Come e in quali casi si esprime la rinuncia all'eredità?
Gli eredi devono obbligatoriamente accettare l'eredità del defunto oppure hanno la facoltà di rinunziarvi perdendo ogni diritto successorio? Vediamo i dettagli.
- La rinuncia all'eredità
La forma della rinuncia all'eredità
I termini per rinunciare all'eredità - L'attribuzione della quota del rinunciante agli altri eredi
Subentro degli altri eredi nella successione legittima
Subentro degli altri eredi nella successione testamentaria - La tutela dei creditori a fronte della rinuncia di uno dei chiamati all'eredità
- La revoca della rinuncia
- Fonti normative
1. La rinuncia all'eredità
L'argomento che tratteremo oggi riguarda il tema della successione, e precisamente, la rinuncia all'eredità, ossia l'atto con il quale il soggetto chiamato all'eredità esprime la propria volontà di volere rinunciare ai diritti successori e, di conseguenza, desistere dall'esercizio del diritto ad accettare, il patrimonio del defunto.
Difatti, l'art. 521 del codice civile prevede la sua esclusione dalle vicende ereditarie, essendo rinunciante all'eredità considerato come se non fosse mai stato chiamato, ciò al fine di assicurare la continuità nella titolarità dei beni ereditari tra defunto ed eredi.
Egli, tuttavia, può ritenere la donazione fatta dal defunto ovvero chiedere il legato nei limiti della quota disponibile.
Si ricorre, generalmente, alla rinuncia dell'eredità quando il patrimonio del defunto comprende in maggioranza debiti, rispetto a crediti e altri beni patrimoniali, evitando in tal modo di accollarsi in modo pesante la situazione debitoria che faceva capo al de cuius.
Detto ciò, vediamo nello specifico come è possibile rinunciare all'eredità.
1.1 La forma della rinuncia all'eredità
La rinuncia all'eredità è disciplinata dall'art. 519 cod. civ., secondo cui essa va fatta attraverso un'apposita dichiarazione dinanzi ad un notaio ovvero ricevuta dal cancelliere del tribunale del circondario, ove si è aperta la successione, ossia dove il defunto aveva l'ultimo domicilio al momento della morte e occorre inoltre che venga inserita nel registro delle successioni.
L'atto di rinuncia richiede, quindi, la forma solenne, nel senso che deve essere compiuto nella forma prevista dalla legge e non può essere sostituito da altro mezzo come ad esempio la scrittura privata, dal momento che la dichiarazione resa davanti al notaio o al cancelliere è richiesta a pena di nullità dell'atto. In difetto di tale forma, l'atto quindi è invalido è non produrrà effetti, e il rinunciante sarà considerato ancora come chiamato all'eredità.
Ulteriore causa di nullità è costituita dall'ipotesi in cui la rinunzia sia fatta sotto condizione, oppure apponendo un termine o quando sia parziale cioè solo per alcuni beni dell'eredità, ai sensi dell'art. 520 cod. civ.
Differentemente, l'inserzione dell'atto di rinuncia all'eredità nel registro delle successioni ha una forma di pubblicità notizia, nel senso di rendere la rinuncia medesima opponibile ai terzi che in tal modo possono venire a conoscenza delle vicende inerenti l'eredità.
Il secondo comma dell'art. 519 prevede che la rinunzia fatta nei confronti di tutti gli altri chiamati all'eredità a cui si devolverebbe la quota del rinunziante, qualora sia fatta gratuitamente, produce effetto quando uno degli altri chiamati completa le formalità richieste per addivenire alla rinuncia.
La gratuità della rinuncia è un elemento importante, in quanto l'art. 478 cod. civ. specifica che la rinuncia effettuata dietro il pagamento di somme di denaro oppure nei confronti di alcuni dei chiamati e non nei confronti della generalità degli eredi comporta l'accettazione dell'eredità stessa.
