L’incendio doloso e il caso fortuito incidentale

Nella sentenza n. 3953/2015 della Cassazione si discute in merito alla responsabilità delle cose in custodia.

Nel caso di specie un soggetto ricorreva all’ultimo grado di giudizio in seguito alla sua soccombenza nei due gradi successivi. Non era stato riconosciuto il risarcimento del danno per il grave danno subito da un incendio doloso propagatosi da un vicino stabilimento industriale.

L’evento dannoso in questione era stato posto in essere da un lancio di bottiglie incendiarie (molotov) che avevano bruciato le cassette di plastica presenti in un piazzale. Questo, aveva scatenato una fiammata tale da propagarsi oltre il luogo del reato e danneggiando anche l’immobile in questione.

Non solo va analizzata la responsabilità in capo al custode, ma anche l’esatta qualificazione del caso fortuito, prova liberatoria nel caso di danno da custodia ex art. 2052 c.c.

In capo al custode, non è ascrivibile nessuna colpa. I precedenti atti teppistici posti in essere ai danni del piazzale, per la loro tenuità comparata all’evento dannoso del quale invece si discute, non fanno venire meno il carattere di imprevedibilità ed inevitabilità dell’incendio in questione.

Inoltre, per un piazzale aperto utilizzato per la sosta, non era in concreto esigibile un sistema di prevenzione altamente sofisticato, risultando assolutamente adeguato quello predisposto al tempo del reato: telecamere, guardie giurate e un presidio stabile di portineria.

Se nulla è possibile addebitare in capo al custode, maggiori dubbi sorgono in relazione alla prova del caso fortuito.

In genere, il caso fortuito liberatorio è quello che interrompe il nesso di causalità tra la condotta e l’evento, mentre nel caso di specie sembra che non ci sia una vera e propria cesura, essendo incontestato che il danno all’immobile sia derivato dall’incendio delle bottiglie di plastica presenti nel piazzale.

Orbene, la giurisprudenza è molto restia a utilizzare la teoria della condicio sine qua non in tema di nesso di causalità, in quanto foriera di una ricostruzione ad absurdum dell’evento.

Solitamente, viene utilizzato il caso di scuola dell’imputabilità del venditore di armi, nel caso di omicidio ad un estraneo con l’utilizzo dell’arma venduta, per evidenziarne l’eccessiva astrattezza.

In realtà, nel caso di specie, il problema è diverso, poiché urge porre in essere una distinzione tra il caso fortuito autonomo e quello incidentale.

In materia di responsabilità da cose in custodia, nel primo caso il nesso causale deve essere negato quando vi sia un fattore esterno che abbia prodotto da sé l’evento. Nel secondo, invece, la cosa è sì causalmente legata all’evento dannoso ma eziologicamente resa tale da un fattore del tutto eccezionale.

A giudizio del giudice di merito «diventa del tutto agevole constatare come l'azione criminosa posta in essere da ignoti criminali in ora notturna, in modo preordinato e presumibilmente con modalità atte ad escludere ogni sorveglianza, costituiva fatto estraneo alla sfera del custode di per sé idoneo a dare impulso causale autonomo, con carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità, all'incendio sviluppatosi nell'immobile destinato a piazzale pertinenziale allo stabilimento, tale da interrompere ogni nesso causale tra la combustione dei materiali presenti nel piazzale e i danni provocati dalle fiamme all'immobile».

Non ravvisando la necessità di discostarsi dall’iter logico precedentemente seguito, il giudice di legittimità respinge il ricorso.

Michel Simion, Giuridica.net