Nuove sentenze sulla separazione

La separazione tra i coniugi, è la procedura a cui marito e moglie, possono ricorrere, in presenza di una crisi matrimoniale, che non consenta la prosecuzione del rapporto, senza pregiudizio per i coniugi medesimi o per i figli della coppia.

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L’argomento che tratteremo oggi, riguarda il tema della separazione personale dei coniugi e più precisamente le novità espresse dalla giurisprudenza, rispetto a tale istituto giuridico.

Le ultime sentenze emesse dai giudici di merito e di legittimità, sulla separazione tra i coniugi, riguardano, in particolare

  • il criterio del tenore di vita, quale parametro per il mantenimento dell’altro coniuge;
  • affidamento esclusivo dei figli minori, per disinteresse del genitore;
  • mantenimento dei figli minorenni e maggiorenni;
  • abbandono del tetto coniugale, tradimento, offese e minacce sui social network all’altro coniuge, quali circostanze che legittimano l’addebito della separazione.

In merito al mantenimento del coniuge, a seguito della separazione, l’articolo 156 cod. civile, stabilisce il diritto a ricevere l’assegno da parte dell’altro coniuge, qualora non abbia adeguati redditi personali, tali da permetterne l’indipendenza economica, purché al coniuge richiedente, non sia addebitata la separazione medesima.

Sulla qualificazione del reddito personale, è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, stabilendo che gli adeguati redditi propri, su cui basare il riconoscimento dell’assegno di mantenimento, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto durante il matrimonio (Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 27 Luglio 2021, n. 21504).

Ciò in quanto, in tema di separazione personale dei coniugi, continua ad applicarsi esclusivamente, il criterio del tenore di vita, mantenuto durante il matrimonio, quale parametro, su cui fondare il riconoscimento o meno dell’assegno di mantenimento.

Infatti, solo in sede di divorzio, potrà applicarsi il nuovo orientamento espresso dalla Cassazione, che ha abbandonato il tenore di vita, preferendo la valutazione sulla capacità economica del richiedente, a far fronte da sé al proprio sostentamento.

Sempre in tema di assegno di mantenimento al coniuge, a seguito della separazione, la Cassazione, ha chiarito, come: “la sussistenza o meno di un reddito proprio, tale da consentire il versamento dell’assegno di mantenimento, è onere a cui è tenuto il coniuge richiedente, il quale nel giudizio di separazione, è tenuto a dimostrare di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato occupazionale per mettere a frutto le proprie attitudini professionali”. (Cassazione civile, sez. I, sentenza 21 Luglio 2021, n. 20866).

Il coniuge richiedente, pertanto, dovrà, quindi dimostrare di aver cercato attivamente un'occupazione di lavoro, secondo le proprie capacità e competenze, e soltanto, ove la ricerca abbia esito negativo, potrà domandare il versamento dell’assegno di mantenimento, quantificato sul parametro del tenore di vita, avuto durante il matrimonio.

In merito all’affido esclusivo del figlio minorenne, il Tribunale di Velletri, ha stabilito che legittima l’affidamento esclusivo all’altro genitore del proprio figlio minore, il comportamento assunto dal genitore di totale disinteresse verso il figlio, omettendo ripetutamente il versamento del mantenimento dovuto alla prole.

Secondo i giudici di legittimità, l’inadempimento “è da ritenersi grave, evidenziando un totale disinteresse del genitore, nei confronti delle esigenze di educazione, cura ed istruzione delle figlie che vengono pregiudicate dalla omessa corresponsione dell’assegno”.

Per tale motivo, il Tribunale di Velletri, ha disposto l’affido esclusivo della prole all’altro genitore, quale tutela del superiore e prevalente interesse dei figli minori, alla sana ed equilibrata crescita psico-fisica, ponendoli al riparo dalle lesioni, che il mancato versamento dell’assegno, possano produrre sulla loro cura ed istruzione. (Tribunale di Velletri, Decreto 26 Aprile 2021).

Per quanto riguarda il mantenimento dei figli minori, la Cassazione, ha accolto la richiesta del genitore, nella specie del padre, ad ottenere la riduzione dell’assegno di mantenimento, corrisposto all’altro genitore per le spese ordinarie della prole, giustificato dall’espansione del diritto di visita delle figlie minori, presso l’abitazione paterna, e di conseguenza, provvedendo direttamente ai loro bisogni, durante i periodi di permanenza nella sua abitazione (Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 15 Dicembre 2020, n. 3203).

