Il condominio e la tolleranza di cantiere

Nella sentenza n. 207/2018 del Tribunale di Verona l’attore ha convenuto in giudizio un condominio.

In questo caso, il soggetto lamenta la violazione del proprio diritto di veduta sul fondo altrui, esercitato per mezzo di una loggia insistente sulla parete sud del proprio appartamento e non solo. Lamenta anche la violazione della distanza legale di 10 metri tra pareti finestrate frontistanti.

D’altro canto, il condominio chiede il rigetto delle pretese attoree; quanto alla presunta violazione del diritto di veduta. 

Le caratteristiche della loggia di proprietà di parte attrice non ne permetterebbero l’esercizio concreto data la presenza di una vetrata chiusa da una grata metallica. Mentre, per la violazione della distanza legale, invoca la disciplina della “tolleranza di cantiere” che scusa l’eccedenza di modestissima entità.

Dopo un’attenta valutazione, il giudice rigetta la pretesa violazione del diritto di veduta, ma riconosce la violazione della distanza legale posta in essere dal convenuto.

Per quanto concerne la prima questione, la sentenza n. 11956/2009 della Cassazione, ha chiarito che non è automatico il divieto al fondo vicino di fabbricare a meno di tre metri dalla propria veduta. Esso, sorge se viene dimostrato un diritto reale gravante sul fondo altrui. Non dimostrato nel caso di specie, non essendo bastevole l’esistenza di manufatti che consentano l’inspicere e il prospicere in alienum.

Per quanto concerne la seconda questione, invece, va preliminarmente chiarito come la “tolleranza di cantiere”.

Esso, non ha una disciplina legislativa univoca, disponendo distanze diverse non solo da regione a regione ma anche, potenzialmente, da comune a comune. È comunque riscontrabile una ratio comune a questa pletora di disposizioni. Non solo la verifica tra la consistenza del manufatto e la misura progettuale, ma anche la valutazione della consistenza del manufatto in assenza di quotature.

Inoltre, non può non essere citata la divergenza di opinioni, in materia, tra la giurisprudenza civile e quella amministrativa. La prima ritiene la disciplina statale come imperativa e inderogabile. La seconda, tendenzialmente, sembra pronunciarsi in modo tale da ritenere la disciplina statale una norma quadro nei cui interstizi si insinuino le singole discipline territoriali.

Nel caso di specie vi è un’effettiva eccedenza dell’opera. A giudizio del giudice, i due centimetri in più devono essere rimossi attraverso una messa in ripristino. Tale misura, apparentemente draconiana, ha in realtà una sua giustificazione pregnante, poiché la “tolleranza di cantiere” non generalizza un principio di flessibilità delle misure legali ma concede una difformità scusata tra il progetto e quanto effettivamente realizzato.

L’eccedenza dell’opera realizzata non era prevista dal progetto ma fu un errore di costruzione, quindi non scusato.

Michel Simion, Giuridica.net

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