Quando si può revocare il mantenimento del figlio

Tutto quello che occorre sapere in tema di mantenimento dei figli maggiorenni.

1. Principale normativa di riferimento

L’art. 30 della Costituzione e l’art. 147 ss. del codice civile prevedono un dovere in capo ai genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche nati fuori dal matrimonio, senza citare l’età in cui questo obbligo verrebbe meno. L’art. 337 septies del codice civile si spinge oltre, disponendo che, in caso di separazione o divorzio, il giudice possa prevedere un assegno di mantenimento a favore dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, che dovrà essere loro versato direttamente, salvo diversa disposizione dell’autorità giudiziaria.

2. Assegno di mantenimento ai figli maggiorenni

L'argomento che tratteremo oggi riguarda il tema del diritto di famiglia, e precisamente, quando è possibile ottenere la revoca dell'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne.

Difatti, a seguito della separazione tra i coniugi, i figli hanno diritto ad ottenere il mantenimento, affinché possano continuare a godere di un tenore di vita analogo a quello avuto in precedenza ai sensi dell'art. 337 septies cod. civ. che prevede il potere del giudice di disporre in favore del figlio maggiorenne un assegno periodico.

Ciò in quanto, con la separazione continua a trovare applicazione l'art. 147 cod. civ., che disciplina il dovere dei genitori di mantenere, educare ed istruire i figli, obbligando in tal modo i genitori a far fronte non solo alle esigenze economiche della prole ma anche ai bisogni di quest'ultimi, al fine di rispondere alle necessità di cura ed educazione che i figli medesimi necessitano di volta in volta.

L'obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età degli stessi, ma sussiste fin quando il genitore interessato alla dichiarazione di cessazione dell'obbligo stesso non fornisca la prova che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica ovvero nell'ipotesi in cui il mancato esercizio di un'attività lavorativa dipenda dall'inerzia del figlio o a causa del rifiuto ingiustificato del figlio a lavorare per provvedere al proprio sostentamento.

Detto ciò, analizziamo le ipotesi che legittimano la richiesta di revoca dell'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne.

2.1 L'autosufficienza economica del figlio maggiorenne

La revoca dell'obbligo a corrispondere al figlio maggiorenne l'assegno di mantenimento può essere disposta dal giudice, a seguito dell'istanza del genitore interessato, quando quest'ultimo dia la prova che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica e quindi possa provvedere da sé ai propri bisogni e al proprio sostentamento.

Al riguardo, occorre specificare cosa s'intende per indipendenza economica, in quanto solo in tal modo è possibile capire quando può venir meno l'obbligo al mantenimento.

Orbene, i giudici hanno chiarito che l'autonomia del figlio, tale da consentire al genitore obbligato al versamento dell'assegno di mantenimento nei confronti del figlio maggiorenne, di chiederne la cessazione ha luogo soltanto quando quest'ultimo abbia raggiunto uno status di autosufficienza economica, consistente nel guadagnare un reddito da attività lavorativa, corrispondente alle attitudini e agli studi svolti, in relazione alle condizioni di mercato, tali da consentire a figlio ormai maggiorenne di potere provvedere completamente ed autonomamente alle spese necessarie per far fronte alle esigenze di vita (Cass. Civ., 8  Agosto 2013, Sent. n. 18974).

Ciò significa che la revoca dell'obbligo di mantenimento potrà essere richiesta, allorquando sia fornita la prova che il figlio è indipendente, in quanto svolga un'attività lavorativa stabile e continuativa, ottenendo in contropartita un reddito corrispondente alle conoscenze e abilità acquisite con gli studi, al fine di far fronte direttamente alle proprie esigenze.

Tuttavia, occorre chiarire come la cessazione dell'obbligo al mantenimento non viene meno con l'esercizio di qualsiasi attività lavorativa, produttiva di reddito, essendo necessario anche che il trattamento economico riservato al figlio maggiorenne dal datore di lavoro, sia idoneo ad assicurare concretamente l'autosufficienza economica al medesimo, sia per quanto riguarda la misura della retribuzione e sia in riferimento alla durata del rapporto di lavoro (Cass. Civ., 11 gennaio 2007, Sent. n. 407).

2.2 L'inerzia del figlio nel svolgere un'attività lavorativa

La seconda causa che la legittima la domanda di revoca del mantenimento nei confronti del figlio maggiorenne, al fine di ottenerne la cessazione, è rappresentata dall'ipotesi in cui il figlio medesimo non svolga alcuna attività lavorativa per sua colpa - essendo rimasto inerte – o per sua scelta nel caso di rifiuto ingiustificato a lavorare.

L'obbligo imposto ai genitori di mantenere i figli sussiste fin quando la mancata indipendenza finanziaria sia dovuta all'inadempimento del figlio ovvero a circostanze negative imputabili al comportamento sia colposo che doloso del medesimo, quando lo stesso, raggiunta la maggiore età, sia colpevole di non essersi messo in condizione di conseguire un titolo di studio o di percepire un reddito dallo svolgimento di un'attività lavorativa.

Ciò è giustificato dal fatto che l'obbligo non può essere protratto oltre un ragionevole periodo temporale, dal momento che il diritto del figlio al mantenimento si giustifica nel limite del raggiungimento di un percorso formativo, nel rispetto delle sue capacità ed inclinazioni (Cass. Civ., 20 Agosto 2014, Sent. n. 18076).

