Come funziona il divorzio breve?

Oggi, il divorzio, non è più la procedura lunga e dispendiosa come una volta. La nuova modalità di divorzio, chiamata per l’appunto divorzio breve, è stata introdotta per mezzo della legge 55/2015 che riduce notevolmente le tempistiche che definiscono la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

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1. Il Divorzio Breve

La legge sul “divorzio breve” n. 55 del 2015 ha rappresentato una svolta epocale per il nostro Paese e soprattutto per tutte le coppie che attendevano da tempo questa misura per poter mettere “una pietra sopra” sul passato e rifarsi una nuova vita.

In particolare, la citata legge è intervenuta ad innovare la legge sul divorzio – n. 898/70 -, che era rimasta invariata da lunghissimo tempo, concedendo ai coniugi dei nuovi strumenti di risoluzione della crisi – facoltativi -, volti a ridurre il contenzioso giudiziario ed ottenere il divorzio o la separazione tramite una procedura semplificata e più snella. Ciò non significa che i procedimenti previsti dalla “vecchia” legge siano stati annullati, perché ad oggi è sempre possibile addivenire alla separazione consensuale oppure ad un divorzio congiunto, dinnanzi ad un Tribunale! Viene da sé che in caso di contrasti insanabili tra i coniugi, l’unica via di uscita sarà quella di ricorrere al contenzioso avviando un vero e proprio processo che ovviamente potrà risultare particolarmente lungo e costoso.

Attraverso detta nuova normativa i coniugi hanno pertanto la possibilità di separarsi consensualmente, chiedere il divorzio congiunto, oppure modificare le condizioni di separazione o di divorzio senza ricorrere al giudice. Le modalità che la legge ha previsto per poter procedere con il “divorzio breve” (accezione intesa in senso lato, ovvero comprensiva anche della separazione) sono due:

  • separazione – e modifiche separazione -, divorzio – e modifiche divorzio - raggiunti tramite convenzione di negoziazione assistita;
  • separazione – e modifiche separazione, divorzio – e modifiche divorzio - conclusi davanti al Sindaco di un Comune.

Le due procedure hanno in comune la riduzione dei termini tra la separazione ed il divorzio, ovvero:

  • in caso di separazione consensuale i coniugi potranno chiedere il divorzio dopo soli sei mesi dalla omologa della separazione;

la decorrenza dei termini (quello annuale o quello semestrale) si calcola in modo differente a seconda del rito prescelto dai coniugi per la separazione, ovvero:

  • per coloro che si sono separati in Tribunale il termine si calcola dalla data di comparizione dinnanzi al Giudice;
  • per coloro che si sono separati tramite negoziazione assistita il termine si calcola dalla data della sottoscrizione degli accordi annotata dall’Ufficiale dello Stato Civile;
  • per coloro che si sono separati presso gli uffici del Comune di appartenenza, il termine si calcola dalla stipula dell’accordo sottoscritto nel corso della prima comparizione dinnanzi al Sindaco.

2. Anticipato scioglimento della comunione dei beni

L’art. 2 della Legge 55/2015, oltre alla riduzione dei termini per il divorzio, ha previsto anche una altra novità, ovvero il momento dello scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi è stato anticipato rispetto a quanto avveniva in passato. In precedenza, infatti lo scioglimento si verificava solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di separazione. Attualmente invece, nel caso di separazione consensuale, lo scioglimento si verificherà dalla data di sottoscrizione dell’accordo di separazione (che poi verrà omologato).

