In quali casi può essere annullato un contratto di vendita?

Il contratto di vendita può essere annullato per incapacità delle parti, per vizi del consenso e nel caso di conflitto di interessi del rappresentante con il rappresentato.

1. Annullabilità del contratto

L’annullabilità è una delle due ipotesi di invalidità negoziale disciplinate nel codice civile. Il contratto annullabile è inefficace, previa pronuncia giurisprudenziale. Significa che il contratto è provvisoriamente produttivo di effetti giuridici tra le parti fino all’emanazione della sentenza costitutiva di annullamento.

Il codice civile individua come cause di annullabilità l’incapacità legale o naturale di una delle parti (art. 1425 c.c.) e i vizi del consenso: errore, violenza e dolo (artt. 1426-1440 c.c.). Inoltre, l’art. 1471, comma 1, nn. 3-4 prevede delle speciali ipotesi di annullabilità del contratto di vendita, riconducibili nell’alveo del conflitto di interessi.

1.1 Incapacità legale e naturale

Sono legalmente incapaci:

- i minori degli anni 18, ossia coloro che non hanno acquisito la capacità di agire;

- gli interdetti (art. 414 c.c.), ovverosia i soggetti che hanno perso la capacità di agire;

- gli inabilitati (art. 415 c.c.) riguardo agli atti di straordinaria amministrazione del loro patrimonio.

L’art. 1426 c.c. esclude l’annullabilità del contratto nel caso in cui il minore abbia occultato la sua età con raggiri. Sicché, la semplice dichiarazione della maggiore non è ostativa all’impugnazione del contratto.

Invece, è necessario che ricorra un artificio idoneo ad indurre in errore l’altro contraente.

L’incapacità naturale è la situazione di fatto di una persona fisica che non è in grado di intendere o di volere per una qualsiasi causa permanente o transitoria; la giurisprudenza ritiene sufficiente una diminuzione delle facoltà intellettive tale da ostacolare o impedire una seria valutazione dell’atto e la formazione della volontà cosciente.

L’accertamento dell’incapacità naturale spetta al giudice di merito, con riferimento al momento di conclusione del contratto di vendita.

L’art. 1425, comma 2, c.c. richiede, ai fini dell’annullamento, che ricorrano le condizioni stabilite dall’art. 428 c.c. Questo richiamo ha posto problemi ermeneutici di coordinamento interpretativo tra le due norme. La tesi più accreditata, avallata anche in giurisprudenza, richiede accanto alla prova dello stato di incapacità naturale di uno dei due contraenti, accertata al momento della stipulazione, la malafede, intesa come stato soggettivo-psicologico di consapevolezza di uno dei contraenti della menomazione delle facoltà intellettive e volitive dell’altro.

1.2 Vizi del consenso

La formazione della volontà che muove il soggetto a concludere il contratto dev’essere libera e consapevole, immune da vizi idonei a turbarla.

1.3 Errore

L’errore è una la falsa rappresentazione della parte in ordine al contratto o ai suoi presupposti. Esso è causa di annullamento del contratto quando è essenziale e riconoscibile dall’altro contraente (art.1428 c.c.).

E’ possibile elencare diversi tipi di errore:

- errore vizio o errore motivo incide sul processo di formazione della volontà della parte: senza l’errore la parte non avrebbe concluso il contratto;

- errore di fatto cade sugli elementi contrattuali o su circostanze esterne;

- errore di diritto cade su norme giuridiche;

- errore ostativo colpisce la dichiarazione di volontà determinando una difformità tra il voluto e il dichiarato.

L’art. 1429 c.c. sancisce che l’errore sulla natura, sull’oggetto, nonché sull’identità dell’oggetto è sempre essenziale, mentre l’errore sulla qualità della cosa è essenziale quando debba ritenersi determinante del consenso secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze. L’errore sull’identità o sulle qualità personali dell’altro contraente è essenziale quando l’una o l’altra siano state determinanti del consenso. Infine, l’errore di diritto è essenziale quando sia stato la ragione unica o principale del contratto.

L’art. 1431 c.c. considera l’errore riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto, ovvero alla qualità dei contraenti una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo. La ratio della norma è volta a tutelare l’affidamento incolpevole del destinatario della dichiarazione negoziale viziata. Pertanto, se l’errore è effettivamente riconosciuto viene meno ogni esigenza di tutela.

Il mero errore di calcolo non dà luogo ad annullamento del contratto, ma alla semplice rettifica, essendo considerato una mera svista nelle operazioni matematiche, riscontrabile immediatamente ed emendabile. Di converso, è annullabile il contratto in cui l’errore di calcolo, concretandosi in errore sulla quantità, sia stato determinante ai fini della formazione del consenso (art.1430 c.c.).

