Inabilità sul posto di lavoro: diritti, tutele e obblighi

Comprendere cosa accade in caso di inabilità sul posto di lavoro è fondamentale sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. L’inabilità, infatti, può avere conseguenze rilevanti sul rapporto di lavoro, sui diritti economici e sulle tutele previste dalla legge. In Italia, la normativa distingue tra diverse forme di inabilità e prevede delle procedure per il riconoscimento, la tutela e la gestione di queste situazioni. L’obiettivo di questo articolo è fornire un quadro chiaro e sistematico dell’inabilità lavorativa secondo la normativa italiana: a partire dalla definizione giuridica fino alle tutele previste per i lavoratori, passando per la procedura di riconoscimento, le conseguenze contrattuali e le responsabilità del datore di lavoro. Saranno inoltre evidenziate le differenze tra inabilità e invalidità civile, le possibilità di risarcimento e le modalità per il reinserimento lavorativo dopo un periodo di assenza. Nel trattare l’argomento, si farà riferimento alle principali fonti normative e alla giurisprudenza più significativa, al fine di offrire un contributo concreto e aggiornato, utile sia in fase preventiva che contenziosa. 

Cos’è l’inabilità lavorativa

In ambito giuridico, l’inabilità lavorativa indica l’impossibilità, totale o parziale, temporanea o permanente, di svolgere le mansioni proprie del proprio lavoro a causa di una menomazione fisica o psichica. Va distinta dall’invalidità civile, che attiene alla sfera assistenziale e non è direttamente connessa all’attività lavorativa svolta.

Inabilità temporanea si verifica quando il lavoratore, a causa di una patologia o di un infortunio, è impossibilitato a lavorare per un periodo limitato, ma con prospettive di guarigione. È il caso, ad esempio, di fratture, traumi o malattie stagionali.

Inabilità permanente, invece, si ha quando la condizione patologica non consente il recupero della piena capacità lavorativa.

La classificazione può essere, ulteriormente, suddivisa in totale, se il lavoratore è completamente inidoneo a qualsiasi attività  o riduzione superiore al 10% e per tutta la vita dell’attitudine al lavoro. Questo ha effetti rilevanti nella valutazione dell’idoneità alle mansioni e nella definizione delle misure da adottare.

Per i dipendenti pubblici, la normativa distingue tra inidoneità psicofisica permanente assoluta (impossibilità assoluta e permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa) e relativa (impossibilità permanente a svolgere alcune o tutte le mansioni della qualifica di inquadramento) (Circolare INPS n. 33/2012).

Definizione legale e differenze tra inabilità e invalidità

L’inabilità lavorativa è disciplinata dal D.Lgs. 81/2008 e dalle normative INPS/INAIL. L’invalidità civile è invece prevista dalla L. 118/1971 e successivi aggiornamenti.

Inabilità lavorativa: riguarda la capacità di svolgere l’attività lavorativa e dà diritto a prestazioni INAIL/INPS .

Invalidità civile: riguarda la riduzione della capacità lavorativa generica e dà diritto a prestazioni assistenziali (Sentenza Corte Cost. n. 152/2020).

Enti competenti: INAIL/INPSINPS e INAIL valutano l’inabilità in ambito lavorativo ;.Le ASL (commissioni medico-legali) valutano l’invalidità ai fini assistenziali. La prima riguarda il diritto a conservare il posto o ottenere indennità di lavoro, la seconda comporta benefici come pensione, esenzioni e assistenza domiciliare.

Compatibilità: è possibile cumulare pensione di invalidità civile e rendita per inabilità lavorativa, se sussistono i requisiti.

 


Cause principali dell’inabilità sul lavoro

Le cause dell’inabilità possono essere molteplici. Le più frequenti sono:

Infortuni sul lavoro e malattie professionali

Sono gli eventi traumatici avvenuti in occasione di lavoro, compresi quelli in itinere, che comportano una menomazione dell’integrità psicofisica (Circolare INAIL n. 53/2023). Si pensi a cadute, urti con macchinari, esposizione a sostanze tossiche o movimenti ripetitivi che causano danni osteoarticolari. Le malattie professionali, riconosciute dall’INAIL, includono ad esempio patologie dell’apparato respiratorio, uditivo e muscolo-scheletrico.

Condizioni psicofisiche e stress correlato

Un numero crescente di inabilità è dovuto a disturbi di natura psicologica: ansia, depressione, sindrome da burnout. In ambito lavorativo, tali condizioni possono essere determinate da mobbing, sovraccarico di responsabilità, mancato equilibrio vita-lavoro, o ambienti ostili. Bisogna sottolineare che il riconoscimento medico-legale di queste condizioni richiede documentazione clinica specifica.

Patologie croniche o degenerative

Malattie come il diabete, l’epilessia, la sclerosi multipla o l’Alzheimer possono comportare un progressivo peggioramento delle condizioni di salute, con impatto sulla capacità lavorativa. Il datore di lavoro, in questi casi, ha l’obbligo di valutare soluzioni compatibili, anche attraverso il collocamento mirato.
 


