Procedibilità a querela: le novità

Dal 9 maggio, con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36 (10 aprile 2018), cambierà la condizione di procedibilità a querela per una serie di reati. Si va a chiarire anche la scansione della fase transitoria: per i reati commessi prima del 9 maggio il termine per la presentazione della querela comincerà a decorrere dalla medesima data, ma solo se il soggetto offeso ha già avuto precedente notizia del fatto che costituirebbe il reato.

Sia il pubblico ministero nella fase di indagine preliminare, sia il giudice dopo l’esercizio dell’azione penale, avranno il dovere di informare la persona offesa sull’esercitabile diritto di querela. Nello stesso giorno si avvia la decorrenza.

Nel caso il giudizio sia in Corte di Cassazione, invece, l’informazione della parte interessata può essere più complicata, in quanto i consiglieri non possono essere investiti del ruolo di informatori a causa della specificità del loro ruolo.
Sarà, quindi, il grado di legittimità a influenzare la trasformazione del regime di procedibilità.

L’informazione della parte, senza dubbio, risulta utile quando incorre il rischio di depenalizzazione del reato, oppure quando non risulta possibile garantire il fatto che la parte offesa venga messa nelle condizioni di decidere se esercitare o meno il diritto di querela.

Si punta, quindi, a migliorare l’efficienza del processo penale, vista anche l’introduzione (da qualche mese, ormai) di una nuova causa di estinzione del reato per effetto di condotte riparatorie che interessa i reati perseguibili a querela.

La congiunzione della procedibilità a querela con la causa di estinzione del reato è, senza dubbio, uno dei punti di equilibrio fra due esigenze stanti agli antipodi:

  1. evitare meccanismi punitivi automatici per fatti di non particolare gravità (il che può rischiare di influenzare l’efficienza della risposta per reati più gravi);
  2. valorizzare l’interesse privato alla punizione del colpevole in un contesto caratterizzato dall’offesa a beni fortemente individuali.

Ora tocca alla persona offesa determinare il grado di gravità dell’offesa, così da riuscire anche, si spera, a ridurre il carico processuale così anche da permettere che nelle fasi iniziali del giudizio possano attivarsi meccanismi di conciliazione tra le parti.

Il decreto va anche a estendere la procedibilità a querela nei confronti di alcuni reati contro la persona e il patrimonio, visto anche il carattere privato (molto spesso anche modesto) dell’offesa subita. Per i reati che già prevedevano la procedibilità, invece, si è preferito stabilire una riduzione dell’effetto delle circostanze aggravanti che possono far sì che la procedibilità scatti d’ufficio.

Effetti molto rilevanti si dovrebbero avere sul reato di minaccia, tenendo però conto che l’estensione della procedibilità a querela si hanno solo nel caso di minaccia grave. Rimane d’ufficio in tutti i casi di minaccia in cui si incontrano le aggravanti previste dall’art. 338 del Codice Penale, per esempio l’uso delle armi da persona mascherata.

Presenti anche i reati di truffa, frode informatica, violazione di domicilio da parte di pubblico ufficiale, appropriazione indebita, varie violazioni in tema di corrispondenza, uccisione o danneggiamento di animali.

L’operazione, assicura il Ministero, subirà comunque un attento monitoraggio, così da riuscire ad avere un quadro il più esaustivo possibile sul numero di procedimenti penali instaurati in quanto resi procedibili a querela e quanti, invece, verranno definiti per procedura conciliativa, remissione di querela o per effetto di condotte riparatorie.

Emanuele Secco, Giuridica.net

Fonte

IlSole24Ore