Notifica a terzi di un accertamento fiscale: quando è valida?

In caso di ricezione di un atto tributario, un avviso di accertamento o una cartella esattoriale, sono molti, forse troppi, coloro i quali pensano di scamparla impugnando tale provvedimento per il cosiddetto "vizio di notifica" in quanto consegnato a persona diversa dal reale destinatario. Vediamo quando una notifica fatta a terzi è valida e quando no...

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Al giorno d'oggi, sono davvero poche le persone che possono ricevere a casa propria, e direttamente dalle mani del notificatore, le raccomandate, le cartelle esattoriali, gli atti tributari e giudiziari, ecc.

La gente lavora e, difficilmente, negli orari in cui passa il postino, è a casa ad aspettare le belle o le cattive notizie che arrivano tramite posta. Ecco quindi che, proprio il notificatore, si trovi nella condizione di dover consegnare la missiva, non direttamente nelle mani del destinatario ma ad altri soggetti differenti.

Vediamo in queste righe, riferendoci in particolar modo agli atti tributari, quando la notifica così eseguita può essere valida e quando, invece, non può essere considerata formalizzata a tutti gli effetti.

Partiamo da un presupposto fondamentale: raccomandate, cartelle esattoriali e atti tributari possono essere consegnati, anche nelle mani di un soggetto terzo rispetto al reale destinatario, purchè quest'ultimo venga informato di questo, attraverso l'invio di una seconda raccomandata, la cosiddetta C.A.N. (Comunicazione di avvenuta notifica).

Ma andiamo per ordine e vediamo cosa dicono le leggi e la giurisprudenza circa la notificazione di atti tributari nelle mani di un soggetto terzo.

1. Regole generali sulla notifica

Per prima cosa, il postino che deve consegnare un atto tributario, dovrà recarsi presso l'abitazione, o il domicilio, dell'intestatario e provare ad effettuare la notifica al diretto interessato. In sua assenza, e solo in sua assenza, potrà consegnare la busta ad un'altra persona, purchè la stessa sia disposta a ritirarla.

Un soggetto terzo, infatti, non è assolutamente tenuto, nè obbligato, ad accettare una missiva a lui non intestata. Diverso è il caso del reale intestatario del provvedimento, per cui, se egli si rifiuta di ritirare l'atto, questo suo diniego viene considerato irrilevante ai fini della notifica che viene comunque considerata effettuata.

Nel caso in cui presso il domicilio del reale destinatario non fossero presenti persone che possano ritirare l'atto (il portinaio, qualche parente, il datore di lavoro, o un lavoratore subordinato come una segretaria, ad esempio), il postino o l'ufficiale giudiziario dovranno eseguire la procedura di "notifica per irreperibilità temporanea" lasciando nella cassetta della posta un avviso in cui si sottolinea il tentativo di notifica fallito, e la comunicazione che l'atto verrà depositato presso l'ufficio postale o la casa comunale di competenza.

Come detto, a questo primo avviso, farà seguito una seconda raccomandata, la C.A.N. e l'atto resterà a disposizione per sei mesi laddove indicato nelle due missive. Trascorsi i 6 mesi di giacenza senza che venga ritirato, tornerà al mittente, ma la notifica si intenderà comunque validata e, pertanto, lo stesso verrà considerato come portato a conoscenza del destinatario.

2. La notifica nelle mani di un destinatario terzo

Riguardo la notifica di un atto di accertamento fiscale nelle mani di un soggetto, che non sia il reale destinatario, affinchè sia valido è necessario che sussistano, tra il destinatario e il consegnatario, rapporti sostanziali, anche provvisori o precari ma che possano lasciar presumere che la missiva venga ragionevolmente consegnata all'interessato.

Ad affermare questo è la Sezione Quinta del Supremo Collegio, con l’ordinanza del 28 marzo 2018, n. 7638 che, in relazione ad una controversia tra l'Agenzia delle Entrate e un contribuente, si è espressa a favore dei primi fornendo tutte le risposte del caso.

Ma andiamo per ordine, la vicenda comincia con l'impugnazione di una cartella esattoriale da parte di un contribuente per vizio di notifica, infatti, il provvedimento non era stato direttamente consegnato nelle sue mani, ma ad una lavoratrice dipendente di uno studio commerciale situato al piano superiore dello stabile in cui l'uomo abitualmente risiedeva.

Con la donna che ha ritirato l'atto, il reale destinatario, non aveva alcun tipo di parentela o relazione affettiva ma, soltanto un regolare rapporto di lavoro con lo studio commerciale ubicato sopra la sua abitazione.

A seguito dell'impugnazione, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, dando ragione al contribuente, ha sottolineato la non corretta notificazione del provvedimento in quanto, "l’atto non risulta univocamente consegnato nel domicilio fiscale a persona avente qualche relazione con l'intimato -persona di famiglia, portinaio o addetta alle pulizie-".

L'Agenzia delle Entrate, ha successivamente proposto ricorso in Cassazione che ha, invece, considerato valida la notifica a chi si dichiari autorizzato al ritiro e firmi la ricevuta, facendo riferimento all'articolo 139 del codice di procedura civile che prescrive anche che tale notifica venga eseguita nell'esatto luogo di residenza del destinatario (casa di abitazione, ufficio, o dove lo stesso esercita la sua professione).

Nel caso sopra descritto, la Cassazione ha rilevato che il notificatore ha consegnato l'atto presso l'abitazione del destinatario a una donna che si era dichiarata come "autorizzata al ritiro" presente nello stabile di residenza dell'intimato.

Il comportamento della donna ha, in qualche modo, dato atto al compimento di tutti gli adempimenti relativi al procedimento di notifica e a tutte le specifiche richieste dall'articolo 139 del c.p.c. :

  • esatta determinazione del luogo;
  • presenza di un soggetto legato al destinatario da uno specifico rapporto che può far desumere che l'atto venga consegnato effettivamente al destinatario.

Se per quanto riguarda il primo punto i dubbi sono pochi, relativamente al secondo è utile sottolineare come la Suprema Corte abbia confermato la legittimità della notifica in quanto "la presenza del consegnatario non era meramente occasionale o temporanea, presumibile dall'accettazione dell'atto senza alcun tipo di riserve, e dalle dichiarazioni dell'ufficiale giudiziario che ha effettuato la notifica".

L'onere di fornire la prova contraria, ovvero, la totale inesistenza di rapporti con il consegnatario è a carico del destinatario che ha impugnato l'atto. (Cassazione n. 187/2000; Cassazione n. 12181/2013; Cassazione n. 26501/2014).

Nella fattispecie, sono state ritenute invalide le motivazioni col quale il destinatario del provvedimento ha impugnato l'atto, in quanto, anche se la donna che ha ritirato la missiva non aveva alcuna relazione diretta con l'interessato, ma era soltanto una lavoratrice dello studio commerciale ubicato nel suo stesso stabile di residenza, già il fatto che la stessa si sia dichiarata "autorizzata al ritiro", esclude qualsiasi difetto da parte del notificatore che non è assolutamente tenuto ad indagare sulle dichiarazioni del ricevente e nulla incide che la stessa non sia propriamente addetta alla casa, o familiare del destinatario.

Affinchè la notifica possa essere considerata non impugnabile è sufficiente che si rilevino rapporti sostanziali tra consegnatario e destinatario tali da far desumere che la missiva arrivi all'interessato.

Omar Cecchelani, Pagaremenotasse

Fonti normative

Articolo 139 del c.p.c.

Cassazione ordinanza n. 7638/2018

Cassazione n. 187/2000

Cassazione n. 12181/2013

Cassazione n. 26501/2014