Pignoramento prima casa

Il pignoramento della prima casa, non costituisce una speciale procedura, ma si riferisce ad un determinato bene di proprietà del debitore.

pignoramento prima casa

La prima casa è pignorabile tutte le volte in cui il creditore procedente sia un soggetto privato ( ad esempio un fornitore, una banca, un dipendente ecc.). Se il soggetto creditore è l’Agenzia Entrate Riscossione, ossia l’Agenzia che recupera i crediti dello Stato e delle Pubbliche Amministrazioni, il pignoramento della prima casa sarà possibile solo a determinate condizioni.

Come si definisce il pignoramento

Il pignoramento è l’atto che dà il via al procedimento di espropriazione forzata. Il suo scopo è quello di vincolare determinati beni (mobili, immobili, somme di denaro) del debitore al soddisfacimento del diritto di credito del creditore procedente. Difatti, qualsiasi atto di disposizione dei beni oggetto di pignoramento sarà inefficace nei confronti del creditore. In questo modo si evita che il debitore si impoverisca volontariamente, attraverso vendite o donazioni, per non pagare il creditore.

Si può pignorare la prima casa?

Tra i beni pignorabili può essere indicata anche la “prima casa” del debitore, ovvero, il primo immobile adibito ad uso abitativo acquistato dal debitore. Nonostante sia considerata un bene essenziale, l’impignorabilità della prima casa è considerata un’eccezione disposta solo in determinati casi. In generale, la prima casa è pignorabile tutte le volte in cui il creditore procedente sia un soggetto privato ( ad esempio un fornitore, una banca, un dipendente ecc.).

Se il soggetto creditore è l’Agenzia Entrate Riscossione, ossia l’Agenzia che recupera i crediti dello Stato e delle Pubbliche Amministrazioni, il pignoramento della prima casa sarà possibile solo a determinate condizioni che verranno illustrate nei prossimi paragrafi.

Disciplina del pignoramento della prima casa

Come già detto in precedenza, quando il creditore procedente è un soggetto privato non sussiste alcun limite o condizione da soddisfare per poter pignorare la prima casa del debitore. Infatti, nei rapporti tra privati, la pignorabilità della prima casa del debitore è sempre ammessa al fine di garantire l’adempimento delle obbligazioni che quest’ultimo abbia contratto.

A tal fine, non è previsto un importo minimo per dare avvio al pignoramento immobiliare, potendo il creditore procedente agire per la riscossione di qualsiasi tipo di importo, tuttavia, a causa della lunghezza della procedura e delle spese necessarie, è sconsigliabile usufruire di questo rimedio per importi esigui. Vediamo ora quali sono gli step per avviare l’espropriazione forzata della prima casa:

  1. Innanzitutto è necessario ottenere un titolo esecutivo, ossia una sentenza, un decreto ingiuntivo, un assegno, una cambiale o un atto pubblico redatto da un notaio, in cui si accerta il diritto di credito del creditore procedente;
     
  2. In seguito, è necessario notificare il titolo al debitore. Il procedimento che porta all’ottenimento del titolo esecutivo viene fatto in assenza del debitore, di conseguenza sarà necessario portare il debitore a conoscenza del titolo ottenuto, il quale entro 40 giorni dalla notifica potrà proporre opposizione. Nel caso in cui il debitore non dovesse proporre opposizione o dovesse risultare soccombente, dovrà adempiere a quanto stabilito dal titolo;
     
  3. Spesso, però, il comportamento inadempiente del debitore si protrae anche a seguito dell’ottenimento del titolo esecutivo, in questi casi sarà necessario notificargli una sorta di “ultimo avvertimento”, ovvero l’ atto di precetto, con cui si avvisa il debitore che se non adempierà entro 10 giorni si procederà ad esecuzione forzata;
     
