Diritto d’autore: la nuova normativa europea

In seguito all’entrata in vigore della GDPR, ovvero l’insieme di norme atte a proteggere i dati personali da abusi commerciali, sociali e politiche – visti anche i fatti che hanno visto protagoniste alcune pratiche non proprio chiarissime messe in atto dai big della Silicon Valley –, l’Unione Europea ha preso ancora una volta posizione nel mondo di Internet.

La notizia

Notizia della settimana scorsa è il via libera dato dalla Commissioni affari giuridici del Parlamento europeo a una nuova direttiva sul copyright, quello che può essere considerato il primo e vero tentativo fatto per proteggere i diritti dei produttori di contenuti giornalistici dalle piattaforme digitali, le quali spesso usano tali contenuti senza il dovuto consenso.

Non sono mancate, come ormai c’è da aspettarsi in un clima sempre più evidente di anti-europeismo, aspre critiche. Tuttavia, è sempre cosa buona e giusta analizzare le norme prima di dare vita allo sproloquio o a inutili affermazioni degne dei peggiori bar di Caracas.

Il fatto

L’art. 11 della direttiva dice che aziende come Google o Facebook, aggregatori di contenuti che monetizzano grazie alla veicolazione degli stessi, dovranno pagare un compenso agli editori, questo non solo per un testo integrale, ma anche solo per un link contenente un estratto (snippet) del contenuto condiviso. Subito additata dai detrattori come “link tax”, la norma vede una diminuzione dei profitti non per gli utenti, ma solo per le piattaforme. Con ciò si prevede che gli editori possano beneficiare del diritto d’autore anche per gli snippet, ovvero le anteprime contenenti foto, titolo e un breve estratto del testo d’interesse, i quali vengono generati in automatico al momento della condivisione.

Se da un lato gli utenti sono comunque liberi di condividere, liberamente e gratuitamente, lo stesso non si può dire per le piattaforme. I detrattori della norma, infatti, ritengono che una simile “tassa” possa portare le grandi aziende a una condivisione selettiva, togliendo a Internet l’alone di libertà che l’ha sempre contraddistinto rispetto alle restrizioni che, in questo senso, penalizzano il resto dei media. Tale punto di vista viene sostenuto dal Partito dei Pirati e da una campagna social supportata da circa 70 luminari della Rete.

Ancora più contestato l’art. 13: si impone per tutte le piattaforme l’adozione di alcuni filtri simili a quelli già messi in campo da YouTube, grazie ai quali si può controllare se quanto creato dagli utenti riporti o no contenuti protetti dal diritto d’autore. Una decisione che può inficiare la produzione di alcune categorie di contenuti, prima su tutte i meme (ovvero, dei veri e propri tormentoni che trovano origine da musica, film, trasmissioni televisive ecc.).

Per quanto se ne sa ora, l’approvazione della normativa potrebbe avere luogo la prossima settimana in seduta plenaria. Successivamente, dovrà passare per il Consiglio dei ministri europei per poi, in caso, approdare al voto finale del Parlamento tra la fine 2018 e inizio 2019. Ancora molto tempo per assistere al dibattito dedicato e per maturare le proprie conclusioni.

Una breve riflessione, però, è già doverosa. Da una parte, infatti, ci sono i diritti spettanti agli editori (sacrosanti), mentre dall’altra la libertà degli utenti. Meglio proteggere e retribuire la stampa o i meme? Il primo, senza dubbio. Tuttavia, Internet non sarebbe più Internet senza i meme.

Emanuele Secco, Giuridica.net