3. Procedura

3.1 Accordo concluso tramite negoziazione assistita

La procedura per ottenere la separazione, le modifiche separazione - il divorzio, o le modifiche divorzio tramite negoziazione assistita, è consentita a tutti i coniugi indistintamente, anche a quelli con figli minori, maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, o maggiorenni bisognosi di protezione, ed è la seguente:

  • un coniuge, inviterà l’altro a stipulare – per il tramite di un avvocato dallo stesso nominato -, una convenzione di negoziazione assistita tramite la quale entrambe le parti si impegnano “a cooperare in buona fede e con lealtà” in un lasso di tempo che verrà indicato nella convenzione. Nel termine di 30 giorni la parte “chiamata” avrà la facoltà di far pervenire all’altra una risposta manifestando un rifiuto, oppure l’adesione alla procedura;
  • in caso di adesione alla procedura, i coniugi stipuleranno la cennata convenzione - nel termine che non può essere né inferiore ad un mese, né superiore ai tre mesi -, che dovrà essere sottoscritta dai medesimi e dai rispettivi legali. Subito dopo avvieranno delle trattative (ovvero porranno in essere la c.d. negoziazione) volte al reperimento di un accordo. In caso di mancato raggiungimento dell’accordo gli avvocati dovranno redigere una dichiarazione di mancato accordo e certificarla. Nel caso positivo invece gli avvocati delle parti dovranno redigere un apposito verbale.

L’accordo dovrà contenere:

  1. la dichiarazione che gli avvocati hanno tentato la conciliazione fra le parti e che le hanno rese edotte della possibilità di esperire un percorso di mediazione Familiare;
  2. la manifestazione dei coniugi a separarsi o a divorziare, specificando l’intollerabilità della convivenza (solo in caso di separazione) e che è venuta meno la comunione materiale e spirituale fra i coniugi;
  3. in presenza di figli, i coniugi saranno tenuti a specificare le condizioni con le quali intendono regolare i rapporti patrimoniali (mantenimento e spese straordinarie) e quelli personali (affidamento e collocazione dei figli, diritto di visita del genitore non collocatario). Ciò per dare la possibilità al P.M. di svolgere un controllo di merito ed una valutazione di congruità;
  4. in relazione alla prole gli avvocati dovranno dar conto sull’accordo, di avere informato i coniugi della importanza per i figli minori di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori;
  5. si dovrà inserire necessariamente – se ne sussiste il presupposto e se è stato previsto -, l’entità di un assegno di mantenimento a favore di uno dei coniugi (quello più debole economicamente);
  6. sotto il profilo economico, si dovranno inserire – nel caso vi sia la previsione -, eventuali trasferimenti immobiliari, ovvero: divisioni di beni in comunione, ripartizioni delle spese relative ai beni indivisi, costituzioni di diritti di godimento su immobili.

Gli avvocati dovranno poi certificare la conformità dell’accordo alle norme imperative ed all’ordine pubblico e poi sottoscrivere assieme alle parti il verbale, certificando anche l’autenticità delle firme dei coniugi. L’accordo successivamente verrà trasmesso al Procuratore della Repubblica (P.M.) del Tribunale competente (nel termine perentorio di 10 giorni dalla conclusione dell’accordo) per la verifica del medesimo:

  • nel caso in cui i coniugi non abbiano prole, se il P.M. ritiene regolare l’accordo rilascerà un “nullaosta” per poter provvedere alla trasmissione dell’accordo presso l’Ufficiale di Stato Civile;
  • nel caso in cui i coniugi abbiano figli, il P.M. rilascerà una “autorizzazione” solo dopo aver controllato che l’accordo sia rispondente all’interesse dei figli stessi (minori, maggiorenni non autosufficienti economicamente oppure bisognosi di protezione). Ricevuta l’autorizzazione del P.M. si potrà procedere alla trasmissione dell’accordo presso l’Ufficiale dello Stato Civile. Se il P.M. dovesse invece ritenere l’accordo non rispondente all’interesse dei figli, anziché rilasciare l’autorizzazione, provvederà a trasmettere l’accordo - entro 5 giorni – al Presidente del Tribunale competente che entro 30 giorni fisserà una udienza per la comparizione dei coniugi davanti a sé. Trattasi questa di una “procedura atipica” (non di un vero e proprio giudizio di separazione o divorzio) che si svolge sullo schema di un procedimento di Volontaria Giurisdizione e che tende a risolvere la questione in modo più rapido demandando al Tribunale la decisione circa la congruità dell’accordo.