  4. Entro 90 giorni dalla notifica del precetto, il creditore deve notificare l’atto di pignoramento immobiliare per il tramite dell’ufficiale giudiziario. Prima del pignoramento immobiliare è consigliabile l’iscrizione dell’ipoteca, poiché, per quanto non obbligatoria, consente al creditore di aggredire l’immobile anche nel caso in cui venga trasferito a terzi.
    Generalmente, il debitore viene nominato dal giudice dell’esecuzione come custode del bene, dovendo agire con la dovuta diligenza nella sua gestione e rispondendo personalmente per i danni arrecati. Tuttavia, su istanza del creditore procedente, il giudice può nominare quale custode dell’immobile un soggetto diverso dal proprietario-debitore.
    Il debitore, fin quando non sia stata disposta la vendita o l’assegnazione del bene, può continuare a permanere nell’abitazione adibita a prima casa, fatta eccezione per l’ipotesi in cui il giudice dell'esecuzione, per scongiurare atti pregiudizievoli delle ragioni del creditore, stabilisca con ordinanza il rilascio anticipato dell’immobile.
     
  5. Infine, una volta avviata l’esecuzione forzata vera e propria, si procederà alla vendita dell’immobile, che potrà essere all’incanto (all’asta) o meno. Le somme ricavate dalla vendita verranno poi distribuite tra i creditori ammessi alla procedura.

Come funziona per la casa cointestata?

Ci si chiede se al pignoramento della prima casa possa darsi luogo anche nel caso in cui l’abitazione non sia di titolarità esclusiva del soggetto debitore, ma sia cointestata (si pensi alla casa acquistata in costanza di matrimonio dai coniugi in comunione dei beni e di cui si dirà specificamente infra, anche se non si tratta ovviamente dell’unica ipotesi). La risposta al quesito, alla luce della normativa vigente, deve essere sicuramente affermativa.

Infatti, nell’ordinamento giuridico italiano vige, innanzitutto, il principio in virtù del quale il debitore debba rispondere delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni (presenti e futuri). Si tratta del principio di garanzia patrimoniale generica in base al quale sono assoggettati a soddisfare i creditori tutti i beni di proprietà del creditore, salvo i beni considerati impignorabili.

A quanto previsto dal principio cui si è appena fatto cenno deve, altresì, richiamarsi quanto disposto dall’articolo 599 del Codice di Procedura Civile laddove prevede espressamente che possono costituire oggetto di pignoramento anche i beni di proprietà indivisa, persino quando “non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore”. Affinché si possa dare attuazione a tale disposizione codicistica è necessario che il creditore pignorante notifichi l’atto di pignoramento anche a tutti i comproprietari. Su questi ultimi incombe, peraltro, il divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte di cose comuni prima che sia emessa un’ordinanza del giudice che disponga in tal senso.

Orbene, al recupero della somma corrispondente alla quota di titolarità del debitore può darsi luogo, salvo l’eccezione che si vedrà di seguito, secondo diverse modalità:

  • innanzitutto, è possibile procedere alla vendita dell’immobile cointestato all’asta e ad assegnazione al migliore offerente. Ai comproprietari del bene verrà, quindi, riconosciuta una percentuale sul ricavato pari alla loro quota di proprietà;
     
  • ove sia possibile il giudice può optare per la richiesta di frazionamento del bene immobile in modo da procedere al pignoramento solo sulla parte di titolarità del debitore e senza intaccare quelle ulteriori di proprietà di altri soggetti;
     
  • l’ultimo caso meritevole di essere evocato in questa sede è quello in cui in cui il comproprietario, in un momento antecedente a quello in cui il giudice disponga la vendita del bene immobile cointestato si offra di liquidare il debitore della sua quota, così estinguendo in sostanza il debito contratto nei confronti dei creditori.

Questi ultimi, per l’effetto del pagamento, interromperanno la procedura di esecuzione forzata avviata e il debitore, quale contropartita, qualora decida di accettare tale proposta (che in caso contrario resterà priva di effetti), trasferirà la propria quota dell’immobile al comproprietario che effettua il pagamento. L’eccezione a quanto sin qui delineato si profila allorquando il pignoramento abbia ad oggetto una casa cointestata tra moglie e marito in comunione dei beni, di talché il bene risulta essere per l’intero di proprietà di entrambi i coniugi.