La procedura per il riconoscimento dell’inabilità

Segnalazione e avvio della pratica

La richiesta può essere avviata dal lavoratore o dal medico curante. È fondamentale una tempestiva comunicazione al datore di lavoro e l’invio del certificato medico che attesta l’inabilità. In caso di inabilità permanente, è necessario avviare la domanda presso l’INPS o l’INAIL, a seconda della natura dell’evento.

Visite mediche e valutazione INPS o medico-legale

L’ente competente dispone una visita medico-legale per accertare il grado di inabilità. L’INPS valuta le condizioni sanitarie in relazione all’attività lavorativa dichiarata. L’INAIL, invece, si occupa dei casi derivanti da infortuni o malattie professionali. In alcuni casi può intervenire anche il medico competente azienda.

Comunicazione dell’esito e possibilità di ricorso

L’esito viene comunicato al lavoratore, che può presentare ricorso in caso di disaccordo (Circolare INPS n. 153/2011).Il lavoratore può presentare ricorso entro 90 giorni al Comitato medico-legale (per INPS) o al Giudice del Lavoro. È consigliabile, in questa fase, il supporto di un legale per l’eventuale accertamento tecnico preventivo.

 


I diritti del lavoratore inabile

Tutela del posto di lavoro e obbligo di mansioni compatibili

L’art. 42 del D.Lgs. 81/2008 impone l’obbligo di adibire il lavoratore a mansioni compatibili, previa visita del medico competente. Il licenziamento è legittimo solo se non è possibile il ricollocamento.

Indennità e trattamenti economici (INAIL, INPS, assicurazioni)

L’INPS eroga indennità per inabilità temporanea assoluta e assegni per inabilità permanente. L’INAIL copre gli eventi da lavoro con indennizzi, rendite e risarcimenti. Alcuni contratti collettivi prevedono ulteriori tutele integrative.

Tutela contro il licenziamento illegittimo

Il lavoratore non può essere licenziato per ragioni legate alla sua condizione, salvo comprovata impossibilità di svolgere qualsiasi mansione. In tal caso, è configurabile una discriminazione ex art. 15 Statuto dei Lavoratori, con possibilità di reintegra e risarcimento. Quindi, il licenziamento per inabilità è legittimo solo dopo l’accertamento dell’inidoneità permanente e l’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni compatibili (Circolare INPS n. 33/2012).


Gli obblighi del datore di lavoro

 Adattamento della postazione e accomodamenti ragionevoli

Il datore è tenuto ad adottare misure ragionevoli per consentire al lavoratore inabile di continuare a lavorare, come previsto dalla Legge 68/1999 e dalle direttive UE sull’inclusione lavorativa.

Sicurezza sul lavoro e prevenzione

Il datore di lavoro ha obbligo di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori, anche tramite sorveglianza sanitaria (Interpello Min. Lavoro n. 2/2022).  Il medico competente ha un ruolo chiave nel monitorare la salute dei lavoratori.

Procedure disciplinari in caso di inidoneità definitiva

In caso di inidoneità assoluta e permanente accertata, può essere avviata una procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ma solo dopo aver escluso possibilità di ricollocamento. La motivazione va documentata accuratamente.

 


Tutela legale e risarcimento danni

 Quando si può agire per responsabilità del datore di lavoro

Il lavoratore può agire per risarcimento danni (biologico, patrimoniale, esistenziale) se l’inabilità deriva da violazione delle norme di sicurezza (Sentenza Cass. n. 1718/2006). Quindi se l’inabilità è conseguenza di violazioni in materia di sicurezza o di condotte illecite (mobbing, omessa sorveglianza), il lavoratore può agire in giudizio per ottenere il risarcimento.

Risarcimento per danno biologico, patrimoniale ed esistenziale

La liquidazione del danno tiene conto della sofferenza psico-fisica (biologico), della perdita reddituale (patrimoniale) e dell’impatto sulla vita quotidiana (esistenziale). La Cassazione ha più volte affermato l’autonomia dei tre profili.

Termini di prescrizione e consulenza legale

Nel contesto dell’inabilità lavorativa, è fondamentale prestare attenzione ai termini di prescrizione per far valere i propri diritti, siano essi previdenziali, assistenziali o risarcitori. In generale, le domande di prestazioni INPS, come pensione di inabilità o assegno ordinario, si prescrivono in tre anni, salvo casi di dolo o forza maggiore, che possono sospendere o interrompere il termine.

Per quanto riguarda le azioni contro il datore di lavoro (ad esempio, per licenziamento illegittimo legato a una inabilità mal gestita o per mancato reinserimento), si applica normalmente il termine di sessanta giorni per l’impugnazione, decorrente dalla data del licenziamento, cui devono seguire centottanta giorni per il deposito del ricorso, ai sensi dell’art. 6 della L. 604/1966 e successive modifiche.

Se si intende contestare il mancato riconoscimento di una malattia professionale o di un infortunio sul lavoro, si applica la prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c. per il risarcimento del danno, con decorrenza dal momento in cui il lavoratore ha avuto conoscenza del danno e della sua causa.