Al riguardo, la giurisprudenza ha statuito l'esonero del genitore obbligato al mantenimento del figlio maggiorenne, quando questi prosegua ancora negli studi universitari, a spese del genitore, senza aver ingiustificatamente conseguito un titolo di studio ovvero una possibile occupazione lavorativa (Cass. Civ., 6 Dicembre 2013, Sent. n. 27377).

Pertanto, è configurabile la cessazione e di conseguenza la revoca del versamento del mantenimento al figlio divenuto maggiorenne, sia nell'ipotesi in cui pur essendo stato messo in condizioni di esercitare un'attività lavorativa tale da consentirgli l'indipendenza economica, il figlio maggiorenne abbia rifiutato, senza alcun motivo legittimo, le offerte di lavoro ricevute e sia nell'ipotesi in cui sia stato inerte e non volenteroso di intraprendere (o comunque non terminare nel normale ciclo) un percorso di studi.

3. Perdita dell'indipendenza economica del figlio maggiorenne

Un aspetto connesso con l'obbligo di mantenimento verso il figlio maggiorenne è quella relativa al caso in cui quest'ultimo, dopo avere raggiunto la propria indipendenza economica, tale da consentirgli di provvedere da sé al proprio sostentamento perda il reddito derivante dall'attività lavorativa svolta e, quindi, se a ciò consegua o meno la rinascita del diritto al mantenimento.

Al riguardo, occorre affermare che la circostanza che il figlio maggiorenne, divenuto indipendente dal punto di vista finanziario, perda il reddito da lavoro non comporta il risorgere del diritto a ricevere il mantenimento, ciò in quanto, con il raggiungimento dell'autosufficienza economica, vengono meno anche gli elementi necessari per ottenere il diritto in questione, potendo, nel caso in cui il figlio versi in stato di bisogno, sorgere soltanto il diritto ad ottenere un assegno alimentare ai sensi dell'art. 433 cod. civ.

Ciò è confermato dall'orientamento della giurisprudenza, secondo cui il mantenimento del figlio maggiorenne è da escludersi quando questi svolga un'attività lavorativa tale da conseguire la capacità economica. Non rilevano ulteriori circostanze che, pur determinando l'effetto di privarlo anche se momentaneamente del sostentamento economico, non giustificano il risorgere dell'obbligo al mantenimento, essendo venuti meno i presupposti e potendo al massimo sussistere, in capo ai genitori, l'obbligo alimentare ove ne ricorrono le condizioni (Cass. Civ., 27 Gennaio 2014, Sent. n. 1585).

4. Dichiarazione di cessazione dell’assegno e onere della prova.

In ogni caso la cessazione dell’obbligo di versamento di detto assegno è subordinata ad un provvedimento del giudice, che verrà emesso in seguito ad un procedimento in cui l’onere della prova graverà in capo al genitore obbligato. Spetta infatti al genitore che deve effettuare il versamento provare che i presupposti dello stesso sono venuti meno.

5. La legittimazione passiva in giudizio

Un'ultima questione, connessa con la revoca dell'obbligo di mantenimento per il figlio maggiorenne, è costituita dalla problematica inerente la legittimazione passiva, ossia sulla possibilità o meno per il genitore convivente di resistere nel giudizio promosso dall'altro genitore nei confronti del figlio anche autonomamente ed a prescindere, quindi, dalla costituzione del figlio medesimo.

Recentemente, la Cassazione ha risolto la problematica, affermando il principio secondo cui sussiste la legittimazione del genitore convivente (cd. Legittimazione concorrente) ad agire iure proprio nei confronti dell'altro genitore, in assenza della richiesta autonoma del figlio, sia per chiedere il rimborso delle spese sostenute, nonché per chiedere il versamento dell'assegno di mantenimento (Cass. Civ., 10 Gennaio 2014, Sent. n. 359).

In base a tale principio, è possibile quindi affermare che anche il genitore convivente con il figlio maggiorenne è legittimato a convenire nel giudizio instaurato dall'altro genitore, al fine di resistere ed ottenere il rigetto della domanda diretta a provocare la revoca dell'obbligo di mantenimento verso il figlio maggiorenne.

Tuttavia, occorre precisare che la legittimazione del genitore con il figlio maggiorenne ad agire in giudizio è legata al requisito necessario della convivenza con figlio stesso, come ribadito dalla Cassazione, la quale ha escluso la legittimazione passiva del genitore in merito al giudizio sul contributo di mantenimento per il figlio maggiorenne non in grado di sostentarsi da sé, qualora manchi l'elemento del coabitazione con il figlio medesimo (Cass. Civ., 25 Luglio 2013, Sent. n. 18075).

 

Aggiornato da: Cristina Vallino

Fonti normative

- Codice civile: articolo 147, 337 septies, 433.

- Cassazione Civile Sentenze:  8  Agosto 2013, n. 18974; 11 gennaio 2007, n. 407; 20 Agosto 2014, n. 18076; 6 Dicembre 2013, n. 27377;  27 Gennaio 2014, Sent. n. 1585 10 Gennaio 2014, n. 359; 25 Luglio 2013, n. 18075

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Avvocato Roberto Ruocco

Roberto Ruocco

Mi chiamo Roberto Ruocco, ho conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Salerno, nell'anno 2013. Successivamente ho svolto il Praticantato Forense, presso uno studio legale, attivo in tutta la ...