In tale eventualità il pignoramento si esegue sull’intero bene, ma è previsto l’obbligo, al momento della vendita e della suddivisione del prezzo, di rimborsare il coniuge non debitore nella misura del 50%. Al contrario, qualora i coniugi abbiano optato per il regime patrimoniale familiare della separazione dei beni il pignoramento interesserebbe solo la parte di immobile di proprietà del debitore, lasciando impregiudicata quella del coniuge. Caso a parte è quello in cui il debito è stato contratto con l’Agenzia delle Entrate Riscossione.

In tale caso la prima casa è impignorabile qualora sussistano contestualmente le seguenti condizioni: l’immobile risulta essere l’unica abitazione del debitore e l’immobile – non di lusso – è accatastato come abitazione civile; il debitore risiede in quell’immobile; il debito risulti essere non superiore a 120.000,00 euro; il valore degli immobili di proprietà del debitore non supera i 120.000,00 euro. Per quanto concerne debiti per importi compresi tra un minimo di 20.000,00 ed un massimo di 120.000,00 euro, infine l’Agenzia delle Entrate non potrà procedere a pignoramento, ma potrà esclusivamente provvedere all’iscrizione di ipoteca.

I limiti alla pignorabilità della prima casa

Come anticipato nel secondo paragrafo, nell'ipotesi in cui il creditore procedente sia la Pubblica Amministrazione attraverso l’Agenzia Entrate Riscossione, la pignorabilità della prima casa è soggetta a precise limitazioni. La legge richiede la sussistenza simultanea di determinate condizioni affinché la prima casa possa essere considerata impignorabile, ovvero:

1) l’immobile deve essere l’unica proprietà appartenente al debitore. Difatti, ove quest’ultimo sia proprietario di un’altra abitazione, anche in comproprietà, l’immobile sarà liberamente pignorabile;

2) l’immobile da pignorare deve costituire l’abitazione principale del debitore, ossia l’abitazione in cui ha stabilito la residenza;

3) la “prima casa” non deve essere accatastata come abitazione di lusso. Solo in presenza di tutte queste condizioni, la Pubblica Amministrazione non potrà procedere al pignoramento della prima casa.

Invece, le condizioni affinchè l’Agenzia Entrate Riscossione possa pignorare la prima casa del debitore, sono:

1) il debitore possiede almeno due abitazioni, anche soltanto per quota nel caso di comproprietà;

2) il debito maturato verso l’erario è superiore a 120.000 € (comprensivo di sanzioni e interessi);

3) il patrimonio immobiliare appartenente al debitore deve avere un valore superiore a 120.000 €;

4) l’erario è tenuto ad iscrivere l’ipoteca sull’immobile da pignorare, notificando almeno sei mesi prima un apposito preavviso al debitore.

Dopo di che, dovranno trascorrere altri sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca senza che il debitore abbia saldato il proprio debito oppure senza che ne abbia richiesto il pagamento dilazionato in più rate.

Cosa fare per evitare pignoramento della prima casa

Il debitore può evitare il pignoramento della prima casa ricorrendo ad alcuni strumenti previsti dalla legge. Innanzitutto, in caso di sovraindebitamento (costante squilibrio tra il proprio patrimonio e i debiti contratti) è prevista la possibilità di stipulare con i creditori un piano di ristrutturazione del proprio debito. Questo strumento, disciplinato dalla Legge n. 3 del 2012 (detta salva-suicidi), può essere utilizzato per soddisfare i propri debiti sia verso soggetti privati sia verso gli enti pubblici.

Il debitore, avvalendosi di un Organismo di composizione della crisi, può proporre ai suoi creditori un piano di ristrutturazione dei propri debiti, in cui possono essere rimodulate le modalità di pagamento, le eventuali garanzie per il soddisfo e, ove necessario, anche le modalità di liquidazione dei propri beni per adempiere alle obbligazioni contratte.

Il debitore non può ricorrere alla procedura di sovraindebitamento nel caso in cui:

  • sia, nel frattempo, soggetto a fallimento;
  • abbia fatto ricorso alla medesima procedura nei 5 anni precedenti;
  • non abbia presentato idonea documentazione che attesti la propria situazione economica e patrimoniale.

Il debitore, nel caso in cui il suo patrimonio non dovesse essere sufficiente a garantire il rispetto del piano proposto ai creditori, potrà avvalersi dell’aiuto di un terzo affinchè garantisca con i propri redditi/beni l’attuazione del piano. Il Giudice, in apposita udienza, provvederà ad omologare il piano di ristrutturazione accettato dai creditori.

