L'incompatibilità di un avvocato

L’esercizio della professione di avvocato comporta l’impossibilità di svolgere alcune attività diverse da essa, in quanto ragioni di opportunità legate al decoro, dignità ed indipendenza, non ultimo i doveri deontologici collegati, sconsigliano lo svolgimento di lavori che si presentano, per loro natura, inconciliabili ed incompatibili con la professione di avvocato stessa.

Cos’è l’incompatibilità professionale per gli avvocati

Prima di verificare in dettaglio con quali attività è incompatibile la professione di avvocato, è opportuno capire brevemente le ragioni poste alla base di questa scelta normativa.

L’articolo 1 del Codice Deontologico Forense recita testualmente: “L’avvocato tutela, in ogni sede, il diritto alla libertà, l’inviolabilità e l’effettività della difesa, assicurando, nel processo, la regolarità del giudizio e del contraddittorio… L’avvocato, nell’esercizio del suo ministero, vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell’Ordinamento dell’Unione Europea e sul rispetto dei medesimi principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a tutela e nell’interesse della parte assistita…

Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale. In questa disposizione, che in qualche modo rappresenta la definizione di avvocato, viene espresso un concetto, o meglio un principio, che si collega direttamente alla regola della incompatibilità di tale professione con molte altre attività.

L’avvocato, nello svolgimento della professione, deve garantire la propria indipendenza (c.d. principio di indipendenza). L’indipendenza costituisce uno dei cardini fondamentali del codice deontologico degli avvocati europei, come previsto dalla “Carta dei principi fondamentali dell’avvocato europeo e C.D.D.A.E” approvato il 24 novembre 2006.

L'indipendenza dell'avvocato, dunque, è una condizione indispensabile affinché egli possa svolgere, in modo coerente alla sua funzione, i compiti che gli ordinamenti costituzionale e comunitario gli assegnano.

Il principio di indipendenza, implica la necessità che l’avvocato assuma un comportamento tale da essere imparziale ed equidistante nei confronti di coloro con i quali egli instaura rapporti professionali (Autorità Giudiziarie, clienti, istituzioni ecc.) L’incompatibilità, dunque, è stata prevista in correlazione a quelle attività e funzioni preordinate alla cura di interessi di ampia rilevanza, e che, nella fattispecie, possono alterare il libero esercizio della professione forense; ovvero per quelle attività che contrastano con la caratteristica propria della professione forense, ossia la libertà di autodeterminazione del professionista medesimo.

Si pensi, a tal proposito, alla inconciliabilità tra il vincolo di subordinazione, tipico del dipendente pubblico/privato, con il carattere libero della professione di avvocato. La ragione giuridica, pertanto, è quella che l’avvocato adempia la sua funzione difensiva nei confronti del cliente scevro da condizionamenti esterni, con assoluta imparzialità ed autonomia di giudizio.

Con cosa è incompatibile la professione di avvocato?

Chiarito, sia pure sinteticamente, la ratio iuris alla base della incompatibilità, vediamo quali sono le attività inconciliabili. L’art. 18 della Legge Professionale n°247/2012, indica chiaramente quali sono le attività incompatibili, ovverosia:

  • con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente;
  • con l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui;
  • con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione; 
  • con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato; • con l'esercizio dell'attività di notaio;
  • A tali incompatibilità si aggiunge quella con l'iscrizione all'albo dei geometri.

Un avvocato può anche fare un altro lavoro?

Lo stesso articolo 18 ammette alcune deroghe collegate alle stesse attività vietate, in particolare: - È consentita l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro;

  • la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa;
  • quanto alle società, l'incompatibilità non sussiste se l'oggetto dell’attività della società è limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico.

L’art. 19 della legge professionale, indica le eccezioni specifiche alle norme sulla incompatibilità. L’esercizio della professione forense, pertanto, è compatibile con:

  • l'insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell'università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici
  • I docenti e i ricercatori universitari a tempo pieno possono esercitare l'attività professionale nei limiti consentiti dall'ordinamento universitario, purché iscritti in un apposito albo;
  • È fatta salva l’iscrizione nell’elenco speciale per gli avvocati che esercitano attività legale per conto degli enti pubblici con le limitate facoltà disciplinate dall’articolo Non va tralasciato di considerare, altresì, l’art. 2 della stessa legge professionale che consente l’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato ovvero la stipulazione di contratti di prestazione d’opera continuativa e coordinata aventi ad oggetto la consulenza e l’assistenza legale stragiudiziale, nell’esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l’opera viene prestata.

Le norme di riferimento

Abbiamo visto che, a disporre i casi di incompatibilità e compatibilità sono proprio gli artt. 18 e 19, della legge n. 247/2012, Il primo indica le situazioni di incompatibilità, sia pure prevedendo al suo interno delle deroghe in base a determinate circostanze, mentre il secondo elenca le eccezioni alla disciplina sulla incompatibilità.

Anche il successivo art. 20 risponde in definitiva al principio di garantire autonomia e indipendenza, il quale prevede la sospensione dall’esercizio professionale durante il periodo necessario allo svolgimento di cariche istituzionali di rilievo quali: la carica di Presidente della Repubblica, Presidente della Camera deputati, Presidente del Consiglio dei ministri, ministro, viceministro o sottosegretario di stato, Presidente giunta regionale, avvocato eletto presidente di provincia con più di un milione di abitanti e sindaco di comune con più di 500.000 abitanti, avvocato membro della Corte Costituzionale o del Consiglio Superiore della Magistratura.

Sanzioni in caso di incompatibilità avvocato

L’art. 6 del Codice Deontologico Forense impone all’avvocato il divieto di svolgere attività incompatibili con l’iscrizione nell’albo e, comunque, di svolgere attività comunque incompatibili con il decoro, la dignità e l’indipendenza della professione di avvocato.

Qualora l’avvocato violi tali prescrizioni normative la conseguenza sarà la sottoposizione dello stesso al procedimento disciplinare da parte dell’ordine professionale di appartenenza (Consigli di disciplina distrettuale).

Una volta avviato il procedimento disciplinare l’esito dello stesso potrà comportare l’applicazione di una sanzione disciplinare, la cui misura varia in base all’entità della violazione commessa. Le sanzioni si suddividono in:

1) Avvertimento: che consiste, sostanzialmente, in un semplice invito a tenere un comportamento consono al decoro della professione ed alle regole deontologiche, e di astenersi dal compiere altre infrazioni;

2) Censura: che consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell'infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell'incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un'altra infrazione;

3) Sospensione: che consiste nell'esclusione temporanea dall'esercizio della professione o dal praticantato e si applica per infrazioni di un certo rilievo, cioè la cui gravità, del fatto compiuto, non consente di irrogare la sola sanzione della censura;

4) Radiazione: che rappresenta la sanzione più estrema fra tutte, inflitta per le violazioni molto gravi, e consistente nell'esclusione definitiva dall'albo.

Trattasi, quindi, di comportamenti e violazioni che rendono incompatibile la permanenza dell'incolpato nell'albo. I provvedimenti suddetti sono impugnabili, dinanzi alla sezione disciplinare del Consiglio nazionale forense, le cui decisioni sono ricorribili dinanzi le Sezioni unite della Corte di cassazione.

FONTI NORMATIVE: Legge professionale n. 247/2012 Codice Deontologico Forense

Avvocato Marco Mosca

Marco Mosca

Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...