A ciò si aggiunge che, a tutela dell'eredità, l'art. 527 cod. civ. dispone la decadenza della facoltà di rinunziare per i chiamati all'eredità che nascondono o sottraggono beni ereditari, considerandoli a tutti gli effetti eredi, nonostante la loro rinuncia.
La norma garantisce quindi i creditori del defunto dai chiamati che fanno sparire o nascondono i beni ereditari per poi rinunciare all'eredità.
I costi da sostenere per rendere la dichiarazione di rinuncia all'eredità consistono nel versamento di 200€ a titolo di pagamento dell'imposta di registro, utilizzando il modello F23, a cui si aggiungono 16€ per la marca da bollo, ed infine i diritti di cancelleria per le copie.
1.2 I termini per rinunciare all'eredità
Il termine per effettuare la rinuncia all'eredità è duplice, in quanto se il chiamato, al momento dell'apertura della successione, non è in possesso di beni ereditari, opera la regola sancita dall'art. 480 cod. civ., secondo cui il diritto ad accettare l'eredità, e di conseguenza il diritto ad opera la rinuncia sulla stessa, si prescrive in dieci anni decorrenti dal giorno dell'apertura della successione, ossia dal giorno della morte del de cuius.
Viceversa, se il chiamato, al momento dell'apertura della successione, è nel possesso di beni ereditari, trova applicazione l'art. 485 cod. civ. che prevede, in tale situazioni, l'onere, per il chiamato in possesso dei beni ereditari, di compiere l'inventario degli stessi, entro tre mesi dall'apertura della successione.
Trascorso tale termine senza che sia stato effettuato l'inventario, il chiamato all'eredità è considerato come erede a tutti gli effetti, sopravvenendo l'accettazione tacita.
Il codice civile, tuttavia, a salvaguardia delle ragioni di chi vi abbia interesse come ad esempio un legittimario leso, prevede la possibilità di adire l'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 481 cod. civ. affinché venga fissato un termine entro il quale chiamato esprima la propria volontà di accettare o rinunziare all'eredità. Difatti, qualora il termine trascorra senza che egli abbia reso la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare.
2. L'attribuzione della quota del rinunciante agli altri eredi
La rinuncia all'eredità comporta l'effetto per cui la quota spettante al rinunciante si devolve agli altri soggetti chiamati all'eredità. Al riguardo, occorre distinguere tra le successioni legittime, in cui il defunto non ha lasciato testamento, da quelle testamentarie, in cui il de cuius ha redatto testamento per la distribuzione dei suoi beni per il momento successivo alla sua morte.
2.1 Subentro degli altri eredi nella successione legittima
A seguito della rinuncia all'eredità, nelle successioni legittime, trova applicazione l'accrescimento delle quote degli altri eredi, ai sensi dell'art. 523 cod. civ., e quindi la quota del rinunciante verrà ripartita tra gli altri soggetti titolari, la cui quota si espande automaticamente in proporzione della quota originariamente ricevuta.
L'accrescimento non opera nell'ipotesi in cui venga esercitato il diritto di rappresentazione, ex art. 467 cod. civ., ossia quando i discendenti subentrano nell’accettazione di un’eredità al posto di un loro ascendente che non voglia o non possa (es. indegnità) accettarla.
Esso è escluso anche qualora, ai sensi dell'art. 576 cod. civ., u.c., concorrono nella ripartizione dell'eredità, senza testamento, i genitori o gli ascendenti assieme ai fratelli o sorelle. In tal caso, ove i genitori non possano o vogliano accettare l'eredità, in presenza di ulteriori ascendenti, a questi si devolve la quota che sarebbe spettata a uno dei genitori.
Ciò significa che se gli eredi sono i genitori e i fratelli del defunto, ove i primi rinunziano, l'eredità non si trasmette ai fratelli, ma agli ulteriori ascendenti (es. nonni), se ve ne sono.
