorni) l’alternativa consiste nel “tentare” ugualmente di mettere all’incasso l’assegno. A questo punto le conseguenze saranno sostanzialmente due:

1) l’incasso va a buon fine, perché il traente/emittente non ha revocato l’ordine di pagamento alla Banca trattaria;

2) l’emittente dell’assegno ha revocato l’ordine di pagamento. Infatti, se durante i termini per l’incasso su piazza o fuori piazza l’emittente rimane obbligato al pagamento e non può revocare l’ordine né lasciare il conto senza fondi, pena determinate conseguenze di tipo amministrativo, tra cui il protesto e la segnalazione alla Centrale Allarmi bancari, scaduti quei termini ben può revocare l’ordine medesimo ed evitare il protesto.

In caso di revoca dell’ordine, non va tralasciato il tentativo di contattare l’emittente dell’assegno per convincerlo bonariamente ad eseguire altrimenti il pagamento del dovuto.

Termine di prescrizione dei titoli

Una volta scaduti i termini di presentazione, oppure a seguito di protesto per mancanza di fondi, ricordiamo che in mano abbiamo un titolo esecutivo passibile di essere portato immediatamente in esecuzione, senza dover preventivamente ricorrere al giudice per richiedere, ad esempio, un decreto ingiuntivo, Ciò che è importante, tuttavia, è che l’azione esecutiva sia esercitata prima del decorso dei sei mesi decorrenti dalla scadenza del termine di presentazione (e non dall’emissione del titolo).

L’azione, essendo l'assegno un titolo esecutivo, è tipicamente quella che inizia con l'atto di precetto (un'intimazione formale a pagare) per finire col pignoramento e la vendita forzata dei beni del debitore. L'art. 3 della L.15.12.90 n.386 prevede una penale del 10% a favore del prenditore o del giratario dell'assegno protestato che agisce per il pagamento del titolo.

Decorso dei termini di prescrizione

Decorsi i sei mesi rimangono comunque azionabili l'azione causale e l'azione di arricchimento. Va evidenziato, invero, che i termini suddetti sono inerenti al titolo di credito, in specie l’assegno, che non incidono sui normali termini di prescrizione inerenti al rapporto sottostante l’assegno.

Si parla, in tali casi, di azione causale, appunto perché relativa alla causa del rapporto che ha dato origine all’emissione dell’assegno bancario (si pensi alla fornitura di merce pagata con assegno; il fatto che l’assegno sia scaduto o prescritto non implica anche la prescrizione del rapporto di credito e debito tra cliente e fornitore, che sarà diversa e più lunga).

Possibili azioni legali per recuperare i soldi di un assegno scaduto

Come abbiamo anticipato, il fatto che l’assegno sia scaduto o peggio ancora prescritto, non libera in assoluto l’emittente, quando alla base dell’emissione dell’assegno vi sia un rapporto di credito/debito. L’esempio tipico è quello della fornitura di merce.

Supponiamo che la società Alfa venda pezzi di ricambio per auto alla ditta “Ricambi auto Beta”, merce venduta per un totale di €. 5.000,00. Supponiamo ancora che la Ricambi auto Beta paghi la merce ottenuta con assegno bancario non trasferibile dell’importo di €. 5.000,00.

La società Alfa non mette all’incasso l’assegno ricevuto nel termine di presentazione, dopodiché la Ricambi auto Beta revochi alla propria Banca l’ordine di pagamento. Ammettiamo, sempre per ipotesi, che la società Alfa metta all’incasso l’assegno esattamente decorsi i sei mesi dal termine di presentazione, cosa accade?

Accade, innanzitutto, che l’assegno non potrà essere utilizzato come titolo per l’esecuzione, perché appunto prescritto, ma sicuramente non viene meno il suo credito di €. 5000,00 nei confronti della Ricambi auto Beta, poiché, nella fattispecie, il diritto di credito su fatture emesse per fornitura merce si prescrive in 10 anni.

A questo punto la società Alfa ben può optare per l’avvio di un’azione legale, affidando la pratica di recupero crediti ad un avvocato, oppure affidarsi ad un’agenzia di recupero crediti. La prima opzione, tuttavia, è preferibile, poiché se ci si vuole munire di un titolo esecutivo (in luogo dell’assegno ormai scaduto) dobbiamo presentare domanda al giudice al fine di ottenere un decreto ingiuntivo.

In questo caso, l’assegno costituisce non solo una prova del rapporto causale (che, per rimanere nell’esempio, unito alle fatture avrà una forza probatoria maggiore), ma ai sensi dell’art. 642 c.p.c., quando il credito è fondato su assegno bancario il giudice, su istanza del ricorrente, può emettere decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, fissando i termini per la sola opposizione. Ciò è un aspetto positivo, poiché si evita di incorrere in quelle opposizioni a decreto ingiuntivo, proposte dal debitore in modo pretestuoso e dilatorio, cioè aventi l’unico scopo di procrastinare nel tempo il pagamento.

Tempi e costi previsti per il recupero dei soldi di un assegno scaduto

Diciamo subito che, la regola fondamentale è che prima si agisce minori potranno essere i costi da sostenere. Appare di palmare evidenza, difatti, che se riusciamo ad utilizzare l’assegno bancario come titolo esecutivo, evitando la sua prescrizione, gli esborsi da sostenere saranno minori, in quanto andremo ad evitare l’azione ordinaria rivolta ad ottenere un titolo che ci legittimi all’esecuzione.

