Cosa fare in caso di disaccordo tra gli eredi?

A seguito dell’accettazione dell’eredità, se tra gli eredi sorgono contrasti sulla divisione dei beni pervenuti dal defunto, ognuno di essi può rivolgersi al giudice affinché proceda alla formazione e assegnazione delle porzioni spettanti. Vediamo come funziona.

disaccordo per eredità

1. La comunione ereditaria e la divisione dei beni

L’argomento che tratteremo oggi, riguarda il tema del diritto successorio e, più precisamente, la divisione ereditaria, ossia l’istituto volto alla distribuzione del patrimonio del defunto ai suoi eredi in proporzione alla quota prevista per ognuno di essi.

Difatti, nell'ipotesi in cui vi siano più eredi chiamati a succedere a seguito dell’accettazione, essi diventano comproprietari della massa ereditaria, instaurandosi tra loro la comunione ereditaria, acquisendo così gli stessi diritti ed obblighi sui beni e sui rapporti che formano il patrimonio che apparteneva al defunto.

La situazione di contitolarità tra gli eredi dei beni pervenuti dal defunto, termina soltanto a seguito della divisione, che permette l’attribuzione ad ognuno degli eredi di una quota determinata del patrimonio successorio, di cui diventa proprietario esclusivo.

La divisione dell’eredità, può avvenire per accordo degli eredi, a condizione che sussista il consenso unanime alla divisione amichevole dell’eredità stessa oppure può essere disposta direttamente dal testatore.

In mancanza, l’unica alternativa, è rappresentata dal ricorso all’autorità giudiziaria.

2. La divisione giudiziale dell’eredità

Qualora gli eredi siano in disaccordo in merito alla devoluzione dei beni che compongono la comunione ereditaria, ognuno di essi ha facoltà di rivolgersi al tribunale del luogo ove si è aperta la successione (ultimo domicilio del defunto), al fine di ottenere la divisione giudiziale dell’eredità, citando in giudizio tutti gli eredi (art. 713 c.c.).

La domanda giudiziale di divisione dell’eredità è imprescrittibile, tuttavia, a pena d’improcedibilità, essa deve essere preceduta dal tentativo di mediazione obbligatoria.

Qualora sia avviato il giudizio senza l’esperimento della mediazione, il giudice, infatti, deve sospendere il procedimento, assegnando alle parti un termine massimo di tre mesi per tentare la conciliazione.

La parte che intenda promuovere il giudizio, deve invitare gli altri eredi a conciliare stragiudizialmente la loro controversia, presentando ad un organismo di mediazione riconosciuto dal Ministero della Giustizia del luogo della successione, la domanda di mediazione, affinché l’ente predisponga l’incontro tra le parti per un accordo transattivo.

La parte istante, è tenuta a notificare agli altri l’invito con l’indicazione della proposta di mediazione, precisando che il rifiuto immotivato a presentarsi potrà poi essere valutato dal giudice ai fini della decisione.

Se le parti, assistite dai propri difensori, raggiungono un accordo, esso ha efficacia di titolo esecutivo. Invece, in caso contrario, l’ente di mediazione redige il verbale indicando le motivazioni a base del rifiuto, anch’esse oggetto di valutazione del giudice.

3. Gli impedimenti alla divisione giudiziale

Anche se la domanda di divisione giudiziale, può essere proposta in ogni momento, il Codice civile prevede alcune ipotesi che impediscono di procedere alla divisione:

  • in presenza di un chiamato all’eredità non ancora nato (concepito), la divisione potrà avvenire solo dopo la nascita;
  • in pendenza del giudizio di filiazione del soggetto che, in caso positivo, acquisterebbe la qualità di erede;
  • in pendenza del giudizio amministrativo relativo al riconoscimento di un ente come erede.

In tali ipotesi, il giudice può disporre ugualmente la divisione, adottando le cautele necessarie.

Inoltre, il giudice, su istanza di parte, può sospendere la divisione per un periodo non superiore a cinque anni, quando essa possa arrecare pregiudizio alla massa ereditaria.

4. La divisione di un immobile

La regola generale, in tema di divisione, è che ogni coerede possa chiedere l’attribuzione in natura della quota dell’eredità a lui spettante.