L’accordo concluso tramite negoziazione assistita produce gli stessi effetti di un provvedimento giudiziale che definisce una separazione oppure un divorzio, quindi costituirà titolo esecutivo e titolo per l’iscrizione di eventuale ipoteca giudiziale

3.2 Accordo concluso davanti al Sindaco di un Comune

I coniugi che non hanno avuto figli possono reperire una soluzione consensuale relativa a divorzio o separazione (quindi anche modifica delle condizioni di separazione o divorzio) anche davanti al Sindaco di un Comune (o davanti ad un suo delegato), con o senza l’assistenza di un avvocato, ma in questo caso, stante la snellezza della procedura, la legge ha posto dei limiti.

In questo caso, i coniugi debbono presentare una dichiarazione con la quale affermano di volersi separare, oppure di voler sciogliere o far cessare gli effetti civili del matrimonio, ai patti dai medesimi concordati. Il Sindaco a sua volta, dopo aver ricevuto le predette dichiarazioni, compilerà un atto contenente l’accordo, lo sottoscriverà e lo farà sottoscrivere alle parti. Successivamente inviterà di nuovo i coniugi a comparire davanti a sé per la conferma dell’accordo stesso. Dopo aver ricevuto detta conferma, il Sindaco provvederà a comunicare alla Cancelleria del Tribunale (presso il quale era stata svolta la causa di separazione oppure che aveva autorizzato l’accordo di negoziazione assistita) l’avvenuta iscrizione presso i registri dello Stato Civile. Anche in questo caso l’accordo concluso davanti al Sindaco produrrà i medesimi effetti di un provvedimento giudiziale che definisce una separazione o un divorzio e pertanto potrà essere titolo esecutivo e titolo per l’iscrizione di eventuale ipoteca giudiziale.

Si precisa che l’accordo stipulato dinnanzi al Sindaco potrà anche contenere la previsione di un assegno di mantenimento in favore del coniuge più debole, ma non potrà prevedere patti di trasferimento patrimoniale, nonché il pagamento in una unica soluzione dell’assegno di divorzio (c.d. pagamento una tantum).

4. Quanto tempo ci vuole per “dirsi definitamente addio”?

Prima che la legge 55/2015 entrasse in vigore, la così detta famosissima legge sul divorzio n. 898/1970 prevedeva che i tempi per la separazione (che deve necessariamente sempre precedere il divorzio) arrivassero anche ai tre anni. La vera rivoluzione della legge del divorzio breve sta nella riduzione netta della tempistica, che è ridotta a 6 mesi per divorziare a seguito della separazione consensuale e un anno per quella giudiziale. La differenza di tempistiche risiede nel fatto che la separazione consensuale prevede che le condizioni della separazione siano stabilite ed accettate da entrambi i coniugi, mentre in caso di separazione giudiziale, sarà un giudice a stabilire quali siano le condizioni che le parti dovranno rispettare dopo la cessazione del matrimonio. È quindi chiaro, che la seconda ipotesi preveda tempistiche più lunghe rispetto a quelle previste per la separazione consensuale, dove sostanzialmente i coniugi sono già d'accordo su come comportarsi dopo la separazione.

5. Quanto costa il divorzio breve?

Se si rientra nei casi in cui è possibile divorziare senza l'assistenza di un legale, il costo è all'incirca di Euro 16 da versare nelle casse del Comune di residenza.

Se invece ci si vuole o si deve avvalere di un avvocato divorzista, i prezzi possono essere i più svariati, molto dipende anche dall'operato dell'avvocato stesso: mediamente i costi di una separazione consensuale variano dai 1500 ai 3000 euro. I costi potranno essere più elevati nel caso in cui la separazione sia giudiziale, arrivando anche a toccare cifre che si aggirano intorno ai 5000 euro.

Avv. Stefania Zarba Meli

Fonti normative

Legge 898/70

Legge 55/2015

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