Pertanto, potremo direttamente procedere con la notifica del precetto di pagamento basato sull’assegno, ed in mancanza di pagamento attivare le procedure esecutive disponibili. Quando, invece, l’assegno è scaduto e si è prescritto, a questo punto, i costi per l’esercizio dell’azione causale variano in base alla tipologia di azione in concreto esercitabile.

Restando nell’ipotesi tipica, per cui alla base delle ragioni che hanno determinato l’emissione di un assegno bancario vi è un rapporto di credito, la strada più ovvia sarà quella di procedere con ricorso ex art. 633 c.p.c., rivolto ad ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo. L’assegno potrà essere utilizzato sia quale prova del rapporto sottostante, e sia per richiedere l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo stesso.

Prima ancora, l’avvocato a cui ci affidiamo ben potrà tentare un recupero in via stragiudiziale, notificando una lettera di sollecito di pagamento, evidenziando nella stessa che il titolo è scaduto e l’ordine di pagamento revocato, ma che il debito originale persiste ancora (oppure che l’assegno è tornato indietro insoluto, perché privo di provvista, a seconda dei motivi). In mancanza di riscontri positivi si opterà per la istanza di ingiunzione (volendo, si potrebbe tentare con uno strumento alternativo alla risoluzione della controversia, quale mediazione o negoziazione, tenendo presente che ci sarebbero ulteriori costi da sostenere, oltre tempo utile che va via a favore del debitore)

Pertanto, in caso di azione legale, gli esborsi saranno legati alle spese legali per il deposito del ricorso (contributo unificato e diritti di cancelleria), che, va detto, nella fase ingiuntiva sono ridotti del 50% (per il solo contributo unificato), oltre gli onorari dovuti come compenso all’avvocato. Ottenuto il decreto ingiuntivo, lo stesso verrà notificato al debitore, e se munito di provvisoria esecutorietà, unitamente all’atto di precetto, in modo tale da poter azionare nel breve l’esecuzione, laddove andremo a recuperare oltre la somma di cui all’assegno, anche tutte le spese legali sostenute.

Ovviamente, è sempre consigliata una verifica preliminare della solvibilità del cliente, onde evitare inutili, costose ed infruttuose azioni esecutive con esito negativo.

Suggerimenti per evitare il problema del recupero dei soldi di un assegno scaduto

Per evitare tutte le conseguenze legate alla scadenza dell’assegno, alle lungaggini e, soprattutto, agli ulteriori costi da sostenere per il recupero delle somme, che spesso si rivelano infruttuose, l’unica regola possibile da seguire, per il portatore dell’assegno, è quella di controllare con attenzione la scadenza degli assegni ricevuti.

Magari, è opportuno annotarsi da qualche parte, anche tramite lo smartphone, un promemoria di qualche giorno prima della data di scadenza. C’è da dire, inoltre, che molti tipi di transazioni, soprattutto quelle on-line, ormai escludono a priori l’uso di assegni bancari come metodi di pagamento, richiedendo solo strumenti telematici come mezzi di pagamento (carte di credito, prepagate, bonifici bancari).

Diciamo che l’uso dell’assegno bancario è una pratica che resiste ancora nel commercio tra imprese fornitrici e operatori al dettaglio, per quanto, anche in questo campo stia diventando sempre più in disuso. Spesso, inoltre, l’assegno bancario viene utilizzato non proprio come strumento di pagamento, bensì di credito, essendo invalsa la pratica di emettere assegni post-datati, per concedere al soggetto emittente di avere del tempo per provvedere a coprire i fondi mancanti, ed evitare il pagamento del bollo previsto per le cambiali. Si tratta di una pratica illegittima, consentita dalla legge solo per pochi giorni.

Il fatto che un assegno sia postdatato non implica che questo non possa essere comunque messo all’incasso, la post-datazione è un patto fiduciario tra colui che riceve l’assegno e colui che lo emette, nel caso colui che riceve l’assegno decida comunque di incassarlo prima della scadenza scritta da chi lo ha emesso non incorrerà in alcuna sanzione. L’art. 31 del R.D. n. 1736/1933 specifica, infatti, che l’assegno bancario è pagabile a vista.

Ogni contraria disposizione si ha per non scritta. L’assegno bancario presentato al pagamento prima del giorno indicato come data di emissione è pagabile nel giorno di presentazione (per approfondimenti leggi questo link “L’assegno post-datato: cos’è, quando si può versare”). Per cui è opportuno evitare di farsi rilasciare assegni bancari, quanto meno nella forma ordinaria, come strumenti di pagamento, optando per altri metodi.

Conclusioni

L’assegno bancario è uno strumento di pagamento in sostituzione del denaro contante, ma non sempre può dirsi sicuro. Certamente, nel caso in cui si riceve un assegno circolare si può stare tranquilli, poiché l’emissione di tali titoli prevede la preventiva costituzione della provvista da parte dell’emittente, che rimane vincolata a favore del beneficiario.

In caso contrario, di fronte ad un assegno bancario ordinario è opportuno tenere in considerazione i termini di presentazione per l’incasso, oltre i quali si corre il rischio di non incamerare le somme ivi contenute.

Parimenti, c’è da considerare che, non sempre gli assegni bancari risultano coperti, anzi non è rara la loro emissione a vuoto, per cui è sempre opportuno in prims evitare di accettare questo metodo di pagamento, ma altri quali i bonifici bancari; in seconda battuta, accettare assegni solo qualora l’emittente sia una persona sulla quale riponiamo massima fiducia.

Avvocato Marco Mosca

Marco Mosca

Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...