A ciò fa eccezione, l’ipotesi della divisione di un immobile.

Quando uno o più eredi sono contrari alla vendita dell’immobile ereditato al fine di ottenere la quota ad ognuno spettante e l’immobile in questione non è divisibile perché ciò comporterebbe una diminuzione del suo valore pregiudicando l’eredità, esso va computato per intero nella quota di uno degli eredi, il quale è tenuto a corrispondere agli altri l’eventuale conguaglio per l’eccedenza della sua quota.

Nel caso in cui nessuno degli eredi vuole acquisirlo, occorre procedere alla vendita all’asta, attribuendo il ricavato ad ogni erede in ragione della propria quota.

5. La stima dei beni ereditari e la formazione delle porzioni

Per poter addivenire alla divisione è necessario innanzitutto procedere alla formazione delle porzioni da distribuire ad ogni partecipante, attraverso la valutazione del valore del compendio ereditato dal defunto, comprendendo una quantità di mobili, immobili e crediti, in proporzione dell'entità di ciascuna quota.

Al riguardo, occorre che gli eredi che abbiano ricevuto donazioni in vita dal defunto provvedano ad imputare tali beni all’eredità, allo scopo di ristabilire una situazione di parità tra i coeredi prima di passare alla formazione delle quote.

A tal fine, gli eredi che non abbiano ricevuto donazioni dal defunto, prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione alla loro quota.

La stima dei beni ereditari, va fatta in base al valore che essi hanno al momento della proposizione della domanda di divisione, facendo riferimento al valore venale, ossia al prezzo di mercato dei beni, in ragione della loro natura, consistenza ed ubicazione.

Eseguita la stima, si procede alla formazione delle singole porzioni in base al numero degli eredi per essere attribuite a ciascuno di essi.

Per i coeredi, che hanno quote uguali, i beni dell’eredità vengono assegnati tramite sorteggio, mentre per coloro che hanno quote diverse, si provvede mediante assegnazione direttamente ai coeredi a cui spettano.

6. Cosa succede se un erede si rifiuta di fare la successione

Dal momento che la comunione ereditaria, sorge soltanto tra gli eredi che abbiano accettato espressamente o tacitamente l’eredità, il soggetto che si trovi nella posizione giuridica di chiamato all’eredità, non può esperire l’azione di divisione giudiziale, finché non provveda ad accettare l'eredità pervenuta.

Ciò in quanto, in mancanza di accettazione, non si verifica il subentro del chiamato all’eredità, nella porzione dell’intero asse ereditario analogamente all’ipotesi dell’erede legittimario, che sia stato leso nella propria quota spettante.

I giudici di legittimità, al riguardo precisano, che l'erede legittimario acquista la qualità di erede soltanto dopo l’esperimento dell'azione di riduzione, pertanto prima di questo momento, egli non può chiedere la divisione ereditaria né la collazione, poiché questi diritti presuppongono l'assunzione della qualità di erede e l'attribuzione congiunta di un asse ereditario (Cass. Civ., Sez. II, Sent. 9 ottobre 2017, n. 23539).

L’art. 784 del codice di procedura civile, dispone che la domanda di divisione ereditaria, deve essere proposta nei confronti di tutti gli eredi, in quanto essi sono litisconsorti necessari, ossia soggetti che devono necessariamente partecipare al giudizio, trattandosi di diritti comuni e quindi incidenti sulla loro posizione giuridica.

Ove, il giudizio venga avviato, in difetto della regolare citazione di uno dei coeredi, il giudice, anche d’ufficio, provvede a disporre l’integrazione del contraddittorio, con la notifica dell’atto introduttivo, a carico dell’erede procedente, pena in caso contrario, l’estinzione del relativo procedimento di divisione.

A tal fine, la Corte di Cassazione, ha chiarito, che ove si tratti di divisioni relative a diverse tipologie di comproprietà, sarà necessario avviare altrettanti procedimenti giudiziari, sulla base delle diverse masse ereditarie, e pertanto il litisconsorzio necessario tra i coeredi, si instaurerà soltanto in relazione al procedimento di divisione che abbia ad oggetto ciascuna di esse.