Vista la complessità e la varietà delle fattispecie, è consigliabile rivolgersi tempestivamente a un legale specializzato, soprattutto nelle prime fasi di insorgenza dell’inabilità o alla ricezione di un provvedimento sfavorevole. Una consulenza legale può aiutare ad accertare la correttezza dei certificati, valutare la legittimità degli atti del datore di lavoro o dell’ente previdenziale, e avviare un ricorso amministrativo o giudiziale nei termini previsti.

 


Rientro al lavoro dopo un periodo di inabilità

Il rientro in azienda dopo un periodo di inabilità, specie se prolungato, è un momento delicato che richiede l’osservanza di specifici adempimenti e una valutazione attenta della condizione psico-fisica del lavoratore.
Visita di idoneità e certificazione medica

Prima di riprendere servizio, il lavoratore è tenuto a sottoporsi alla visita medica di idoneità al lavoro presso il medico competente aziendale, come previsto dall’art. 41 del D.Lgs. 81/2008. Tale accertamento è obbligatorio nei casi di assenza superiore a 60 giorni per motivi di salute e ha lo scopo di verificare se il lavoratore è idoneo a riprendere le sue mansioni, con o senza limitazioni. È necessario presentare anche la certificazione di guarigione o di fine prognosi rilasciata dal medico curante.

Percorsi di reinserimento e mansioni compatibili

Se l’idoneità è parziale o con prescrizioni, il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare la possibilità di adibire il dipendente a mansioni compatibili con il suo stato di salute, eventualmente anche inferiori, purché con mantenimento del livello retributivo, nei limiti previsti dalla normativa e dalla contrattazione collettiva.

In alcuni casi, soprattutto nel settore pubblico, possono essere attivati percorsi di reinserimento graduale o programmi personalizzati di adattamento lavorativo. È importante il confronto con il medico competente, l’ufficio del personale e, se necessario, il medico di base o lo specialista curante.

Eventuale passaggio a categorie protette

Se l’inabilità comporta una riduzione permanente della capacità lavorativa superiore al 45%, il lavoratore può richiedere l’iscrizione alle liste di collocamento mirato ai sensi della L. 68/1999. Questo consente, anche in caso di cessazione del rapporto, di accedere a nuove opportunità lavorative tutelate, con misure di accompagnamento e incentivi per i datori di lavoro. Il passaggio alle categorie protette può anche essere utile per garantire adeguamenti dell’ambiente di lavoro, flessibilità oraria e ulteriori tutele.

 


Domande Frequenti sull’inabilità sul lavoro

Qual è la differenza tra inabilità temporanea e permanente?

L’inabilità temporanea è una condizione reversibile che impedisce al lavoratore di svolgere la propria attività per un periodo limitato. Al contrario, l’inabilità permanente comporta la definitiva impossibilità di esercitare qualsiasi attività lavorativa o quella specifica svolta prima della malattia o dell’infortunio. Le conseguenze giuridiche e previdenziali sono diverse: nel primo caso si può accedere all’indennità temporanea, nel secondo a prestazioni pensionistiche specifiche.

Chi valuta l’inabilità lavorativa?

L’inabilità viene accertata da medici competenti o commissioni medico-legali, a seconda della finalità (lavorativa, previdenziale, assicurativa). L’INPS, ad esempio, valuta l’inabilità al lavoro ai fini pensionistici attraverso visite mediche e documentazione sanitaria. In ambito lavorativo, è il medico competente a pronunciarsi sull’idoneità al rientro o sulla necessità di mansioni compatibili. La valutazione si basa su certificazioni, diagnosi, referti specialistici e visita diretta.

Posso essere licenziato se sono inabile al lavoro?

Sì, ma solo a precise condizioni. Il licenziamento è legittimo se l’inabilità permanente impedisce in modo assoluto la prestazione lavorativa e non esistono mansioni compatibili. Il datore ha comunque l’obbligo di tentare un ricollocamento interno. Se l’inabilità è parziale, la cessazione del rapporto potrebbe configurare un licenziamento illegittimo, impugnabile dal lavoratore.

Che tipo di indennità posso ricevere?

Dipende dalla gravità e dalla causa dell’inabilità. In caso di malattia o infortunio, spettano l’indennità INPS o INAIL. Se l’inabilità è permanente, si può ottenere l’assegno ordinario di invalidità o la pensione di inabilità. In presenza di invalidità civile, si può accedere all’indennità di accompagnamento. Ogni prestazione ha requisiti diversi: è utile rivolgersi a un legale per valutare le tutele attivabili e i termini di presentazione

Cosa succede se non accetto mansioni alternative?

Se il medico competente ti dichiara idoneo con limitazioni e il datore di lavoro propone mansioni compatibili, rifiutarle senza giustificato motivo può essere considerato insubordinazione o rifiuto ingiustificato della prestazione, con possibili conseguenze disciplinari, fino al licenziamento per giusta causa. È importante valutare attentamente la proposta, eventualmente con il supporto di un legale o del medico curante, per tutelare la tua posizione e verificare la reale compatibilità delle mansioni offerte.

 

Avvocato Simona Lochiatto

Simona Lochiatto