1.4 Violenza

La violenza è la minaccia di un male ingiusto che costringe un soggetto a stipulare un contratto, ovvero a subirne le conseguenze.

Il male ingiusto consiste nella lesione rivolta ai beni o alla stessa persona dell’altro contraente. La legge (art. 1436, comma 1, c.c.) qualifica come causa di annullamento anche il male minacciato rivolto alla persona o i beni del coniuge del contraente o di un discendente o di un ascendente di lui, invece, se il male minacciato riguarda altre persone, l’annullamento del contratto è rimesso al prudente apprezzamento del giudice (art.1436, comma 2, c.c.).

Non sono cause di invalidità del contratto:

- il c.d. metus ab intrinseco, inteso come mera rappresentazione interna di un pericolo;

- il timore riverenziale (art.1437 c.c.), qualificabile come la soggezione psicologica nei riguardi di una persona particolarmente importante o autorevole, anche avuto riguardo alla relazione intercorrente con questa;

- la minaccia di far valere un diritto, salvo che sia diretta a conseguire vantaggi ingiusti (art.1438 c.c.)

1.5 Dolo

Il dolo è qualsiasi forma di raggiro che altera la volontà contrattuale della vittima.

Esso causa l’annullamento del contratto quando il raggiro utilizzato sia stato determinante per la formazione del consenso e in assenza del quale la parte non avrebbe contrattato (art.1439 c.c.). In caso contrario, il contratto sarà valido.

Il dolo del terzo è causa di annullamento del contratto qualora sia noto al contraente che ne ha tratto vantaggio (art.1439, comma 2, c.c.)

Il contraente in mala fede risponde dei danni se i raggiri utilizzati non siano stati tali da determinare il consenso, ma senza di essi il contratto sarebbe stato concluso a condizioni diverse (art.1440 c.c.)

1.6 Conflitto di interessi

L’art. 1471, comma 1, nn. 3 e 4 prevede delle speciali ipotesi di divieti di comprare in presenza dei quali il contratto di vendita è annullabile.

Dette fattispecie sono sussumibili nel generico conflitto di interessi di cui all’art. 1394 c.c., secondo cui il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato è annullabile se il conflitto era conosciuto o riconoscibile da parte del terzo.

Affinché, sussista un conflitto di interessi fra rappresentante e rappresentato, che possa essere influente quale causa di annullamento del contratto concluso dal primo, è necessario che il rappresentante persegua interessi propri suoi personali o, anche di terzi, inconciliabili con quelli del rappresentato, in modo che all’utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante per sé medesimo, o per il terzo, possa seguire o segua il danno del rappresentato.

Il conflitto di interessi è tipicamente presente nelle ipotesi del contratto concluso con se stesso, nel quale il rappresentante assume la posizione di parte sostanziale contrapposta al rappresentato, oppure stipula in rappresentanza delle parti contrapposte.

Per esempio, il rappresentante si rende acquirente a titolo personale del bene che egli vende a titolo personale, oppure si rende acquirente del bene in nome e per conto di un altro rappresentato.

2. Azione di annullamento

L’art. 1441 c.c. dispone che la legittimazione attiva all’esercizio dell’azione di annullamento spetta al soggetto nel cui interesse è sancita l’invalidità del contratto, dunque, alla parte che ha espresso un consenso viziato per le ragioni esposte.

La regola conosce delle eccezioni, invero, espressamente previste dalla legge, in cui la legittimazione spetta a chiunque vi abbia interesse.  In questi casi si parla di annullabilità assoluta. Esempi di legittimazione estesa sono rinvenibili in tema di annullamento di matrimonio dell’interdetto per infermità di mente (art. 119 c.c.), di testamento dell’incapace a testare (art. 591 c.c.) e di negozio patrimoniale posto in essere dal condannato in stato di interdizione legale (art. 1441, comma 2, c.c.).

L’azione può essere esercitata entro il termine perentorio di 5 anni (art. 1442 c.c.), salvo diversa disposizione di legge.

3. Nullità

Nella nostra letteratura giuridica, tradizionalmente, la nullità è considerata la forma più grave di invalidità negoziale.

L’ordinamento esprime una valutazione negativa nei confronti dei contratti nulli, in quanto affetti da una deficienza strutturale, dalla mancanza di un elemento costitutivo, o per la sua illiceità.

Le caratteristiche della nullità sono l’insanabilità, l’imprescrittibilità e l’assolutezza dell’azione.

Il negozio nullo è inefficace sin dalla sua nascita, infatti la sentenza che accerta la nullità ha natura dichiarativa.

Il vizio può essere rilevato da chiunque vi abbia interesse e dal giudice d’ufficio.

Fonti normative

- Codice civile: articoli da 1425 a 1446, 1471.

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