È tuttavia, possibile, eseguire un’unica divisione, citando in un unico giudizio, tutti i comproprietari delle diverse masse ereditarie, soltanto qualora, vi sia il consenso espresso da tutti i soggetti coinvolti nella divisione dei beni (Cass. Civ., Sez. II, Ordinanza 15 Ottobre 2018, n. 25756).

7. La vendita di un immobile con eredi in disaccordo

In presenza della domanda di divisione giudiziale della massa ereditaria, che riguardi un immobile non comodamente divisibile, spetta al giudice investito della questione, decidere le modalità di attribuzione dell’immobile medesimo, tra i coeredi che ne facciano richiesta, sulla base di ragioni oggettive di opportunità.

Infatti, l’individuazione del coerede, a cui assegnare il bene, non dipende in alcun modo dalla maggiore offerta che uno di essi, possa proporre in riferimento alla stima, dal momento che il procedimento di divisione giudiziale, non costituisce una gara tra i coeredi (Cass. Civ. Sez. II, Sent. 19 Maggio 2015, n.10216). Solo quando non sussistano tali ragioni, per l’attribuzione al coerede, si procede alla vendita all’incanto.

Un’ipotesi particolare, è relativa alla divisione giudiziale, che abbia ad oggetto un immobile abusivo, e quindi privo delle regolari certificazioni catastali. In tal caso, infatti, non è possibile procedere alla divisione, pena la nullità dell’azione proposta, rilevabile d’ufficio dal giudice, proprio in quanto la regolarità edilizia dell’immobile, costituisce condizione necessaria, per avviare il relativo giudizio di divisione della massa ereditaria.

Al riguardo, è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, che a Sezioni Unite, ha ribadito il principio d’indisponibilità dell’immobile abusivo, e di conseguenza l’impossibilità della sua divisione tra i coeredi, affermando che:

“Quando sia proposta domanda di scioglimento della comunione ereditaria, il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell'azione ex art. 713 cod. civ” (Cass. Civ., Sezioni Unite, Sent. 7 ottobre 2019 n. 25021).

Nella medesima sentenza, la Suprema corte di cassazione, precisa, tuttavia la legittimità dell'azione di divisione giudiziale, proposta in riferimento ad una parte dell'intero asse ereditario, escludendo dal giudizio, l'immobile abusivo.

Ciò in quanto, in tal caso, la domanda proposta da uno dei coeredi, rispetta la regolarità dell’asse ereditario, escludendo dalla divisione, l’immobile privo degli attestati di conformità alle norme edilizie, e che pertanto non può formare oggetto di divisione, essendo vietata, lo scioglimento della comunione rispetto a tale cespite.

8. Nuovo principio elaborato dalla Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione ha di recente elaborato un nuovo principio in materia di divisione ereditaria e scioglimento della comunione (cfr. Cass. Civ., Sez. II, ordinanza del 14 gennaio 2022 n. 1065).

Se i coeredi non si siano accordati per limitare le operazioni di divisione ereditaria ad una sola parte del compendio comune, il giudizio di divisione si deve intendere riferito all’intera massa ereditaria e finalizzato al totale scioglimento della comunione. Si dovrà quindi individuare in modo esatto e preciso tutti i beni appartenenti al de cuius.

L’indicazione dei suddetti beni può essere fatta anche in un momento successivo dall’erede che non abbia presentato la domanda di divisione, in quanto essa costituisce una precisazione dell’istanza unitaria volta allo scioglimento della comunione.

9. Fonti normative

  • Codice civile: Libro II Delle Successioni, Titolo IV Della Divisione, articoli 713 – 736.
  • Cass. Civ., Sez. II, Sent. 9 ottobre 2017, n. 23539.
  • Cass. Civ., Sez. II, Ordinanza 15 Ottobre 2018, n. 25756.
  • Cass. Civ., Sez. II, Sent. 13 Febbraio 2006, n.3083.
  • Cass. Civ., Sez. II, Sent. 19 Maggio 2015, n.10216.
  • Cass. Civ., Sezioni Unite, Sent. 7 ottobre 2019 n. 25021.

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Avvocato Roberto Ruocco

Roberto Ruocco

Mi chiamo Roberto Ruocco, ho conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Salerno, nell'anno 2013. Successivamente ho svolto il Praticantato Forense, presso uno studio legale, attivo in tutta la ...