Il mancato rispetto del piano legittimerà:

- i creditori aderenti a chiedere la risoluzione dell’accordo;

- i creditori non aderenti ad avviare la procedura per il riconoscimento del loro debito al fine di ottenere un titolo esecutivo (non potranno chiedere la risoluzione in quanto non sono parti contraenti del piano)

- i creditori fiscali, cioè coloro che agiscono per la riscossione delle somme dovute allo Stato/Pubbliche Amministrazioni, dovranno obbligatoriamente essere pagati entro 90 giorni dalle scadenze fissate nel piano, in caso contrario si avrà la risoluzione di diritto dell’accordo.

In alternativa alla procedura di sovraindebitamento, il debitore, fin quando non sia fissata la vendita all'incanto oppure l'assegnazione dell'immobile, può raggiungere un accordo transattivo con il creditore al fine di evitare il pignoramento e la successiva vendita volta al recupero del credito non corrisposto.

Attraverso la transazione, il debitore può raggiungere con il creditore un accordo per il versamento di quanto dovuto, comprensivo di eventuali sanzioni ed interessi, oppure pattuire il pagamento rateizzato del debito. Infine, al debitore è concesso di pagare il credito vantato dal creditore fino a quando l’immobile non sia stato venduto.

Nella prassi ciò accade quando l’importo del debito è nettamente inferiore al valore dell'immobile. In questi casi, infatti, la vendita dell’immobile potrebbe rivelarsi eccessiva in confronto all’entità del debito contratto, di conseguenza si cerca di dare al debitore quanto più tempo possibile per evitare di perdere l’immobile.

Pignoramento prima casa post COVID 19

A causa della situazione emergenziale legata alla pandemia da COVID-19, il Governo Italiano decise di adottare dei provvedimenti per sospendere i procedimenti di espropriazione immobiliare. Il Decreto Legge Milleproroghe stabilì la sospensione delle procedure esecutive immobiliari riguardanti gli immobili qualificati come abitazione principale del debitore.

Inoltre, il Legislatore, dal 25 ottobre 2020 al 26 dicembre 2020 rese inefficaci i pignoramenti aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore. Entrambe le disposizioni sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte Corte Costituzionale:

  • Con sentenza n. 128 del 2021, la Corte Costituzionale, a seguito della proroga della sospensione delle procedure esecutive immobiliari fino al 30 giugno 2021, ha ritenuto non più proporzionato il bilanciamento tra la tutela giurisdizionale del creditore e quella del debitore nelle procedure esecutive relative all’abitazione principale di quest’ultimo, in considerazione del fatto che i giudizi civili (e quindi anche quelli di esecuzione), dopo l’iniziale sospensione generalizzata, sono ripresi gradualmente con modalità compatibili con la pandemia. La Corte, quindi, ha invitato il Legislatore ad adottare misure più idonee per realizzare un bilanciamento più ragionevole e proporzionato tra il diritto del debitore all’abitazione e la tutela giurisdizionale in sede esecutiva dei creditori.
  • Con sentenza n. 87 del 4 aprile 2022, la Corte di legittimità ha dichiarato incostituzionale quel lasso di tempo di 2 mesi in cui le procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore vennero rese inefficaci. La Corte, dopo aver ribadito la necessità di un bilanciamento più ragionevole tra i diritti del debitore e i diritti del creditore, ha segnalato la violazione dell’art. 3 Cost., poiché quel periodo di inefficacia, seppur finalizzato a tutelare il diritto di abitazione del debitore esecutato, implica una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore.

Di conseguenza, la Corte ha bocciato il blocco dei pignoramenti immobiliari legato all’emergenza covid-19.

Fonti normative:

  • Codice di procedura civile: articoli 555 – 598;
  • Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69: Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia;
  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3: Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento;
  • Decreto-Legge 31 dicembre 2020, n. 183: Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione;
  • Corte Costituzionale, sentenza n. 128 del 2021;
  • Corte Costituzionale, sentenza n. 87 del 4 aprile 2022;

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Avvocato Chiara Biscella

Chiara Biscella

Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...