I giudici di merito, chiamati a pronunciarsi sull'obbligo di mantenimento dei figli minori, hanno ribadito il principio secondo cui, il genitore obbligato al versamento dell’assegno, non può opporre quale circostanza ostativa al proprio obbligo, la mancanza di capacità reddituale, a causa della perdita della propria posizione lavorativa, dal momento che anche nell’ipotesi di ricerca di un’attività lavorativa, permane in ogni caso l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli.

Infatti, lo stato di disoccupazione del genitore obbligato non è sufficiente a fondare la domanda di esonero dal mantenimento, potendo essere valutato, solo ai fini della quantificazione dell’assegno (Tribunale di R. Calabria, sez. I, sentenza 25 Maggio 2021).

In merito, al riconoscimento dell’assegno di mantenimento ai figlio divenuto maggiorenne, è pacifico il principio secondo cui il raggiungimento della maggiore età, non giustifica la cessazione del mantenimento al proprio figlio. Infatti, è obbligo del genitore di provvedere a soddisfare i bisogni di cura, educazione ed istruzione del figlio, fin quando questi non raggiunto l’indipendenza economica ovvero non si dia prova in giudizio, che la mancanza dell’indipendenza medesima sia dovuta all’inerzia o negligenza del figlio, non volenteroso a proseguire gli studi o alla ricerca di un lavoro.

A tal fine, la Cassazione, ha ribadito il concetto, affermando che “costituiscono circostanze sufficienti a legittimare la revoca dell’obbligo di mantenimento, il rifiuto ingiustificato del figlio a proseguire l’attività commerciale di famiglia ovvero la sua scarsa propensione agli studi” (Cassazione civile, sez. I, sentenza 2 Luglio 2021, n. 18785).

I giudici, chiamati a pronunciarsi sulla richiesta di separazione, possono disporre l’addebito della separazione medesima, a carico di uno o entrambi i coniugi, qualora questi abbiano posto in essere atti e comportamenti contrari ai doveri di fedeltà, assistenza morale e materiale scaturenti dal matrimonio. Al riguardo, di recente, la Suprema Corte di Cassazione, ha ribadito il principio secondo cui, l’abbandono volontario della residenza, costituente la casa coniugale, violando il dovere di convivenza comune dei coniugi, giustifica l’addebito della separazione, salvo che il coniuge fornisca la prova che l’abbandono del tetto coniugale, sia dipeso dal comportamento dell’altro coniuge oppure in presenza di una crisi matrimoniale già in atto, tale da rendere intollerabile il prosieguo della convivenza comune (Cassazione civile, sez. I, ordinanza, 5 Maggio 2021, n. 11792).

Un'ulteriore ipotesi di addebito della separazione personale, è stata riconosciuta dai giudici di merito, nell’ipotesi in cui, il coniuge, ancor prima della separazione medesima, abbia ostentato, utilizzando i social network, il proprio tradimento, pubblicando sul proprio profilo, foto e video, in atteggiamenti intimi con la nuova compagna, con cui intrapreso la relazione extraconiugale (Tribunale Rimini, sentenza 1 Febbraio 2021, n. 82).

Ciò in quanto, tale comportamento è contrario al dovere di fedeltà, imposto a carico dei coniugi, inteso anche nell’accezione più ampia di lealtà verso il partner, ledendo la figura del coniuge tradito, specie se, come nel caso in esame, siano presenti figli, anche minori.

Infine, il Tribunale di Como, ha riconosciuto l’addebito a carico del coniuge, che abbia posto in essere plurime condotte di aggressione, minacce e insulti verso l’altro coniuge, anche attraverso l’uso dei social network, recando grave pregiudizio alla dignità del coniuge leso, tale da giustificare l’intollerabilità della convivenza, e quindi motivo sufficiente della crisi coniugale e della conseguente richiesta di separazione con addebito (Tribunale di Como, sentenza 8 Marzo 2021, n. 266).

Avv. Roberto Ruocco

Fonti normative

  • Codice civile: articoli 156, 337 ter – 337 septies.
  • Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 27 Luglio 2021, n. 21504.
  • Cassazione civile, sez. I, sentenza 21 Luglio 2021, n. 20866.
  • Tribunale di Velletri, Decreto 26 Aprile 2021.
  • Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 15 Dicembre 2020, n. 3203.
  • Tribunale di Reggio Calabria, sez. I, sentenza 25 Maggio 2021.
  • Cassazione civile, sez. I, sentenza 2 Luglio 2021, n. 18785.
  • Cassazione civile, sez. I, ordinanza, 5 Maggio 2021, n. 11792.
  • Tribunale Rimini, sentenza 1 Febbraio 2021, n. 82.
  • Tribunale di Como, sentenza 8 Marzo 2021, n. 266.

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