Infine, l'art. 523 cod. civ. prevede che, qualora sia presente solo il rinunciante all'eredità, essa di devolve ai soggetti che subentrerebbero al medesimo laddove egli mancasse.
2.2 Subentro degli altri eredi nella successione testamentaria
La rinuncia all'eredità, effettuata da uno degli eredi, in presenza del testamento redatto dal defunto, è regolata dall'art. 523 cod. civ., che da prevalenza all'istituto della sostituzione, stabilita dal testatore, quando, nella previsione di un'eventuale rinuncia del primo chiamato, designa al suo posto un’altra persona, al fine di garantire che l'eredità si devolva sempre ad una persona definita dal testatore, evitando il ricorso alla successione legittima.
Nel caso in cui il testatore non abbia previsto la sostituzione e non possa aver luogo nemmeno la rappresentazione, ossia il subentro nell'eredità di un discendente al posto del proprio ascendente che non voglia o possa accettare l'eredità, si farà ricorso all'accrescimento, stabilendo l'art. 523 cod. civ. che la parte del rinunciante si accresca agli altri coeredi, determinati dal testatore, ovvero in mancanza di essi, si devolve agli eredi legittimi.
3. La tutela dei creditori a fronte della rinuncia di uno dei chiamati all'eredità
Il codice civile tutela anche i creditori del rinunciante che, per effetto della rinuncia medesima, potrebbero essere pregiudicati nel soddisfacimento delle loro pretese.
A tal fine, l'art. 524 cod. civ. prevede che, laddove il chiamato all'eredità vi rinunci, anche se non dolosamente (senza frode), ove ciò causi un danno ai suoi creditori, questi possono farsi autorizzare dal giudice ad accettare l'eredità al posto del rinunciante, soddisfacendosi sui beni ereditari, ma soltanto nella misura occorrente alla realizzazione del loro credito.
Tale diritto dei creditori si prescrive in cinque anni decorrenti dal giorno della rinuncia.
Tale azione, concessa al creditore del rinunciante, è strumentale al soddisfacimento del credito, mirando a rendere inopponibile al creditore la rinuncia, e agire sul patrimonio ereditario; essa quindi ha funzione recuperatoria, permettendo al creditore di soddisfarsi sui beni ereditari, venuti meno per il chiamato all'eredità a seguito della rinuncia.
Tale rimedio concesso ai creditori diviene operante soltanto qualora l'erede effettua l'atto di rinuncia e non anche qualora abbia perso il diritto ad accettare (ad es. per prescrizione).
4. La revoca della rinuncia
Una volta che l'erede abbia posto in essere l'atto di rinuncia all'eredità, tale azione non è irrevocabile. Difatti, l'art. 525 cod. civ. concede al chiamato che ha rinunziato la possibilità di accettare l'eredità, ma ciò è possibile soltanto nel caso in cui non si sia prescritto il diritto ad accettare l'eredità, ossia non siano trascorsi dieci anni dal giorno dell'apertura della successione, ed a condizione che la quota del rinunciante non sia stata già acquistata da un altro dei chiamati all'eredità medesima.
Infatti, la perdita del diritto all'eredità è correlata al sopravvenuto acquisto da parte degli altri eredi, e quindi, sia quando vi sia stata accettazione dei chiamati in subordine ovvero quando vi sia stato l'accrescimento degli altri chiamati.
In ogni caso, sono fatti salvi i diritti che sussistono in capo ai terzi soggetti estranei alle vicende ereditarie sui beni dell'eredità.
Fonti normative
Codice civile: Libro II delle Successioni, Titolo I, Capo V Dell'accettazione dell'eredità: articoli 478, 480, 481 485; Capo VII Della rinuncia all'eredità: articoli: 519-527.
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Roberto Ruocco
Mi chiamo Roberto Ruocco, ho conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Salerno, nell'anno 2013. Successivamente ho svolto il Praticantato Forense, presso uno studio legale, attivo in tutta la ...